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Note biografiche di Sante Mucchietto

Nato il 1° novembre 1921 a Mossano, piccolo comune del Vicentino noto quale Paese dei 14 Mulini, dopo aver compiuto le scuole elementari, si avviò agli studi, abbandonati successivamente per mancanza di mezzi economici in quanto la famiglia era assai numerosa (13 componenti).

Per non essere di peso alla stessa, decise di arruolarsi volontario nel R.E. per fare carriera; vestì il grigioverde il 10 dicembre 1940, indi partecipò ad un corso di logistica e dei 21 allievi fu l'unico promosso. Le sue prime mansioni furono quelle di istruttore e poi quelle di controllo e distribuzione ai Magazzini Generali di C.A. a Bolzano. Più tardi fu inviato a raggiungere il C.S.L.R. Divisione Pasubio Q.G. in Russia e partecipò a quella campagna nell'anno 1942 con il C.S.I.R. e poi con ARMIR nel 1943.

A partire dalla prima decade del dicembre 1942, a seguito degli esiti della battaglia di Stalingrado, si ritrovò accerchiato nella famosa sacca dell'ansa del Don. Ottenuto dai suoi superiori l'autorizzazione del "si salvi chi può", nelle notti del 27 - 28 trovatosi nella zona di Millerewe, strisciando sotto il tiro incrociato dei carri armati, riuscì a sfuggire a sicura morte o prigionia.

Gennaio, febbraio e marzo dell'anno seguente furono i mesi della corsa solitaria, senza pace, senza tregua, i mesi della ritirata: dal Don alla Russia Bianca oltre 3000 Km.

Fu rimpatriato nella Pasqua del '43 e poi richiamato al Q.G. Sezione Commissariato di Bolzano e ivi l'8 settembre fatto prigioniero dai Tedeschi. Fu sbattuto nel greto del torrente Talvera per essere deportato in Germania, ma la sua prigionia durò solo cinque giorni e da allora ebbe inizio una seconda fase di vita, molto più dura di quella trascorsa in Russia.

Per lui essere tornato in Italia sembrava quasi un miracolo; quella tragica esperienza l'aveva portato ad un totale mutamento di carattere, vide così nascere in lui una feroce avversione verso la guerra, verso il Fascismo e i Tedeschi. Si sentiva circondato dal nemico, era ricercato come disertore riuscendo a sfuggire più volte ai rastrellamenti, si unì e collaborò in modo autonomo con gruppi partigiani del Vicentino e del Padovano e per quel periodo che va dall'8 settembre 1943 sino alla liberazione ebbe a dire: "Feci il vero uccel di bosco, così da vivere da bestia tra le bestie".

Al posto degli affetti c'erano le ritorsioni; il padre, lo zio, i compagni di scuola erano filofascisti, alcuni anche componenti della X MAS e della famigerata "S.Marco". La casa, il paese erano occupati dalle SS Tedesche.

A liberazione avvenuta ebbe una croce al merito per la campagna di Russia. Negli anni successivi collaborò prima per rimettere in sesto le condizioni della famiglia, in seguito decise di cambiare vita e di crearsi una famiglia.

Emigrò per lavorare prima in alta Val Venosta e poi in Lombardia nella cerchia di Legnano. Fece l'operaio e il datore di lavoro per oltre 15 anni.

Da anni è pensionato e il suo tempo libero è occupato da due hobbies particolari: collezionare minerali e scolpire materiale ligneo. Per arricchire la sua collezione, partecipa a incontri e a mostre di scambio, alternandosi nello studio e in approfondite ricerche; inoltre è un instancabile lavoratore e sostiene che il lavoro stesso gli restituisce la giovinezza amaramente vissuta ed è come buon medicinale per scordare le esperienze e gli orrori della guerra e per godere la libertà tanto desiderata.