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Fenomenologia e semiotica
di Guido Marenco


Fenomenologia e semiotica diventano, nel nuovo secolo, i centri di interesse della riflessione di Peirce, il quale, anche per differenziarsi dall'uso un po' troppo disinvolto del termine "fenomenologia", non trova di meglio che inventarsene uno nuovo. Ecco nascere la faneroscopia, dal greco phaneròn, che significa fenomeno. Peirce, in un certo senso, anticipa Husserl perché la faneroscopia non è altro che lo studio della realtà concepita come "mondo della vita" di fronte ad un soggetto a tre stadi di progressiva differenziazione. Fornero & Tassinari la presentano così: «... la faneroscopia è la disciplina filosofica che descrive quei caratteri più universali e più assolutamente necessari dell'esperienza che, da Aristotele in poi, sono stati concepiti come le strutture categoriali dell'esperienza.» (1)
Riprendendo la struttura triadica già utilizzata nei suoi primi scritti, Peirce indica tre livelli fondamentali di approccio differenziato alla realtà: primità o Firstness, secondità o diade, terzità o triade che, nel concreto dell'esperienza corrispondono a Qualità, Fatto e Legge. «Non è facile isolare nella sua purezza formale la prima di queste categorie - scrivono Fornero & Tassinari - in quanto occorre prescindere totalmente da ogni riferimento ad altro, da ogni relazione e molteplicità, da ogni interpretazione e descrizione e linguaggio, per farsi mera fruizione del fenomeno nel suo essere una pura qualità priva di ogni rimando ad altro: "il color magenta, il profumo delle essenze, il suono del fischio di un treno, il gusto del chinino [...] la qualità del sentimento di amore". Per coglierla occorre mettersi in qualche modo, nella situazione del primo uomo, agli albori del mondo.» (2)
Solo le arti riescono, ricorrendo ad un linguaggio diverso e spontaneo, a rendere la realtà di questo mondo immediato; la ragione ed il linguaggio della filosofia sono troppo rigidi e formali. Tuttavia, ad un esame più approfondito non sfugge che qualsiasi oggetto identificato come "puro quale" si rivela come "semplice possibilità di esistenza", perché non è possibile che esista al di fuori della relazione con altri oggetti e con il tutto in cui è inserito. Siamo così nel mondo dei fatti e delle relazioni, nella diade. Ma la «secondità ci introduce a un'esperienza ancora "privata", ossia meramente contingente ed individuale. E' soltanto la categoria di terzità a rendere possibile il carattere pubblico dell'esperienza umana, in quanto essa fa emergere, mediante l'idea della legge, l'intelligibilità del mondo dei fenomeni, aprendo così la strada del sapere scientifico.» (3)
Nei saggi apparsi su "The Monist" tra il 1905 ed il 1906 Peirce precisa che la terzità, "categoria del pensiero, della rappresentazione, della relazione triadica o mediazione" è categoria del reale qual è. «La generalità è davvero un ingrediente indispensabile della realtà: perché la mera esistenza o attualità individuale, senza una regolarità quale che sia, è una nullità - il caos è puro nulla.» (4)
E' in questo contesto che Peirce sente l'esigenza di differenziare la propria filosofia dall'interpretazione che stavano dando del pragmatismo William James ed anche il britannico Schiller. Nacque il pragmaticismo, parola che gli sembrava «abbastanza brutta da essere al riparo da rapitori di bambini.» (5)
Ora, il pragmaticista per prima cosa rifiuta il nominalismo ed abbraccia due teorie, quella di Duns Scoto che ammette la realtà degli universali quantomeno nella nostra mente, come principio di organizzazione della realtà, e quella della coincidenza tra realismo e pragmaticismo stesso. Essa non è altro dalla "dottrina critica del senso comune" avanzata da Thomas Reid che sostiene il valore oggettivo delle credenze. Tutto sta ad intendersi che significa valore oggettivo. E Peirce qui precisa che le proposizioni del senso comune non stanno solo in qualche modo barbaro e primitivo di pensare e di vivere, ma si rivelano indubitabili anche nel ragionamento del filosofo più sottile.
«Il pragmaticista - scrive Peirce - ritiene che in tali proposizioni risieda il significato o valore razionale di ogni concetto. Pertanto, il pragmaticista fa consistere il Summum Bonum non già nell'azione, ma nel processo per cui l'esistente vien sempre più a incarnare quei generali che testè dicevamo destinati e che il linguaggio corrente chiama ragionevoli [...] E questo giustifica a sua volta il pragmaticista nella sua pretesa che il significato o valore razionale sia nei generali.» (6)
Ciò che conta nella teoria di Peirce è dunque l'esame delle "possibilità" che logicamente e concretamente si offrono alla nostra comprensione e si possono realizzare nella nostre azioni. Come stabilire se queste possibilità sono possibili? Questo è il compito della ricerca scientifica e filosofica. Esse non impongono solo esperimenti fisici, ma offrono anche la possibilità di simulare esperimenti mentali. «Punto fermo della dottrina peirciana - scrive Calcaterra - è infatti che l'incremento delle nostre conoscenze sia dovuto al momento al momento creativo dell'abduzione o ipotesi, la cui caratteristica è di predisporre nuove comprensioni degli oggetti e fenomeni della realtà, a loro volta produttive di nuove idee e teorie scientifiche, cui i procedimenti induttivi e deduttivi di fatto contribuiscono solo in quanto strumenti di sistemazione.» (7) Al chiarimento del concetto di abduzione abbiamo dedicato il capitoletto successivo. Peirce, a differenza di quanto farà Popper, dimostra di essere molto interessato a come si formano le teorie nella testa dello scienziato e del filosofo. (8) Tale approccio ci è parso particolarmente fecondo specie quando Peirce sostiene che esse non sono il frutto di una vaga fantasia creatrice (come invece sosterrà Einstein, che pure farà dell'esperimento mentale una pratica costante), ma nascono da un radicamento nel reale e nella riconsiderazione dell'esperienza. Il vero motore della scoperta sceintifica è per Peirce il continuo mutamento di prospettiva. Un puro e semplice aumento degli esperimenti servirebbe solo ad estendere il quadro teorico prestabilito dalla teoria e quindi solo a confermarla. Al contrario, il procedimento abduttivo riesce a spostare l'attenzione su fatti e condizioni non ancora osservate, provocando davvero nuove ipotesi.
«In questa luce - osserva Calcaterra - viene sottolineato il carattere di rappresentazione iconica che il ragionamento abduttivo-ipotetico condivide con la forma del segno in generale, ovvero con le singole figure del processo di costituzione dei significati: dalle percezioni ai giudizi percettivi, ai predicati sulle cose, al valore cognitivo dei nomi comuni, infine all'elaborazione delle teorie più complesse. E la questione dell'icona, intesa appunto come quale momento portante della struttura semiotica della conoscenza, torna ora in Prolegomena to an Apology of Pragmaticism, dove il filosofo presenta la propria teoria dei "Grafi esistenziali", cioè un sistema di simboli grafici corrispondenti alle relazioni logiche fondamentali, nella convinzione che "il ragionamento diagrammatico è l'unico ragionamento che sia realmente fecondo". (PS, p. 267) Del resto A Survey of Pragmaticism riprende il problema della formazione e dello sviluppo dei significati. Riportando in primo piano la coincidenza di pensiero e segno, queste pagine approdano al concetto di "Interpretante logico finale"che ristabilisce nella formazione di abiti comportamentali, di tendenze all'azione, il valore 'oggettivo' dei significati prodotti all'interno del processo illimitato della semiosi: "Intendo il pragmatismo come un metodo per accertare i significati, non di tutte le idee, ma solo di ciò che chiamo 'concetti intellettuali', vale a dire di quei concetti sulla struttura dei quali possono imperniarsi argomenti riguardanti l'oggettività. (PS, p.288)» (9)

Peirce chiarisce dunque che l'interpretante logico è l'effetto più rilevante del segno (ad esempio, quando leggiamo un testo come questo, che organizzato per segni di scrittura alfabetica in lingua italiana, e comprendiamo che significa, noi siamo interpretanti logici), ma che il segno stesso può indurre anche interpretanti emozionali ed interpretanti energetici da intendere come gli effetti più immediati provocati dal segno stesso. L'interpretante emozionale è infatti da riferire al sentimento di aver compreso il senso "proprio" del segno, mentre l'interpretante energetico si riferisce allo sforzo fisico o mentale che accompagna il sentimento. Tutte le figure dell'interpretante entrano così in una relazione che trasforma il segno in pensiero, cioè in un segno mentale.
A questo punto, Peirce torna al problema del costituirsi delle credenze per chiarire, alla luce delle nuove riflessioni, che esse sono il frutto di un lavoro in grado di trasformare le semplici congetture in 'abiti del pensiero' e del comportamento. Esse nascono da ripetuti sforzi del pensiero ed 'atti di immaginazione'. Le congetture, cioè, costituiscono sempre "i primi interpretanti logici dei fenomeni che le suggeriscono", dando vita ad una serie di riflessioni combinate che generano così un abito. Tutto deve però passare la soglia dell'interpretazione pratica. Un abito mentale non si acquista al supermercato e non lo si indossa con disinvoltura alla prima occasione. Essendo la sua stoffa un tessuto di credenze nuove, esse stesse devono passare la prova dell'applicazione pratica, dimostrare la propria validità. Solo così l'abito potrà fissarsi come una sorta di "imperativo rivolto al proprio futuro".
1) Giovanni Fornero e Salvatore Tassinari - Le filosofie del Novecento- Bruno Mondadori 2002
2) idem
3) idem
4) citato in Rosa M. Calcaterra - Il pragmatismo americano - Laterza 1997
5) idem
6) citato in idem
7) idem
8) si vedano le prime pagine della Logica della scoperta scientifica di Popper. Il filosofo austriaco dichiara esplicitamente che il modo in cui si formano le ipotesi non costituisce terreno di indagine degna di un filosofo.
9) Rosa M. Calcaterra - Il pragmatismo americano - Laterza 1997
gm - 5 novembre 2005