OBIEZIONE DI COSCIENZA E LEGGE 194
L’aborto in Italia, sino all’approvazione
della legge 194 “norme per la tutela
sociale
della maternità e sull’interruzione
volontaria
di gravidanza” nel 1978, era considerata
una pratica illegale e le donne italiane,
già svantaggiate da una legislazione
punitiva
nei confronti della contraccezione,
quando
incappavano in una gravidanza dovevano
rivolgersi
clandestinamente a donne consenzienti
(chiamate
mammane) che, con mezzi a volte inidonei,
praticavano l’aborto in cambio di compensi
a volte anche esagerati e che talvolta
costava
la vita alla donna stessa.
Chi invece aveva la possibilità economica,
andava all’estero o si rivolgeva a
cliniche
private (ancora più costose) che praticavano
l’aborto illegalmente, però, magari,
la donna
aveva maggiori garanzie di cavarsela.
Dobbiamo ricordarcelo: in Italia, per
interrompere
la gravidanza, dilagavano le mammane
e i
ginecologi chiamati “cucchiai d’oro”
che
si arricchivano sulla disperazione
delle
donne, chi non poteva permettersi di
pagare
un aborto clandestino e non poteva
permettersi
un figlio o figlia, lo lasciava in
orfanatrofio
o nelle tante ruote disseminate sul
territorio
nazionale. Se il bambino/a nasceva
con qualche
malformazione, veniva abbandonato in
istituti
appositi.
Si calcola che prima dell’istituzione
di
tale legge, il numero stimato di aborti
clandestini
era compreso tra i 200.000 ed i 600.000
casi
all’anno. L’ampiezza della forchetta
deriva
dalla difficoltà di quantificare un
fenomeno
per definizione clandestino e considerato
reato penale.
La storica legge 194 fu approvata il
22 maggio
del 1978 e con tale legge si riconosceva
finalmente alle donne il diritto di
interrompere
la gravidanza entro i primi novanta
giorni
con precise motivazioni quali “…..la
donna
che accusi circostanze per le quali
la prosecuzione
della gravidanza, il parto o la maternità
comporterebbero un serio pericolo per
la
sua salute fisica o psichica, in relazione
o al suo stato di salute, o alle sue
condizioni
economiche, o sociali o familiari,
o alle
circostanze in cui e’ avvenuto il concepimento,
o a previsioni di anomalie o malformazioni
del concepito, si rivolge ad un consultorio
o a una struttura socio-sanitaria a
ciò abilitata
dalla regione, o a un medico di sua
fiducia
….”
Il 17 e 18 maggio 1981 ci fu un referendum
che voleva abrogare tale legge ma la
proposta
venne bocciata a schiacciante maggioranza
(68%).
La legge 194 prevede l’obiezione di
coscienza
per gli operatori sanitari. L'obiezione
di
coscienza è il rifiuto di ottemperare
a un
dovere imposto dall’ordinamento giuridico
da parte di chi ritiene gli effetti
che deriverebbero
dall'ottemperanza contrari alle proprie
convinzioni
ideologiche, morali o religiose. Il
medico
può divenire obiettore in qualsiasi
momento.
Il SSN è tenuto a assicurare che l'IVG
si
possa svolgere nelle varie strutture
ospedaliere
deputate a ciò, e quindi qualora il
personale
assunto sia costituito interamente
da obiettori
dovrà supplire a tale carenza in modo
da
poter assicurare il servizio, ad es.
tramite
trasferimenti di personale. Il medico
non
può rifiutarsi di intervenire in caso
di
stato di necessità, ovvero qualora
la donna
sia in pericolo di vita (esempio: donna
che
giunge in DEA. con una grave emorragia
per
un aborto clandestino: l'obiettore
che la
soccorra ha l'obbligo di portare a
termine
la procedura di aborto se questo è
indispensabile
per salvare la donna medesima)
Quando la legge fu approvata, i ginecologi
obiettori, a livello nazionale, erano
all’incirca
il 58.7% , nel 2005 il 69.2%, il 71.5%
nel
2008. E gli anestesisti, parallelamente,
dal 45.7% al 52.6%. Il personale non
medico
dal 38.6% al 43.3%., oggi (dati del
2009)
i medici obiettori sono più del 70%
. Le
percentuali di obiettori, tra personale
medico
e non, sono più marcate al Sud rispetto
alla
media nazionale. Tra i ginecologi l’obiezione
raggiunge l’85.2% in Basilicata, l’83.9
in
Campania, l’82.8 in Molise e l’81.7
in Sicilia.
Tra gli anestesisti, il 77.8% in Molise,
il 77.1 in Campania ed il 75.7 in Sicilia.
Tra il personale non medico arriva
all’87%
in Sicilia e all’82 in Molise. Addirittura
esistono ASL prive di sezioni dedicate
alla
interruzione di gravidanza , visto
che risulta
obiettrice la totalità del personale.
E questo
nonostante la legge preveda espressamente
che l’ospedale pubblico si faccia comunque
carico di soddisfare la richiesta della
donna
che intende abortire.. Il rischio illegalità
è dietro l’angolo.
Si sta verificando di nuovo il ricorso
all’aborto
clandestino.
La Laiga (Libera associazione italiana
ginecologi
per l’applicazione della 194), commentando
i dati degli ultimi anni, lancia un
allarme:
tra cinque anni i medici non obiettori
non
ci saranno più (se ne andranno in pensione)
; oggi sono solo 150 in tutta Italia
spesso
emarginati e vessati dagli altri colleghi
per questioni "etiche" e
quando
andranno in pensione non ci sarà chi
prenderà
il loro posto. Infatti i giovani medici
dichiarano subito l’obiezione per non
avere
ostacoli ed essere discriminati. Che
sta
succedendo? Chiedere di abortire per
una
donna non è sicuramente una cosa semplice,
il SSN, i medici obiettori, stanno
rendendo
la sua scelta ancora più difficile,
e anche
di questo occorre tener conto quando
si arriva
a fare una richiesta del genere. Gli
aspetti
in campo sono tanti, ma quello che
ci preme
di più è il rischio di emarginare ancora
una volta le donne, di rimandarle nel
baratro
dell’aborto clandestino, c’è il rischio
di
sospendere un diritto: quello di poter
scegliere
per la propria salute e per il proprio
futuro.
Il problema vero è difendere la libertà
di
scelta della donna.
Se nel 1978 l’obiezione di coscienza
era
comprensibile in quanto la nuova legge
prevedeva
una procedura nuova che poteva andare
contro
i principi etici di chi obiettava e
doveva
essere garantita l’autonomia degli
operatori
sanitari, a 34 anni dalla promulgazione
della
legge 194 sulla interruzione volontaria
di
gravidanza, la media nazionale di coloro
che obiettano è tale da non garantire
più
la libertà di scelta della donna ed
allora
bisogna sottolineare che vengono prima
i
diritti di coloro che hanno meno potere:
i diritti delle donne e dei pazienti
vengono
prima della coscienza del personale
medico.
Che ha scelto quella professione sapendo
anche che c’è una legge dello stato
che garantisce
l’aborto. È necessario un bilanciamento
tra
la coscienza personale e la responsabilità
professionale altrimenti si finisce
per ledere
lo stesso diritto dei pazienti di ricevere
cure e assistenza, sostituite da una
predica
moralistica.
E’ ovvio che lo scenario ideale sarebbe
quello
di trovare una soluzione che permetta
di
conciliare il diritto alla salute e
l’autonomia
del paziente con quella del medico:
la libertà
di scelta della donna con la libertà
del
medico di decidere se praticare (o
partecipare
nel caso dell’anestesista o di altro
operatore
sanitario) o meno all’interruzione
di gravidanza.
Dobbiamo prendere atto, però, che la
ricerca
di questa soluzione ideale è fallita.
Il tentativo di conciliare l’autonomia
del
paziente con quella del medico è fallito:
dobbiamo scegliere se vogliamo tutelare
l’autonomia
del professionista sanitario e quindi,
del
ginecologo, dell’anestesista e dell’ostetrica
oppure schierarci dalla parte delle
donne
e della loro battaglia in difesa della
libertà
e i diritti minacciati. E contemporaneamente
non è solo un problema di diritto e
di libertà
di scelta: se i medici obiettori l’avranno
vinta, le donne saranno costrette ad
andare
via dall’Italia o praticarlo illegalmente
come già succedeva prima della 194.
Non vogliamo
ritornare a contare le donne morte
per aborto,
già stiamo contando quelle uccise dalla
violenza
tra le proprie mura di casa.
La Consulta di Bioetica Onlus ha scelto
e
e ha lanciato in tutta Italia la Campagna
contro l’obiezione di coscienza “IL
BUON
MEDICO NON OBIETTA. RISPETTA LA SCELTA
DELLA
DONNE DI INTERROMPERE LA GRAVIDANZA”.
La
Campagna ha due obiettivi: da una parte,
incoraggiare un dibattito pubblico
sulla
legittimità del diritto all’obiezione
di
coscienza a più di trent’anni dall’approvazione
della legge sull’interruzione di gravidanza
e, dall’altra, rendere chiaro che il
buon
medico non è quello che non pratica
le interruzioni
di gravidanze ma quello che sta vicino
alla
donna e non la lascia sola in un momento
difficile.
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