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Lie Yukou tra impegno, destino e psicoterapia
di Guido Marenco

 


«Se tutto dipende dal tuo libero sforzo, perché fai si che alcuni vivano a lungo e altri muoiano prematuramente, che i saggi falliscano e gli uomini da poco ottengano il successo, che i capaci siano umiliati e gli stolti esaltati, che i buoni vivano nella miseria e i malvagi nella ricchezza?»
Sforzo fece marcia indietro: «Vuoi forse dire che sei tu a determinare quanto accade?»
Destino rispose che quando si dice che qualcosa o qualcuno sono destinati, non si può affermare, tuttavia, che ci sia qualcuno che li fa essere quello che sono, e concluse: «Io mi limito a lasciar crescere diritto ciò che cresce diritto, a lasciar crescere storto ciò che cresce storto. Vita lunga o breve, fallimento o successo, rango elevato o infimo, ricchezza o povertà, son cose che vengono da sé. Che posso saperne io?»

Entrarono in scena, a quel punto, due individui concreti. Ximenzi e Beigongzi erano simili in tutto, appartenevano alla stessa casata, erano stati educati allo stesso modo, frequentavano i medesimi ambienti, parlavano in modo pressoché identico, facevano lo stesso lavoro, avevano le medesime responsabilità. Eppure, gli "altri" valorizzavano Ximenzi e disprezzavano Beigongzi. Una situazione che potrebbe ricordare quella di Abele e Caino, se non fosse che Abele faceva il pastore e Caino l'agricoltore. Qui il paradosso è ancora più spinto, non facevano nulla di diverso ma la percezione che gli "altri" avevano di loro determinava una differenza crescente. Contrariamente a Caino, Beigonzi non scatenò il proprio risentimento nella furia omicida ma, scivolò lentamente nelle braccia della depressione. Dopo un estremo tentativo di chiarimento con Ximenzi, cedette allo sconforto. Eppure, Ximenzi, non si era mostrato particolarmente arrogante. Aveva detto di ignorare il perché della differenza. Però, l'aveva fatta pesare: «Questo non significa forse che io possiedo doti maggiori delle tue? Come fai ad essere così sfacciato da affermare che siamo uguali in tutto?»

Il depresso, sulla via del ritorno, incontrò Dongguo che, dopo avergli chiesto il motivo di tanta tristezza, gli promise una pronta guarigione. «Torniamo insieme da Ximenzi, devo porgli qualche domanda.»
Questi non fece altro che ripetere le identiche parole dette a Beigongzi. Al che Dongguo, sentenziò in modo solenne ed inequivocabile che fortuna e capacità sono disgiunte. A Ximenzi è capitata la fortuna, a Beigonzi la capacità incompresa e disprezzata dagli "altri". Non c'è la saggezza all'origine del successo mondano, non c'è la stupidità o la inabilità a quelle del fallimento mondano. Entrambe dipendono dal Cielo e non dall'uomo. Ximenzi non seppe replicare, Beigongzi tornò a casa felice ed "ispirato" da quella che credeva una vera saggezza. Da quel momento «la lana grezza che indossava gli sembrò calda come una pelliccia di volpe o di tasso, le povere fave di cui si cibava gli sembrarono gustose come riso o miglio di prima qualità, il rifugio offertogli dalla sua stamberga dal tetto di paglia gli parve sicuro come quello di un sontuoso palazzo, il carretto su cui viaggiava....»

E' inutile stare a discutere l'intervento di Dongguo e se abbia detto o meno la verità in tutti i sensi possibili. Ximenzi, accettando il verdetto del saggio, probabilmente dimostrò di essere più capace e ragionevole di Beigongzi. Questi, d'altra parte, avendo ceduto alla depressione, aveva mostrato di essere particolarmente fragile ed assai poco capace di condursi. Bastò quel riconoscimento ricevuto dal venerabile Dongguo a rianimarlo e, infine, a riconciliarlo con la "via".
Era destino che incontrasse Dongguo? O era destino che Dongguo incontrasse il depresso? O era destino che Ximenzi imparasse, grazie al provvidenziale Dongguo, ad essere più ragionevole e a non vivere nella dimensione mentale di un'eccessiva autostima?

Destini e sforzi si incrociano per vie misteriose e insondabili, ben oltre le semplificazioni introdotte dall'autore. Il "miracolo" terapeutico operato da Dongguo si potrebbe definire in sintesi come la capacità di indicare ad entrambi i "contendenti" la via del ritorno a se stessi. Non ci è daro di sapere se da quel giorno Ximenzi e Beigongzi riuscirono a mantenersi nella voa del costante ritorno. Certo è che il più esposto al pericolo di nuovi viaggi di sola andata era Ximenzi, il più fortunato.

(continua)

gm - gennaio 2012