«Se tutto dipende dal tuo libero sforzo,
perché fai si che alcuni vivano a lungo e
altri muoiano prematuramente, che i saggi
falliscano e gli uomini da poco ottengano
il successo, che i capaci siano umiliati
e gli stolti esaltati, che i buoni vivano
nella miseria e i malvagi nella ricchezza?»
Sforzo fece marcia indietro: «Vuoi
forse dire che sei tu a determinare quanto
accade?»
Destino rispose che quando si dice che qualcosa
o qualcuno sono destinati, non si può affermare,
tuttavia, che ci sia qualcuno che li fa essere
quello che sono, e concluse: «Io mi
limito a lasciar crescere diritto ciò che
cresce diritto, a lasciar crescere storto
ciò che cresce storto. Vita lunga o breve,
fallimento o successo, rango elevato o infimo,
ricchezza o povertà, son cose che vengono
da sé. Che posso saperne io?»
Entrarono in scena, a quel punto, due individui
concreti. Ximenzi e Beigongzi erano simili
in tutto, appartenevano alla stessa casata,
erano stati educati allo stesso modo, frequentavano
i medesimi ambienti, parlavano in modo pressoché
identico, facevano lo stesso lavoro, avevano
le medesime responsabilità. Eppure, gli "altri"
valorizzavano Ximenzi e disprezzavano Beigongzi.
Una situazione che potrebbe ricordare quella
di Abele e Caino, se non fosse che Abele
faceva il pastore e Caino l'agricoltore.
Qui il paradosso è ancora più spinto, non
facevano nulla di diverso ma la percezione
che gli "altri" avevano di loro
determinava una differenza crescente. Contrariamente
a Caino, Beigonzi non scatenò il proprio
risentimento nella furia omicida ma, scivolò
lentamente nelle braccia della depressione.
Dopo un estremo tentativo di chiarimento
con Ximenzi, cedette allo sconforto. Eppure,
Ximenzi, non si era mostrato particolarmente
arrogante. Aveva detto di ignorare il perché
della differenza. Però, l'aveva fatta pesare:
«Questo non significa forse che io
possiedo doti maggiori delle tue? Come fai
ad essere così sfacciato da affermare che
siamo uguali in tutto?»
Il depresso, sulla via del ritorno, incontrò
Dongguo che, dopo avergli chiesto il motivo
di tanta tristezza, gli promise una pronta
guarigione. «Torniamo insieme da Ximenzi,
devo porgli qualche domanda.»
Questi non fece altro che ripetere le identiche
parole dette a Beigongzi. Al che Dongguo,
sentenziò in modo solenne ed inequivocabile
che fortuna e capacità sono disgiunte. A Ximenzi è capitata la fortuna, a Beigonzi
la capacità incompresa e disprezzata dagli
"altri". Non c'è la saggezza all'origine
del successo mondano, non c'è la stupidità
o la inabilità a quelle del fallimento mondano.
Entrambe dipendono dal Cielo e non dall'uomo.
Ximenzi non seppe replicare, Beigongzi tornò
a casa felice ed "ispirato" da
quella che credeva una vera saggezza. Da
quel momento «la lana grezza che indossava
gli sembrò calda come una pelliccia di volpe
o di tasso, le povere fave di cui si cibava
gli sembrarono gustose come riso o miglio
di prima qualità, il rifugio offertogli dalla
sua stamberga dal tetto di paglia gli parve
sicuro come quello di un sontuoso palazzo,
il carretto su cui viaggiava....»
E' inutile stare a discutere l'intervento
di Dongguo e se abbia detto o meno la verità
in tutti i sensi possibili. Ximenzi, accettando
il verdetto del saggio, probabilmente dimostrò
di essere più capace e ragionevole di Beigongzi.
Questi, d'altra parte, avendo ceduto alla
depressione, aveva mostrato di essere particolarmente
fragile ed assai poco capace di condursi.
Bastò quel riconoscimento ricevuto dal venerabile
Dongguo a rianimarlo e, infine, a riconciliarlo
con la "via".
Era destino che incontrasse Dongguo? O era
destino che Dongguo incontrasse il depresso?
O era destino che Ximenzi imparasse, grazie
al provvidenziale Dongguo, ad essere più
ragionevole e a non vivere nella dimensione
mentale di un'eccessiva autostima?
Destini e sforzi si incrociano per vie misteriose
e insondabili, ben oltre le semplificazioni
introdotte dall'autore. Il "miracolo"
terapeutico operato da Dongguo si potrebbe
definire in sintesi come la capacità di indicare
ad entrambi i "contendenti" la
via del ritorno a se stessi. Non ci è daro
di sapere se da quel giorno Ximenzi e Beigongzi
riuscirono a mantenersi nella voa del costante
ritorno. Certo è che il più esposto al pericolo
di nuovi viaggi di sola andata era Ximenzi,
il più fortunato.
(continua)
gm - gennaio 2012 |
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