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La critica della ragion pura (in versione "light") - 7

La confutazione dell'idealismo
di Daniele Lo Giudice
Kant aveva ben chiara la necessità di una confutazione dei due massimi esponenti dell'idealismo precedenti il suo tempo, ovvero Berkeley e Descartes, in nome del nuovo realismo che egli voleva rappresentare.
Mentre rispetto al primo, che semplicemente aveva negato l'esistenza delle cose esterne muovendo dalla dichiarazione di impossibilità dello spazio in sé stesso, risponde con un categorico "abbiamo rimosso il fondamento di un idealismo di tal genere", rispetto a Cartesio, Kant si trova alle prese con un problema più complesso. E' ragionevole, e persino confacente ad una solida concezione filosofica, riconoscere che occorre una prova atta a dimostrare che il mondo esterno esiste. «Sta a questa dimostrare come, circa le cose esterne, noi siamo in possesso di un'esperienza, e non di una semplice immaginazione; il che non può aver luogo se non dimostrando che la nostra stessa esperienza interna, che Cartesio ritiene al riparo dal dubbio, non è possibile che presupponendo un'esperienza esterna.» (1)

Kant comincia con l'enunciare un teorema. La semplice coscienza, ma empiricamente determinata, della mia esistenza , prova l'esistenza degli oggetti nello spazio fuori di me.
La dimostrazione di Kant muove dalla coscienza di esistere "nel tempo". Non possiamo dire semplicemente "io esisto" senza riconoscere che siamo in un tempo. Ciò prova che esiste una determinazione empirica dell'esistenza nella quale si coglie ciò che di permanente vi è in ogni percezione. Ma tale permanenza non può essere qualcosa di interno, visto che l'esistere nel tempo richiede di venire determinato proprio da ciò che è permanente nella percezione, la quale richiede l'esistenza di oggetti (fenomeni) percepibili. «Quindi - scrive Kant - la determinazione della mia esistenza nel tempo presuppone l'esistenza di cose reali, da me percepite come fuori di me. Orbene, la coscienza nel tempo è necessariamente collegata alla coscienza della possibilità di questa determinazione temporale e, di conseguenza, necessariamente collegata anche all'esistenza delle cose fuori di me, in quanto condizione della determinazione temporale; cioè, la coscienza della mia propria esistenza è nel contempo immediata coscienza dell'esistenza di altre cose fuori di me.» (1)
Seguono a questo fondamentale chiarimento una serie di Annotazioni, la prima delle quali è utile ad evidenziare che, se l'idealismo afferma che l'unica esperienza immediata è quella interna, e che solo da essa si possa concludere alcunché circa l'esistenza o la non-esistenza delle cose esterne, da quest'unica esperienza non può tuttavia venire alcuna certezza, visto che la causa si trova in noi stessi e non all'esterno.
Ma, ribadisce Kant, poiché si è dimostrato che "l'esperienza esterna è propriamente immediata, e che solo per suo mezzo è possibile, non certo la conoscenza della nostra propria esistenza, ma la sua determinazione nel tempo, ossia l'esperienza interna".

In sostanza, Kant dimostra che la semplice determinazione cogito, ergo sum, è insufficiente a rendere certa la nostra stessa esistenza se non viene messa in relazione alla percezione del movimento, e quindi del tempo in cui stanno le cose esterne. Oggetto del pensiero è il pensato e oggetto del pensato è l'esperienza. Lo stesso mettere in dubbio l'esistenza delle cose esterne è successivo e condizionato dal fatto che noi queste cose le abbiamo percepite prima.
«Del fatto che per la possibilità d'una coscienza determinata di noi stessi si richiede l'esistenza di oggetti esterni, non deriva però che ogni rappresentazione intuitiva di cose esterne importi per ciò stesso la loro esistenza; tale rappresentazione, infatti, può anche essere semplicemente l'effetto dell'immaginazione (così nei sogni come nel delirio); ma tale immaginazione suppone la riproduzione di percezioni esterne passate, le quali, come abbiamo chiarito, sono possibili soltanto sul presupposto della realtà di oggetti esterni.» (1)
Ma come fare a chiarire se una nostra rappresentazione sia fondata sulla realtà oppure frutto di un'immaginazione? Sogno, o son desto?
Ciò, dice Kant, "non può esser stabilito che in virtù delle sue particolari determinazioni e in base a un raffronto coi criteri di ogni esperienza reale".
Kant richiama a questo punto il terzo postulato del pensiero empirico in generale (ciò la cui connessione col reale è determinata in base alle condizioni universali dell'esperienza è (esiste) necessariamente.vedi) per ricordare che esso si riferisce alla necessità materiale nell'esistenza e non a quella formale e logica nella connessione dei concetti.
In altre parole: non basta seguire la via della fondatezza di un concetto basandolo su un altro concetto per avere una certezza circa l'esistenza reale dell'oggetto concettualizzato, occorre che vi sia un riscontro empirico.
«Ora, dato che l'esistenza degli oggetti dei sensi non può mai esser conosciuta a priori in modo assoluto, ma solo in modo relativo,ossia in rapporto ad un'altra esistenza già data; e poiché, anche in questo caso, è possibile pervenire soltanto a quell'esistenza che risulti in qualche modo contenuta nel tessuto dell'esperienza, di cui la percezione data costituisce una parte, ne segue che la necessità dell'esistenza non potrà mai essere conosciuta in base a concetti, ma esclusivamente in base a leggi universali dell'esperienza, in virtù della connessione con ciò che è percepito. [...] Ciò dunque di cui possiamo conoscere la necessità non è costituito dall'esistenza delle cose (sostanze), bensì soltanto dal loro stato e sempre in base ad altri stati che ci sono dati dalla percezione, secondo leggi empiriche casuali.» (1)
Questa annotazione è molto importante perché annuncia il grande tema della differenza tra il fenomeno ed il noumeno, ovvero la cosa in sé. Dicendo che noi, con la percezione, non arriviamo mai alla cosa in sé, sostanza, ma solo ad al suo stato particolare, Kant ci introduce a quello che da sempre è il tormentone della Critica e del kantismo in generale.
Vedremo di che si tratta nel prossimo capitolo.

(continua)
note:
(1) Immanuel Kant - La critica della ragion pura
DLG - 19 marzo 2004