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La critica della ragion pura (in versione "light") - 4

Sistema di tutti i principi dell'intelletto puro
di Daniele Lo Giudice
«Nel precedente capitolo abbiamo preso in esame il giudizio trascendentale esclusivamente secondo le condizioni generali, alle quali soltanto esso è in diritto di impiegare i concetti puri dell'intelletto nei giudizi sintetici. Il compito che ora ci attende è quello di esporre in una connessione sistematica i giudizi che l'intelletto, sulla scorta di questa precauzione critica, pronuncia effettivamente a priori; al quale fine è dubbio che la guida naturale e sicura ci dovrà essere offerta dalla nostra tavola delle categorie; sono infatti proprio le categorie quelle che, entrando in relazione con l'esperienza possibile, debbono dar luogo a tutta la conoscenza pura a priori dell'intelletto; ed il di cui rapporto con la sensibiltà in generale ci porrà quindi innannzi, compiutamente e sistematicamente, tutti i principi trascendentali dell'uso dell'intelletto. » (1)
Con queste parole Kant introduce il II capitolo intitolato, in modo davvero terrificante, Sistema di tutti i principi dell'intelletto puro.
Non facciamoci spaventare e cerchiamo piuttosto di capire dove vuole condurci il professore.
Il carattere peculiare e fondamentale dei principi a priori, dice Kant, "non li esonera tuttavia da una prova". Non la si può ricavare oggettivamente, ma estrarla "dalle fonti soggettive della possibilità di una conoscenza dell'oggetto in generale".

Il principio supremo di tutti i giudizi analitici è, secondo Kant, determinato "dalla condizione universale, benchè soltanto negativa, ... che essi non debbono contraddirsi". Diversamente, i giudizi in se stessi equivarrebbero a nulla.
Si potrebbe però dare il caso di una contraddizione tra il nostro giudizio e l'oggetto; bene, Kant dice che allora il nostro giudizio, benché esente da contraddizioni, sarebbe comunque falso o infondato.
In altre parole, anche per Kant, rimane vero che la realtà può smentire le nostre costruzioni intellettuali.
Proseguendo, arriviamo ad una prima conclusione: «Dobbiamo pertanto continuare a lasciar valere anche il principio di contraddizione come principio universale e completamente sufficiente di ogni conoscenza analitica; ma la sua dignità e la sua utilizzabilità non oltrepassano i confini di un criterio sufficiente della verità. Che nessuna conoscenza, infatti, sia in grado di opporglisi senza perciò stesso distruggersi, dimostra che esso vale come conditio sine qua non della verità della nostra conoscenza, ma che non è la ragione di tale verità.» (1)
In Kant, la formula del principio di non contraddizione è la seguente: "a nessuna cosa conviene un predicato che la contraddica." Essa ha dunque un carattere puramente formale, universale e necessaria, ma non sufficiente. Questa sufficienza la si raggiunge solo nel confronto con l'esperienza soggettiva della realtà.

Il principio supremo di tutti i giudizi sintetici "a priori", cioè di quei concetti che "aggiungono" conoscenza affermando che 5+7=12, è l'"io penso", espresso nel modo seguente: «qualsiasi oggetto sottostà alle condizioni necessarie dell'unità sintetica del molteplice dell'intuizione in un'esperienza possibile.» (1)
La possibiltà dei giudizi sintetici a priori è quindi fondata dalle stesse condizioni formali dell'intuizione a priori, dalla sintesi dell'immaginazione e dalla sua necessaria unità in un'appercezione trascendentale; il tutto legato "a una possibile conoscenza empirica in generale"; di qui il perentorio affermiamo di Kant: «le condizioni della possibilità dell'esperienza in generale sono ad un tempo condizioni della possibilità degli oggetti dell'esperienza
Si comprende meglio questo passaggio se si chiarisce che per Kant l'esperienza non è una semplice intuizione sensibile, ma la conoscenza dell'ordine complessivo con cui fenomeni, in particolare quelli fisici, appaiono. In questo senso, pertanto, l'io penso, ovvero la dimensione dell'appercezione trascendentale, è davvero l'estrema garanzia della validità del pensiero stesso. Infatti: «... l'esperienza poggia sull'unità sintetica dei fenomeni, ossia su una sintesi, secondo concetti, dell'oggetto dei fenomeni in generale, in mancanza della quale non si darebbe mai conoscenza, ma soltanto una rapsodia di percezioni; le quali non potrebbero ordinarsi coerentemente in un contesto, secondo le regole di una coscienza (possibile) interamente connessa, e perciò neppure nell'unità trascendentale e necessaria dell'appercezione.» (1)

"Che in generale sia possibile incontrare in qualche luogo principi, è da attribuirsi esclusivamente all'intelletto puro, il quale non si limita ad essere la facoltà delle regole, in relazione a ciò che accade, ma è nel contempo la sorgente dei principi per la quale tutto (quello che ci si può presentare in qualunque modo come oggetto) obbedisce necessariamente a regole, in mancanza delle quali non potrebbe accadere che ai fenomeni convenga la conoscenza di un oggetto corrispondente."
Così Kant affronta in modo davvero chiarissimo la difficoltosa trattazione della Rappresentazione sistematica di tutti i principi dell'intelletto puro.
Applicando i concetti puri dell'intelletto a un'esperienza sensibile, dice Kant che si possono dare due usi delle loro sintesi: uno matematico e l'altro dinamico. I primi risulteranno necessari in modo assoluto, gli altri saranno contingenti, cioè condizionati dall'esistenza di oggetti.
In analogia a come aveva proceduto per ricavare le categorie, Kant può così redigere la tavola dei principi, "in quanto questi non sono che regole dell'uso oggettivo di quelle." (manteniamo la stessa impostazione grafica del libro originale)

1. Assiomi dell'intuizione
2. Anticipazioni delle percezioni 3. Analogia dell'esperienza
4. Postulati del pensiero empirico in generale
Ricavati i principi, Kant procederà anche alla loro dimostrazione. Nel prossimo capitolo vedremo di riassumere le parti salienti delle dimostrazioni perchè costituiscono davvero qualcosa di molto interessante.

(continua)
note:
(1) Immanuel Kant - Critica della ragion pura
DLG - 7 marzo 2004