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Gilles Deleuze e Felix Guattari
Anti - Edipo / Capitalismo e schizofrenia
Nel 1972 questo libro ebbe un successo immediato, e nella misura in cui i libri possono influire sulle situazioni, determinare orientamenti, risultare persino militanti, potremmo dire che esso ebbe un certo peso sul fianco frikkettone di quello strano movimento che fu il Settantasette. Da un lato istanze evanescenti, le radio come Radio Alice, la macchina libertaria e desiderante, ma amorfa e "senza organi", 'rizomatica e non genealogica' che si mette giocosamente e pacificamente in moto riempiendo le strade di giochi, di rappresentazioni, di teatro dell'improvviso, di musiche, di multicolori indiani metropolitani. Dall'altra i sinistri bagliori del piombo, l'autonomia, e le aree contigue al terrorismo delle BR, qualcosa di realmente eversivo.
Questo libro, ovviamente, non aveva nulla a che fare con l'ideologismo dell'autonomia. Aveva però un certo riscontro tra i creativi, al punto che si può immaginare, se non l'avessero scritto loro, Deleuze e Guattari, qualcosa di simile si sarebbe scritto da solo, con il concorso delle voci e dei graffiti, di quelli che ricreavano e riproducevano la soggettività perduta nelle strade, cominciando dal travestimento e dalla provocazione.
L'Anti-Edipo è la sintesi dell'uso disinvolto di tre linguaggi: Nietzsche, Freud/Lacan, Marx. La loro fusione ne produce un quarto, che è il linguaggio di Deleuze e Guattari, che a sua volta è prossimo ( o meglio, prossemico) a quello di Foucault.
Dissentiamo da chi ha osservato che il libro evidenzi un'opposizione tra coscienza e desiderio, perché alla fine ci troviamo, anche se forse contro la stessa volontà degli autori, con una nuova coscienza del desiderio, con un'apertura al desiderio degli altri, che tanto certifica chi sono veramente gli altri, che è qualcosa di non completamente inutile: una chiacchiera produttiva di comprensione.
Ciò mette immediatamente in evidenza che le domande utilitaristiche del tipo "che cosa vuol dire" e " a che serve" intorno alle operazioni deleuziane hanno unicamente un posizionamento postumo. Ad oltre trentanni dall'uscita del libro, forse non abbiamo ancor chiaro che cosa voleva dire, ma " a cosa è servito?" si potrebbe cominciare a rispondere. Non certo a produrre una nuova scienza, la schizoanalisi, progetto del resto fallimentare in partenza per mancanza vistosa di capitali e di progetti chiari. La schizoanalisi fu solo, in senso deteriore, una moda per abusare del linguaggio, costruendo castelli di concetti senza un senso, una molteplicità di relazioni prive di referente, da parola senza senso ad altra parola senza senso. Portava nel linguaggio un algebra delle incognite senza quantità e qualità, intersecava piani senza definirine nemmeno uno. Era, insomma, una geometria del caos senza la volontà di trovare almeno un'ascissa ed un'ordinata, dicesi almeno una.
Ma, su un altro piano, essa rese espliciti i limiti della ragione classica e la sua difficoltà di comprendere cosa stava accadendo nel sottosuolo delle generazioni che nel '74, nel '75, nel '76 e via enumerando, avrebbero varcato la soglia del diciottesimo anno, trovandosi d'un tratto adulti e responsabili, senza poter allo stesso tempo dire di aver vissuto altro che virtualmente, altro che desideri reali in un mondo virtuale incapace di soddisfarli.
Su questo piano, Deleuze e Guattari, non avevano tanto torto ad affermare che "l'inconscio non significava più nulla." Tutti ormai sapevano che secondo Freud esiste un inconscio e che secondo Jung non è solo spazzatura. Tutti masticavano le teorie di Reich, tutti avevano sentito di Marcuse. In altre parole: il fatto stesso di sapere mette fuori gioco l'efficacia pratica delle psicologie del profondo, le quali per funzionare necessitano, come la religione, di una sacralità auratica, di misteriose pratiche da iniziati. Devono suggestionare, incutere timore e rispetto. Una volta descritte e svelate queste pratiche, crolla tutto il sistema. Da un lato il soggetto sottoposto ad analisi può difendersi, mentire, giocare sul lettino come un topo molto svelto con un gatto un po' maldestro; dall'altro l'analista non può che prendere atto dei ripetuti scacchi. Non sa dove vuole condurre il paziente, se alla ribellione od al consenso, non sa in che consiste la guarigione, se non in quel punto minimale in cui cessano i tremori, si abbassa la pressione, il soggetto ha il coraggio di uscire di casa, andare a scuola, sopportare la tortura di cinque ore di lezione e così via.
In tale contesto, i cui contorni di crisi investono non solo più i rampolli della borghesia ed i figli dei droghieri, ma gli stessi ragazzi delle famiglie operaie, Deleuze e Guattari, dichiarano provocatoriamente che anche la schizoanalisi non serve a nulla, non avendo nulla da interpretare.
E precisarono: «... il solo problema è come funziona, con intensità, flussi, procedimenti, oggetti parziali, tutte cose che non vogliono dire nulla. Noi pensiamo la stessa cosa del nostro libro. Si tratta di sapere se funziona e come, e per chi. E' lui stesso una macchina.» (1)
Dietro ad espressioni siffatte, che dicono ben poco, si nasconde però una strategia precisa. Deleuze e Guattari intendono sorprendere, a ripetizione sparano a mitraglia sul desiderio come "natura", come interiore risvegliato dai sensi. Non c'è psiche, non c'è vita che produce i desideri, ma è il desiderio che produce la vita. Il desiderio è prodotto dalla macchina desiderante. Attraverso la macchina il desiderio produce sé stesso e produce il reale. E questo ancor prima che intervenga una qualsiasi rappresentazione.
I confini della macchina non coincidono affatto con quelli del corpo. Lo attraversano, lo tagliano, o possono innescarlo, perfino, in unità più complesse. In parole ancora più estreme: il desiderio come corrente di flussi germinali disfa l'unità dell'organismo, diviene desiderio antitotalitario per definizione.
Agisce sul corpo scomponendolo e ricomponendolo. In tale contesto la schizofrenia è il contrario della psicoanalisi perché oppone la sua molecolarità ai tentativi di di rappresentazione molare e antropomorfica della libido. La quale non è prodotta dal dentro, ma dal fuori. Il desiderio non ha un'identità e non reca una firma. E' prima del soggetto, di ogni soggetto.
Ma, esso stesso, il desiderio, non è un punto di forza, un cardine produttore di eventi e di azioni. Nomade e slegato, è solo il piano di intersezioni di linee plurime, di immanenti flussi anarchici di energia. Una macchina, certo, ma una macchina strana, capace di assorbire ogni sorta di carburante, di masticare e rielaborare tutte le molecole dell'universo.
Per sua natura è schizofrenico, « e l'inconscio è fisica, è la materia stessa [...] Non pretendiamo neppure resuscitare la vecchia questione di una psicologia individuale e di una psicologia collettiva, e dall'anteriorità dell'una o dell'altra; questa questione, così si presenta in Psicologia delle masse ed analisi dell'io rimane tutta quanta irretita nell'Edipo.» (1)
L'opposizione alla teoria ed alla pratica psiconalitica della schizoanalisi è così definibile come microfisica della produttività contro un inconscio puramente rappresentativo.
Deleuze e Guattari dichiarano che « il solo soggetto è il desiderio stesso» (1), macchina che non conosce entropie perchè disperde internamente per riprodurre di nuovo, rilanciare, rinviare e postporre. Non ha altro scopo che il selfenjoyment.
Ciò porta a chiedersi che ne è allora del soggetto, chi siamo noi, se non oggetti seriali attraversati da campi di forze eterogenee. E la risposta viene ancor prima che da Deleuze, da un'osservazione di Foucault, che aveva detto che "non c'è soggetto, ma solo una produzione di soggettività". Per Deleuze e Guattari, la soggettività non è prodotta ma da produrre "quando il momento è venuto, proprio perché non c'è soggetto". (2)
Un soggetto così pensato non esiste dall'inizio, non è il dato da cui partire. Appartiene al regime della produzione, è un residuo della produzione stessa.
Se questi sono i punti di maggiore interesse del lavoro, occorre peraltro rimarcare quanto Deleuze e Guattari operino contro le tradizioni ed i saperi: contro la psicoanalisi, contro lo strutturalismo antropologico di Lévi-Strauss, contro la versione lacaniana della psicologia, contro lo stesso meccanicismo delle scienze fisiche e naturali.
Ad esempio: «Il meccanicismo non ha compreso più del vitalismo la natura della macchina desiderante, e la duplice necessità di introdurre tanto la produzione del desiderio quanto il desiderio nella meccanica.» (1)
Il lavoro su Capitalismo e schizofrenia ebbe un seguito: ce ne occuperemo prima o poi.
note:
(1) Deleuze e Guattari - L'Anti-Edipo / Capitalismo e schizofrenia - Einaudi 1975
(2) Gilles Deleuze - Un portrait de Foucault in Pourparlers, Minuit, Parigi 1990
moses - 11 novembre 2004