Cristina Trivulzio di Belgioioso
(Milano 1808 - Locate (Milano) 1871)
di Concetta Malvasi
Cristina è stata famosissima in vita e non
solo in Italia. Celebrata anche dopo morta
per decenni, grazie al suo apporto alla causa
dell’Unità d’Italia, è oggi quasi sconosciuta.
Era nata in una famiglia
nobile e ricca;
suo padre morì quando lei
aveva solo quattro
anni, la madre si risposò
con Alessandro
Visconti d’Aragona, ebbe
altri quattro figli
e Cristina ebbe buoni e
affettuosi rapporti
sia con il patrigno che
con i fratellastri.
Come si usava a quel tempo
nelle famiglie
nobili, non fu mandata
a scuola e prese invece
lezioni a casa. Determinante
per la sua formazione
fu il rapporto con l’insegnante
di disegno,
Ernesta Bisi, che per prima
le fece intravedere
idee nuove, e l’amicizia
con Bianca Milesi:
idee che venivano dalla
Francia e che non
piacevano neppure un po’
al nonno materno
di Cristina, Gran Ciambellano
dell’imperatore
d’Austria.
A 16 anni Cristina rifiutò
il matrimonio
con un cugino e sposò invece,
pur sconsigliata
dagli amici, il principe
Emilio di Belgioioso:
che era bello, giovane,
un po’ sifilitico
(amante delle donne, un
vero Don Giovanni)
che stava dilapidando allegramente
il suo
patrimonio. Il matrimonio
con Belgioioso
durò poco, ma si dissolse
pacificamente in
un rapporto d’amicizia
che durò tutta la
vita.
Verso la fine degli anni
Venti Cristina cominciò
a frequentare i patrioti,
cosa che ovviamente
non sfuggì alla polizia
di Milano. Sentendosi
minacciata, scappa prima
in Svizzera, poi
in Francia. Qui, ospite
di un amico notaio,
conosce lo storico francese
Augustin Thierry,
che le rimane amico per
tutta la vita,
Intanto la polizia austriaca
sequestra tutti
i suoi beni in Italia:
Cristina decide allora
di trasferirsi in Francia
dove per qualche
tempo si guadagna da vivere
facendo pizzi
e coccarde. Ma per sua
fortuna la povertà
dura poco: la mamma incomincia
a mandarle
del denaro e dopo un po’
arriva il dissequestro
del suo patrimonio.
Affitta allora un appartamento nel centro
di Parigi, apre un salotto, stringe amicizia
con Heinrich Heine, Liszt, de Musset, corrisponde
con La Fayette. Scrive articoli, paga di
tasca sua giornali patriottici, aiuta numerosi
fuorusciti italiani, finanzia addirittura
un tentativo di colpo di stato mazziniano
in Sardegna, per ora la causa italiana nel
mondo che conta a Parigi.
I tempi intanto stanno
cambiando in fretta.
L'intera Europa inizia
dal 1845 a dare segni
di turbolenza, Cristina
vive intensamente
questi avvenimenti da donna
innovatrice e
passionale e nel febbraio
del '45 rileva
una rivista patriottica,
la "Gazzetta
italiana", in gravi
difficoltà economiche
e la trasforma l'anno dopo
in una rivista,
l'"Ausonio",
sul modello della
celebre "Revue des
Deux Mondes".
Nel 1846 scrive sotto falso
nome la Storia
della Lombardia con le
critiche al Confalonieri
che faranno molto arrabbiare
i patrioti milanesi.
I patrioti italiani, negli
anni che preparano
il '48, sono intenti a
litigare tra loro
furiosamente e non fanno
quindi fatica ad
accanirsi anche contro
una rivista diretta
da una donna. Il maschilismo
degli uomini
si fa sentire anche tra
i patriuoti, che
mal sopportavano le donne
indipendenti che
pensavano con la propria
testa e non avevano
problemi ad indicare soluzioni
al problema
dell’unità d’Italia. Cristina
tira diritto
orientandosi sempre più
verso una soluzione
unitaria e monarchica sotto
l'egida dei Savoia.
Nel '47 viaggia in tutta
l'Italia allacciando
rapporti con i maggiori
esponenti del Risorgimento:
Cavour, Cesare Balbo, Nicolò
Tommaseo, Giuseppe
Montanelli e molti altri.
Fa visita anche
a Carlo Alberto.
È molto ammirata, sicuramente
affascinante.
A trent’anni mette al mondo
una bambina,
Maria. Seguono anni di
isolamento e di studio.
Poi Cristina decide di
tornare a Locate,
dove possiede una grande
proprietà di famiglia.
Prima di lasciare Milano,
Cristina chiede
di dare un ultimo saluto
a Giulia Beccaria,
la madre di Alessandro
Manzoni, malata gravemente.
Ma il “pio” Manzoni non
la lascia entrare:
troppo scandalosa era stata
la sua vita per
essere accettata da un
cattolico. Lo stesso
Manzoni, quando gli fu
riferito che Cristina
a Locate aveva fondato
un asilo per i bambini
poveri esclamò: «ma se
ora i figli dei contadini
vanno a scuola chi coltiverà
i nostri campi?»
La povertà, l'ignoranza,
le malattie dei
contadini di Locate mettono
davanti agli
occhi di Cristina una realtà
molto diversa
da quella dei salotti parigini.
Pensava di
chiudersi nella sua grande
casa a studiare
e a crescere la sua bambina,
invece si lascia
prendere interamente dai
problemi dell'ambiente
che la circonda e così,
con l'aiuto di alcune
teorie utopistiche, attente
al sociale ed
alle condizioni delle classi
svantaggiate,
ascoltate in Francia si
improvvisa riformatrice
sociale.
La principessa dal grande
fascino diventa
di colpo una lombarda dai
modi pratici e
decisi. Prima di tutto
vanno sistemati i
bambini, ed ecco un asilo,
poi vengono le
scuole, maschili e femminili,
con grande
scandalo dei nobili lombardi
e del buon Manzoni
che non capisce perché
si debbano istruire
i contadini. Il paese si
trasforma, dapprima
è diffidente, poi accoglie
le innovazioni
con gioia, anche perché
Cristina segue attentamente
ogni iniziativa e ne garantisce
il buon esito.
Nel frattempo, in sintonia con i nuovi panni
indossati a Locate, Cristina studia e pubblica
le sue prime opere: il Saggio sulla formazione del dogma cattolico e la traduzione in francese della Opere
di Gian Battista Vico, con un'ampia introduzione.
Scritti entrambi in francese e pubblicati
in Francia, questi libri rendono ancora più
ostile nei suoi confronti l'ambiente milanese
e non solo milanese. Da sempre le donne hanno
trovato schiere di oppositori ogni volta
che scrivono di filosofia, teologia o di
politica, che lottano per la libertà del
proprio paese, che danno lezioni di economia
agraria e di buona amministrazione ai proprietari
terrieri lombardi, insomma Cristina viene
criticata aspramente dal suo stesso ceto
sociale. Lei continua per la sua strada ma
contemporaneamente, scoppiano le Cinque Giornate
di Milano. Cristina si trova a Roma ma vuol
partecipare in qualche modo alla liberazione
della sua Milano, organizza quello che, con
un po’ di ironia, venne chiamato l’ “esercito
Belgioioso”, 200 volontari portati in piroscafo
fino a Genova e di qui a Milano. Poco tempo
dopo si unisce ai patrioti della Repubblica
Romana,
Con l’avvento delle Repubblica
Romana del
1849 Mazzini, che in un
primo tempo fu in
contrasto (per ragioni
politiche) con la
Belgioioso, successivamente
ne riconobbe
il valore. Nel febbraio
del 1849 venne infatti
nominata Direttrice generale
delle Ambulanze
militari (ospedali militari)
e durante i
giorni dell’assedio fondò
anche un Comitato
di Soccorso per i feriti.
Con la collaborazione di
Enrichetta Pisacane
e di Giulia Bono Paolucci,
componenti il
Comitato Centrale, firmò
un “invito di organizzazione
alle donne astrette per
l’assistenza dei
feriti” (I° maggio 1849)
al Direttrici, per
un totale di nove ospedali.
Questa organizzazione a direzione esclusivamente
femminile, così fuori dal comune nel tempo
considerato, “sollevò critiche moralistiche
da parte della corte pontificia esule a Gaeta
e di tutti gli storici reazionari della Repubblica
Romana”.
Cristina trascorre giorno e notte negli ospedali,
si espone a ogni rischio e “inventa” le infermiere,
che ancora non esistevano: dame aristocratiche,
donne borghesi e anche qualche prostituta.
Ciò che, quando si verrà a sapere anni dopo,
non mancherà di scandalizzare i “benpensanti”
e lo stesso Papa, al quale Cristina risponderà
rispettosamente, ma per le rime, con una
pubblica lettera.
“Non sosterrò che nella
moltitudine delle
donne dedicatesi all’assistenza
dei feriti
non una ve ne fosse di
reprensibili costumi…venni
avvertita, lo confesso,
che l’una e l’altra
delle inservienti dell’ospedale
era nota
per avere in altri tempi
esercitato disonesto
mestiere…che cosa sia stata
quella donna
prima d’ora non lo so,
ma so che dal momento
in cui si accinse a quest’opera
pia, piamente
si è comportata, né mi
occorre saper altro.”
Arruolò e istruì infermiere, “lei, la prima
nella concezione delle crocerossine – realizzò
con un anticipo di quattro anni l’idea della
Nightingale
Cristina non si preoccupa solo di arruolare
infermiere, cerca di dare all'assistenza
infermieristica un assetto organizzativo
definitivo. Chiede ai cittadini triumviri
di creare una casa centrale di assistenza
per istruire le infermiere a cura di direttrici
e maestre ed educarle a molta severità di
costumi e regolarità di vita monastica. Cristina
inaugura i principi basilari scientifici
della preparazione infermieristica moderna
e oltrepassando la sfera meramente tecnica
attribuisce alle direttrici e alle assistenti
quelle funzioni che oggi sono attribuite
al servizio sociale degli ospedali: "Ella
concepiva le sue assistenti... come un necessario
trait d'union tra i ricoverati e il mondo esterno, perché
l'infermo, segregato nel periodo di degenza,
non sentisse di essere avulso dalla vita
e dagli interessi di ogni genere che aveva
dovuto abbandonare". Cristina non esitò
a rivolgersi al ministro della Guerra per
reclamare il soldo dovuto ai feriti affidati
alle sue cure.
Dopo la sconfitta della Repubblica Romana
s’imbarca a Civitavecchia con la figlia,
sbarca a Costantinopoli, finisce in Turchia,
dove con soldi a prestito acquista una proprietà,
fonda una colonia agricola aperta a profughi
italiani, assiste la popolazione locale come
a Locate, si guadagna da vivere scrivendo
articoli di sorprendente verismo sull’Anatolia,
il Libano, la Siria, la Palestina.
Nel 1855 ottiene dalla
burocrazia austriaca
la restituzione dei suoi
beni, torna in Italia,
e nel 1860 si sposa la
figlia Maria - e sarà
un matrimonio felice, che
renderà felice
anche Cristina. Nel 1861,
dopo la proclamazione
della tanto sospirata unità
d’Italia, la
principessa di Belgioioso
lascia serenamente
ogni attività politica
e vive tra Milano,
Locate e il lago di Como
con l’affezionato
servo turco Burdoz e la
governante inglese
Miss Parker, entrambi compagni
di viaggi
e d’avventure da vent’anni.
Gli ultimi dieci anni non li trascorre a
fare la calza. Fonda un giornale, l'"Italie",
destinato a pubblicizzare in Europa la politica
italiana, scrive saggi politici e, nel primo
numero della rivista "Nuova Antologia",
su richiesta del vecchio amico Terenzio Mamiani,
pubblica il saggio "Della presente condizione
delle donne e del loro avvenire" che
si conclude con queste parole:
"Vogliano le donne felici ed onorate
dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto
il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni
delle donne che le precedettero nella vita,
e ricordare con qualche gratitudine i nomi
di quelle che loro apersero e prepararono
la via alla non mai prima goduta, forse appena
sognata felicità!"
Muore nel 1871, a 63 anni, a Locate: dove
si trova ancora la sua tomba.
Bibliografia
L’INFERMIERISTICA NEL PENSIERO RIFORMATORE
DI CRISTINA TRIVULZIO DI BELGIOIOSO - di
Anna Maria Zucchi – Dalla rivista “Infermieri
Oggi” Organo Ufficiale di Stampa del Collegio
IPASVI di Roma
IL CONTRIBUTO SOCIALE E POLITICO DELLE PROFESSIONI
NELLE ISTITUZIONI - di Maria Vittoria Pepe
Rachele Farina (a cura
di), Dizionario delle donne lombarde - Baldini e Castoldi 1995
Arrigo Petacco - La principessa del Nord Milano, Rizzoli 1992
Mino Rossi - Principessa Libertà - Ferrara, Tufani 2006
Elena Doni - Enciclopedia delle donne, Cristina Trivulzio di Belgioioso
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Concetta Malvasi - pubblicato il 1 febbraio
2013 |
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