Appunti da Principi di etica biomedica di Beauchamp e Childress
di Concetta Malvasi
La bioetica in senso stretto riguarda
le
questioni legate al mutamento della
medicina
e della biologia (nascita-vita morte)
In senso lato riguarda anche tutte
le questioni
ambientali ed animali che si verificano
con
i diversi mutamenti.
Il modello che ispira questo libro
è quello
del PRINCIPILISMO.
I principi di base sono quattro:
Beneficenza= ogni tipo di azione per
il bene
altrui
Non maleficenza= il principio ippocratico
di non nuocere
Giustizia= l’accesso alle risorse con
una
equa distribuzione in un momento in
cui le
risorse vengono a mancare
Autonomia= la capacità dell’individuo
ad
esprimere parere sul suo benessere,
decidere
per se stesso
L'etica medica tradizionale era basata
sul
modello paternalistico del medico,
l’autorità
riconosciuta che si esprime nel codice
deontologico.
Il medico è in grado di sapere cosa
è meglio
per il paziente e quali sono le scelte
migliori,
il paziente non era un soggetto attivo
in
grado di scegliere, il medico sceglieva
per
lui in scienza e coscienza….
In seguito ai grossi cambiamenti tecnologici
e scientifici, nel campo della giustizia,
di fronte ad una crescente richiesta
di pluralismo
dei valori ed una diversa considerazione
della giustizia - conseguenze dei profondi
cambiamenti sociali e culturali degli
anni
sessanta - il paziente diventa soggetto
attivo
e responsabile. Nel 1973 si ebbe la
prima
carta dei diritti del paziente. .
Nasce una nuova condizione professionale
non più centrata sulla funzione diagnostico-assistenziale
ma. su quella terapeutica ed il rapporto
con il paziente cambia, si incomincia
a parlare
di doveri: il dovere del medico di
informarlo….insomma
incominciano a crearsi le condizioni
per
trovare valide giustificazioni dei
principi
morali, la necessità di individuare
una disciplina
che consenta, tramite una analisi ed
un processo
decisionale appropriato, alla giustificazione
etica dell’agire.
Il codice deontologico non basta più,
specie
se si ricerca il consenso del paziente
alle
cure ed alle scelte della sua condizione
di salute e di vita.
Questo manuale tratta anche di metodo,
giustificazione,
verità, specificazione e bilanciamento
dei
principi ed il luogo dei principi.
TEORIA COERENTISTICA DELLA GIUSTIFICAZIONE=
la giustificazione dipende dalla coerenza
tra il generale ed il particolare
GIUDIZIO PONDERATO=intuizione plausibile,
equilibrio riflessivo con le norme
generali
DEDUTTIVISMO= dal generale al particolare
INDUTTIVISMO= dal particolare al generale
COERENTISMO= entrambi per cui LA GIUSTIFICAZIONE
(dipende dalla coerenza tra il generale
ed
il particolare)
DUE METODI
BILANCIAMENTO= quello che ci permette
di
scegliere tra un principio e l’altro
SPECIFICAZIONE= specificare bene il
contenuto
dei principi astratti
Le regole servono per specificare i
principi
PRINCIPI PRIMA FACIE= obblighi che
vanno
osservati ma che possono entrare in
conflitto
con obblighi più elevati, bisogna bilanciare
contestualizzandoli alle circostanze.
NON
SONO OBBLIGHI ASSOLUTI.
Questo libro cerca di fornire uno schema
di riferimento per il giudizio morale
e per
il processo decisionale, in modo che
la teoria
etica aiuti nei problemi che ci sono
all’interno
dell’assistenza sanitaria e cooperi
a superare
alcune limitazioni circa la responsabilità
etica.
PRIMO ARGOMENTO
MORALITA’ E GIUSTIFICAZIONE MORALE.
ETICA= termine generico per vari modi
di
intendere la morale, la vita morale,
alcuni
approcci sono normativi (criteri dell’azione
giusta e buona) altri descrittivi (riferiscono
come le persone agiscono e pensano)
ETICA NORMATIVA= criteri che ci guidano
nella
vita pratica, l’indagine completa intorno
ai principi, concetti ragionamenti
morali,
quello che ci guida in senso generale
in
virtù delle norme.
ETICA APPLICATA (ETICA PRATICA)= l’applicazione
dell’etica normativa nei vari ambiti,
per
esaminare i problemi ed aiutarci nella
loro
risoluzione.
L’etica normativa è generale si richiama
ai principi, quella pratica ne è l’applicazione
ma, non si dovrebbe tracciare una linea
netta
tra le due.
ETICA DESCRITTIVA= indagine positiva
del
comportamento e delle credenze morali
(usata
da antropologi e sociologici)
METAETICA= natura della etica e riflessione
sul giudizio morale che viene avanzato,
analizza
i linguaggi, i concetti ed i metodi
di argomentazioni
dell’etica. (ad esempio esamina i significati
di termini etici quali obbligo, virtù,
principio
ecc….) L’etica descrittiva e la metaetica
non sono etiche normative perché descrivono
e non dicono ciò che dovrebbere esserci
da
un punto di vista etico
LA MORALITA’ COMUNE
Teoria etica e filosofia morale sono
i termini
per riferirsi alla riflessione filosofica
sulla natura e funzione della moralità
MORALITA’= si riferisce alle convenzioni
sociali sulla condotta giusta e sbagliata
che sono ampiamente condivise così
da ottenere
uno stabile consenso
ETICA= termine generale che si riferisce
sia alla morale che alla teoria etica
I termini TEORIA ETICA, FILOSOFIA MORALE,
ETICA FILOSOFICA sono riservati alle
teorie
filosofiche
TEOLOGIA MORALE, ETICA TEOLOGIA, ETICA
RELIGIOSA
termini riservati alla riflessione
sulla
moralità alla luce delle convinzioni
teologiche
La moralità comune comprende NORME
DI COMPORTAMENTO
SOCIALMENTE APPROVATE, è una istituzione
morale con un codice di norme apprendibili
che impariamo crescendo, essa costituisce
un punto di partenza per elaborare
una teoria
etica.
CODICI DI ETICA PROFESSIONALE
Importante stabilire cos’è una professione.
Secondo Talcott Parson una professione
è
“…l’insieme di ruoli occupazionali,
ossia
di ruoli in cui i titolari svolgono
determinate
funzioni generalmente stimate nella
società
e si guadagnano regolarmente da vivere
con
queste attività lavorative a tempo
pieno….”
Termine ampio che qualifica quasi tutti
mestieri
come professione, C’è bisogno di un
significato
più ristretto come quello usato in
etica
professionale dove i professionisti
sono
identificati dal loro incarico di fornire
importanti servizi ai clienti o consumatori
e hanno avuto un tirocinio specializzato,
mantengono organizzazioni autonome
che controllano
l’ingresso nel mondo occupazionale
e che
certificano che i loro aderenti hanno
acquisito
le capacità e le conoscenze necessarie.
Il bagaglio di conoscenze del professionista
deriva da un tirocinio molto duro sottoposto
a controlli come quello dei professionisti
del settore sanitario che stabiliscono
e
fanno valere degli obblighi che sono
obblighi
di ruolo corrispondenti ai diritti
delle
altre persone.
I problemi di etica professionale nascono
da conflitti tra valori, talvolta da
conflitti
all’interno delle professioni per cui
un
codice professionale è espressione
articolata
di moralità di ruolo degli appartenenti
alla
professione questo è ciò che distingue
le
norme professionali dalla atre imposte
da
organismi esterni,
E’ importante chiedersi se alcuni codici
specifici per le aree sanitarie siano
completi,
coerenti e plausibili nelle norme morali
perché sebbene traggono conseguenze
dai principi
generali (quali ad es..quello medico
come
non fare del male che nasce dalla non
maleficenza)
hanno poco da dire come quello di franchezza
o di rispetto della autonomia o di
giustizia.
Alcuni diritti sono stati introdotti
dalla
varie dichiarazioni sui diritti dei
pazienti.
Questi codici molto spesso sono concentrati
sui diritti di coloro che ricevono
i servizi
piuttosto che sull’obbligo dei professionisti.
Inoltre raramente questi codici fanno
riferimento
ad altre autorità morali diverse dalle
tradizioni
e dai giudizi dei medici e spesso contrastano
con norme morali più generali, sembra
quasi
che proteggano di più gli interessi
del professionista,
piuttosto che introdurre un punto di
vista
morale completo ed imparziale.
CRITERI GOVERNATIVI ED ORIENTAMENTI
DEL SETTORE
PUBBLICO
L'analisi morale è essenziale per i
professionisti
della sanità e per gli scienziati,
ragion
per cui per cui risultano decisivi
gli orientamenti
politici su come fornire le cure sanitarie
agli indigenti. Negli USA i diritti
dei pazienti
arruolati per i trias clinici di ricerca
offrono un esempio significativo: varie
agenzie
federali fanno regolarmente uso di
premesse
etiche nell’elaborazione delle loro
leggi
in materia di sanità. Il termine orientamento
pubblico è usato in questo testo per
riferirsi
ad un insieme di criteri normativi
che sono
accettati da organismi ufficiali allo
scopo
di regolamentare una particolare sfera
dell’azione
umana. Però non tutti gli orientamenti
pubblici
sono leggi dello stato perché questi
non
hanno bisogno di essere codificati;
a volte
le decisioni di non agire, al pari
di quelle
di agire, possono essere orientamenti
pubblici.
L'etica degli orientamenti pubblici
deve
cominciare da casi spinosi e poco chiari
intorno ai quali nella società esistono
forti
disaccordi. Ragion per cui, un orientamento
pubblico risulta decisivo nel fare
chiarezza..
I principi e le regole offrono le considerazioni
morali per valutare gli orientamenti
ma,
questi possono anche essere decisi
in base
a dati empirici. Tuttavia, quando si
utilizzano
regolamenti per dire che un orientamento
pubblico è sbagliato, non si potrà
dire con
sicurezza che quel particolare atto
giudicato
alla luce di un orientamento pubblico
sia
sbagliato e che l'orientamento che
porta
al giudizio sia giusto. Di conseguenza,
dare
al governo la possibilità di proibirlo
e
quindi non finanziarlo (es…mio: gli
orientamenti
pubblici e la legge permettono l'aborto
ma,
per un cattolico che segua i dettati
della
chiesa esso risulta moralmente sbagliato,
o quando,viceversa, un fervente cattolico
giudichi sbagliato l’aborto ma, la
legge
e gli orientamenti pubblici lo permettono,
e quindi i ci sono i finanziamenti).
Pertanto
la connessione tra i criteri morali
e i giudizi
sulla politica sono complicati ed un
giudizio
sull’atto non implica un giudizio sulle
leggi
e sugli orientamenti.
DILEMMI MORALI
I dilemmi morali non portano mai ad
una conclusione
che una cosa sia migliore rispetto
ad un’altra
e che quindi un determinato atto sia
migliore
di un altro.
Si presentano almeno in due forme:
1.un argomento mi indica che un atto
è moralmente
giusto ed un altro argomento mi indica
che
lo stesso atto è moralmente sbagliato
e su
entrambi i versanti la prova non è
conclusiva.
2.credo che per convinzioni mie morali
dovrei
compiere un determinato atto, ci sono
convinzioni
morali che mi spingono verso quell’azione
ma, ce ne sono altrettante che mi spingono
verso un’altra azione e mi è preclusa
la
possibilità di scegliere entrambe le
azioni,
nessuna delle convinzioni mi dicono
che una
è meglio dell’altra.
I dilemmi morali mettono in crisi convinzioni,
principi e regole morali.
Invece i conflitti tra requisiti morali
ed
interessi personali producono talvolta
un
dilemma pratico ma non un dilemma morale..
Alcuni filosofi e teologi dicono che
non
esistono molti genuini dilemmi morali
mentre
ci sono molti dilemmi pratici: ciò
perché
accettano un solo valore morale che
prevale
su tutti. altri sostengono che l’unico
dovere
sia quello chediscende dal VALORE SUPREMO.
Altri, la maggior parte, sostengono
che diversi
principi morali possono entrare in
conflitto
nella vita concreta producendo un dilemma
senza che ci sia un valore supremo,
in alcuni
casi può essere risolto in altri no.
E' sicuramente
una sfida all'imperativo categorico
propugnato
da Kant.
METODO, GIUSTIFICAZIONE E VERITA'
Prendere una decisione vuol dire risolvere
un problema intorno al quale c’è stata
una
ampia discussione, quando si prende
una decisione.
la argomentiamo con le giustificazioni
da
noi ritenute valide e che sono sorrette
dalle
ragioni morali che prevalgono.
La giustificazione nel significato
più diffuso
vuol dire mostrare che qualcosa è giusto
con argomentazioni ritenute valide;
in giurisprudenza
la giustificazione è la dimostrazione
davanti
ad un giudice che si hanno ragioni
sufficienti
per avanzare la proprie rivendicazioni
o
per essere discolpati da una accusa.
Il significato legale offre una analogia
a quello etico..
Per dimostrare che si è nel giusto
in merito
ad una convinzione morale occorre esplicitare
le ragioni che sottendono alla nostra
convinzione,
non tutte le ragioni sono buone e non
tutte
le buone ragioni sono valide per cui
si ha:
Rilevanza di una ragione rispetto alla
sua
adeguatezza e, allo stesso tempo, la
distinzione
tra una tentata giustificazione e una
giustificazione
riuscita.
Se una ragione è buona deve essere
rilevante
per tutti e non solo per alcuni,
TRE MODELLI DI GIUSTIFICAZIONE NELLA
TEORIA
ETICA
1.deduttivismo= modello del precetto
superiore,
applicazione dall’alto verso il basso
le
norme generali e la teoria etica come
basi
adeguate per ottenere giudizi morali,
anzi
i giudizi morali giustificati sono
dedotti
da una precisa struttura teoretica,
la giustificazione
viene conseguita se i principi generali
insieme
ai fatti della situazione considerata
portano
ad inferire il giudizio o i giudizi
corretti,
il giudizio morale è l’applicazione
di una
legge generale e subordinata ad una
regola,
il modello deduttivo rimane valido
sostituendo
il termine obbligatorio con il termine
permesso
e proibito.
Ad esempio:
ogni atto compiuto nel migliore interesse
generale del paziente è obbligatorio
per
il medico
l’atto di sospendere le cure è nel
migliore
interesse del malato
l’atto di sospendere le cure è obbligatorio
per il malato
Il problema principale in questo caso
consiste
nella scelta della teoria etica da
applicare.
Questo modello sposta l’attenzione
dal livello
del giudizio particolare (il mio atto
in
quanto medico) ad un livello di generalità
superiore.
GIUDIZIO PARTICOLARE----REGOLE----PRINCIPI----TEORIA
ETICA
Per cui funziona bene ogni volta che
un giudizio
può essere posto direttamente sotto
una regola
senza che intervengano complicazioni
quali
il ricorso a più regole o più principi.
Questa è una concezione lineare semplice
che non coglie appieno la giustificazione
nei casi complessi, i criteri di azione
sono
reciprocamente connessi a elementi
particolari
dell’esperienza per cui non ci può
sempre
essere una condotta lineare e unilaterale
perché le relazioni tra norme generali
e
i giudizi particolari sono bilaterali.
Le opinioni morali nascono e sono date
sia
dai casi particolari dell’esperienza
sia
facendo riferimento a precetti generali.
Spesso non c’è ordine di dipendenza
che fissi
il modo in cui acquisiamo la conoscenza
morale.
I giudizi morali spesso sono ottenuti
bilanciando
le norme sui casi concreti, si tiene
conto
di una serie di fattori quali le prospettive
culturali, l’orientamento pubblico,
le effettive
opinioni sul mondo ecc…per dare concretezza
alle decisioni assunte.
Il deduttivismo crea un regresso potenzialmente
infinito di giustificazioni, si richiede
sempre un livello superiore di giustificazione
e suggerisce poi che solo una teoria
normativa
potrebbe risultare corretta.
L'induttivismo, in quanto modello del
caso
individuale ricavato procedendo dal
basso
verso l’alto, porta necessariamente
a riconoscere
che bisogna sfruttare le convinzioni
e le
pratiche sociali esistenti come punto
di
partenza per giungere a norme quali
i principi
e le regole. Ragion per cui, il ruolo
dei
giudizi particolari è importante per
arrivare
alle regole generali .
L’induzione (il ragionamento da casi
particolari)
e l’analogia (le somiglianze tra atti
ed
eventi accreditano l’ipotesi che questi
atti
siano simili anche sotto altri aspetti)
sono
elementi centrali per la giustificazione;
inoltre, nell’ordine delle conoscenze,
le
regole ed i principi sono derivati
e non
primari.
Le regole morali sono punti saldi ma,
provvisori
all’interno di una matrice culturale
costituite
da linee guida.
Però, se i giudizi dei singoli sono
alla
base della giustificazione, quale spazio
rimane alle regole, ai principi per
correggere
criticamente i giudizi prevenuti o
i pregiudizi
contenuti nelle norme ottenute per
generalizzazione
delle esperienze particolari? Un filosofo
sostenne che se il caso particolare
può essere
soddisfacentemente risolto dalla coscienza
(il giudizio pratico) non abbiamo bisogno
di norme. Se ne abbiamo bisogno è un
fatto
meramente speculativo e non pratico..
Problema dell’induttivismo: i giudizi
e le
tradizioni inadeguate vengono criticate
sulla
base di norme generali.
Questa teoria ha bisogno di essere
sorretta
da una spiegazione sul ruolo specifico
delle
regole generali nel dirimere le dispute
e
correggere il giudizio.
ALLORA:
l’induttivismo sottolinea che non abbiamo
bisogno di norme e criteri generali
nell’assumere
decisioni, noi prendiamo decisioni
sulla
base della nostra esperienza e muovendo
sempre
da nuove esperienze e nuovi problemi
verso
criteri sempre più sofisticati ;
il deduttivismo ci dice che una volta
in
possesso di solide regole, criteri
prestabiliti
i giudizi morali che spingono le nostre
azioni
sono garantiti da un ricorso diretto
ad esse.
Entrambi. hanno delle lacune perché
non sempre
riescono a giustificare pienamente
il perché
della azioni soprattutto quelle complesse.,
ragion per cui ci deve essere attenzione
sia al particolare che al generale,
sia al
contesto che ha generato il problema
che
alla regola che deve servire a risolverlo.
Esiste un terzo modello (che pare preferito
dagli autori):
il coerentismo, il quale muove sia
dal particolare
verso il generale che dal generale
verso
il particolare creando un equilibrio
riflessivo
per riferirsi all’obiettivo della giustificazione
, giudizio ponderato che si riferisce
al
giudizio nel quale è più probabile
che le
nostre capacità morali appaiono senza
distorsioni,
sono le convinzioni morali di cui siamo
convinti
e sicuri, più lontani dalla parzialità.
Esempio: Un giudizio ponderato è la
regola
che un medico non deve sfruttare i
malati
per un suo tornaconto personale perché
l’interesse
del paziente viene sempre prima di
tutto,
in questa regola è implicito l’incompatibilità
tra gli interessi personali del medico
e
l’impegno fondamentale assunto nei
confronti
del paziente.
Però anche i giudizi ponderati che
vengono
assunti a regola, sono soggetti a riflessione
perché l’obiettivo dell’equilibrio
riflessivo
consiste nell’armonizzare, aggiustare
i giudizi
ponderati per renderli compatibili
tra loro
e con le premesse della teoria.
Allora: in riferimento alla regola
di mettere
gli interessi del paziente sopra ogni
cosa,
in etica biomedica bisognerebbe cercare
di
rendere questa regola compatibile con
altri
giudizi ponderati sulla responsabilità,
ad
esempio, della conduzione della ricerca
clinica
su soggetti umani e sulle responsabilità
nei confronti della famiglia, per cui
la
regola di mettere prima di tutto l’interesse
del paziente è un presupposto iniziale
accettabile
ma non è categorico.
Facendo diverse analisi rispetto a
determinati
comportamenti nella risoluzione di
problemi
di carattere morale, ci si rende conto
che
tutti i sistemi morali presentano un
certo
grado di indeterminatezza e incoerenza,
mostrando
che non hanno il potere di eliminare
i conflitti
tra principi e regole.
Che si fa?
Si dovrebbe raggiungere una condizione
di
equilibrio riflessivo ampio, il quale
si
verifica quando si valuta la forza
e la debolezza
di tutti i giudizi morali dei principi,
delle
regole e teorie messe in campo, e poi,
si
analizza la più ampia varietà possibile
di
convinzioni morali plausibili, anche
di casi
molto complicati e difficili.
Il modello rilevante per una teoria
morale
potrebbe essere costituito dalla massima
approssimazione alla piena coerenza.
Si prendono in considerazione i numerosi
fattori della vita morale e si portano
all’equilibrio
senza introdurre pareri sulla razionalità
o meno delle varie teorie che dividono
i
vari filosofi dei vari modelli..
La giustificazione non è un metodo
deduttivista
ne tanto meno induttivista, può essere
una
sintesi delle due perché le considerazioni
morali si sostengono reciprocamente
in una
unità coerente. Come evidenziato da
John
Rawls, .la giustificazione è una questione
di reciproco sostegno tra numerose
considerazioni
di aggiustamento globale in un intero
coerente.
UNA TEORIA COERENTISTA DELLA GIUSTIFICAZIONE
Secondo Feinberg la dialettica è la
relazione
tra esperienza morale e teoria morale
ci
portano a eloborare teorie per rendere
intelligibile
l’esperienza e per stabilire cosa dobbiamo
fare ma, ci serviamo dell’esperienza
per
riadattare la teoria (metterla alla
prova).
Se una teoria dà luogo a conclusioni
che
sono in disaccordo con i nostri principi
morali, vuol dire che non va bene e
va rivista:
questa strategia dialettica è un modo
per
approssimarsi alla coerenza tra giudizi
particolari
e generali.
Benché la giustificazione sia una questione
di coerenza, la sola coerenza non è
una buona
base per costruire solide giustificazioni:
LA GIUSTIFICAZIONE E LA CONOSCENZA
MORALE
NON POTRANNO MAI ESSERE RAGGIUNTE SE
NON
VIENE PRESO IN CONSIDERAZIONE ANCHE
QUALCHE
ALTRO CRITERIO INDIPENDENTE DALLA COERENZA
- prendendo ad esempio il codice dei
pirati
del 1640, che prescriveva un insieme
di regole
coerenti con il credo piratesco ma,
moralmente
insoddisfacente perché giustificava
la tratta
degli schiavi o l’assassinio. In merito,
si potrebbe dire che il codice era
coerente
con la loro prassi ma, non accettabile
su
un piano etico universale in quanto
prendeva
in considerazione il bene più alto
del rispetto
della vita e del rispetto degli altri
non
appartenenti alla congrega dei pirati.
Ragion per cui: ALCUNI GIUDIZI COSTITUISCONO
IL NOSTRO PUNTO DI PARTENZA E SONO
GIUSTIFICATI
SENZA RICORSO AD ALTRI GIUDIZI.
In etica, quindi si comincia con un
insieme
particolare di convinzioni, insieme
di particolari
giudizi ponderati che sono inizialmente
accettabili
senza un sostegno argomentativo. Ma
è sempre
tutto sottoposto alla dinamca e alla
dialettica:
in una teoria coerentista si ricorre
ad un
complesso ampio di esperienze per trovare
punti di convergenza.
Più si trovano spiegazioni e conferme
a sostegno
di una ipotesi e più ci rendiamo conto
che
l’ipotesi è quella giusta. Queste conferme
sono l’obiettivo proprio della teoria
morale….ma
è molto difficile da raggiungere.
Ci sono gradi diversi di giustificazione
e di conoscenza e la coerenza è il
requisito
principale ma non l’unico per la giustificazione
morale.
Ci sono alcune condizioni di salvaguardia
nel tentativo di ricostruzione dei
concetti
per evitare di costruire una coerenza
difettosa
Condizione della rassomiglianza=delucidazione
morale che rimanga fedele ai principi
che
costituiscono il punto di partenza
per le
delucidazioni IL PRODOTTO FINALE DOVREBBE
RASSOMIGLIARE AI PRINCIPI DA CUI SI
è SVILUPPATO
Condizione della universalizzabilità=i
principi
morali basilari, i quali dovrebbero
essere
formulati in termini universali e non
particolari.
Questa è una condizione formale (ogni
persona
che giudichi l’azione b moralmente
virtuosa
nella circostanza c, si impegna ad
accettare
che b sia moralmente degna anche nella
circostanza
c1, c2, c3 ecc….) e quindi si può affermare
che un individuo in circostanze dello
stesso
tipo agisca nello stesso modo.
Ci sono altri criteri quali la resistenza
al confronto, l’elasticità ed il potere
produttivo
di un principio o di una teoria. Una
teoria
che regga il confronto, che si adatti
alle
novità, e che affronti problemi nuovi
con
soluzioni creative favorisce l’equilibrio
riflessivo.
CONCEZIONI COERENTISTE E NEOCOERENTISTE
DELLA
VERITA’
E' in corso una iscussione: una teoria
morale
deve essere anche vera e non solo coerente.
Una teoria coerentista della giustificazione
può svolgere anche il ruolo della verità
e non solo della giustificazione. La
coerenza
non è un tratto costitutivo della verità.
Alla luce di queste affermazioni letteralmente
incoerenti e contraddittorie, non si
potrebbe
dire
che un corpo di credenze coerenti ,
che hanno
avuro successo, potrebberi portare
alla verità.
Abbiamo bisogno di una teoria della
verità.
Gli autori di questo libro si sentono
di
dire che nella sfera etica le giustificazioni
vengono condotte con successo e che
l’approccio
corretto alla giustificazione consiste
nella
concezione - definizione della coerenza.
SPECIFICAZIONE E BILANCIAMENTO DEI
PRINCIPI
SPECIFICAZIONE
Un principio che manchi di adeguata
specificità
è vuoto ed inefficace. La moralità
stessa
contiene zone di indeterminatezza che
devono
essere ridotte mediante elaborazioni
ed ulteriori
arricchimenti.
Ad esempio: la non maleficenza e un
principio
che ci obbliga a non nuocere agli altri,
riteniamo che causare la morte di qualcuno
sia un male….ma, l’eutanasia è da condannare?
In alcuni casi non si può addirittura
configurare
come un atto di beneficenza? Si può
quindi
dire che, se non si specifica la non
maleficenza,
è un principio vuoto. I principi astratti
devono spesso essere approfonditi.
La specificazione
è fondamentale per i casi particolari
e per
superare alcuni conflitti morali, le
nostre
norme vanno sempre specificate eliminando
le ambiguità. La specificazione è una
strategia
nella risoluzione dei problemi a patto
che
anche essa possa venire giustificata.
Una specificazione adeguata richiede
che
si giustifichi la pretesa che la specificazione
proposta è coerente con altre importanti
norme morali, e nessuna specificazione
proposta
è giustificata, se non se ne mostra
la coerenza.
LIMITI E DEBOLEZZE
Questa riflessione non ci indica un
modo
per fare ameno del bilanciamento: non
si
deve esagerare nell’opposizione tra
il modello
della specificazione e quello del bilanciamento
e dell’applicazione delle norme. Pertanto,
essa risulta adatta solo a contesti
nei quali
la specificazione ha buone probabilità
di
riuscita. Inoltre, non impedisce che
vengano
utilizzate idee dogmatiche, arbitrarie
o
irrazionali per arrivare alla conclusione
preferita.
Il metodo della specificazione deve
essere
connesso ad un più ampio modello coerentista
che si richiami ai giudizi ponderati
ed alla
coerenza generale introdotta dalle
specificazioni
proposte..
PUNTI DI FORZA
Questa riflessione è una componente
del più
ampio metodo della coerenza, rafforza
le
nostre argomentazioni;;una specificazione
appropriata innalza il livello di coerenza
già presente nella teoria. Attraverso
una
specificazione, i principi e le regole
di
una teoria possono nutrire i diversi
ambiti
della vita morale
Ogni volta che si verificano conflitti
morali,
la specificazione fornisce un ideale
fatto
di ripetuti controlli alla coerenza
e di
correzioni di un principio o di una
regola,
ed è uno strumento utile all’elaborazione
di orientamenti nel campo della bioetica.
BILANCIAMENTO E PREVALENZA DELLE NORME
La specificazione ha bisogno di un
approfondimento
del significato, mentre il bilanciamento
consiste nel giudizio intorno al peso
relativo
delle norme stesse, e molte volte ha
luogo
nella specificazione e questa a volte
ha
luogo nel bilanciamento..
Il bilanciamento si rivela utile per
i casi
individuali, mentre la specificazione
è funzionale
nell'elaborazione degli orientamenti.
Qui si considerano le norme da bilanciare
come quelle non assolute, cioè prima
facie:
né come regole basate sulla esperienza.
né
come norme ordinate gerarchicamente.
Le specificazioni
complete e definitive dei principi
sono norme
assolute e giustificabili ma, sono
rare e
vanno considerate come ideali piuttosto
che
come prodotti finiti.
Bisogna distinguere tra obblighi prima
facie=obbligo
che deve essere osservato a meno che
in determinate
circostanze non entri in conflitto
con un
obbligo di forza uguale o maggiore
ed è quindi
vincolante soltanto se non viene superato
in valore da altri obblighi morali
contrastanti.
Da cui = miglior saldo di ciò che è
giusto
su ciò che è sbagliato. Ad esmpio::dire
o
non dire una bugia, se ho sufficienti
argomenti
per dire una bugia (il fatto di dirla
può
promuovere il benessere di qualcuno)
rispetto
ad un'altra norma prima facie.......
(non
mentire perchè io normalmente non mento=lealtà)
allora il bilanciamento è giustificato
se
i giudizi espressi hanno delle buone
ragioni
il bilanciamento è un processo di giustificazione
soltanto se vengono presentate delle
ragioni
valide ( Metto sui diversi piatti della
bilancia
i diversi argomenti -norme prima facie
tra
loro contrapposte - a favore delle
tue tesi
per fare la scelta più corretta e coerente
e arrivare all'obbligo effettivo che
è l'obbligo
prima facie che prevale).
Obbligo assoluto= non si può negoziare,
non
si può ricorrere al bilanciamento (il
dovere
kantiano) deve essere sempre rispettato
e
quindi non può risolvere conflitti
di due
o più obblighi ritenuti assoluti.
Alcuni asseriscono che le ragioni buone
che
vengono portate in un atto di bilanciamento
possono essere viste come specificazioni
che incorporano nella norma le proprie
ragioni.
Il bilanciamento spesso sfocia nella
specificazione,
la specificazione spesso comporta il
bilanciamento
e, sia nell'uno che nell'altro caso
si aggiungono
dettagli, (specificazione) per cui
è corretto
farli valere entrambi in quanto incrementano
il modello della coerenza.. Riicordiamo
che
il BILANCIAMENTO è UTILE NELL'ANALISI
DEI
CASI mentre LA SPECIFICAZIONE LO è
NELLA
ELABORAZIONE DEGLI ORIENTAMENTI.
CONDIZIONI CHE LIMITANO IL BILANCIAMENTO
Secondo alcuni il bilanciamento è intuitivo
ed indeterminato per cui ci sono una
serie
di condizioni che ne riducono il ragionamento
intuitivo (servono a giustificare l’infrazione
di una norma prima facie a favore di
un’altra
norma) e sono le ragioni addotte per
agire
in conformità alla norma prevalente.
Gli
argomenti a favore devono essere migliori
di quelle a sostegno della norma che
si infrange.
Deve esserci una reale speranza che
venga
raggiunto l’obiettivo morale che giustifica
l’infrazione. Se, al contrario, non
esistessero
alternative, l'infrazione risulterebbe
meno
grave compatibilmente con l’obiettivo
principale
dell’azione: ovvero ridurre al minimo
le
conseguenze negative dell’infrazione,
come
ad esempio nel caso di un'interruzione
di
gravidanza volta a preservare la salute
della
madre e concordamente evitare la nascita
di un individuo con gravi malformazioni.
Queste condizioni sono moralmente impegnative
e dovrebbero costituire misure protettive
nei confronti di giudizi arbitrari
o puramente
intuitivi, tuttavia andrebbero misurate
in
assoluta onestà nei processi di bilanciamento.
Rispetto a ciò, non siamo in grado
di riconoscere
quale sia la norma morale prevalente.
Inoltre è inevitabile che ci siano
giudizi
intuitivi e soppesamenti soggettivi,
ma questo
non riduce il processo di bilanciamento
e
di prevalenza a una questione puramente
soggettiva.
Se prendimao ad esempio l'AIDS, ci
troviamo
alle prese con due principi prima facie:
il rispetto dell'autonomia del paziente
nel
scegliere o meno di fare il test come
esame
obbligatorio (i suoi comportamenti
posso
esporre al rischio altre persone);
il rispetto
del bene altrui , che risponde sia
al principio
di non maleficenza, sia a quello di
beneficenza
volto a ridurre il danno familiare
e sociale.
I due principi confliggono. L'azione
di bilanciamento
per dimostrare che un diritto prevale
sull'altro,
deve dimostrare, argomentandolo, che
il principio
di beneficenza e non maleficenza è
più importante
degli altri. L'individuo che realizza
spesso
rapporti sessuali con partner occasionali
dovrebbe capire l'importanza decisiva
di
sottoporsi all'esame. E, per altro,
lo stesso
'esame andrebbe considerati obbligatorio
per prevenire danni. Sicché infrangere
il
principio del rispetto dell'autonomia
e della
responsabilità individuale potrebbe,
infine,
soddisfare anche la condizione dell'infrazione
meno grave, in presenza della considerazione
che si avrebbero meno conseguenze negative
per il maggior numero di persone.
Cè' preoccupazione per il ruolo svolto
dall'intuizione
e dalla soggettività. Alcuni teorici
parlano
di diritti da rispettare comunque come
vincoli
ma, si può dire che una pluralità di
valori,
bilanciamenti, e specificazioni non
impedisce
di prendere delle decisioni perchè
aanche
nella nostra vita pratica ci ritroviamo
spesso
ad operare delle scelte tra una pluralità
di valori contrastanti.
IL LUOGO DEI PRINCIPI
In questo libro si collocano al centro
dell'etica
biomedica quattro principi di base
che sono
bilanciati e specificati.
Un principio è una regola generale
che lascia
spazio considerevole al giudizio nelle
specifiche
circostanze e fornisce una guida per
l'elaborazione
di regole e orientamenti dettagliati.
Una
regola è più specifica nel contenuto
e ha
un raggio di azione ristretto rispetto
ad
un principio.
Entrambi sono generalizzazioni normative
che guidano l'azione.
I principi sono:
rispetto dell'autonomia= rispetto della
capacità
decisionale del singolo
non maleficenza=non nuocere, evitare
di causare
danno
beneficenza= fare della beneficenza
giustizia= distribuire equamente benefici,
rischi e costi
Nel passato in etica medica la non
maleficenza
e la beneficenza erano i principi base
e
dovevano essere anteposti ai desideri
ed
ai diritti dei pazienti..
Le regole sono:
Regole sostanziali a partire dalle
regole
di sincerità, riservatezza, lealtà
che devono
essere formulate come criteri di azione
specifica
di principi astratti, (es.rispetto
del principio
di autonomia del paziente una regola
potrebbe
essere che bisogna seguire una direttiva
del malato ogni volta che è chiara)
Regole di autorità a partire da ciò
che riguarda
chi può e dovrebbe agire (autorità
decisionale
es. regola dell'autorità delegata chi
prende
decisioni al posto del malato, regola
d'autorità
professionale chi dovrebbe scegliere
di ignorare
o di accettare le decisioni del paziente
quando queste possano risultare dannose.
Queste due regole intereagiscono spesso
tra
di loro.
Regole procedurali, le quali stabiliscono
la procedura da seguire per determinate
situazioni
(spesso si ricorre a queste quando
non ci
sono più regole sostanziali e quelle
di autorità
risultano non solutive).
Bibliografia - Principi di etica biomedica di Tom L. Beauchamp, James F. Childress.-
Editore Le Lettere 1999
CM - pubblicato il 23 maggio 2012
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Indice generale
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