| home | filosofia oggi e domani | Toyo tetsugaku (zhexue) | pagine di bioetica | Habermas |
Riflessione critica su "Scienza e fede"
di Jürgen Habermas |
Habermas nel libro espone il suo punto di vista tra fede e ragione, incontro possibile. C'è una terza via tra l'etica de il naturalismo e una etica basata su decisioni che derivano dall'aver fede in una autorità religiosa. Come si affronta la sfida in corso tra una etica laica, che è alla base di uno stato liberal democratico, e una etica che deriva dalla fiducia in una autorità religiosa. In questo libro Habermas non parla di problemi di bioetica e sul cosa fare relativamente a queste problematiche, bensì cerca di trovare il modo, l’atteggiamento da seguire nei casi concreti; come fare, come decidere quando c'è da decidere, che via seguire. Esistono
Habermas afferma che ci sono i credenti da una parte (poco inclini alla ragione, attenti alla propria fede) che si comportano obbedendo a regole dettate dal loro dio, dall’altra parte ci sono i non credenti, (eredi dell’illuminismo e della ragione) che prendono le loro decisioni sulla base della pura ragione e quindi si oppongono ai credenti. Che decisioni bisogna prendere? Come si devono prendere? Come si deve scegliere in un libero stato? Tre possibilità:
E' importante che alla base di uno stato liberal democratico ci sia armonia e accettazione del diverso da noi, tutti devono essere accettati perché la non accettazione crea disturbo ai singoli ed all'intera comunità. La tolleranza di tutti coloro che non hanno gli stessi nostri valori deve essere il punto di partenza per il vivere civile in armonia; le leggi dello stato devono tenere conto di tutte le opinioni, delle minoranze che vivono all’'nterno di quello stato. La nostra è diventata una società molto complessa, multiculturale, ci sono laici e ci sono vari credenti di varie fedi religiose. Come ci si può rapportare? Le norme (gli obblighi), spesso, se non rientrano nei propri valori, non sono accettate, possono essere rispettate ma non accettate, il conflitto morale resta (esempio: se si impone il velo ma il velo fa parte della propria cultura, rappresenta quindi la propria identità, per non essere emarginata o perché si crede fermamente nei valori della cultura di appartenenza, non lo si mette e si può entrare in conflitto con gli altri per rispettare la propria identità ‛&oppure ci sono altri esempi come la poligamia o ancora più violento come l'escissione del clitoride nelle donne). Bisognerebbe arrivare ad una etica che difenda quello in cui crediamo ma che accolga contemporaneamente le altrui opinioni anche se sono in contrasto con le nostre, questo sta alla base di una convivenza pacifica, una politica tollerante che faccia coesistere opinioni diverse.Alla base ci sono i principi fondamentali quali la libertà di parola, di opinione, di fede, di politica che sono anche sanciti dalla costituzione che diventa il pilastro della nostra vita sociale. Tolleranza: parola nata con il significato ristretto di tolleranza verso altre confessioni religiose che nel corso del XVII E XVIII diventa un concetto giuridico. I governi emanano leggi che impongono ad una popolazione ortodossa un comportamento tollerante verso le minoranze religiose quali i luterani o gli ugonotti. In inglese “tolerance” come virtù o disposizione a comportarsi viene distinta più nettamente (rispetto al tedesco) dalla tolleranza come atto giuridico. Fin dall’epoca di Spinosa e Locke le motivazioni della tolleranza religiosa indicano la strada che porta, dall’atto giuridico con il quale le autorità dichiarano uniteralmente la tolleranza religiosa, al diritto di praticare liberalmente la propria religione fondato sul reciproco riconoscimento della libertà religiosa dell’altro e comportante il diritto negativo di venir risparmiati dalle altrui pratiche religiose. Sulla base del reciproco riconoscimento delle regole per un comportamento tollerante, si può risolvere il presunto paradosso che indusse Goethe a respingere la tolleranza come segno di benevolenza offensiva perché condiscendente. Il paradosso consisterebbe in ciò che ogni atto di tolleranza deve definire: un ambito di contrassegni di ciò che va accettato e ciò che non va accettato, porre limiti alla stessa tolleranza. Non esiste inclusione senza esclusione. Soltanto una concezione di pari libertà per tutti ed una precisazione dello spazio di tolleranza che convinca egualmente tutti gli interessati può togliere alla tolleranza l'aculeo della intolleranza. I cittadini possono concordare i limiti delle reciproche pretese di tolleranza solo quando facciano dipendere le loro decisioni da una modalità di consultazione alla quale le parti interessate ed insieme partecipanti si attengono per l’assunzione delle reciproche prospettive e la pari considerazione degli interessi. La tolleranza religiosa può essere garantita in maniera tollerante proprio in base alle condizioni alle quali i cittadini di una comunità democratica si riconoscono una reciproca libertà di culto. Col diritto alla libera pratica della propria religione e alla libertà negativa di non essere importunati da altre pratiche religiose trova soluzione il presunto paradosso.. Un ordinamento costituzionale che garantisca la tolleranza deve preventivamente proteggersi dai nemici della costituzione. E con quanta tolleranza la democrazia deve trattare i suoi nemici? Se lo stato democratico vuole proteggersi dai suoi nemici deve mostrarsi intollerante verso i nemici della costituzione ricorrendo agli strumenti del codice penale. Nel nemico dello stato e della costituzione si trovano coloro (i fondamentalisti) che avversano la forma di vita moderna in quanto tale.. Konrad Hesse afferma, però, che non si può dimenticare che la sostanza della democrazia liberale non si può proteggere con la limitazione della libertà. La disobbedienza civile è una specie di cartina di tornasole perché permette, all'interno della costituzione, lo spirito tollerante di una costituzione liberale perché una costituzione democratica che si concepisca come un progetto per la realizzazione di pari diritti civili tollera l'opposizione di dissidenti, a condizione che i disobbedienti giustifichino la loro opposizione in base a principi costituzionali e la esercitino in modo non violento quindi con mezzi simbolici. Col riconoscimento della disobbedienza civile lo stato democratico rielabora il paradosso della tolleranza che fa ritornare nella dimensione del diritto costituzionale.
Rifiuto Il rifiuto reciproco delle rispettive pratiche si può recuperare in base a nuove ragioni soggettive con una base comune di accettazione delle ragioni imparziali che non neutralizzano le buone ragioni del rifiuto ma hanno la meglio su di loro (la normativa vincolante richiede la distinzione tra ciò che si vuole tollerato e ciò che non può essere tollerato); l'imparzialità per l'accettazione o il ripudio viene assicurata dalla volontà che richiede agli interessati il vicendevole rispetto e la reciproca assunzione di prospettive. Virtù politica dei cittadini nei rapporti con altri cittadini che hanno una concezione che si rifiuta. Nell'altro noi dobbiamo riconoscere il concittadino che va rispettato anche quando riteniamo il suo pensiero errato ed il suo modo di vivere infelice. Solo la tolleranza impedisce che una società pluralistica venga dilaniata, come comunità politica, da conflitti tra visioni del mondo. La tolleranza non è indifferenza, è una virtù morale che spinge a coinvolgersi nelle ragioni dell'altro accettandole, sulla base del riconoscimento reciproco, comunicazione con l'altro diverso da noi, diverso da me, occorre darsi ragioni come basi morali della democrazia. Per chi è diverso è d'obbligo evitare la discriminazione e mostrare pari rispetto per tutti. La tolleranza può cominciare dopo la discriminazione. Il credente dovrà aprire uno spazio alle ragioni del non credente, il non credente dovrà riconoscere che esistono "tesori di senso" nei credenti ai quali è precluso l'accesso alle ragioni laiche. Il non credente non si identifica con i comandamenti della religione così come il credente non si identifica con le leggi di uno stato laico ma, entrambi dovrebbero riconoscere i valori dell’altro, le ragioni della morale religiosa o le ragioni della morale laica, ed entrambi dovrebbero "ospitare" i reciproci valori riconosciuti come componenti dell'ethos. La complessità della vita, dei valori, delle cose che ci sono e che contano sono più importanti e vanno al di là della fede o della ragione. Non c’è solo la fede o la laicità, dentro la fede c'è qualcosa di laico e viceversa. DO UT DES = scambio di riconoscimento reciproco. Concezioni che sono motivo per il rifiuto della fede (che sono ragionevolmente spiegate.). Le stesse concezioni rifiutate ma tollerate debbono mostrare un riferimento interno alla prassi. Le religioni di redenzione nella loro importanza per la salvezza personale del credente, acquistano una grande ed immediata capacità di orientamento dell'azione. Sono in qualche modo pratiche perché realizzano un bisogno. I credenti si sentono interpreti di una verità rivelata in passato e non rivedibile, che si può difendere con buone ragioni contro la verità di fede concorrente. Mentre gli scienziati prendono le mosse dal fatto che lavorano su problemi che di regola ammettono una soluzione convincente (spiegata razionalmente) anche se può essere criticata. Essi sono alla ricerca della verità, di verità non ancora scoperte che per noi sono ancora nel futuro. Ma la tolleranza verso le altrui opinioni non va confusa con il compromesso. Al di là della paziente ricerca della verità, dell'apertura mentale, della fiducia reciproca e del senso di giustizia, la tolleranza diviene indispensabile solo quando le parti interessate né ricercano né ritengono possibile ragionevolmente un accordo nella dimensione di convinzioni contrastanti. Accettazione In che cosa consiste l'onere delle pretese
di tolleranza: spiegare laccettazione
di
ragioni che prevalgono moralmente sui
motivi
di rifiuto. Chi è tollerante
può
realizzare il suo ethos rispettando l'ethos degli altri. Non si tratta di accettare le concezioni
rifiutate né la validità delle
concorrenti, non si tratta quindi di relativizzare
le proprie concezioni bensì riconoscere
la limitazione della loro efficacia pratica.
La richiesta consiste nella conclusione che
la forma di vita prescritta dalla propria
religione o l'ethos inscritto nella propria
immagine nel mondo, si può praticare
solo a condizione che vi siano parti diritti
per tutti. Ogni religione è "UNA IMMAGINE DEL MONDO"anche
nel senso che rivendica l'autorità di strutture
complessivamente una forma di vita. Una religione
deve rinunciare a questa pretesa di modellare
in tutti suoi aspetti è “UNA IMMAGINE DEL MONDO” perchè in un certo
senso, o in tutti sensi, rivendica l’autorità
di strutturare complessivamente una forma
di vita. Secondo Habermas la responsabilità delle conseguenze della tolleranza non è ripartita equamente tra credenti e non credenti: per la coscienza del cittadino laico - modesto bagaglio metafisico- ci si può impegnare in una motivazione libera, autonoma della democrazia e dei diritti umani, per cui il giusto ha la preminenza sul buono. I giudizi di giustizia godono di adesione universale per cui la coscienza laica non ha difficoltà a riconoscere che l'ethos di un altro ha per lui la stessa autenticità e gode della stessa preminenza del nostro ethos per noi stessi. Chi invece ricava la nozione di sé da verità di fede che pretendono validità universale non può arrivare a questa conclusione. Perché sussiste una preminenza del buono sul giusto. Non appena l'idea di vita giusta si orienta su concezioni metafisiche del bene nasce una prospettiva di vita divina (e non umana legata agli stili di vita rispetto alle immagini che si ha del mondo) rispetto alla quale altri modi di vivere sono non solo diversi ma fallimentari. La nozione di tolleranza delle società pluralistiche vuole che tutti comprendano che devono ragionevolmente fare i conti con il dissenso. Per una coscienza laica ciò significa l’invito a definire autocriticamente il rapporto tra scienza e fede. Solo quando si riconosce alle convinzioni religiose che non è semplicemente irrazionale, si accetta ragionevolmente. Ripudio Ragioni per il ripudio per comportamento intollerante: lo stato osserva l'obbligo della neutralità e la legislazione istituzionalizzano la tolleranza in maniera corretta (vedi il permesso dato ai sikh in GB ed in USA di portare turbanti e pugnali in deroga alle norme di sicurezza vigenti) ciò significa che i tribunali decidono di accettare l'ethos di qualcun altro e quando accettarlo. Libertà religiosa e neutralità dello stato La libertà religiosa mette spesso alla prova la neutralità dello stato (vedi Francia, dove lo stato è intervenuto per proibire il velo nella scuola) e altrove per dire sì, e ancora laddove lo stato consente o non consente l'esposizione dei crocefissi nei luoghi pubblici. I cattolici difendono il simbolo religioso come espressione dei valori occidentali, Europa che si riconosce in basi cristiane, una cultura che aspira ad essere condivisa da tutti i cittadini e trova conferma nelle leggi dello stato; dall'altra lo stato che riconosce la laicità dello stato, tutti i cittadini devono riconoscersi nello stato e non imporre il proprio credo religioso, la fede è un fatto privato.. Uno stato liberale deve riconoscere il pluralismo religioso perchè rende cosciente il diritto all'inclusione rivendicata delle minoranze, la discriminazione religiosa si inquadra nelle i discriminazioni culturali o linguistiche, etniche o razziali, sessuali o fisiche. L'inclusione riguarda uno dei due aspetti della uguaglianza dei cittadini: giustizia retributiva e libertà di associazione. il superamento della discriminazione religiosa diventa il battistrada di diritti culturali di nuovo genere. Jürgen Habermas - Tra scienza e fede - Laterza 2006 CM - pubblicato 15 maggio 2012 |