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Etica dell'aver cura fondandosi sulle relazioni umane
(appunti di Concetta Malvasi dal manuale di bioetica Beauchamp-Childress)

 


Curare significa prendersi cura dell’altro/a, è riferito all’impegno emozionale, alla volontà di agire nell’interesse di persone con cui si ha una relazione significativa

  • To care = preoccuparsi per qualcuno, sollecitudine, protezione preoccupazione, responsabilità. La bioetica solleva l’esigenza quindi di strumenti etico-metodologici che instaurino un rapporto positivamente orientato al sostegno dell’individuo, impegnato per il bene complessivo della persona, nel quale chi detiene il potere terapeutico miri ad una identificazione con i bisogni del paziente, preoccupandosi del riconoscimento della sua individualità e particolarità nel rispetto della diversità instaurando una relazione che sia solidale.

  • Qui poca importanza viene data alle regole kantiane, ai calcoli utilitaristici ed ai diritti individuali. Queste riflessioni condividono alcune premesse dell’etica comunitaria.

  • Importante nell’etica della cura non è solo ciò che si fa ma il perché: come le azioni sono svolte, le motivazioni che portano a quell’azione e se le relazioni positive sono favorite od ostacolate.
  • L’etica della cura ebbe origine prevalentemente negli scritti femministi: le donne si prendono cura, gli uomini chiedono diritti o doveri.
  • La prospettiva psicologica di Gillan
    Gillan, psicologa statunitense, in seguito a tanti colloqui con donne elaborò una teoria che vede lo sviluppo morale femminile diverso da quello maschile:

    Gli uomini concentrano la loro attenzione etica in termini di diritti e giustizia, le donne concentrano l’attenzione sulla responsabilità dell’aver cura, sul rapporto empatico su un senso di responsabilità molto forte verso gli altri.
    Gli uomini si modellano su relazioni liberamente accettate, le donne su relazioni date contestualmente come quelle della famiglia.

    Gillian specifica ancora che ovviamente non tutte le donne o tutti gli uomini parlano la stessa voce morale, crede che gli uomini tendano ad abbracciare un’etica dei diritti usando una terminologia semi legale e principi imparziali accompagnati da un bilanciamento spassionato per la risoluzione dei conflitti mentre le donne tendono ad affermare un’etica della cura che si focalizza sulla sensibilità di una rete collegata di bisogni, cura, prevenzione del danno, responsabilità.
  • La prospettiva filosofica di Baier

    La Baier deplora la enfasi attribuita nella filosofia moderna alle regole universali e ai principi e rifiuta il modello kantiano attento alla giustizia, agli obblighi, sui diritti, sulla legge in modo particolare sull’autonoma scelta tra soggetti liberi ed uguali.
    le relazioni, le condizioni della cooperazione sociale, specialmente nella famiglia e nella formazione di decisioni comunitarie, non sono solo scelte intime e coinvolgono soggetti non uguali in una rete relazionale.
    Le teorie classiche colgono solo un aspetto di un mondo morale molto più vasto.
    Non raccomanda di lasciare da parte le teorie del dovere ma di trovare un ponte che serva a congiungere un’etica dell’amore ad una etica del dovere.

  • Nell’etica della cura si sviluppano alcune critiche al liberalismo:

  • SFIDARE L’IMPARZIALITA’= perso di vista il pieno raggio della moralità a favore del principio di distaccata equità. Smarrito in questo distacco vi è l’attaccamento a ciò che abbiamo a cuore, che sentiamo più vicino (es la fedeltà al gruppo di cui facciamo parte, la parzialità nelle scelte è una caratteristica della condizione umana, se non c’è questa noi perdiamo le relazioni importanti) Nella ricerca di una asettica imparzialità il liberalismo ci rende ciechi di fronte ai bisogni e alle relazioni con gli altri
  • SFIDARE PRINCIPI UNIVERSALI = I teorici dell’aver cura avversano i concetti e principi astratti che sono gli strumenti dell’imparzialità, se questi comunque lasciano spazio alla discrezionalità non sono rifiutati. L’esperienza ci insegna che le nostre reazioni dipendono dalle emozioni, dalla nostra capacità empatica, dal nostro senso dell’amicizia e dalla conoscenza a come si comportano le persone sollecite.

  • NELL’ETICA DELL’AVER CURA: DUE TEMI CENTRALI

    L’interdipendenza reciproca nelle relazioni = molte relazioni umane, soprattutto nell’ambito sanitario, coinvolgono persone fragili, vulnerabili, che soffrono e quindi la risposta non può che essere una partecipe attenzione ai bisogni e non il distacco dei diritti: provare un sentimento per l’altro ed essere immerso nell’latro costituisce un aspetto vitale della relazione morale. Responsabilità nel proteggere le persone dall’invasione altrui

    Risposta emotiva = tutta la teoria etica ha evidenziato una tendenza cognitivistica, considerare il giudizio morale all’interno della ragione senza lasciar spazio ai sentimenti, alle passioni perché questi ostacolano il giudizio morale. Anzi questi filosofi dicono che bisogna combattere il desiderio, l’impulso perché le azioni scaturite da queste emozioni non sono moralmente buone. L’etica della cura restituisce alle emozioni un ruolo importante perché chi agisce sulla scorta dei doveri castrando i sentimenti presenta una mancanza morale. L’intuizione sui bisogni dell’altro è spesso dovuta più alle emozioni che alla ragione e non è detto che le emozioni riducano la risposta morale ad una risposta emozionale. L’aver cura ha una base cognitiva arricchita dalla base emozionale e, come diceva hume, le emozioni ci motivano e ci dicono molte cose sul carattere delle persone ma è l’intelletto che poi ci aiuta a scegliere.

  • CRITICA
    Ponendo l’accento sul pensiero morale impegnato e appassionato si possono fare poche critiche ma alcune ci sono:
    È una teoria poco sviluppata, appare insufficiente per quanto riguarda completezza comprensività, potere esplicativo e giustificatorio. Queste critiche sono il frutto delle prospettive teoriche tradizionali (l’etica dell’aver cura è recente) ed i sostenitori dell’aver cura non le prendono in considerazione perché questa etica si allontana dalla tradizione.
    Il cuore del problema sta nella mancanza di un corpo di riflessioni sviluppato ed integrato che fornisca concetti e le connessioni richieste per soddisfare questi criteri, però questo non vuol dire che sia una teoria scorretta.
    L’essere di parte non va sempre bene, bisogna affrontare problemi nei quali l’imparzialità è importante ed entra in conflitto con l’azione di parte dettata dalla cura. Abbiamo bisogno, in alcune occasioni, di un giudizio imparziale per decidere tra giudizi morali o sentimenti in conflitto.
    Troppo ostile ai principi = è una etica molto contestuale che rifiuta i principi, alcuni sostenitori dell’etica dell’aver cura però ritengono che in una teoria etica l’azione deve essere talvolta guidata da principi anziché derivata dai principi. I principi appariranno in una teoria maggiormente sviluppata e comprensiva e aiuteranno l’etica dell’aver cura a rafforzarsi anziché indebolirsi.
    Riserve femministe = etica nata da autrici femministe è stata criticata da autrici femministe perché questa etica vede la donna come dispensatrice di cura nel ruolo tradizionale assegnato alle donne che prevede sacrificio di sé trascurando le problematiche circa l’oppressione ed il predominio. Le femministe dovrebbero essere caute nel loro approccio a questo tipo di etica, è necessario diffidare delle implicazione di genere all’interno di una cultura sessista. Le differenze di genere sono essenzialmente nei modelli che fondano le relazioni di predominio.

  • FORZA DELLA TEORIA
    Fornisce un correttivo a più di due secoli di teorie fondate sul ragionamento che trascurava la forza delle emozioni quali l’empatia, le emozioni morali e l’esperienza delle donne..
    L’etica dell’aver cura è utile al sistema sanitario poiché è vicina al modo in cui ragione e sentimento procedono nei contesti clinici.
    L’etica dell’aver cura si trova a suo agio nelle situazioni in cui le relazioni umane sono essenziali, in cui entrano in gioco tutti i sentimenti mentre la teoria dei diritti in queste situazioni è scarsamente adatta.
    Visione della medicina umana in cui è importante instaurare un rapporto orientato al sostegno dell’individuo, impegnato per il bene complessivo della persona nel quale chi detiene il potere terapeutico miri ad una identificazione con i bisogni del paziente preoccupandosi del riconoscimento della sua individualità e particolarità nel rispetto della diversità, instaurando una relazione che sia SOLIDALE.
    La cura come principio morale fondamentale, modalità di riflessione morale che supera l’etica dei diritti (incapace di comprendere il caso particolare poiché basta su principi universali) per affermare l’etica della solidarietà.
    In questa visione c’è una connotazione “asimmetrica” dell’etica idonea a fornire giustificazioni per azioni “supererogatorie” ossia atti che non è male non compiere ma che sarebbe bene compiere e si collocano nella dimensione della gratuità piuttosto che in quella dei diritti/doveri o della reciprocità

    Principi di etica biomedica di Tom L. Beauchamp, James F. Childress.- Editore Le Lettere 1999
    CM - pubblicato 3 maggio 2012 -