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L'etica dell'antropologia applicata
Nel 1946 la Society for Applied Anthropology istituì un comitato al fine di stilare un
codice etico destinato a coloro che lavoravano
come antropologi applicati. Nel 1948 se ne
ebbe la versione definitiva.
Questo perchè la ricerca antropologica, come
del resto quella psicologica e psicoanalitica,
comporta sempre situazioni nelle quali entrano in gioco
fattori etici.
La responsabilità primaria di un antropologo
riguarda in primo luogo gli individui che
sono oggetto dei suoi studi.
E' indispensabile un impegno a garantire
il rispetto della loro dignità e del loro
benessere.
Inoltre esiste una responsabilità nei confronti
dei lettori di opere di antropologia.
Lo studioso si deve impegnare a scrivere
con chiarezza e riportare solo testimoninanze
che rispecchino la verità. Deve quindi sforzarsi
di distinguere i fatti dalle sue interpretazioni.
Più in generale, alla luce di tragiche esperienze
durante le quali alcuni antropologi erano
convinti di far bene ad introdurre elementi
di modernizzazione nella vita dei "selvaggi"
studiati sul campo, il codice etico degli
antropologi consiglia di valutare con estrema
attenzione questo punto: il cambiamento avrà
effetti veramente positivi sulla popolazione?
Ecco un esempio: nelle isole Mauritius furono
fatti forzi straordinari per tenere sotto
controllo la malaria. Questi sforzi ebbero
successo; ne venne un eccezionale aumento
demografico che si rivelò disastroso.
In un solo anno la mortalità scese del 32%,
le spese per assistere tutta la popolazione
divennero insostenibili, si ebbe un incremento
della disoccupazione, e la gente cominciò
a soffrire la fame.
Ovviamente sarebbe stato giusto accompagnare
gli sforzi per debellare la malaria con una
politica di contenimento demografico, non
certo rinunciare alla lotta contro la malaria.
Ma in pratica una politica di contenimento
demografico urta contro diverse concezioni
del mondo. E' ostacolata dalla chiesa e dai
missionari; è ostacolata dalla stessa popolazione
e questo secondo tipo di opposizione è molto
più importante e significativo per il semplice
fatto che è nella natura di ogni uomo e di
ogni donna non contaminati dalle sofisticazioni
occidentali unirsi in matrimonio e fare figli.
L'unica limitazione alla proliferazione è
data quindi dalle condizioni ambientali avverse.
Non si tratta qui di schierarsi per il malthusianesimo.
Si tratta solo di capire che gli interventi
per l'emancipazione devono seguire un filo
logico. In primo luogo viene l'istruzione,
da questa può seguire un naturale desiderio
per migliorare le proprie condizioni di vita.
Dall' esempio di pochi può venire un esempio
per molti e quindi instaurarsi un regime
di autoregolamentazione demografica sentito
come necessario e non imposto con una sorta
di castrazione di massa, come in India ai
tempi di Sanjai Gandhi.
Le informazioni sulle Isole Mauritius sono
tratte da: Antropologia culturale di Carol e Melvin Ember - Il Mulino - 1999
vedi eventualmente www.mulino.it