L'incontro con i defunti era considerato non privo di rischi. Quando ci si accostava ai morti, si rimaneva in silenzio per evitare il rischio di perdere la voce. L'incontro era inoltre di alto impatto emotivo. Ecco perché i pellegrini si sottoponevano a pratiche di iniziazione che li preparavano all'evento, sia spiritualmente che fisicamente.
Venivano osservate particolari diete, si pregava e si offrivano sacrifici, come quelli descritti nel decimo canto dell'Odissea.
Per evitare i miasmi della morte, ci si purificava con le abluzioni, e si bruciava lo zolfo. Così Ulisse, dopo la strage dei Proci, bruciò lo zolfo per purificare gli ambienti, lordati dal sangue dei suoi nemici.
Dopo la visita al Necromandio i pellegrini si purificavano nuovamente con l'acqua, come Alcesti che, al ritorno dall'Ade, si lavò per tre giorni per liberarsi dal pericolo del contagio. Ancora oggi in Tesprozia, coloro che partecipano ad un funerale, al ritorno a casa, si lavano le mani con l'acqua e per tre volte le scuotono, facendo cadere a terra le gocce e bisbigliano: "che Dio lo perdoni".