Capitolo dodicesimo  1941 - 1942 - 1943

MODENESI IN CAMICIA NERA

Gli anni dal 1919 al 1943

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Cap. Dodicesimo     Anni 1941 – 1942 – 1943

Anno 1941

La guerra lampo promessa dal Fuherer e che Mussolini pensava potesse risolversi prima dell’inizio dell’inverno 1940-1941, in seguito alle sconfitte in Africa e in Grecia che misero nelle condizioni gli alleati tedeschi di intervenire in nostro aiuto sui due fronti, fecero si che le prospettive per una conclusione a breve termine del conflitto si allontanassero drasticamente.
Già dai primi mesi di questo 1941 si ebbe la sensazione che la guerra iniziata nel mese di Settembre del 1939, avrebbe avuto ben altra durata e tra gli italiani cominciò a serpeggiare il sospetto che il Fascismo fosse entrato nel conflitto senza avere tutte le carte in regola, specialmente sul piano puramente militare, e che forse conveniva tergiversare ancora con la “non belligeranza”.
Eppure quella guerra, che si disse, solamente a posteriori e solamente dopo i grossi “rovesci” del 1942-43, non “sentita dal popolo”, fu partecipata dalle masse italiane con molto più entusiasmo rispetto alla guerra del 1915-1918; ma in realtà, quali sono le guerre veramente sentite dal popolo? Nessuna.
L’entrata in guerra dell’Italia, dopo dieci mesi dal suo inizio in Polonia, è stata ritenuta da gran parte degli storici, come inevitabile perché era impossibile restare alla finestra dopo la sconfitta della Francia e la decisione dell’Inghilterra di continuare, in previsione di una discesa in campo delle grandi potenze, come gli Stati Uniti, la Russia e il Giappone. Tanto meno se l’Italia avesse “voltato gabbana” passando con gli “alleati”, come poi accadde all’otto Settembre 1943, ovviamente, e da subito, i tedeschi avrebbero fatto scattare il piano d’invasione del nostro paese, poiché era nei loro programmi, e ben difficilmente avremmo potuto resistere, a quel tempo, allo strapotere delle armate tedesche che avevano già conquistato mezza Europa. Ci sarebbe stata immediatamente la “mano pesante” sull’Italia che tradisce, con tutte le catastrofiche conseguenze come, in parte, verificatosi dopo il tradimento del Re.
Intanto, in Cirenaica, dove gli italiani stavano subendo pesantemente l’offensiva inglese, malgrado la forte resistenza contro mezzi e numero di soldati, notevolmente superiori ai nostri, si dovette cedere Tobruk e Bardia, mentre resistette molto più a lungo la ridotta di Giarabub caduta il 21 Marzo. Quella località diventò, in seguito, simbolica nel immaginario collettivo, dopo che, in una celeberrima canzone dell’epoca, fu raccontata la disperata resistenza e l’eroismo del soldato italiano (Colonnello non voglio il pane, voglio il piombo pel mio moschetto ecc).
In seguito alla situazione difficile per le nostre truppe e in Grecia e in Africa Settentrionale Mussolini, seppure imbarazzato, si incontrò con il Fuherer il 18 Gennaio a Berchstesgaden, e contrariamente a quanto si aspettava il Duce il capo nazista fu con lui molto amichevole e in realtà, malgrado la brutta figura sui campi di battaglia e sul mare, più degli alti comandi che delle truppe, i tedeschi si attennero scrupolosamente ai patti stipulati inviando al fianco dei nostri reparti le loro divisioni che, in breve tempo, sia in Grecia che in Cirenaica ribaltarono completamente la situazione. Non fu possibile ai tedeschi raggiungere anche l’AOI dove, nei primi mesi del 1941 gli inglesi attaccarono pesantemente le nostre truppe che, nonostante una forte resistenza dovettero cedere Cheren in Eritrea il 26 Marzo e successivamente la Somalia, dove furono perduti ingenti depositi di benzina e il 5 Aprile cadde Addis Abeba; il Duca d’Aosta che era al comando del contingente italiano in qualità di Viceré, dopo una serie di feroci combattimenti con la perdita di Massaua e Dessiè, assieme a 3.850 uomini si rifugiò sull’”Amba Alagi” dove, dopo un’eroica resistenza e avendo di fronte 40mila soldati inglesi con cannoni ed aviazione, oltre a trentamila indigeni, per non ripetere la tragedia del passato colonialismo italiano della fine dell’ottocento, quando vi fu nella stessa zona il massacro dei soldati del maggiore Toselli, Amedeo d’Aosta si arrese, il 17 Maggio, assieme ai suoi soldati e, dopo aver ricevuto l’onore delle armi furono tutti rinchiusi in campo di concentramento a Nairobi e qui, il 3 Marzo 1942, colui che venne considerato, anche dagli avversari, “un Savoia come pochi”, morì.
Alcuni reparti, come quello comandato dal modenese, generale Guglielmo Nasi, resisteranno nella zona del Lago Tana ancora per altri tre mesi ma, entro il mese di Novembre l’impresa italiana in Africa Orientale iniziatasi nel 1935 finì del tutto.
Dopo le disavventure marine della nostra flotta del 1940, a sostegno della tesi della “connivenza col nemico” da parte degli alti comandi, si verificarono nei primi mesi di questo 1941, due episodi emblematici della situazione negli ambienti della marina italiana: il 9 Febbraio il grosso della squadra inglese del Mediterraneo, arrivò senza alcuna intercettazione navale od aerea, davanti a Genova che fu bombardata per oltre mezz’ora e tutte le navi inglesi riuscirono ad allontanarsi indisturbate dopo l’incursione. I danni sulla città furono enormi. Ma ancor più grave fu lo scontro di “Capo Matapan”, in una zona del “Mare Nostrum” tra Grecia e Creta, dove una nostra squadra composta dalla corazzata “Vittorio Veneto” al comando dell’ammiraglio Iachino e inviata in quella zona per cercare di interrompere il traffico di navi inglesi nelle acque greche, con i trasporti verso l’Africa Settentrionale di uomini e materiali che dovevano sostenere il confronto con le truppe italo tedesche. Assieme alla corazzata si trovavano otto incrociatori e 14 cacciatorpediniere: la squadra ebbe un breve scontro con quattro incrociatori inglesi che fuggirono senza colpo subire, poi intervennero aereo siluranti della squadra inglese comandata dall’ammiraglio Cunningham che, con la portaerei, tre corazzate, quattro incrociatori e 12 cacciatorpediniere, si scontrarono con la squadra italiana il 28 Marzo e, per merito dei radar inglesi e delle molto probabili informazioni fornite al nemico dai comandi di Super marina, gli italiani subirono un colpo durissimo. La corazzata “Vittorio Veneto” danneggiata, riuscì a rientrare in porto dove dopo le riparazioni riuscì a riprendere il mare a fine Agosto: furono affondati gli incrociatori “Fiume”, “Zara” e “Pola” oltre all’”Alfieri” e al “Carducci”. Lo scontro di “Capo Matapan” costò alla nostra nazione la perdita di 2.303 uomini tra i quali molti nostri concittadini imbarcati su quelle unità. Perse la vita anche l’ammiraglio Cattaneo che era il Comandante della Divisione Incrociatori.
A Modena, pur essendo ancora la vita abbastanza tranquilla, si vedevano sempre più giovani in grigioverde e il tesseramento di alcuni beni primari cominciavano a creare qualche difficoltà, ma erano gli elenchi dei caduti dei nostri concittadini sui vari fronti, ai quali si aggiungeranno, dal mese di Giugno, anche quelli sul fronte russo, a rendere sempre più preoccupante la situazione e far capire che i sacrifici da sostenere sarebbero stati ancora più duri.
Il Federale Franz Pagliani, anche in rapporto alla situazione venutasi a creare con la chiamata alle armi di molti dirigenti del PNF oltre alla partenza di tanti volontari tra i gerarchi stessi, si vide costretto ad un rimpasto del Direttivo Provinciale, che avvenne il 20 Febbraio 1941.
L’entrata delle truppe tedesche sul fronte slavo, che in brevissimo tempo occuparono tutta la Jugoslavia con reparti provenienti sia dall’Austria, sia dall’Ungheria e dalla Romania, penetrando in Grecia da Salonicco, e in aiuto alle truppe italiane e in caccia al corpo di spedizione inglese, che era intervenuto a favore dei greci, fece si che gli inglesi per evitare una seconda Dunquerque, si reimbarcarono velocemente lasciando, in sostanza, tutto il Pelopponeso nelle mani dei reparti tedeschi ed italiani, che entrarono in Atene il 27 Aprile, e alcuni giorni dopo, il 3 Maggio celebrarono la vittoria con una grandiosa sfilata per le vie d’Atene.
Contemporaneamente in Africa Settentrionale era arrivata, seppure non ancora al completo, l”Africa Korps” del generale Rommel a sostegno delle truppe italiane che su quel fronte, come abbiamo visto, avevano subito pesanti sconfitte. Con una serie di operazioni che gli daranno la denominazione di “Volpe del deserto”, il Comandante tedesco sferra una potente offensiva contro gli inglesi riconquistando buona parte della Cirenaica, entrando a Bengasi il 4 Aprile e isolando Tobruk, che rimase in mano inglese: Rommel avrebbe voluto proseguire per arrivare velocemente in Egitto almeno sino a Marsa Matruk, ma da Berlino gli intimarono di fermarsi fissando il fronte a Sollum al confine tra Libia ed Egitto. Rommel aveva fretta poiché guardava lontano, capiva benissimo che la situazione degli approvvigionamenti alle truppe dell’Asse era particolarmente delicata per i continui attacchi inglesi ai convogli italiani; difatti proprio in quei giorni nei pressi delle coste tunisine avvenne un altro dei clamorosi disastri della Marina Italiana. Alcuni caccia inglesi attaccano un convoglio italiano composto di cinque piroscafi scortati da cacciatorpediniere, le cinque navi e i caccia “Tarigo”, “Lampo” e “Baleno” furono affondati, a conferma della graduale conquista del Meditteraneo da parte della Marina inglese che, con la base di Malta, sempre più fortificata, e lasciata incomprensibilmente nelle loro mani sin dall’inizio del conflitto, oltre agli “aiuti” di Supermarina, i convogli che avrebbero dovuto sostenere le truppe dell’Asse con rifornimenti costanti, saranno, via via, facile preda della marina e dell’aviazione anglosassone.
Sulla terra ferma Rommel scatena una nuova offensiva in parte contenuta dagli inglesi che faranno di Tobruk una fortezza quasi inespugnabile.
Il 2 Giugno, sei mesi dopo l’ultimo incontro, Hitler e Mussolini si rivedono al confine italiano per esaminare la situazione sui vari fronti anche se, paradossalmente, non vi è nessuna comunicazione circa l’imminente inizio dell’operazione “Barbarossa” e, pur restando Mussolini convinto dell’imminente invasione della Russia, tanto che, già dal mese di Maggio aveva ordinato di tener pronte tre Divisioni da inviare sul fronte russo, nel caso si fosse aperto il conflitto. Hitler tenne segreta quell’operazione sino al 22 Giugno (lo stesso giorno scelto da Napoleone per invadere la Russia e che ebbe la stessa conclusione) quando 120 Divisioni tedesche invasero la Russia che, colta di sorpresa, non seppe reagire immediatamente tanto che i germanici seguitarono ad avanzare velocemente facendo milioni di prigionieri.
Assieme alle Divisioni naziste parteciparono all’invasione della Russia anche 23 divisioni, rumene, slovacche e ungheresi, per un complessivo di forze di 3 milioni e centomila uomini. Si trovarono di fronte, a conferma che Stalin, poiché da parecchio tempo i rapporti con la Germania si erano fortemente incrinati, aveva preso delle precauzioni in previsione di un attacco tedesco¸difatti erano schierate sul lunghissimo confine con l’Europa 138 Divisioni sovietiche di cui 24 corazzate e motorizzate e ben 17mila carri armati, un numero tre volte superiore a quello dei carri tedeschi.
Il Corpo di Spedizione Italiano in Russia (CSIR) era composto dalle Divisioni, “Celere”, “Pasubio” e ”Torino” che, al comando del generale Giovanni Messe fu schierato assieme alla 11° Armata tedesca nella zona sud del lunghissimo fronte che andava dal Mar Baltico al Mar Nero. Mussolini volle fortemente la presenza delle nostre truppe sul fronte russo malgrado i tedeschi, in un primo tempo, non fossero molto favorevoli, anche in questa circostanza così come in altre, ma il Duce non voleva, come si dice, “perdere il treno” del probabile vincitore ma si inviò, un po’ frettolosamente e con un armamento non altezza delle esigenze di una guerra già tecnologicamente molto avanzata, un corpo di spedizione, non altezza della situazione. Vi fu un modesto miglioramento l’anno successivo quando, attraverso l’invio di altre divisioni fu costituito l’ARMIR (Armata Italiana in Russia). Nonostante la non brillante organizzazione iniziale, gli italiani ebbero il battesimo del fuoco in terra sovietica ai primi giorni di Agosto nella battaglia di Iassnaia Poiana che permise loro di assestarsi sulla linea del fiume Dniepr; poi nei mesi di Settembre e Ottobre i reparti italiani ottennero notevoli successi in molte azioni, sia in collaborazione con i tedeschi, sia operando con le solo loro forze. Si possono citare le battaglie di Petrikovka e di Pavlograd sino alla conquista di Stalino, città di mezzo milione di abitanti e capitale della zona industriale del Donetz che venne occupata il 20 Ottobre dai Bersaglieri del xx° Battaglione della Divisione “Celere” e dagli squadroni del “Savoia” e del “Novara” Cavalleria, oltre a reparti della 63° Legione di CC.NN.
La guerra che avrebbe dovuto concludersi pochi mesi dopo la sua dichiarazione si estendeva sempre più e diventava sempre più mondiale; anche i modenesi in armi si andavano disperdendo, dalle lontane terre d’Africa a quelle, ancor più lontane, delle steppe russe.
Durante il mese di Luglio, pochi giorni prima di essere colpito dall’immane tragedia della perdita di un figlio, Mussolini si trovò a transitare nella nostra Provincia soffermandosi a Carpi per una brevissima visita e dove ancora trovò, a salutarlo, una folla entusiasta che gremiva la vasta piazza carpigiana.
Il 7 Agosto, il figlio Bruno, capitano pilota dell’Aereonautica Italiana e trasvolatore atlantico morì, vittima di un incidente di volo sul cielo di Pisa. Aveva partecipato a tante azioni di guerra, in Africa e in Spagna, decorato di medaglie d’argento e di bronzo e in occasione del suo ultimo volo decorato di Medaglia d’Oro al valore aeronautico con la seguente motivazione:

“ Aviatore di tre guerre, già volontario in Africa ed in Spagna, trasvolatore dei deserti e di oceani, più volte consacrato all’eroismo nella breve parentesi di una giovinezza audace, materiata di fede e di amore, di passione e di battaglie. E’ caduto al posto di combattimento con negli occhi la gioia dell’ardire, mentre effettuava un volo di prova su di un nuovo apparecchio da bombardamento a grande raggio; una delle più recenti conquiste per le nuove battaglie e per le nuove vittorie, come sanno dare solo i pionieri e gli eroi. Volendo dare maggiori glorie all’ala della Patria, le ha dato la vita.” Cielo di Pisa 7 Agosto 1941 – XIX”

Il Duce fu particolarmente scosso e profondamente colpito nella dolorosa circostanza, pur dovendo immediatamente, ritrovare se stesso, data la particolare situazione italiana ma ebbe anche la forza, in occasione del trigesimo della morte del figlio di dare alle stampe il libro: “Parlo con Bruno”.
In Africa Settentrionale, dopo la brillante azione di Rommel, vi furono un altalenarsi di avanzate e di ritirate in entrambi gli schieramenti; con l’inizio delle operazioni belliche in terra sovietica e con la sempre più urgente necessità di rifornimenti alle truppe italo tedesche, il fronte libico subì un momento di stasi, ma nell’autunno di questo 1941 gli inglesi riconquistarono Bengasi, per essere immediatamente ricacciati indietro dagli italo-tedeschi che arrivarono sino alle porte di Alessandria. Durante la battaglia di fine 1941 in Marmarica, vi fu l’esaltante impresa dei “Giovani Fascisti” di “Bir el Gobi” che resistettero eroicamente alle soverchianti forze inglesi.
Mentre nelle acque del Mediterraneo e precisamente nel porto d’Alessandria d’Egitto avvenne uno degli episodi più eroici della nostra marina, che tante batoste aveva subito negli ultimi tempi quando quel mare, a causa della mancanza di valide scorte aereo-navali e dei tradimenti degli alti comandi, diventò il “cimitero delle navi mercantili italiane”. La clamorosa rivincita degli italiani contro la marina inglese fu opera, non tanto di quella che era considerata, prima della guerra, come una delle più forti flotte del mondo con le sue potenti corazzate e incrociatori, bensì da quei minuscoli mezzi d’assalto chiamati i “maiali”. Nella notte del 18-19 Dicembre, trasportati dal sommergibile “Scirè” comandato dal Principe Junio Valerio Borghese, scesero in acqua tre maiali guidati da sei sommozzatori della X° MAS e precisamente, Luigi Durand de La Pen, Antonio Marceglia, Vincenzo Martellotta, Emilio Bianchi, Spartaco Scergat e Mario Marino. I tre mezzi entrarono nel porto superdifeso seguendo un gruppo di cacciatorpediniere inglesi che fecero sollevare le reti di sbarramento. Andarono così a posizionarsi sotto la nave ammiraglia “Queen Elizabeth”, sotto la corazzata “Valiant” e sotto ad una grossa petroliera; per opera di soli sei uomini la squadra dell’ammiraglio Cunningham fu messa fuori combattimento e, in certo qual modo, fu vendicata Taranto. Già le squadre dei sommozzatori italiani avevano portato i loro mezzi nei porti nemici affondando, il 26 Marzo nella baia di Suda l’incrociatore “York”, a Gibilterra affondando tre mercantili, mentre fallì l’operazione tentata nel porto della Valletta nell’isola di Malta.
Al momento dello scoppio della guerra in Europa, Giappone e Stati Uniti d’America erano, già da parecchio tempo, ai ferri corti, Roosvelt sosteneva la Cina che combatteva contro i giapponesi e il 7 Dicembre 1941, nel momento della dichiarazione di guerra, i soldati del Sol levante con la loro aviazione attaccarono la flotta americana a Pearl Harbor, affondando sette navi da battaglia, ma non riuscirono a distruggere le portaerei a stelle e striscie che erano state prontamente dirottate in altri porti e che in seguito avranno tanta parte nelle grosse battaglie aereo navali dell’Oceano Pacifico.
Anche i giapponesi adottarono la tattica della “guerra lampo” tedesca e, subito dopo l’attacco alle navi, le forze nipponiche dilagarono nelle isole del Pacifico conquistando, Honk Honk, le Filippine, Singapore, la Birmania, l’isola di Giava, Sumatra, il Borneo, le Celebes e Guam. Le conquiste giapponesi e la rapida avanzata in quello scacchiere diedero euforia a italiani e tedeschi legati con il Giappone dal Patto Tripartito.
In Italia, che aveva dichiarato guerra agli Stati Uniti, il 12 Dicembre, è sostituito da Mussolini il Segretario Nazionale del Partito Adelchi Serena con il giovane triestino, di ventisei anni, Aldo Vidussoni, studente universitario, mutilato di guerra e medaglia d’oro della guerra di Spagna.
Le Medaglie d’oro modenesi alla memoria, dell’anno 1941 furono concesse al pilota Ezio Biondi, caduto nel cielo del Meditteraneo con il suo aereo il 25 Aprile, al bersagliere Guido Cassanelli morto in Russia il 25 Dicembre, al colonnello degli alpini, Gaetano Tavoni di Vignola, deceduto in Grecia l’8 Gennaio, la Camicia nera Arturo Galluppi caduto in Albania nel mese di Aprile oltre al sottotenente Lino Ferretti caduto in Jugoslavia il 1° Dicembre 1941.

ANNO 1942

L’anno 1942 è quello, almeno per tutta la sua prima parte, dei grandi successi delle truppe dell’Asse su tutti i vari fronti, in Africa in Russia ed in estremo oriente che fanno sperare nella vittoria finale, in particolare in Italia che, dopo le alterne vicende dei primi anni di guerra e delle batoste in Grecia, in Africa Orientale e nel Mar Mediterraneo, sempre riparate ed attutite dal provvidenziale intervento dell’alleato tedesco. L’entrata in guerra della potenza militare americana cambierà, gradualmente la situazione nei vari scacchieri e gli ultimi mesi dell’anno risulteranno favorevoli alla coalizione anglo-russo-americana che, sia in Africa Settentrionale, sia sul fronte russo, passeranno alla controffensiva che li porterà, al prezzo di gravissime perdite di uomini e di mezzi da entrambe le parti, all’attacco della fortezza Europa che, sotto i colpi di maglio della strapotente industria americana, dovrà cedere, a distanza di tre anni da questo 1942, dopo un bagno di sangue mai verificatosi nella storia dell’umanità.
In Italia e a Modena in particolare, nonostante i rovesci sui vari fronti degli anni precedenti, la fiducia delle masse popolari nei confronti del fascismo e del suo capo era ancora molto alta, così come lo era ancora tra i combattenti, malgrado questi cominciassero a rendersi conto che il nostro esercito non era, complessivamente, all’altezza, esclusi pochi reparti, e negli equipaggiamenti e negli armamenti di quelli, sia degli alleati, sia dei nemici, per non parlare poi dei cattivi esempi che davano a tutta la nazione molti dei maggiori esponenti degli alti comandi che vanificavano il sacrificio dei nostri uomini al fronte e che daranno la dimostrazione della loro pochezza e della loro inettitudine con i tradimenti del 25 Luglio e dell’otto Settembre 1943.
Ancora la presenza di Mussolini in giro per le città italiane, in quell’anno, richiamava le grandi folle osannanti e le prime avvisaglie dello scoramento e della stanchezza del popolo iniziarono ad affiorare con la ritirata in Africa Settentrionale dopo El Alamein e lo sfondamento sovietico sul Don con la ritirata nel gelo russo, delle armate italo-tedesche, alla fine dell’anno.
Quest’anno, cruciale per le sorti del conflitto, era dunque iniziato in Africa con la controffensiva che aveva riportato gli italo- tedeschi alla riconquista di Bengasi e di Tobruk, mentre sul mare la nostra flotta si prende una rivincita contro gli inglesi il 22 Marzo con una grande vittoria navale nel mar della Sirte, dove gli inglesi perderanno un intero convoglio e, successivamente, dal 12 al 16 Giugno, nella grande battaglia navale nelle vicinanze dell’isola di Malta, le forze dell’asse inflissero un'altra cocente sconfitta alle squadre navali inglesi. Nel frattempo si andava sviluppando l’offensiva italo tedesca in nord Africa che portò le nostre truppe al confine egiziano, ma, per non interrompere questa offensiva, gli alti comandi sospesero l’attacco che era stato programmato sull’isola di Malta durante l’incontro che avvenne a Klessein il 29 Aprile tra Hitler e Mussolini e che fece perdere l’ultima occasione, alle forze dell’Asse, di togliersi quella spina nel fianco che contribuì, in modo determinante, a far pendere l’ago della bilancia a favore degli inglesi per il mantenimento della supremazia nel Mar Mediterraneo e di conseguenza per le sorti del conflitto mondiale. Lo stesso Mussolini, confidando nell’imminente vittoria in Africa Settentrionale si recò a Derna, pronto ad entrare da trionfatore in Alessandria d’Egitto ma, dopo due settimane, bloccato nelle retrovie del fronte dovrà tornarsene, deluso e scornato, in Patria.
In Estremo Oriente, le truppe giapponesi stavano ottenendo grandi successi in quello scacchiere, che faceva ben sperare gli alleati italo-tedeschi in un contenimento della potenza americana anche perché nell’Oceano Pacifico sino a quei giorni la flotta navale giapponese era padrona incontrastata di quei mari. A partire però dal primi giorni di Giugno, precisamente dal 3 al 7 di quel mese, al largo delle isole Midway, la potenza navale nipponica ebbe il primo segnale della forza aereo-navale americana subendo la prima sconfitta in quella grande battaglia, quando la potente flotta del sol levante, schierata con undici corazzate e otto portaerei si vide affondare alcune delle sue migliori navi da battaglia.
La battaglia delle Midway, assieme alla battaglia di El Alamein e lo sfondamento sul Don con la battaglia di Stalingrado in quello scorcio di 1942, furono il segnale delle prevedibile sconfitta delle forze italo-tedesche-nipponiche che, sino a quel momento malgrado alcune battaglie perse, erano state sempre all’offensiva su tutti i fronti e proprio durante l’estate del 1942 avevano toccato il massimo della loro espansione.
Come detto, a Modena, l’adesione al fascismo e la partecipazione alla guerra era ancora alta. . In quegli anni era stato istituito anche un premio per riconoscere il merito all’arruolamento di più membri della stessa famiglia; nell’anno 1942 il premio fu assegnato alla famiglia dei conti Tarabini Castellani con sette componenti che vestivano la divisa grigioverde e ad Attilio Benassi, genitore di cinque militari. Anche i gerarchi modenesi si arruolarono volontari in buon numero e furono aggregati, nella maggioranza, al battaglione “Emiliano” assieme ad altri squadristi dell’Emilia Romagna. Si pensi che tra i fascisti del solo Gruppo Rionale “G. Gallini” ben ottantasei furono i volontari. Molti, tra gerarchi, dirigenti dei Guf, dei sindacati fascisti, o membri dei direttori delle sezioni provinciali del PNF o istruttori delle organizzazioni della Gil, caddero al fronte greco albanese e, tra i tanti, citiamo: Arnoldo Pastorelli, Italo Gibelli, e Ettore Mezzani di Castelvetro, Guido Malpighi di San Prospero, Erasmo Baraldi di Bomporto, Michele Bollettini di Fanano, Giuseppe Tarabini Castellani e Gaspare Ferrari Moreni di Modena, Antonio Bollati di Pavullo, Giuseppe Abbattoni di Finale Emilia, Carlo Bellini di San Possidonio e Fernando Galloni di Carpi, e i dirigenti del fascio modenese caduti in Africa Settentrionale: Augusto Mucchi, il conte Lotario Rangoni Macchiavelli, Maurizio Montanari e Antonio Solmi, oltre al fante Augusto Lugli, al tenente pilota Enrico Manfredini e al capellano militare, don Ferruccio Morandi.
Alcune Medaglie d’oro al valor militare furono concesse nel 1942 ad altri modenesi; al sergente dei bersaglieri Kruger Gavioli di Cavezzo deceduto nella battaglia di El Alamein, al sottotenente degli alpini, Ciro Menotti, morto sul fronte del Don il 24 Dicembre 1942, al capitano pilota Valerio Scarabellotti di Pavullo, precipitato con il suo aereo nei cieli del Mediterraneo e al sottotenente del genio aeronautico Achille Zenon di Castelfranco Emilia caduto anche lui, nei cieli del mar mediterraneo, nel mese di Giugno. Durante il conflitto furono conferite medaglie d’oro anche a modenesi viventi: al colonello pilota Fulvio Setti, al generale Guglielmo Nasi, al generale di Corpo d’Armata Licurgo Zannini, al generale Carlo Melotti e al generale di squadra aerea, Giovanni Coppi.
La nostra città aveva subito, in quegli anni di guerra, una certa trasformazione e cambiato aspetto, attraverso la copertura dei più importanti monumenti e opere d’arte con sacchetti di sabbia per proteggerli dalle incursioni aeree e con la seminagione del frumento in piazze e piazzette dove, anche attorno ai monumenti, e in ogni an golo dove fosse possibile far rendere il terreno, onde sopperire alla grave carenza di pane che, tesserato, veniva distribuito alla popolazione con dosi giornaliere di centocinquanta grammi e di tre etti e mezzo a coloro che svolgevano lavori pesanti. Il 22 Giugno di quell’anno, si effettuò la mietitura in tutti gli angoli della città coltivati a cominciare dai giardini pubblici, a piazzale Malta davanti alla stazione delle ferrovie dello stato e poi in Piazzale Garibaldi e in Largo Corsica e il 3 Luglio, con una grande festa di popolo, si procedette, in Piazza Grande, come su di un aia campagnola, alla trebbiatura tra canti e balli e con le trebbiatrici imbandierate con il tricolore.
Malgrado il nostro paese fosse impegnato su vari fronti e la guerra falciasse tante giovani vite, ancora lo sport in Italia svolgeva gran parte delle attività in tutte le discipline sportive e la squadra del Modena F.C. purtroppo, in quell’anno, retrocedette in Serie B, ma la vicenda più importante per lo sport italiano fu quella della promulgazione e della definitiva costituzione della Legge istitutiva del CONI, avvenuta con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell’11 Maggio 1942 della Legge n. 426 del 16 Febbraio così chiamata: “Costituzione e Ordinamento del Comitato Olimpico Nazionale Italiano”, che diede, finalmente, una struttura organica a tutto lo sport della nostra nazione.
A metà anno, in Russia, il Corpo di Spedizione Italiano, (CSIR) che era composto da circa sessantamila uomini, viene trasfo-rmato nell’ ARMIR (Armata Italiana in Russia), portando così la presenza dei militari italiani nelle steppe sovietiche, ad un numero complessivo di duecentoventicinquemila; inoltre il Comando dell’Armata passò, dal Generale Giovanni Messe, al Generale Italo Gariboldi.
Nell’analisi delle varie situazioni venutesi a creare durante le grandi battaglie del secondo conflitto mondiale, in particolare nel dopoguerra, vi fu chi sostenne la tesi che se, sia Hitler, sia Mussolini avessero inviato solamente un quinto delle truppe e dei mezzi impiegati sul fronte russo, in Africa del Nord, gli alleati angloamericani avrebbero irrimediabilmente perso l’Africa settentrionale e il Meditteraneo, e tedeschi e italiani sarebbero arrivati ai pozzi petroliferi del medio oriente, con la possibilità di attaccare la Russia anche da sud, imprimendo così una svolta decisiva per le sorti del conflitto, come d’altra parte era nei desideri e nella visione realistica del Maresciallo Rommel che aveva sempre sostenuto la tesi della grande importanza strategica, nell’economia della guerra, del fronte nord africano, ma il Furher e anche lo stesso Mussolini si irrigidirono nell’attacco alla Russia, che sarebbe dovuta crollare a breve, dato che, sia nel deserto libico, sia nelle steppe ucraine, almeno per tutta l’estate del 1942 la situazione era decisamente favorevole alle truppe dell’asse. Ma gli arresti autunnali sui due fronti e l’arrivo del grande inverno russo, diedero la possibilità, alla potenza americana, di rifornire gli alleati sovietici ed inglesi, di ingenti materiali che capovolsero le sorti del conflitto.
L’Armir durante l’estate partecipa con notevoli successi alla grande avanzata sul territorio sovietico dei mesi di Luglio e Agosto con la conquista di Rostov e di altri centri d’importanza strategica. Le Divisioni, italiane, “Cosseria”, “Ravenna”, “Vicenza” “Cuneense” , “Tridentina”, “Iulia”, oltre a reparti delle Camicie Nere delle Divisione Tagliamento, raggiunsero le altre Divisioni, “Celere”; “Pasubio” e “Torino” che si schierarono tutte, dopo l’avanzata, sulla riva destra del Don, tra la seconda armata ungherese e la sesta tedesca che era impegnata nelle operazioni per la conquista di Stalingrado Operazione che non andò in porto e che segnò il momento dell’inizio della disfatta delle forze del Terzo Reich e dei suoi alleati, in seguito alla persistente volontà del capo tedesco che non volle sentir parlare di momentanea ritirata.
Uno degli episodi più significativi e noti della campagna italiana di Russia, fu quello della “carica di Isbuscenskij”, dove 650 soldati del “Savoia Cavalleria”, il 23 Agosto, misero in rotta oltre duemila soldati siberiani facenti parte delle truppe scelte sovietiche.
I cavalieri italiani si lanciarono, con grande sprezzo del pericolo e con un coraggio che lasciò sbalorditi alleati e nemici, in quella che rimase l’ultima eroica e memorabile “carica” di un reparto di cavalleria, della storia militare. Cavalli, sciabole, bombe a mano e uomini decisi a tutto, sconfissero il nemico potentemente armato di mortai e mitragliatrici; il prezzo di quel successo fu altissimo in morti e feriti, ma consentì a italiani e tedeschi di eliminare la breccia che i sovietici avevano aperto su quel settore del fronte.
Prosegue, in Africa settentrionale l’avanzata italo-tedesca con la cattura a fine Giugno di oltre 60.000 militari inglesi oltre a un migliaio di carri armati nella zona di El Alamein dove però, per la carenza di munizioni e di carburante, l’offensiva di Rommel si deve arrestare. I mesi di Luglio ed Agosto vedono il fronte africano stazionario, con pochi scontri tra le truppe dell’Asse e gli inglesi, attraverso modeste azioni, da entrambe le parti, che non vanno a modificare il quadro generale dei due schieramenti. In questo periodo, precisamente il 19 Agosto, si verifica il fallito tentativo alleato anglo-americano di sbarco in Europa, precisamente a Dieppe, località sulla costa francese della Manica dove circa ottomila tra canadesi, inglesi, rangers americani e pochi francesi vengono inchiodati sulle spiagge dai tedeschi che infliggono loro gravissime perdite e dopo poche ore, visto il fallimento totale dell’azione viene dato l’ordine di reimbarco ai superstiti; oltre 3.000 degli uomini impiegati, in pratica quasi la metà restano a terra uccisi o fatti prigionieri e tutti i mezzi impiegati furono abbandonati sulla spiaggia.
La sosta forzata ad El Alamein degli italo tedeschi favorì gli anglo-americani che iniziarono a far affluire notevoli rinforzi, con numerose divisioni ben equipaggiate e con il contributo di una forza aerea che ormai stava prendendo la supremazia dei cieli, mentre nel mare Mediterraneo la situazione, che era rimasta favorevole alla flotta italiana sino al mese di Luglio, mutò a favore degli inglesi che ritornarono padroni del “Mare Nostrum”, anche perché il mancato sbarco su Malta aveva dato loro la possibilità di rafforzare le difese dell’isola con il contributo fondamentale degli aiuti americani .
Vi fu un primo tentativo di Rommel di sbloccare la situazione con la ripresa dell’avanzata, ma fu fatta senza convinzione e in breve tempo l’attacco fu sospeso, anche perché, ammalatasi la “volpe del deserto” e sostituita dal Generale Stumme, che morì pochi giorni dopo la sua investitura in circostanze misteriose, di conseguenza, in Africa Settentrionale ci si trovò nuovamente in una situazione di “stallo”. La mattina del 25 Ottobre, dopo che il Maresciallo Montogomery aveva sostituito, per volontà di Churchill, il generale Auchinlek, vista la situazione favorevole gli inglesi, che si trovarono con un’enorme superiorità di uomini e di mezzi ( 220 mila soldati contro 103 mila tedeschi e italiani, 1.800 carri armati contro i 360 delle forze dell’Asse), passarono decisamente all’attacco. Dopo incomprensibili atteggiamenti degli alti comandi italo-tedeschi, Rommel, che era ritornato al comando delle sue divisioni, iniziò il ripiegamento e già ai primi di Novembre l’armata italiana in Libia non esisteva più. A “Quota 33” di El Alamein è ricordato, nel mausoleo lì costruito per volontà del Comandante Paolo Caccia Dominioni, il sacrificio della Divisione “Folgore” e di tutti i militari italiani che s’immolarono su quelle dune, in epiche e valorose battaglie. Lo sbarco americano del 10 Novembre in Algeria e in Marocco, precipitò la situazione e ci si rese conto che le forze armate italo tedesche, prese tra due fuochi, non avrebbero avuto più scampo. Le forze dell’Asse stavano irrimediabilmente perdendo la battaglia africana
In questo periodo Mussolini, anche in seguito alla situazione che si andava via via delineando in modo sfavorevole alle nostre truppe sui vari fronti, aggravò la sua malattia, un ulcera duodenale che lo faceva notevolmente e visibilmente soffrire e che, alla fine dell’estate di quell’anno, lo stava fortemente logorando, sia fisicamente si moralmente.
In Russia le divisione italiane dell’ARMIR, sono schierate sul Don dopo una serie di vittoriosi combattimenti: mano a mano che la pressione tedesca aumentava contro Stalingrado, il Comando sovietico si accanì sempre più, durante i mesi di Settembre Ottobre contro le nostre linee che si trovavano tra la seconda armata ungherese e la terza divisione romena. La posizione dell’Armir, in una delle zone più delicate dello schieramento lungo il corso del Don, era di importanza rilevante e lo dimostrarono i continui attacchi, sempre rintuzzati, nel tentativo di fare una breccia, che riuscì ai sovietici quando il 10 Dicembre scatenarono la grande offensiva che li portò, dopo la rotta dei reparti romeni, all’aggiramento dei reparti italiani della Divisione “Celere” che, con i gloriosi terzo e sesto reggimento bersaglieri avevano strenuamente difeso quell’ansa del fiume Don dove erano sistemati. Il Corpo d’Armata italiano fu investito in pieno dallo sfondamento delle armate sovietiche, notevolmente superiori in uomini e mezzi con il contributo anche dagli aiuti americani, che diede la possibilità alla città di Stalingrado di uscire dalla morsa nella quale i tedeschi l’avevano costretta. Iniziò così la tragedia delle nostre Divisioni in terra sovietica: migliaia furono i morti che rimasero nel gelo delle steppe, così come furono più di centomila i nostri soldati catturati dai russi e dei quali solamente diecimila ritornarono in Patria, dalla prigionia, dopo la guerra, dai micidiali lager sovietici. La ritirata italiana dal fronte del Don fu una vera e propria odissea raccontata in tanti libri, da tanti scrittori che ebbero la ventura di viverla e la fortuna di ritornare in Italia, tra i tanti citiamo Giulio Bedeschi che, con il suo “Centomila Gavette di Ghiaccio” tracciò un quadro esauriente di quell’immensa tragedia e della disfatta italiana.
Numerosi furono i modenesi che sacrificarono la loro esistenza in quella terra, e durante la ritirata o nei lager sparsi sul territorio sovietico, come la storia del fratello dell’autore, raccontata nel volume: “Modena vista da destra” nel capitolo “Da Modena a Tambow senza ritorno”, dove Tambow era il luogo del campo di concentramento n. 188 nel quale trovò la morte il sottotenente del 3°Reggimento Bersaglieri, Augusto Zucchini.
Altri numerosi campi di concentramento sovietici hanno visto morire decine e decine di prigionieri modenesi le sigle dei più noti, oltre a quello di Tambow, sono: Tiominkov 58, Uciostojie 56, Taliza 165, Khironovoje 81, Pakta Aral 29, e Suzdal 160. Solamente pochi anni orsono i russi hanno lasciato consultare gli elenchi accurati dei nostri prigionieri dopo che, per oltre cinquanta anni, avano negato la loro esistenza. Onor-caduti del Ministero della Difesa e i volontari dell’Unione Nazionale Italiana Reduci dalla Russia, hanno riportato in Italia quegli schedari della morte e qui cerchiamo di ricordare un gruppo di nostri concittadini e della nostra Provincia, che in quei campi hanno trovato la morte e che raramente sono ricordati.

Cognome e Nome Nascita Città Campo Morte Reparto
Bagni Primo 1915 Fiorano Tambow 04/04/1943 2° Reg. Art. Alpina
Balestrini Silvano 1910 Modena Sciumika 26/04/1943 8° Reg Fanteria
Ballerini Ettore 1909 Mirandola Tambow 26/02/1943 8° Reggimento Fanteria
Bellei Dino 1911 Campogalliano Tiomnikov 07/03/1943 105 Comp. Artieri
Bentivogli Ernesto 1918 Castelfranco Em. Tambow 15/01/1943 6° Reg.mto Fanter
Bentivoglio Anello 1921 Castelfranco Em. Frolovo 50 Sq. Panettieri
Bergamini Aroldo 1906 Finale Emilia Aktiubinsk 10/03/1943 MVSN Gr. Tagliamento
Bertolazzi Domenico 1909 Sassuolo Tambow 14/02/1943 453 Grp Artiglieria
Boni Adalberto 1921 San Cesario s. P. Belaja Koluniza 07/08/1943 Auto reparto non spec.
Bonespini Cesare 1922 San Felice s.P. Pjniug 02/05/1943 278 Reg.to Fanteria
Borghi Cesarino 1920 Carpi Tambow 05/03/1943 17° Reg.to Fanteria
Camurri Walter 1920 Carpi Tambow 28/01/1943 37° Reg.to Fanteria
Casarini Argo 1923 Modena Tambow 16/03/1943 311° Reg.to Fanteria
Casolari Rinaldo 1922 Polinago Tambow 17/04/1943 Reg.to Artigl. Alpina
Cavani Vittorio 1920 Nonantola Tiomnikov 01/04/1943 73° Grpo Artiglieria
Cavoli Bruno Sassuolo Arsh 23/03/1943 IV Batt,Misto Genio
Conti Secondo 1922 Castelfranco Em. Taliza 28/05/1943 II° Bat. Misto Genio
Contoli Cesare 1908 Mirandola Khrinovoje 23/05/1943 81° Reg.to Fanteria
Corni Alfredo 1916 Marano s.P. Moskà 20/12/1944 38° Reg.to Fanteria
Corni Claudio 1921 Modena Arsh 26/03/1943 11° Reg.to Cp Arm Alpino
Cucchi Mario 1900 Pievepelago Spasskoje 17/02/1943 MVSN Gr. Tagliamento
Davoli Edoardo 1921 Modena Tiomnikov 30/03/1943 120° Reg.to Artiglieria
Dondi Talmino 1917 Mirandola Tagarog 19/03/1943 265° Regg.Fanteria
Dottesi Paolo 1913 Mirandola 10/08/1945 111° Reg.to Fanteria
Ferrari Amos 1923 Formigine Tambow 07/01/1945 62° Reg.to Fanteria
Giovannelli Renato 1913 Pavullo nel Frignano Osp. 5374 19/01/1945 18° Reg.,to Fanteria
Guzzinati Olanzo 1922 Medolla Tambow 03/02/1943 80° Reg.to Fanteria
Lari Giovanni 1917 Fiorano Volsk 13/04/1943 81° Reg.to Fanteria
Lenzi Corrado 1919 Castelfranco Em. 15/01/1943 81° Reg.to Fanteria
Luppi Iginio 1921 Bomporto Tambow 28/02/1945 33° Reg.to Artiglieria
Maccari Nino 1920 San Prospero Aleksin 24/04/1943 1° Battaglione. Artieri
Magnani Eugenio 1923 Sestola Tambow 28/02/1945 46° Reg.to Cp. Armata Alpino
Magri Varo 1920 Mirandola Tiomnikov 08/02/1943 121° Rgt. Artiglieria
Malagoli Carlo 1920 Soliera Tambow 08/02/1943 82° Regg.to Fanteria
Manattini Domenico 1920 Frassinoro Pizalij 29/04/1943 2° Reg. Art. Alpina
Manfredini Dante 1921 Pavullo nel Frignano Vilva Vielsvolod 29/04/1943 Magazziniere
Mantovani Eugenio 1922 Carpi Kameskovo XXVI° Rgt. Mortai
Marchetti Ferdinando 1917 Pievepelago Uciostoje 2° Reg. Art. Alpina
Mattioli Mario 1907 Castelnuovo Rangone Toimnikov 10/03/1943 Quarier Generale Div.
Melloni Renato 1923 San Felice s.P. Kirsanov 31/03/1945 317° Regt Fanteria
Michelini Egidio 1922 Soliera Tambow 02/03/1943 37° Rgt Fanteria
Nicolini Pio 1920 Fiorano Taliza 22/03/1943 277° Rgto Fanteria
Paganelli Carlo 1921 Finale Emilia Tambow 29/01/1943 79° Reg.to Fanteria
Pifferi Enea 1919 Formigine Tiomnikov 30/03/1943 2° Reg. Art. Alpina
Pisa Alvaro 1921 Cavezzo Gubaka 09/05/1943 52° Regto Artiglieria
Pongiluppi Gino 1921 Novi Tiomnikov 24/05/1943 54° Regto Fanteria
Razzoli Evaristo 1922 Spilamberto Varnavinov 30/11/1944 2° Reg. Art. Alpina
Schenetti Antonio 1914 Montefiorino Pinjug 24/04/1943 5° Rgto Lancieri Novara
Serra Otello 1921 Castelfranco Em. Tiomnikov 30/03/1943 8° Rgto Artiglieria
Servadei Arturo 1915 Serramazzoni Uciostoje 31/12/1942 4° Compagnia Comando
Toni Giuseppe 1914 Serramazzoni Tambow 01/06/1943 4* Rgto Artigl. Alpina
Vandelli Gino 1920 Pavullo nel Frignano Nekrilovo 06/03/1943 6° Reg.mto Fanter Alpina
Vandini Umberto 1920 Modena Tambow 05/04/1943 9° Rgto Artiglieria
Vignocchi Battista 1918 Pievepelago Bostianovka 2° Reg. Art. Alpina
Zucchini Augusto 1921 Modena Tambow 03/02/1943 3° Regto Bersaglieri

1943

All’inizio del 1943, a Modena, vi fu l’ultimo avvicendamento alla Federazione Provinciale del PNF, poiché Franz Pagliani fu nominato, dal Segretario Nazionale del Partito, Ispettore Nazionale dello stesso, diventando anche membro del Direttorio Nazionale. Entrò nella carica di segretario provinciale il 3 Gennaio 1943, nella sede di Palazzo Vittorio in Corso Vittorio Emanuele, alla presenza del Vice segretario nazionale della GIL Alessandro Bonamici, Mario Rizzo proveniente da Littoria; il Rizzo fu il terzo dei Federali modenesi, dopo Temistocle Testa e Vincenzo Lai, a non aver avuto i natali nel nostro territorio; era decorato di due medaglie d’argento e di due di bronzo ed aveva partecipato come volontario alla guerra in Abissinia e a quella di Spagna; aveva quarantadue anni ed era laureato in scienze economiche. Il nuovo federale modenese ricevette il Segretario Nazionale del Partito, Aldo Vidussoni il 21 Gennaio e, poco tempo dopo praticò anche un notevole rinnovamento nei quadri del PNF della nostra città che fu così composto: Luigi Venturelli, Comandante della 72° Legione della MVSN, Bruno Meloni, Leonida Miani, Francesco Piccoli, Romolo Farina, Paolo Casati Rollieri, Aldo Roncaglia, Alberto Gaudenzi, Lazzaro Lazzaroni, Mario Monti, Angelo Paltrinieri, Ennio Tabacchi, Ermanno Tusini, oltre a due componenti del direttorio precedente, nelle persone di Enrico Vezzalini, vice-comandante federale della Gil ed Azio Turchi, segretario provinciale dei Guf. Alcuni mesi prima si erano verificati altri avvicendamenti nel fascio modenese quali: la direzione del direttorio dell’amministrazione provinciale, che passò alla guida di Gian Paolo Solmi assieme ai rettori, Gino Grandi, Tranquillo Federico Zuccolini, podestà di Carpi, Gaetano Giorni, Pino Staccanella, Enrico Tabacchi, Rodolfo Monti e Carlo Vandelli il quale, nel mese di aprile, fu nominato Podestà di Modena.
La situazione del Partito Fascista in Modena e Provincia non era tanto diversa da quella di tutte le città italiane, la condizione in cui si trovava il nostro paese, con le continue partenze per il fronte di tanti uomini attivi nelle amministrazioni di città e paesi e nella dirigenza politica, non frenò l’attivismo e le iniziative per il continuo miglioramento della nostra città. All’inizio di quest’anno vi fu l’approvazione del nuovo piano regolatore che prevedeva anche l’appalto dei lavori del nuovo Policlinico di Via del Pozzo che doveva sostituire il vecchio Ospedale Sant’Agostino, oltre al risanamento dei quartieri più degradati della città e la sistemazione della rete viaria urbana ed extraurbana, quando già, nel 1942, era stato approvato il progetto per la costruzione di un altro cavalcaferrovia, quello della Madonnina, dopo che era stato appena terminato il manufatto collegante Corso Vittorio Emanuele con il rione della Sacca. Anche in Provincia continuarono, nonostante la guerra, in quasi tutti i Comuni, le opere edilizie in svariati settori; citiamo ad esempio le ristrutturazioni di otto case del fascio e di sette gruppi rionali, oltre alla costruzione di nuove case del Partito a Concordia, Piandelagotti, Pievepelago, Sestola e Guiglia e alla progettazione di altre dodici case.
La conduzione del PNF modenese, negli anni dal 1940 a questi primi giorni del ’43, da parte del Federale Franz Pagliani, ha lasciato un ottimo ricordo in tutti i modenesi del tempo. Si pensi che al mese di Gennaio 1943, in piena guerra, e con già delle crisi di rigetto da parte di alcuni fascisti, gli iscritti ai 49 Fasci della Provincia di Modena, raggiungevano il numero di 46.348 unità e le iscritte ai fasci femminili e alle sezioni delle massaie rurali, raggiunsero le 53.735 adesioni, mentre gli aderenti alle organizzazioni giovanili della Gil arrivarono al numero di 106.545 iscritti. Va inoltre ricordato che durante il periodo della sua gestione, Franz Pagliani compì ben 649 ispezioni alle sezioni dei Fasci della Provincia e tenne ottantatré rapporti ai gerarchi provinciali, senza trascurare la realtà socio-economica della nostra Provincia, impegnandosi nei vari settori, dalla distribuzione alla popolazione dei generi razionati, all’assistenza materiale e morale ai combattenti e alle loro famiglie.
In Russia, con il passare dei giorni, la catastrofe della ritirata italiana si fa completa. Stremati dal freddo, dalla fatica, e dalla fame gli italiani si trovano soli contro tutti; ma la ritirata delle nostre truppe non fu per i russi una passeggiata all’inseguimento dei fuggitivi. I nostri reparti, in particolare il Corpo d’Armata alpino, non smisero mai di combattere, inflissero notevoli perdite al nemico e, a Nicolajewka, il sacrificio degli alpini toccò altissime vette di eroismo. Il 26 Gennaio le uniche truppe italiane in grado di sostenere uno scontro con i sovietici furono i resti della Divisione “Tridentina” che, in uno scontro alla baionetta riuscirono ad espugnare quella località contro gli anticarro e le mitragliatrici russe che, in gran numero, sbarravano il passo a decine di migliaia di tedeschi, italiani, ungheresi e romeni sbandati. Il tributo di sangue pagato dai superstiti di quella divisione alpina fu enorme, ma l’accerchiamento fu superato.
Lo schieramento delle forze russe che si abbatterono sulla “sottile” linea del fronte italiano era composto da quattro armate corazzate con una proporzione di soldati di dieci contro uno e con un rapporto di carri armati di sei a uno, tra l’altro di mezzi russi enormemente superiori in peso, armamento e protezione rispetto ai nostri. Tutte le bandiere dei nostri reparti, che hanno combattuto sul fronte russo e che non si riuscì a portarle in salvo, furono bruciate sul posto dai comandanti e dai soldati, affinché non cadessero in mano al nemico. Difatti, per ammissione degli stessi russi, nei musei di guerra dell’Unione Sovietica, tra i cimeli catturati ai tedeschi ed ai loro alleati in terra russa, non si trovava nessuna bandiera italiana.
Praticamente, a fine Marzo, quando rientrarono in Italia i pochi reparti della “Julia”, della “Tridentina” e della “Cuneense” ebbe termine la catastrofica partecipazione italiana alla campagna in terra di Russia.
Sul fronte africano, dopo lo sbarco americano, si svolge in Tunisia l’ultimo atto dello scontro tra le truppe italo –tedesche e quelle amglo-americane. Il Generale Rommel fu richiamato da Hitler in Germania, mentre il Generale Messe assunse il comando dell’armata italiana che oppose una strenua resistenza agli attacchi dell’ottava armata inglese guidata dal Maresciallo Montgomery che attaccò sulla linea del Mareth, i nostri reparti. Messe dopo che anche il “Deutsch Africa Korps” al comando del generale Von Armin fu collassato, obbedì all’ ordine di arrendersi, arrivato da Roma, il 13 Maggio 1943.
Mussolini, che si era nuovamente incontrato con il Fuherer il 7 Aprile, a Salisburgo, dopo aver nominato Carlo Scorza Segretario del Partito al posto del giovane Aldo Vidussoni e dopo aver assunto il Ministero degli Esteri al posto del genero Galeazzo Ciano inviato come Ambasciatore alla Città del Vaticano, comincia a trovarsi in notevoli difficoltà. In quei giorni l’Italia stava per affrontare una delle ore più tragiche della sua storia. La situazione interna, già compromessa dalle batoste subite sui vari fronti, subì un vero e proprio tracollo.
Nel mese di Marzo, nelle grandi città del nord, accaddero alcuni scioperi, cosa che non avveniva da venti anni, con i lavoratori scesi nelle strade a chiedere “pane e non carte annonarie”. Ovviamente ne approfittarono i più pronti mestatori politici come i comunisti che, tra gli antifascisti, erano i meglio organizzati e che svolgevano, in clandestinità, una certa attività contro il regime e che, in quella circostanza, furono arrestati in un certo numero. Lo sciopero, in realtà, non ebbe particolare rilievo sulla vita della nazione, ma era il primo sintomo del grosso malcontento che serpeggiava nel paese. Nelle città di provincia, come Modena, non vi furono, in pratica, adesioni allo sciopero nazionale anche se, in quei giorni, da molti fascisti si sentivano fare dichiarazioni che affermavano che era giunto il momento di sostituire il capo carismatico del fascismo.
Lo sbarco anglo americano in Sicilia del 9 e 10 Luglio, dopo che l’11 Giugno, in seguito a sei giorni di massicci bombardamenti la base di Pantelleria, che era una vera e propria fortezza nel Mediterraneo, presidiata da 12mila uomini, fra la sorpresa generale si arrese agli inglesi, inferse il colpo conclusivo alla fine del regime fascista. La rapida conquista dell’isola, da parte degli invasori anglo americani sorprese, sia gli stessi occupanti, sia l’opinione pubblica italiana; lo sbarco avvenne quasi senza resistenza, la difesa costiera crollò al primo contatto col nemico, ci fu un tentativo di resistenza a Gela, dove gli americani furono costretti a ritornare sulle loro navi e solamente l’intervento della flotta amica li salvò. Eppure in Sicilia erano presenti tredici Divisioni italiane e due tedesche, con un totale di 250 mila uomini; serpeggiò subito tra la truppa e nella popolazione la parola tradimento. Furono vari, ma isolati, gli episodi di un certo valore da parte di reparti italo-tedeschi che si opposero tenacemente agli invasori come successe a Valledolso, nella piana di Catania e davanti ad Agrigento. Farinacci chiedeva la fucilazione dei generali traditori, ma lo sfacelo delle forze armate italiane, che ebbe il suo epilogo l’otto Settembre, iniziò proprio in quei giorni. Il 15 Luglio il generale Badoglio ebbe un colloquio con il Re, Vittorio Emanuele III° che gli offerse la successione a Mussolini e gli chiese di preparare un piano opportuno, per quello che fu poi il colpo di stato del 25.
Lo stesso giorno accadde uno dei più odiosi episodi di tradimento dei comandi di super marina: due nostri sommergibili, il “Romolo” e il “Remo”, considerati tra i più grandi, moderni ed efficienti al mondo, all’uscita dalla base di Taranto, erano tra l’altro alla loro prima missione, furono attaccati ed affondati in un agguato premeditato e ben programmato e dei duecento uomini dei due equipaggi solamente in quattro si salvarono. Tradimenti e sfiducia nelle truppe e nella popolazione erano ormai quotidiani; lo stesso Hitler, pochi giorni prima dell’incontro con Mussolini del 19 Luglio a Feltre, ammise che la situazione delle forze armate italiane era insanabile, poiché queste avevano ormai raggiunto il collasso generale.
A quel convegno, che a sentire alcuni generali italiani avrebbe dovuto portare Mussolini a denunciare l’alleanza con i tedeschi, Hitler al contrario, si presentò con l’idea di legare ancor più i rapporti con l’Italia. Il Capo del Fascismo dopo l’incontro di Feltre si confidò con l’amico Manlio Morgagni, al quale ebbe a dire che,

“i tedeschi sono ancora forti e potrebbero intervenire validamente per tamponare e forse risolvere la situazione in Italia, situazione che è ormai gravemente compromessa, ma non si fidano più, ormai, di noi………….E’ necessario dunque continuare a combattere anche se ogni speranza è ormai morta. Tutti mi abbandoneranno, il popolo, il Re …….purtroppo mi lasceranno anche coloro a cui ho dato un nome nel registro anagrafico della recente storia italiana e di cui ho creato la fortuna morale e materiale.”

Parole profetiche che a distanza di poco tempo rivelarono il carattere vigliacco e opportunistico di tanti italiani specialmente nelle alte gerarchie del fascismo e nelle alte sfere dell’esercito e della marina.
Lo stesso giorno dell’incontro di Feltre, contrariamente alle promesse fatte dagli ambasciatori anglo-americani al Papa, vi fu il primo pesante bombardamento sulla città di Roma da parte di centinaia d’aerei che fecero alcune migliaia di vittime, distruggendo i quartieri Tiburtino e San Lorenzo dove fu distrutta l’omonima basilica.
Le congiure dei vari personaggi, che fecero in modo di arrivare al Gran Consiglio del Fascismo del 25 Luglio, con l’ordine del giorno Grandi, stavano preparando al tradimento finale. Sono stati versati fiumi d’inchiostro per raccontare i vari aspetti di quella giornata che vide il crollo di quel regime che aveva saputo conquistare il cuore degli italiani per venti anni.
Gli avvenimenti di quei giorni e del successivo otto Settembre in Provincia di Modena, sono stati esaminati dallo stesso autore di queste note nelle pagine del volume: “Vista dai vinti: la guerra civile nel modenese. 1943-1945”.


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IMMAGINI

Gli anni tremendi del secondo conflitto mondiale

Il bersagliere Augusto Zucchini al Corso Allievi Ufficiali a Pola Il bersagliere Augusto Zucchini al Corso Allievi Ufficiali a Pola
ufficiali del corso preparazione del giornalino

In licenza a Modena

UFFICIALE A CREMONA In licenza a Modena
In licenza a Modena Il centro di Modena nel 1942
Celebrazione del Natale di Roma alla Fiat OCI, 21 aprile 1942. (Archivio
fotografico Istituto storico di Modena)
Il Segretario del PNF Franz Pagliani visita una risaia nei primi anni Quaranta.
(Archivio fotografico Istituto storico di Modena)
 

a lato

Benito Mussolini in visita a
Carpi, 28 luglio 1941. (Fondo
Enzo Ponzi, Istituto storico di
Modena)

   
                                                                                                                                         
Trebbiatura del grano in p.zza Grande nel 1942.(Archivio  Istituto storico di
Modena)
Conferenza di Enzo Ponzi presso il Gruppo rionale fascista Tabaroni, 1° giugno
1941. (Fondo Enzo Ponzi, Istituto storico di Modena)

Il Sotto Tenente dei Bersaglieri Augusto Zucchini in Russia

Ultima sua fotografia dal fronte russo
Cartolina di auguri natalizi inviata dal fronte prima dello sfondamento russo sul Don e della cattura del bersagliere.

 

cartolina, fronte retro, inviata dal Campo di concentramento sovietico n. 188  di Tambow nel mese di Gennaio 1943, e giunta alla famiglia nel mese di Ottobre. Il Bersagliere era deceduto nel campo di concentramento il 3 Febbraio 1943 

La notizia del suo decesso venne comunicata alla famiglia. era rimasto solo il fratello dopo oltre cinquanta anni alla fine del secolo 1900-

Negli anni cinquanta , sino al 1956 si speculava sulla sorte dei nostri connazionali che si riteneva fossero ancora prigionieri dei russi

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