Maggio 1944

GUERRA CIVILE NEL MODENESE

 

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Maggio 1944

LUNEDI 1 MAGGIO 1944

Il CLN nazionale decreta, in occasione della festa dei lavoratori, uno sciopero generale che dovrebbe mettere, secondo le intenzioni dei programmatori, in gravi difficoltà le strutture della Repubblica Sociale Italiana.

Ma l’iniziativa non raggiunge gli scopi voluti per la scarsa partecipazione dei lavoratori. Il Ministero della Interno comunicava nei giorni successivi, che le astensioni dal lavoro erano state di pochi minuti e che la consistenza più ampia si ebbe a Genova con la partecipazione allo sciopero di circa quattromila operai, mentre a Milano le astensioni furono di 260 unità e ad Imola di circa 1100; poche migliaia dunque, su tutto il territorio della RSI.

A Modena, come si rileva anche da relazioni angloamericane, relative alla situazione economica, politica e sociale della Provincia, esisteva una forte organizzazione sindacale. E si doveva costatare che sebbene gli stipendi non fossero alti, essi erano però in rapporto con il basso costo della vita, e vi era pochissima disoccupazione.(1)

Inoltre in tutta la storiografia Resistenziale attinente la nostra Provincia, non si trovano particolari accenni ad un successo dello sciopero di quel giorno: unici riferimenti sono le segnalazioni degli attentati dinamitardi segnalati, oltre ad una presunta “temporanea occupazione” di Soliera.(2)

In realtà non si trattò altro che di un’esibizione di canti notturni per le strade del paese, dell’apposizione di alcune bandierine rosse ai fili della linea telefonica e di alcune scritte fatte sempre con il favore delle tenebre, quando già i fascisti avevano lasciato il paese.

Fu inoltre lanciata una bomba a mano contro la casa del tenente della GNR, Franco Silvestrini.(3)

MARTEDI 2 MAGGIO 1944

Le forze del partigiano Armando che si congiungeranno con quelle della formazione “Barbolini”, per effettuare l’attacco alla caserma di Cerredolo, mentre si stavano dirigendo verso quella località, s’imbatterono in una corriera dove si trovavano dei carabinieri. Il capo partigiano fece attaccare la corriera e catturare i militi con i quali, a suo dire, precedentemente aveva preso contatti per un reciproco rispetto; i carabinieri:

“chiesero di far parte di una formazione partigiana, manifestando solo il desiderio di stare assieme. Erano ragazzi venuti dal meridione che, all’inizio, credo cercassero di farsi coraggio l’un l’altro; ma purtroppo, capitarono nella formazione di Nello. Dico purtroppo, perché li attendeva una triste fine.(4)

 Questa è una versione, ma come spesso accade nelle storie della partigianeria, non è facile trovare unanimità nell’interpretazione e nella ricostruzione di fatti ed episodi e in questo caso  la conferma di  certe dicotomie avviene attraverso il racconto di un altro esponente partigiano di rilievo:

 “...contemporaneamente alcune forze di Nello avevano assalito una corriera che scendeva a valle. Il mitragliere che, con spavalderia, imbracciava la mitraglia sopra il tetto della corriera e tutti gli altri militi (tra cui alcuni carabinieri) circa 19 che occupavano la corriera, furono abbattuti, la corriera incendiata, i prigionieri furono in seguito fucilati nelle forre di Montemolino.”(6)

 Chi possa aver ragione e quale sia la verità tra queste due versioni, non ha oggi molta importanza, resta significativo il fatto che i prigionieri vennero fucilati, dato che i partigiani comunisti trattavano questi così come viene riferito dal capo partigiano che ha descritto l’attacco alla corriera:

 “......a questo proposito voglio mettere in rilievo il problema morale dell’uccisione dei prigionieri.... anche a proposito dei prigionieri di Montefiorino fucilati. A chi mi poneva questo problema io risposi: no, non sento la responsabilità delle esecuzioni compiute, ma sento la responsabilità delle liberazioni effettuate.”(6)

 Ma se durante le loro “scorribande” e le loro “fulminee”  azioni  i partigiani hanno avuto, sotto una certa ottica, difficoltà notevoli a portarsi dietro dei prigionieri, quelli fatti a Montefiorino potevano benissimo essere tenuti in carcere in quanto il paese era nelle loro mani; ma di queste sommarie esecuzioni avremo modo di soffermarci nella trattazione della cosiddetta “Repubblica di Montefiorino”.

MERCOLEDI 3 MAGGIO  1944

Ritorniamo ai fatti di Cerredolo, paese del reggiano al confine con la nostra Provincia, dove entrano in azione formazioni partigiane di stanza nel modenese e anche perché, si rileva in questo, il tipico modo di condurre gli attacchi, da parte delle formazioni “ribelli”, ai presidi dell’alto Appennino:

Con l’inizio della primavera, la guerriglia aveva preso vigore e aumentava d’intensità in concomitanza del maggior aiuto degli anglo americani:

 “ i lanci non si contavano più tanto erano frequenti e nei bidoni vi erano tutti i tipi di armi.”(7)    

 Infatti, gli alleati avevano iniziato a sferrare una violenta offensiva contro lo schieramento italo tedesco.

A Cerredolo arrivano le formazioni partigiane di “Nello” e “Armando”, in tutto circa centodieci uomini che si portano all’attacco del piccolo presidio fascista di quel centro, composto da una quindicina di uomini.

Il presidio era comandato dal Maresciallo Morini; resistette a lungo ai furibondi attacchi partigiani e dopo lunga resistenza, mentre si andavano esaurendo le munizioni, i militi si arresero dietro la promessa di avere salva la vita. Vennero invece tutti massacrati e i cadaveri orrendamente mutilati.(8)

Ma vediamo, come al solito le diverse interpretazioni da parte della storiografia antifascista che, o nella versione esaltatrice ed apologetica che esalta l’eroismo partigiano e nello stesso tempo la vigliaccheria dei fascisti o nella versione che cerca una maggiore obbiettività, deve pure, malgrado notevoli falsi e grossolani errori, non nascondere l’avvenuta fucilazione dei fascisti.

 “Fu subito uccisa una delle due sentinelle, il milite GHINI BIAGIO di Toano, mentre l’altra, un giovane di Civago rimase solamente ferita. I militi risposero al fuoco e la sparatoria durò a lungo. Poi i partigiani riuscirono a penetrare nell’edificio, incendiandone la porta posteriore. I militi si arresero, furono spogliati e costretti a caricare un autocarro di grano, che partì verso i monti.

I sei più giovani furono lasciati liberi, ma con le sole mutande. Dodici militi, anziani, insieme con il civile ARTURO PAGLIA, iscritto al PFR, furono fucilati all’interno dell’ammasso, in un mare di sangue. Nell’azione rimase ferito un partigiano che morì poco tempo dopo”. (9)

   Sono così assassinati 14 fascisti, creando tutti i presupposti per rappresaglie e ritorcimenti che andranno a cadere su persone che,  con ogni probabilità non avevano avuto alcuna responsabilità nell’episodio. Difatti a Toano furono catturati quattro giovani militari che avevano disertato il fronte e poi fucilati a Cerredolo dai fascisti.

Ma esaminiamo questo fatto attraverso una seconda versione rilasciata da chi ebbe la maggiore responsabilità dell’azione:

 “Mi precipitai dentro sparando all’impazzata, seguito dai ragazzi, alla luce di una torcia, accesa da uno dei miei, vedemmo i fascisti rannicchiati sotto le brande e dietro le colonne dello stanzone. Fatti uscire da quei nascondigli, controllammo i documenti di tutti; dieci erano di altrettanti assassini e delatori, che ben conoscevamo. Li mettemmo al muro e li giustiziammo.”(10)

 Aggiungiamo un’ulteriore versione; è quella dello stesso partigiano che parteciperà ad un altro eccidio di fascisti, tra alcuni giorni; quello di Capanna Tassoni a Fanano nel modenese:

 

“La battaglia di Cerredolo fu la nostra seconda impresa dopo la ripresa; da un punto di vista militare fù molto più difficile lo scontro di Capanna Tassoni che il “giochetto“ di Cerredolo”.

 In un altra zona dell’Appennino modenese, alla Fignola, nelle vicinanze della Santona sulla Via Giardini, una pattuglia partigiana tende un imboscata ad una macchina tedesca e ne venne ucciso il pilota.(12)

Nella bassa modenese i partigiani aumentano la loro pericolosità, in località Cristo di Quarantoli, in Comune di  Mirandola, viene effettuato un attentato dinamitardo sulla linea ferroviaria Bologna-Verona e che non procurerà grossi danni all’importante linea di comunicazione.(13)

Sulla corriera attaccata a Ponte Dolo, mentre percorreva la linea Sassuolo-Montefiorino, vengono uccisi tre fascisti: il caporal maggiore della MVSN di quarantaquattro anni:

BULGARELLI VASCO(14)

ed il giovane vicebrigadiere, figlio del generale medico Alessandro Gazza:

GAZZA DAMIANO(15)

E il milite:

DENICI EFREM

GIOVEDI  4 MAGGIO 1944

 In montagna, le formazioni partigiane prendono gradualmente maggiore consistenza  ed i piccoli presidi fascisti, composti di pochi uomini hanno parecchie difficoltà a controllare i territori loro affidati e di conseguenza le imboscate e gli agguati si fanno più numerosi; gioca a vantaggio delle bande partigiane la possibilità di portare i loro colpi contro i facili bersagli degli uomini in divisa, la facilità di potersi poi nascondere  nelle boscaglie e negli anfratti che la particolare natura di molte zone dell’Appennino modenese possiede, senza dimenticare la possibilità di avere a disposizione armi automatiche leggere, rifornite loro dai lanci angloamericani e che sono efficacissime in questa particolare lotta di guerriglia.

A Lama Mocogno, una di queste formazioni partigiane, al comando di un certo “Nardi”, attacca il Presidio della Milizia Forestale e disarma i pochi militi presenti..(16)  Sembra che un azione analoga sia stata compiuta anche a Polinago dalla stessa formazione, ma con molta probabilità si tratta di un unica azione, che a distanza di tanto tempo non è stato possibile collocare in un quadro di maggior precisione storica.(17)

VENERDI 5 MAGGIO 1944

 Non sempre gli agguati e le imboscate delle formazioni partigiane raggiungono il fine prefissato oppure è anche ragionevole pensare che le “bande” , in molti casi si facessero la guerra tra di loro per entrare in possesso del bottino al quale ambivano: lo prova questa vicenda raccontata dalla “epopea” partigiana:

 “Il 5 Maggio una pattuglia della brigata partigiana Anderlini, al comando del Tenente Leone De Benedetti, braccio destro di Nardi, fermò a Pianorso la corriera, Pavullo-Lama-Polinago per un  prelevamento di tabacchi, i partigiani salirono sul tetto dell’automezzo, ma scambiati per fascisti(?), furono presi a fucilate da una pattuglia di Nello; De Benedetti, gravemente ferito, fu portato all’Ospedale di Sassuolo, dove morì. Anche un altro partigiano rimase ferito.(18)

 SABATO 6 MAGGIO 1944  

Uno dei tanti lanci angloamericani, che rifornivano  di armi di tutti i tipi e di forti quantitativi di munizioni i raggruppamenti partigiani su molte zone del nostro Appennino, cade presso la diga di Riccovolto; il lancio però viene avvistato anche dai militi di Piandelagotti che si recano sul posto e possono così, senza colpo ferire, impadronirsi del materiale.(19)

DOMENICA 7 MAGGIO 1944

 Sempre in località Riccovolto, a metà strada tra Montefiorino e Piandelagotti, formazioni partigiane attaccano tre vetture germaniche: quattro militari tedeschi oltre ad un operaio italiano dell’organizzazione Todt, restano uccisi.(20) Non sono state trovate però altre testimonianze o altri dati sia di parte fascista sia antifascista tali da poter avvalorare questo fatto.

 LUNEDI 8 MAGGIO 1944

 Ha  inizio, su vasta scala, la grossa offensiva aerea anglo americana su tutto il territorio della RSI, in particolare su tutte le vie di comunicazione che vengono mitragliate e bombardate  in modo sistematico  specialmente durante le ore diurne, ma molto spesso anche di notte.

 MARTEDÌ 9 MAGGIO 1944

In una serie di riunioni tenutesi presso il Quartiere generale della RSI, con la partecipazione del Duce, vengono elaborati due provvedimenti legislativi: Il primo, regola il nuovo ordinamento sindacale dello Stato, il secondo è lo Statuto della Confederazione Generale del lavoro, della Tecnica e delle Arti.

 MERCOLEDÌ 10 MAGGIO 1944

 In località Ponte Cervaro, nelle vicinanze di Gombola, avviene uno scontro tra un reparto militare misto e formazioni partigiane.

Le cronache antifasciste parlano di un grosso combattimento(21) e di molti morti tra tedeschi e fascisti che,

 “come sempre, non lasciarono detto quanti”.(22)

 Con affermazioni di questo tipo si tende a far credere che i fascisti non volessero far conoscere il numero dei loro caduti, per nascondere alle popolazioni la realtà della lotta partigiana; ma chiunque voglia controllare i giornali dell’epoca, può rendersi conto che ogni episodio e ogni fatto cruento aveva ampio risalto e indicativi erano i commenti, ovviamente anche infarciti di quella propaganda che in quel momento e in quelle circostanze era a dir poco scontata: Ma va anche sottolineato che, nella maggioranza dei casi ai caduti fascisti si riservavano funerali pubblici, con la partecipazione delle autorità e della popolazione, e i nomi dei caduti venivano affissi in lunghi elenchi listati a lutto. Si può anzi dire contrariamente a quanto vuol far credere la storiografia partigiana, che le autorità repubblicane, a volte con cerimoniali discutibili enfatizzavano al massimo i metodi della guerriglia partigiana.

Dell’episodio di Ponte Cervaro poi, non si ha assolutamente notizia di caduti fascisti; anche in alcune pubblicazioni antifasciste si parla  solamente di perdite tedesche e partigiane.(23)

Don Spallanzani, parroco di quella località, dichiarava che non era possibile conoscere il numero dei caduti tedeschi perché questi portavano via i loro camerati caduti, in macchine chiuse. Lo stesso prete dichiarava che i tedeschi, nonostante le perdite subite, non tornarono a fare rappresaglia.(24)

A proposito delle rappresaglie, si legge in varie pubblicazioni che queste sarebbero state maggiormente perseguite dai tedeschi, nei confronti delle innocenti popolazioni, laddove erano presenti le formazioni partigiane, in forma scarsa o limitata.(25)

Anche questo è un grosso falso storico: da un esame approfondito, in tutti i Comuni della Provincia di Modena, le più efferate rappresaglie tedesche avvennero proprio laddove vi era il maggior concentramento di forze partigiane e dove più si verificavano agguati ed attentati. Nelle zone dove non si sono verificate azioni di guerriglia e dove limitata o nulla era la presenza partigiana, nessuna rappresaglia è stata messa in atto e i rapporti con la popolazione civile erano impostati in forma corretta.

Si possono citare le zone di San Felice e Finale Emilia, dove le forze partigiane, anche per la massiccia presenza di forze tedesche , colà dislocate, mai si fecero vedere o sentire.

Va inoltre precisato che la rappresaglia, applicata in tutti i paesi in guerra, dalle forze belligeranti, era prevista dall’Art. 29 della Convenzione Internazionale di Ginevra, e che le azioni compiute da terroristi in borghese contro soldati regolarmente inquadrati e in divisa rientrava nella casistica prevista per l’applicazione della rappresaglia stessa. E Francia, Russia, Stati  Uniti , Inghilterra se ne sono ampiamente serviti: Ma, indubbiamente, un conto è avvalersi di una legge di guerra con attenzione al territorio sul quale si portano tali violente ritorsioni, un altro è invece quello di applicarla alla lettera, come in tante circostanze è successo in Italia ed in altri paesi Europei dai Comandi Germanici.(26)

Le rappresaglie, specie sul territorio italiano, sono servite a scavare sempre più il solco che divideva le popolazioni, mettendo fratelli contro fratelli contribuendo pertanto ad incrementare maggiormente la guerra civile, che rimane, per ogni popolo, la  tragedia  massima.

A distanza di cinquanta anni da quegli eventi, con il superamento degli odi e dei desideri di vendetta, si dovrebbero accomunare nelle celebrazioni e nei ricordi i caduti di entrambe le parti,

Questo, purtroppo, in Italia non è ancora possibile. I vinti non hanno ancora avuto la possibilità di essere degnamente ricordati come invece lo stati quelli che si sono trovati sulla barricata dell’esercito vincitore. In Spagna, dopo la guerra civile, il “dittatore”  Franco volle che fossero riuniti in un unico luogo, sacro  a tutti gli spagnoli, i caduti falangisti e repubblicani; quel luogo, meta di pellegrinaggio di tutti gli spagnoli, è il grandioso tempio monumentale nella “Valle de Los Caidos” nei pressi di Madrid.

GIOVEDÌ 11 MAGGIO 1944

Sulla linea del fronte italiano, a Cassino, ha inizio l’offensiva alleata che nell’arco di poco più di venti giorni, dopo la caduta della famosa Abbazia di Montecassino, porterà gli alleati angloamericani alla conquista di Roma. Le truppe tedesche, comandate dal Maresciallo Kesserling, iniziano il ripiegamento.

 VENERDÌ 12 MAGGIO 1944

 In seguito al bando del 25 Aprile, relativo alla presentazione dei militari sbandati, il PFR modenese, comunicava che, da quel giorno e sino a questo, sessantasei “ribelli” si erano spontaneamente presentati ai centri di raccolta:

 “Essi hanno detto di essere stanchi della vita miserabile e delittuosa alla quale erano stati costretti e si dichiarano disposti a prendere le armi in difesa della Patria.”(27)

 SABATO 13 MAGGIO 1944

Alle ore 14,35, Modena subisce il secondo e più terrificante bombardamento, superiore per danni, distruzioni e vittime a quello, già pesante, del mese di Febbraio. A ondate successive, le formazioni dei bombardieri angloamericani, le famose fortezze volanti, scaricarono, indiscriminatamente dal cielo, sulla nostra città, tonnellate e tonnellate di bombe; furono quindici minuti lunghissimi; i bombardieri alleati dimostrarono ancora una volta, che il loro impegno principale era quello di seminare il terrore tra la popolazione civile, senza curare minimamente gli obiettivi militari. Il centro della città subì gravissimi danni; venne semidistrutta la Chiesa di San Vincenzo, completamente distrutta la Chiesa dei Servi, di cui oggi rimane, simbolicamente, il vecchio campanile, unica parte rimasta integra, della Chiesa. Gravissime lesioni subirono, il Tempio Monumentale dei Caduti e la Chiesa di San Domenico; il Duomo cittadino subì gravi danni, in particolare modo alla “Porta dei Principi”; sembrava che dal cielo fosse stato preordinato un preciso disegno per la distruzione dei monumenti storici e dei luoghi di culto.

Danni enormi subirono, il Palazzo delle Poste, il Palazzo Ducale, l’Arcivescovado, il Portico del Collegio, ecc.

Ai mulini nuovi venne colpito un ponte sul canale Naviglio, sotto al quale si erano rifugiati i bambini e le suore del vicino asilo; fu una vera e propria carneficina. Venne anche colpita la Caserma “Ciro Menotti” sede della Scuola Allievi Ufficiali della GNR.

Vi trovarono la morte i sottoelencati allievi:

FEDRIZZI LINO,

FICINI DELFO,

FERRI ASCENZIO,

MERLI DINO,

MOSTACCHIETTI LEONIDA,

SPANO GEROLAMO.(28)

E il soldato: UGOLINI ENNIO(28bis)

Oltre un centinaio furono i caduti civili.(29)

Alla sera, mentre ancora si scavava alla ricerca dei sepolti sotto le macerie, e la città era ancora sotto l’impressione del bestiale attacco aereo, la Voce di Londra diede comunicazione, nel suo notiziario, che apparecchi delle forze alleate, avevano bombardato, con buon esito, appostamenti militari germanici alla periferia di Modena.

I cittadini modenesi che ascoltarono quella notizia e che avevano subito quel terribile bombardamento terroristico, si resero conto che la propaganda “alleata”  si basava su falsi clamorosi e non veniva tenuta in nessun conto la popolazione civile.

Dopo questo terrificante bombardamento andò maggiormente acuendosi la crisi in campo antifascista; si aggravarono i rapporti che componevano il CLN clandestino.

 “Il contrasto tra le tendenze assunse un carattere drammatico nella riunione del CLN che si tenne il 15 Maggio. Il rappresentante del Psiup invitò i presenti a votare un ordine del giorno nel quale si invitava il movimento antifascista a solidarizzare con le vittime del bombardamento alleato e a contribuire alla sottoscrizione lanciata dall’ organo fascista “Valanga Repubblicana”. Il socialista chiese inoltre che fosse pubblicamente stigmatizzato il comportamento dei “pirati dell’aria” angloamericani e venisse formulata la minaccia di ritirare l’appoggio alla causa delle Nazioni Unite, qualora gli alleati non avessero posto un termine al  loro brutale e ingiustificato massacro  della classe lavoratrice. Uno dei presenti alla riunione rivelò, anni dopo, che per poco la seduta non si concluse con una sparatoria. Il rappresentante comunista, Alfeo Corassori, divenuto poi Sindaco di Modena, nell’ascoltare infatti le proposte avanzate dal delegato socialista non riuscì a padroneggiare i propri nervi ed esplose in minacce ed insulti. Gridando che la federazione socialista modenese era caduta nelle mani di un gruppetto di vili e provocatori, sottolineò che il suo partito non avrebbe mai accettato di sottoscrivere la “vergognosa capitolazione” proposta dal rappresentante socialista. Se era necessario, aggiunse, il PCI avrebbe continuato da solo la lotta contro i fascisti e i tedeschi. Poi formulando una chiara minaccia che tutti i presenti intesero, il delegato comunista affermò che i gappisti non sarebbero stati con le mani in mano e che se la situazione lo avesse richiesto ci sarebbe stato piombo per tutti, sia per i fascisti che per i falsi antifascisti.”(30)

  Questa serie di minacce raggiunse il suo scopo e i rappresentanti della Democrazia Cristiana e del Partito  Liberale respinsero l’ordine del giorno socialista, proponendo una sorta di compromesso che, “pur condannando l’incursione aerea del 13 maggio”, non raggiungeva però la formulazione socialista. Il tentativo d’accordo fu vano in quanto il rappresentante socialista, precisando che loro non erano disposti  a subire ricatti comunisti, abbandonò la riunione. Nei giorni successivi si aggravò la tensione; il componente  socialista si rifiutava di partecipare ad altre riunioni, creando così una netta frattura in seno al CLN modenese.(31)

Poco prima dell'attacco su Modena, dall' aereoporto di Reggio Emilia si levarono in volo alcuni caccia dell'Aereonautica Repubblicana, quelli della pattuglia "Asso di Bastoni"; ne faceva parte il solierese di ventiquattro anni:

GARAVALDI VINCENZO(31bis)

venne abbattuto dalla caccia nemica precipitando con l'aereo nei pressi di Molinella. Nell'Agosto 2000 è stato scoperto il punto dove cadde il pilota modenese e recuperati i suoi resti, oltre a pezzi  del suo "Macchi 205 Veltro".

DOMENICA 14 MAGGIO 1944

 Alla mezzanotte di questo giorno viene nuovamente lanciato il segnale d’allarme sulla città. I modenesi, terrorizzati dall’incursione del pomeriggio, si riversano nei rifugi e nelle campagne, ma fortunatamente, alle tre, veniva annunciato il cessato pericolo. L’allarme scatterà ancora in questa giornata creando il panico in tutti coloro che, feriti o in cerca di sepolti tra le macerie, si aggiravano tra Ospedali e palazzi crollati.

Il quotidiano locale usciva con questo titolo:

“Arrivano i liberatori - La bestiale incursione di ieri sulla città - Modena è stata oggetto di una barbara e violentissima incursione.”(32)

A Fossoli di Carpi resta ucciso il milite della GNR:

PALTRINIERI RICCARDO (33)

 LUNEDI 15 MAGGIO 1944

 La partecipazione dei giovani al movimento partigiano è rimasta in tutto il primo periodo dei seicento giorni della RSI alquanto limitata; le ribellioni spontanee, la presenza di masse giovanili che rifuggivano la chiamata alle armi della RSI, sono frutto di una campagna propagandistica che è stata portata avanti a guerra conclusa. Infatti, dopo 8 mesi dalla capitolazione e dalla totale smobilitazione dell’esercito italiano e malgrado le speranze della componente antifascista di una imminente “liberazione”, visti i rapidi successi delle truppe angloamericane. terminata già da parecchio la cattiva stagione, che non favoriva il rifugio in montagna di coloro che intendevano combattere tedeschi e fascisti, pur con tutti questi aspetti favorevoli, a metà del mese di maggio, i partigiani della Provincia di Modena non raggiungevano, secondo la storiografia antifascista, il numero di cinquecento.(33a)

 MARTEDI 16 MAGGIO 1944

 A  Modena, in Piazzale S. Agostino, l’Arcivescovo Mons. Boccoleri, dopo aver recitato la messa, tiene un orazione funebre davanti alle bare di 94 caduti sotto le macerie del terrificante bombardamento aereo del giorno 13.

Migliaia di persone si stringono attorno ai parenti degli sventurati, assieme a tutte le autorità repubblicane.

In montagna, una grossa formazione partigiana, attacca il presidio fascista di Fanano e dopo una breve sparatoria cattura militi e membri della reggenza di quel piccolo centro; li porteranno con loro a Capanna Tassoni dove li fucileranno e, prima di abbandonare il paese, si concedono una serie di “approvvigionamenti.”

 “Alle ore 14 i partigiani costrinsero l’agente del Banco di San Geminiano, Giuseppe Cipressi, ad aprire l’Ufficio e la cassaforte da cui asportavano L. 41.072,94. Quindi forzarono la porta dell’esattoria delle tasse e incendiarono mobili e registri, dopo aver preso una calcolatrice e una macchina da scrivere. Sopraffatti e disarmati i militi del distaccamento GNR i partigiani incendiarono la sede del fascio repubblicano, il Municipio, l’Ufficio della Milizia Forestale e l’Ufficio Postale. Dalla sede comunale asportarono sei macchine da scrivere e l’apparecchio telefonico. Il Municipio e la casa del fascio continuarono a bruciare per tutta la notte.”(34)

 MERCOLEDI 17 MAGGIO 1944

 Continuano i lanci paracadutati nelle zone attorno a Fanano; mitra sten, mitragliatrici Bren, munizioni e vettovagliamenti contribuivano in forma assai consistente a rendere sempre più efficienti le formazioni partigiane; in questi giorni, che vedono il ripiegamento delle truppe tedesche da Montecassino e la conseguente avanzata delle truppe del Generale Alexander, furono lanciate, nella zona, complessivamente 80 quintali di materiale.(35)

 GIOVEDI 18 MAGGIO 1944

 La logorante battaglia di Montecassino si conclude, dopo alcuni mesi di strenua lotta, con la conquista della celebre Abbazia, ormai ridotta ad un cumulo di macerie, da parte delle truppe polacche comandate dal Generale Anders. La strada per la conquista della capitale d’Italia è aperta. In questi giorni si trovava sulla linea del fronte anche il Generale Rodolfo Graziani, in visita alle truppe della RSI che combattevano a fianco di quelle germaniche per la difesa del territorio italiano.

 VENERDI 19 MAGGIO 1944

 Anche in pianura  aumentano d’intensità gli agguati e le imboscate partigiane a danno delle pattuglie fasciste; alla periferia di Carpi, in uno di questi attentati, perdono la vita tre militi fascisti:

FORMIERI ANCHISE(36)

PALTRINIERI RUGGERO(37)

FORESTI CARLO(38)

In questo modo la storiografia partigiana racconta l’imboscata tesa ai fascisti in perlustrazione nella zona:

 “La prima azione di un certo rilievo, che rivelò alle autorità repubblicane la presenza attiva dei guerriglieri rossi, venne compiuta la sera del 19 Maggio, allorché un gruppo di “gappisti” tese un imboscata alla periferia di Carpi a una pattuglia della GNR in servizio di ordine pubblico. I militi reagirono al fuoco partigiano ma lo scontro si risolse subito a favore dei gappisti.”(39)

In montagna, vengono uccisi, nella zona di Montese, tre civili:

LUCCHI VITTORIA(40)

aveva trentadue anni:

GUALANDI EZIO(41)

di trentacinque anni:

BERNARDI CLEMENTE(42)

di anni cinquantatré.

 SABATO 20 MAGGIO 1944

In seguito a mitragliamento aereo dei caccia angloamericani , resta uccisa una giovane donna.(43)

E, con molta probabilità in questo giorno, ma la data non è certa, resta ucciso nel sestolese il carabiniere della GNR:

ZAGAGLIA RAFFAELE

 DOMENICA 21 MAGGIO 1944

 Viene divulgato, in tutto il Nord Italia, un messaggio del Capo di Stato Maggiore, Generale Mischi, con invito alla presentazione, entro il 25 Maggio, degli sbandati, dei renitenti e dei disertori. Una parte di essi si presenterà, ma molti altri, in considerazione della nuova offensiva alleata, continueranno a nascondersi in attesa dell’arrivo dei nuovi padroni; un altra modesta percentuale si aggregherà alle formazioni partigiane che, sino a questi giorni avevano potuto contare solamente su gruppuscoli limitati: Ma, via via che ci si rende conto che la battaglia che sta combattendo lo schieramento fascista diventa sempre più difficile e pericolosa e che le probabilità del successo angloamericano aumentano, gli attendisti iniziano, seppur con molte cautele, a schierarsi con le formazioni clandestine che, con l’aiuto delle forze “alleate”, hanno le maggiori “chance” di risultare  la carta vincente.

 LUNEDI 22 MAGGIO 1944

 In località Tane di Montese si scontrano, con militi fascisti del Presidio di quel Comune, alcuni gruppi partigiani, reduci dal “prelevamento” di alcuni cavalli; nello scontro a fuoco che ne scaturì caddero due partigiani.(44)

 MARTEDI 23 MAGGIO 1944

 Nella zona di Ospitale, a Capanna Tassoni, estremo limite della Provincia di Modena, provenienti da Cutigliano nel vicino territorio pistoiese, una colonna di tedeschi e fascisti, attacca i gruppi partigiani di “Davide”, “Nello” e “Armando” che, dopo l’attacco al centro di Fanano, qui si erano attestate. Sbrigativamente i partigiani “eliminano” tutti i fascisti che avevano catturato il giorno 16, escluso il Dott. De Toffoli che faceva parte della Reggenza del Fascio Fananese e che passerà, da quel giorno, nelle file avversarie diventando il medico di quelle formazioni partigiane.

Questi furono i fascisti uccisi e sbrigativamente sepolti:

FROSETTI FRANCESCO(45)

COPPEDE’ RAFFAELE(46)

FRANCHINI FRANCO(47)

SERAFINI GIUSEPPE(48)

MONARI DANTE(49)

ORSINI NELLO(50)

BELLETTINI EDGARDO(51)

BURCHI AUGUSTO(52)  (corretto da Borghi)

PILATI BRUNO(53)

Il prete partigiano, Ricci Don Giovanni, parroco a quel tempo a Rocchette di Sestola e che portava il nome di battaglia : “Luigi”, si offerse per uno scambio di prigionieri, che però non ebbe luogo. Così lo stesso prete partigiano racconta questo episodio:

“...I partigiani che avevano già saputo di essere accerchiati uccisero tutti i prigionieri repubblicani, fuorché la moglie del Borghi (reggente del fascio di Fanano N.d.R.) e un ostaggio che mi permisero di salvare. Andai a Capanna Tassoni dove c’era il comando (partigiano) e dove erano stati portati i prigionieri repubblicani. Trovai ancora la terra smossa in un vivaio di pini e i morti coperti alla meglio. Per  salvare la situazione capii che l’unica cosa da fare era andare al comando tedesco e chiedere il permesso di seppellire i morti, senza compromettere la situazione.(54)

 Il prete venne poi portato via dai tedeschi per accertamenti, ma poco dopo, per intercessione di un Tenente della GNR e di sua moglie, fu rimesso in libertà. Questo tenente, mesi dopo, venne trovato ucciso in seguito ad una imboscata.(55)

Nell’attuale rifugio albergo di Capanna Tassoni è stata esposta dalla consorteria partigiana, una lapide che, deformando completamente i fatti accaduti, in questo modo fa risaltare l’episodio:

 “A ricordo delle future generazioni”

 In questa capanna il giorno 18 Maggio 1944

un gruppo di 17 partigiani

del distaccamento Fulmine

accerchiati da preponderanti forze

nazifasciste affrontava con indomito

coraggio il combattimento infliggendo

nel corso di ripetuti assalti

durissime perdite al nemico

che veniva alla fine sconfitto

e costretto alla fuga.

 nel 36* Anniversario la Civica Amministrazione

di Fanano e le Associazioni partigiane.

 MERCOLEDI 24 MAGGIO 1944

 A San Vito di Spilamberto i partigiani, in una vile imboscata, uccidono due fratelli fascisti:

MENOZZI ALEARDO(56)

MENOZZI RENZO(57)

Mentre nella zona di Montese restava ucciso tale:

FREGNI GIUSEPPE(58)

GIOVEDI 25 MAGGIO 1944 

 A Villa Minozzo, nella zona calda al confine tra la Provincia di Reggio Emilia e quella di Modena per essere costantemente frequentata dalle bande partigiane, alcune formazioni reggiane e modenesi dei Gap, assaltano il Presidio della GNR di quel piccolo centro. Vi fu un combattimento di una certa durezza; come al solito, nella storiografia partigiana, dove abbiamo trovato tanti falsi ed innumerevoli contraddizioni, anche per questo episodio non si smentisce; di questo fatto riportiamo quattro diverse versioni delle roboanti storie della partigianeria:

 1)  I partigiani non ottennero risultati concreti perché i militi asserragliati nella caserma non si arresero.“(59) 

 2)     “Si continua a sparare da ambo le parti e si riesce persino a entrare varie volte nel paese: ma non è possibile fare di più. E’ evidente che la sorpresa, sulla quale principalmente era basata la riuscita, è venuta a mancare.”(60)

 3)    “ A Villa Minozzo si combatte duramente per una intera giornata: il nemico lascia sul terreno 31 morti 22 prigionieri e vario materiale bellico.”(61)

 4)      “Vengono uccisi 10 fascisti.”(62)

   La relazione della GNR di Reggio Emilia del 1 Giugno 1944, a firma del Colonnello Giuseppe Onofaro, dava questa versione dei fatti:

 “Assalto al distaccamento di Villa Minozzo con 13o uomini, risoltosi dopo 16 ore di combattimento col sopraggiungere di nostri rinforzi, con sbandamento partigiani. Forze partigiane 300 uomini. Perdite partigiane 2 morti certi e 9 probabili.”

 Non si trova nessun cenno di perdite fasciste che normalmente venivano segnalate per ogni fatto d’arme.

 VENERDI 26 MAGGIO 1944  

Nelle loro scorribande e nei loro ripiegamenti, i partigiani quando passano si comportano in modo non del tutto corretto; di queste procedure e di questi modi di comportamento ce ne fornisce un saggio uno storiografo della partigianeria. In una relazione passata da un informatore alla resistenza si poteva leggere:

 “...alle ore 22 circa, 300 ribelli armati di mitragliatrici, fucili mitragliatori, moschetti, pistole e bombe a mano, invadevano l’abitato del Comune di Montecreto e si recavano alla casa del fascio incendiando il carteggio e i registri di quella residenza....Altri ribelli invadevano il palazzo Comunale asportando documenti riservati, la lista di leva, L. 5.000 in denaro, tre macchine da scrivere e uno strumento di musica a fiato. Altri ancora invadevano il magazzino dell’ammasso asportando 240 quintali di grano e 950 sacchi vuoti. Il reggente del Fascio repubblicano, Prampolini Mario veniva catturato dai ribelli che nelle prime ore del mattino successivo si allontanavano per ignota destinazione.”(64)

 Venne inoltre rapata a zero la moglie di un fascista e molte altre persone vennero prelevate dalle loro case; non è chiaro se siano state le bande di “Armando” o di “Tommasino Ferrari” o quelle del “Moro”; alcuni dei prelevati vennero uccisi; si ha notizia del prelievo di queste persone: l’agricoltore Mario Piccinelli, dell’ex Carabiniere Raffaele Zagaglia( che in queste note viene dato per ucciso il giorno 20 Maggio), oltre agli agricoltori di Montese, Ferdinando Camassi ed Ezio Gualandi.

   Vennero uccisi:

PAOLUCCI CIRILLO(65)

PICCINELLI MARIO(66)

 SABATO 27 MAGGIO 1944

    Il Veterinario di Montecreto e Riolunato, reggente del Fascio Repubblicano di quelle contrade, che, come abbiamo visto era stato rapito e portato dai partigiani in località Prà de Guisa di Palagano viene barbaramente trucidato:

PRAMPOLINI MARIO(67)

Il Dottore venne spietatamente seviziato e  non volle rinnegare la propria fede neppure dietro la promessa di avere salva la vita.

A Cognento di Modena vengono posti ordigni esplosivi sul binario n.1 della Ferrovia Milano-Modena; esploderanno al passaggio della littorina proveniente da Rubiera: non si lamentarono, in questa circostanza, ne vittime né feriti.(68)

DOMENICA 28 MAGGIO 1944

 A Pavullo i partigiani prelevano dalle loro abitazioni, per ucciderli nei dintorni del centro frignanese, i seguenti civili ritenuti dei fascisti:

SILVESTRI EFREM(69)

aveva ventuno anni; mentre venti anni li aveva:

BAZZANI AMELIO(70)

l’altro giovane ucciso di anni ventiquattro:

CADEGIANINI ERIO(71)

 LUNEDI 29 MAGGIO 1944

 La lotta partigiana, con le direttive spietate dei responsabili del Partito comunista, acquista sempre più un aspetto violento e programmato nella sua durezza  malgrado qualche tentativo, portato avanti dalle minoranze cattoliche del CLN, di sottrarre alcuni gruppi di sbandati all’influenza comunista.(72)

Come le indicazioni del partito comunista siano state eseguite in modo “esemplare”, particolarmente dal Commissario dello stesso partito per il modenese, il partigiano Poppi Osvaldo detto “Davide”(73), lo possiamo constatare da una lettera , datata a questo giorno e scritta alla delegazione regionale del partito(74):

“Inizialmente il fascio di Montefiorino ci aveva fatto pervenire, dopo C. (Cerredolo), la proposta di uno scambio di prigionieri. Essendo stati fucilati 26 militi e carabinieri, dopo la presa di F. (Fanano), abbiamo condotto trattative in proposito. Nonostante le direttive del Comando di Brigata in senso contrario, non ho ritenuto opportuno oppormi, solo e bruscamente, all’opinione di tutti i partigiani e dello stesso comandante. Essendo poi fallite le trattative per aver liberi sei partigiani di M.F.(Montefiorino) richiesti, ho fatto fucilare i prigionieri (sei). Questa sera stessa sarà fucilato il reggente di M.T. (Montecreto) avendo ammesso A.do (Armando) l’opportunità politica di rinunciare ad altri tentativi di scambio. Ho fatto pure fucilare una quindicina di giorni or sono una donna, perché spia provata. Altre 4-5 spie sono cadute sotto il piombo di vari distaccamenti.”(75)

 Citiamo un altro fatto, tolto dalla storiografia partigiana, emblematico di come veniva condotta la sanguinosa guerra civile:

“A San Lorenzo, viene ucciso un milite della GNR. Le azioni si intensificarono; anche nella 5* zona i tedeschi e i fascisti non dovevano più sentirsi sicuri, dovevano acquistare la spiacevole consapevolezza che intorno a loro uomini armati erano pronti ad attaccarli e a colpirli, combattendo per la liberazione del paese.”(76)

 MARTEDI 30 MAGGIO 1944

 Sul fronte di Nettuno, per la difesa di Roma, resta ucciso in combattimento, il soldato dell’ 81* reggimento 2* battaglione delle SS italiane:

TOSI ANTONIO(77)

aveva venti anni ed era di Palagano.

A Maranello, in uno scontro a fuoco con i partigiani, restava ucciso il vice caposquadra del 12* battaglione MVSN, di trentaquattro anni:

MELIS BALDASSARRE(78)

A Serramazzoni e precisamente in località San Dalmazio, viene assassinato un noto squadrista bolognese, sfollato in quella località dopo i bombardamenti sul capoluogo regionale. Questa uccisione, data la notorietà della vittima, arroventò moltissimo l’atmosfera già tesa negli ambienti repubblicani; i fascisti modenesi tennero una pubblica riunione nella Federazione Fascista e molti chiesero la rappresaglia che però non ebbe luogo. Si trattava del quarantunenne:

SEVERINI QUIRINO(79)

 MERCOLEDI 31 MAGGIO 1944

 Alle ore 22,30 a Prignano, un gruppo di “ribelli” armati aggrediva i militi del servizio di avvistamento aereo della DICAT, che si trovavano all’interno del distaccamento della GNR di quel Comune. Al lancio di bombe a mano e alle raffiche di mitra dei partigiani, i militi risposero con energia costringendo gli aggressori a ritirarsi.  Non vi furono nè vittime nè feriti da entrambe le parti.(80)

A Modena , in un agguato tesogli da partigiani, restava gravemente ferito l’operaio di trentuno anni, Giuseppe De Falco, che era membro della commissione interna alle Officine Maserati.(81)

Se i partigiani comunisti agivano direttamente contro bersagli umani facendo, come abbiamo visto, numerose vittime, quelli democristiani si limitavano ad effettuare azioni di disturbo, spargendo bulloni appuntiti sulle strade, oppure asportando la segnaletica o invertendola, creando ovviamente, serie conseguenze alla circolazione degli automezzi militari e mettendo in difficoltà il Comando tedesco che cercava di correre ai ripari diramando questa circolare urgente e riservata:

 “Il Comando germanico della Piazza di Modena, in seguito ai frequenti atti di sabotaggio verificatisi contro automezzi militari circolanti sulle principali strade di comunicazione, facenti capo da una parte all’Abetone dall’altra al Brennero, per effettuare i quali vengono disseminati sulle strade stesse bulloni metallici con punte in alto che provocano la rottura e lo sgonfiamento dei pneumatici, ha disposto che le amministrazioni Comunali attuino subito dei servizi di vigilanza a mezzo di civili, i quali, sotto il controllo dei Comandi di distaccamento della GNR, dovranno impedire il ripetersi dei lamentati atti di sabotaggio, identificando ed arrestando i responsabili e provvedendo a rimuovere nel contempo con continue perlustrazioni lungo gli itinerari a rimuovere i bulloni....”(82)

        NOTE

 1   cfr. Rassegna ISR, nuova serie: Ottobre 1982 pag. 156

2   cfr. Pacor-Casali: “Lotte Sociali e guerriglia in pianura”, pag. 91

3   ibidem pag. 123 nota 69

4   cfr. A. Tommasi De Michieli: “Armando racconta” pag. 146

5   cfr. O. Poppi: “Il commissario”” pag. 51

6   ibidem

7   cfr. G. Silingardi: “I giorni del Fascismo ecc.”.

8   cfr. G. Pisanò: “Storia della Guerra civile” Vol. 2* pag. 1125.

9   cfr. E. Gorrieri: “La Repubblica di Montefiorino”, pag. 265-266.

10  cfr. A. Tommasi, op. cit. pag. 59

11  cfr. O. Poppi, op. cit. pag. 59.

12  cfr. A. Galli: “Pievepelago” pag. 32.

13  cfr. Canova-Gelmini-Mattioli: “Lotta di liberazione  nella bassa modenese”, pag.124

14  cfr. Elenco caduti inumati nel sacrario del cimitero di S. Cataldo.

15      cfr. Elenco caduti della RSI e Martirologio

16  cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 81.

17  cfr. A Galli, op. cit. pag. 32.

18  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 267.

19  cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 180

20  cfr. A. Galli, op. cit. pag. 32

21  cfr. G. Silingardi, op. cit.

22  ibidem

23  cfr. I. Vaccari: “Il tempo di decidere”, pag. 295

24  ibidem

25  ibidem

26  ibidem pag. 55

27  cfr. Gazzetta dell’Emilia del 12 Maggio 1944

28      cfr. Elenco caduti della RSI  e Martirologio

29  Caduti del bombardamento di Modena: da elenco in Archivio Ass. Caduti RSI

Alberghini Antonietta, Alberghini Athos, Allegretti Enrica, Anderlini Achille, Ascari Clementina, Ascari Ermenegilda, Baldoni Maria, Bandieri Guglielmo, Barbieri Armanda, Bertolani Genoveffa, Becchi Celestina, Benatti Graziella, Biondini Noè, Boccabadati Fernanda, Bortolamasi Arnaldo, Bucci Alfonso, Cacciari Augusto, Caiumi Renzo, Campedelli Mario, Campioli Nerio, Camurani Ermete, Casolari Pia, Catellani Italo, Cattani Bruna, Cattani Cleto, Colzoni Graziella Correggi Prospero, Corradi Emma, Dallari Libero, Debbia Dolores, Ferrari Ada, Ferrari Zaira, Fiussi Raffaele, Gabrielli Francesco, Galli Elio, Gibertini Bruno, Gibertini Elsa, Girotti Adele, Giusti Beatrice, Gozzi Ciro, Gozzi Emma, Gozzi Franca, Gozzi Giorgio, Gozzi Giuseppe, Grandi Geminiano, Lauretano Rosa, Leonardi Gilio, Lugli Aristodemo, Lugli Emilia, Luppi Egidio, Malaguti Callisto, Mancorti Maria, Manzini Carlo, Marchesi Cleonice, Mari Aldo, Mattioli Elvira,  Mazzi Giuseppe, Miglioli Carolina, Miligari Angela, Monari Dina, Montanari Albertina, Moratti Paolina, Muzzini Carlo, Muzzini Domenica, Muzzini Wanda, Pacchioni Giuseppe, Pasquoto Giancarlo, Pedretti Lucia, Preti Walter, Prussiani Gaetana, Pulga Rosina, Rebecchi Romolo, Righi Franca, Roberti Renata, Roncaglia Roberto, Rontani Romolo, Rossi Claudio, Rovatti Emilio, Samuraghi Giuseppe, Savazzi Rosa, Scapinelli Elena, Sgarbi Luigia, Sighinolfi Giuseppe, Sighinolfi Silvano, Silingardi Caterina, Simonini Ada, Simonini Benito, Simonini Virginia, Storci Gino, Tagliazucchi Armenia,  Tosatti Edi, Tosatti Maria, Tosatti Leda, Tosatti Sida, Tozzi Maria, Truzzi Alce, Ugolini Ennio, Vaccari Gioacchino, Valentini Nella, Vandini Ermida, Vanzini Artemisia, Veronesi Augusto, Vigarani Teresa, Volpi Paola, Volpi Renata, Volpi Righi Clementina, Zagni Alfonso, Zanasi Alberto, Zanasi Eros, Zanasi Nino, Zanasi Norma, Zoboli Anna, e due ignoti di sesso maschile.

30  cfr. G. Pisanò, op. cit. Vol. 1* pag. 1142

31  ibidem

32      cfr. Gazzetta dell’Emilia del 14 Maggio 1944

33      cfr. Martirologio" pag. 105"              33a  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 274

34  ibidem. Da una lettera di certo Cipressi del 18 Maggio 1944 alla Direzione del BSG e del commissario prefettizio, De Antonellis. pag. 270-271

35  ibidem pag. 272

36  cfr. ESGC.Pi e E. Gorrieri, op. cit. pag. 243.

37  cfr. Elenco caduti RSI  n. 564 e lettera del Comune di San Felice sul Panaro all’Ass. Cad. RSI del  3.2.1956 prot. 388.

38  ibidem

39  cfr. G. Pisanò, op. cit. Vol. 2* pag. 1144

40  cfr. ESGC.Mo

41  ibidem

42  ibidem

43  cfr. Gazzetta dell’Emilia del  20.5.44

43bis  cfr. Martirologio, pag. 92

44  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 273/n . I caduti partigiani: Vinciguerra Giovanni e Bernabei Vittorio.

45  Elenco Caduti RSI n. 53; inoltre, lettera del Comune di Sestola del 16.1.1956 prot. 56, per Serafini Giuseppe.  

52  Da una e mail inviataci il 16/11/2004 correggiamo il nominativo 

(Vorrei segnalarvi alcune precisazioni, in merito all'eccidio di Capanna Tassoni.Dopo essere penetrati in Fanano ed aver "visitato" parecchie abitazioni da piazza vittoria partì un Camion con molti fananesi fatti prigionieri in direzione Ospitale. Tra questi Ebe Burchi, moglie del medico condotto, nonché reggente del fascio di fanano, Dott.Augusto Burchi. La sig.ra Ebe venne portata via poichè gli uomini di armando le avevano trovato in casa un caricatore di un fucile mentre il marito era nascosto. Solo dopo diversi  giorni la squadra di partigiani con i prigionieri giunse a capanna tassoni. Oltre al Dott. De Toffoli anche alla Sig.ra Ebe fù salvata la vita, grazie alle
intercessioni del parroco di rocchetta e del marito nonchè dalla buona volontà di Armando. Ebe fù scambiata, contrariamente a quello che è riportato sul vostro sito, con una partigiana proveniente da Fossoli.Tutto ciò è raccontato da Ebe in un diario postumo, fatto pubblicare dalla nipote(la signora Ebe è deceduta nel 1999) nel 2003. Pertanto il marito di Ebe non si chiama Borghi, come riportato nella
testimonianza del parroco di rocchetta, bensì BURCHI, DOTT. AUGUSTO BURCHI.
giovanni fante
fanano
)

54  cfr. “Quando eravamo i ribelli”, testimonianza a pag. 305-306

55  ibidem

56  cfr. lettera del Comune di Spilamberto del 19.1. 1957 prot. 191

57  ibidem

58  cfr. ESGC.Mo

59  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 287

60  cfr. G. Franzini:  “Storie di Montagna”, pag. 36

61  cfr. L. Longo,  “Un popolo alla macchia” pag. 139

62  cfr. R. Battaglia: “Storia della resistenza italiana”

63  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 287

64  ibidem pag. 273

65  ibidem

66  ibidem

67  cfr. Elenco caduti RSI, n. 614.

68  cfr. Gazzetta dell’Emilia del 28 Maggio 1944

69  cfr. lettera del Comune di Pavullo, all’Ass. Cad. RSI del 16.1.1956 prot. 1261

70  ibidem

71  ibidem

72  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 283

73  cfr. O. Poppi: “Il Commissario”

74  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 285

75  ibidem

76  cfr. “Zona 5 - Antifascismo e resistenza nel vignolese”, pag. 56

77  cfr. R. Lazzero: “Le SS Italiane”, pag. 113

78  cfr. Elenco caduti RSI

79  ibidem e  E. Gorrieri, op. cit.

80  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 295

81  cfr. Gazzetta dell’Emilia del 2 Giugno 1944

82  cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag.244

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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