GUERRA CIVILE NEL MODENESE
Maggio 1944 LUNEDI
1 MAGGIO 1944 Il
CLN nazionale decreta, in occasione della festa dei lavoratori, uno
sciopero generale che dovrebbe mettere, secondo le intenzioni dei
programmatori, in gravi difficoltà le strutture della Repubblica Sociale
Italiana. Ma
l’iniziativa non raggiunge gli scopi voluti per la scarsa partecipazione
dei lavoratori. Il Ministero della Interno comunicava nei giorni
successivi, che le astensioni dal lavoro erano state di pochi minuti e che
la consistenza più ampia si ebbe a Genova con la partecipazione allo
sciopero di circa quattromila operai, mentre a Milano le astensioni furono
di 260 unità e ad Imola di circa 1100; poche migliaia dunque, su tutto il
territorio della RSI. A
Modena, come si rileva anche da relazioni angloamericane, relative alla
situazione economica, politica e sociale della Provincia, esisteva una
forte organizzazione sindacale. E si doveva costatare che sebbene gli
stipendi non fossero alti, essi erano però in rapporto con il basso costo
della vita, e vi era pochissima disoccupazione.(1) Inoltre
in tutta la storiografia Resistenziale attinente la nostra Provincia, non
si trovano particolari accenni ad un successo dello sciopero di quel
giorno: unici riferimenti sono le segnalazioni degli attentati dinamitardi
segnalati, oltre ad una presunta “temporanea occupazione” di Soliera.(2) In
realtà non si trattò altro che di un’esibizione di canti notturni per
le strade del paese, dell’apposizione di alcune bandierine rosse ai fili
della linea telefonica e di alcune scritte fatte sempre con il favore
delle tenebre, quando già i fascisti avevano lasciato il paese. Fu
inoltre lanciata una bomba a mano contro la casa del tenente della GNR,
Franco Silvestrini.(3) MARTEDI
2 MAGGIO 1944 Le
forze del partigiano Armando che si congiungeranno con quelle della
formazione “Barbolini”, per effettuare l’attacco alla caserma di
Cerredolo, mentre si stavano dirigendo verso quella località,
s’imbatterono in una corriera dove si trovavano dei carabinieri. Il capo
partigiano fece attaccare la corriera e catturare i militi con i quali, a
suo dire, precedentemente aveva preso contatti per un reciproco rispetto;
i carabinieri: “chiesero
di far parte di una formazione partigiana, manifestando solo il desiderio
di stare assieme. Erano ragazzi venuti dal meridione che, all’inizio,
credo cercassero di farsi coraggio l’un l’altro; ma purtroppo,
capitarono nella formazione di Nello. Dico purtroppo, perché li attendeva
una triste fine.(4) Questa
è una versione, ma come spesso accade nelle storie della partigianeria,
non è facile trovare unanimità nell’interpretazione e nella
ricostruzione di fatti ed episodi e in questo caso
la conferma di
certe dicotomie avviene attraverso il racconto di un altro
esponente partigiano di rilievo: “...contemporaneamente
alcune forze di Nello avevano assalito una corriera che scendeva a valle.
Il mitragliere che, con spavalderia, imbracciava la mitraglia sopra il
tetto della corriera e tutti gli altri militi (tra cui alcuni carabinieri)
circa 19 che occupavano la corriera, furono abbattuti, la corriera
incendiata, i prigionieri furono in seguito fucilati nelle forre di
Montemolino.”(6) Chi
possa aver ragione e quale sia la verità tra queste due versioni, non ha
oggi molta importanza, resta significativo il fatto che i prigionieri
vennero fucilati, dato che i partigiani comunisti trattavano questi così
come viene riferito dal capo partigiano che ha descritto l’attacco alla
corriera: “......a
questo proposito voglio mettere in rilievo il problema morale
dell’uccisione dei prigionieri.... anche a proposito dei prigionieri di
Montefiorino fucilati. A chi mi poneva questo problema io risposi: no, non
sento la responsabilità delle esecuzioni compiute, ma sento la
responsabilità delle liberazioni effettuate.”(6) Ma
se durante le loro “scorribande” e le loro “fulminee”
azioni
i partigiani hanno avuto, sotto una certa ottica, difficoltà
notevoli a portarsi dietro dei prigionieri, quelli fatti a Montefiorino
potevano benissimo essere tenuti in carcere in quanto il paese era nelle
loro mani; ma di queste sommarie esecuzioni avremo modo di soffermarci
nella trattazione della cosiddetta “Repubblica di Montefiorino”. MERCOLEDI
3 MAGGIO
1944 Ritorniamo
ai fatti di Cerredolo, paese del reggiano al confine con la nostra
Provincia, dove entrano in azione formazioni partigiane di stanza nel
modenese e anche perché, si rileva in questo, il tipico modo di condurre
gli attacchi, da parte delle formazioni “ribelli”, ai presidi
dell’alto Appennino: Con
l’inizio della primavera, la guerriglia aveva preso vigore e aumentava
d’intensità in concomitanza del maggior aiuto degli anglo americani: “
i lanci non si contavano più tanto erano frequenti e nei bidoni vi erano
tutti i tipi di armi.”(7)
Infatti,
gli alleati avevano iniziato a sferrare una violenta offensiva contro lo
schieramento italo tedesco. A
Cerredolo arrivano le formazioni partigiane di “Nello” e
“Armando”, in tutto circa centodieci uomini che si portano
all’attacco del piccolo presidio fascista di quel centro, composto da
una quindicina di uomini. Il
presidio era comandato dal Maresciallo Morini; resistette a lungo ai
furibondi attacchi partigiani e dopo lunga resistenza, mentre si andavano
esaurendo le munizioni, i militi si arresero dietro la promessa di avere
salva la vita. Vennero invece tutti massacrati e i cadaveri orrendamente
mutilati.(8) Ma
vediamo, come al solito le diverse interpretazioni da parte della
storiografia antifascista che, o nella versione esaltatrice ed apologetica
che esalta l’eroismo partigiano e nello stesso tempo la vigliaccheria
dei fascisti o nella versione che cerca una maggiore obbiettività, deve
pure, malgrado notevoli falsi e grossolani errori, non nascondere
l’avvenuta fucilazione dei fascisti. “Fu
subito uccisa una delle due sentinelle, il milite GHINI BIAGIO di Toano,
mentre l’altra, un giovane di Civago rimase solamente ferita. I militi
risposero al fuoco e la sparatoria durò a lungo. Poi i partigiani
riuscirono a penetrare nell’edificio, incendiandone la porta posteriore.
I militi si arresero, furono spogliati e costretti a caricare un autocarro
di grano, che partì verso i monti. I
sei più giovani furono lasciati liberi, ma con le sole mutande. Dodici
militi, anziani, insieme con il civile ARTURO PAGLIA, iscritto al PFR,
furono fucilati all’interno dell’ammasso, in un mare di sangue.
Nell’azione rimase ferito un partigiano che morì poco tempo dopo”.
(9)
Sono così assassinati 14 fascisti, creando tutti i presupposti per
rappresaglie e ritorcimenti che andranno a cadere su persone che,
con ogni probabilità non avevano avuto alcuna responsabilità
nell’episodio. Difatti a Toano furono catturati quattro giovani militari
che avevano disertato il fronte e poi fucilati a Cerredolo dai fascisti. Ma
esaminiamo questo fatto attraverso una seconda versione rilasciata da chi
ebbe la maggiore responsabilità dell’azione: “Mi
precipitai dentro sparando all’impazzata, seguito dai ragazzi, alla luce
di una torcia, accesa da uno dei miei, vedemmo i fascisti rannicchiati
sotto le brande e dietro le colonne dello stanzone. Fatti uscire da quei
nascondigli, controllammo i documenti di tutti; dieci erano di altrettanti
assassini e delatori, che ben conoscevamo. Li mettemmo al muro e li
giustiziammo.”(10) Aggiungiamo
un’ulteriore versione; è quella dello stesso partigiano che parteciperà
ad un altro eccidio di fascisti, tra alcuni giorni; quello di Capanna
Tassoni a Fanano nel modenese: “La
battaglia di Cerredolo fu la nostra seconda impresa dopo la ripresa; da un
punto di vista militare fù molto più difficile lo scontro di Capanna
Tassoni che il “giochetto“ di Cerredolo”. In
un altra zona dell’Appennino modenese, alla Fignola, nelle vicinanze
della Santona sulla Via Giardini, una pattuglia partigiana tende un
imboscata ad una macchina tedesca e ne venne ucciso il pilota.(12) Nella
bassa modenese i partigiani aumentano la loro pericolosità, in località
Cristo di Quarantoli, in Comune di
Mirandola, viene effettuato un attentato dinamitardo sulla linea
ferroviaria Bologna-Verona e che non procurerà grossi danni
all’importante linea di comunicazione.(13) Sulla
corriera attaccata a Ponte Dolo, mentre percorreva la linea
Sassuolo-Montefiorino, vengono uccisi tre fascisti: il caporal maggiore
della MVSN di quarantaquattro anni: BULGARELLI
VASCO(14) ed
il giovane vicebrigadiere, figlio del generale medico Alessandro Gazza: GAZZA
DAMIANO(15) E
il milite: DENICI
EFREM GIOVEDI
4 MAGGIO 1944 In
montagna, le formazioni partigiane prendono gradualmente maggiore
consistenza
ed i piccoli presidi fascisti, composti di pochi uomini hanno
parecchie difficoltà a controllare i territori loro affidati e di
conseguenza le imboscate e gli agguati si fanno più numerosi; gioca a
vantaggio delle bande partigiane la possibilità di portare i loro colpi
contro i facili bersagli degli uomini in divisa, la facilità di potersi
poi nascondere
nelle boscaglie e negli anfratti che la particolare natura di molte
zone dell’Appennino modenese possiede, senza dimenticare la possibilità
di avere a disposizione armi automatiche leggere, rifornite loro dai lanci
angloamericani e che sono efficacissime in questa particolare lotta di
guerriglia. A
Lama Mocogno, una di queste formazioni partigiane, al comando di un certo
“Nardi”, attacca il Presidio della Milizia Forestale e disarma i pochi
militi presenti..(16)
Sembra che un azione analoga sia stata compiuta anche a Polinago
dalla stessa formazione, ma con molta probabilità si tratta di un unica
azione, che a distanza di tanto tempo non è stato possibile collocare in
un quadro di maggior precisione storica.(17) VENERDI
5 MAGGIO 1944 Non
sempre gli agguati e le imboscate delle formazioni partigiane raggiungono
il fine prefissato oppure è anche ragionevole pensare che le “bande”
, in molti casi si facessero la guerra tra di loro per entrare in possesso
del bottino al quale ambivano: lo prova questa vicenda raccontata dalla
“epopea” partigiana: “Il
5 Maggio una pattuglia della brigata partigiana Anderlini, al comando del
Tenente Leone De Benedetti, braccio destro di Nardi, fermò a Pianorso la
corriera, Pavullo-Lama-Polinago per un
prelevamento di tabacchi, i partigiani salirono sul tetto
dell’automezzo, ma scambiati per fascisti(?), furono presi a fucilate da
una pattuglia di Nello; De Benedetti, gravemente ferito, fu portato
all’Ospedale di Sassuolo, dove morì. Anche un altro partigiano rimase
ferito.(18) SABATO
6 MAGGIO 1944
Uno
dei tanti lanci angloamericani, che rifornivano
di armi di tutti i tipi e di forti quantitativi di munizioni i
raggruppamenti partigiani su molte zone del nostro Appennino, cade presso
la diga di Riccovolto; il lancio però viene avvistato anche dai militi di
Piandelagotti che si recano sul posto e possono così, senza colpo ferire,
impadronirsi del materiale.(19) DOMENICA
7 MAGGIO 1944 Sempre
in località Riccovolto, a metà strada tra Montefiorino e Piandelagotti,
formazioni partigiane attaccano tre vetture germaniche: quattro militari
tedeschi oltre ad un operaio italiano dell’organizzazione Todt, restano
uccisi.(20) Non sono state trovate però altre testimonianze o altri dati
sia di parte fascista sia antifascista tali da poter avvalorare questo
fatto. LUNEDI
8 MAGGIO 1944 Ha
inizio, su vasta scala, la grossa offensiva aerea anglo americana
su tutto il territorio della RSI, in particolare su tutte le vie di
comunicazione che vengono mitragliate e bombardate
in modo sistematico
specialmente durante le ore diurne, ma molto spesso anche di notte. MARTEDÌ
9 MAGGIO 1944 In
una serie di riunioni tenutesi presso il Quartiere generale della RSI, con
la partecipazione del Duce, vengono elaborati due provvedimenti
legislativi: Il primo, regola il nuovo ordinamento sindacale dello Stato,
il secondo è lo Statuto della Confederazione Generale del lavoro, della
Tecnica e delle Arti. MERCOLEDÌ
10 MAGGIO 1944 In
località Ponte Cervaro, nelle vicinanze di Gombola, avviene uno scontro
tra un reparto militare misto e formazioni partigiane. Le
cronache antifasciste parlano di un grosso combattimento(21) e di molti
morti tra tedeschi e fascisti che, “come
sempre, non lasciarono detto quanti”.(22) Con
affermazioni di questo tipo si tende a far credere che i fascisti non
volessero far conoscere il numero dei loro caduti, per nascondere alle
popolazioni la realtà della lotta partigiana; ma chiunque voglia
controllare i giornali dell’epoca, può rendersi conto che ogni episodio
e ogni fatto cruento aveva ampio risalto e indicativi erano i commenti,
ovviamente anche infarciti di quella propaganda che in quel momento e in
quelle circostanze era a dir poco scontata: Ma va anche sottolineato che,
nella maggioranza dei casi ai caduti fascisti si riservavano funerali
pubblici, con la partecipazione delle autorità e della popolazione, e i
nomi dei caduti venivano affissi in lunghi elenchi listati a lutto. Si può
anzi dire contrariamente a quanto vuol far credere la storiografia
partigiana, che le autorità repubblicane, a volte con cerimoniali
discutibili enfatizzavano al massimo i metodi della guerriglia partigiana. Dell’episodio
di Ponte Cervaro poi, non si ha assolutamente notizia di caduti fascisti;
anche in alcune pubblicazioni antifasciste si parla
solamente di perdite tedesche e partigiane.(23) Don
Spallanzani, parroco di quella località, dichiarava che non era possibile
conoscere il numero dei caduti tedeschi perché questi portavano via i
loro camerati caduti, in macchine chiuse. Lo stesso prete dichiarava che i
tedeschi, nonostante le perdite subite, non tornarono a fare rappresaglia.(24) A
proposito delle rappresaglie, si legge in varie pubblicazioni che queste
sarebbero state maggiormente perseguite dai tedeschi, nei confronti delle
innocenti popolazioni, laddove erano presenti le formazioni partigiane, in
forma scarsa o limitata.(25) Anche
questo è un grosso falso storico: da un esame approfondito, in tutti i
Comuni della Provincia di Modena, le più efferate rappresaglie tedesche
avvennero proprio laddove vi era il maggior concentramento di forze
partigiane e dove più si verificavano agguati ed attentati. Nelle zone
dove non si sono verificate azioni di guerriglia e dove limitata o nulla
era la presenza partigiana, nessuna rappresaglia è stata messa in atto e
i rapporti con la popolazione civile erano impostati in forma corretta. Si
possono citare le zone di San Felice e Finale Emilia, dove le forze
partigiane, anche per la massiccia presenza di forze tedesche , colà
dislocate, mai si fecero vedere o sentire. Va
inoltre precisato che la rappresaglia, applicata in tutti i paesi in
guerra, dalle forze belligeranti, era prevista dall’Art. 29 della
Convenzione Internazionale di Ginevra, e che le azioni compiute da
terroristi in borghese contro soldati regolarmente inquadrati e in divisa
rientrava nella casistica prevista per l’applicazione della rappresaglia
stessa. E Francia, Russia, Stati
Uniti , Inghilterra se ne sono ampiamente serviti: Ma,
indubbiamente, un conto è avvalersi di una legge di guerra con attenzione
al territorio sul quale si portano tali violente ritorsioni, un altro è
invece quello di applicarla alla lettera, come in tante circostanze è
successo in Italia ed in altri paesi Europei dai Comandi Germanici.(26) Le
rappresaglie, specie sul territorio italiano, sono servite a scavare
sempre più il solco che divideva le popolazioni, mettendo fratelli contro
fratelli contribuendo pertanto ad incrementare maggiormente la guerra
civile, che rimane, per ogni popolo, la
tragedia
massima. A
distanza di cinquanta anni da quegli eventi, con il superamento degli odi
e dei desideri di vendetta, si dovrebbero accomunare nelle celebrazioni e
nei ricordi i caduti di entrambe le parti, Questo,
purtroppo, in Italia non è ancora possibile. I vinti non hanno ancora
avuto la possibilità di essere degnamente ricordati come invece lo stati
quelli che si sono trovati sulla barricata dell’esercito vincitore. In
Spagna, dopo la guerra civile, il “dittatore”
Franco volle che fossero riuniti in un unico luogo, sacro
a tutti gli spagnoli, i caduti falangisti e repubblicani; quel
luogo, meta di pellegrinaggio di tutti gli spagnoli, è il grandioso
tempio monumentale nella “Valle de Los Caidos” nei pressi di Madrid. GIOVEDÌ
11 MAGGIO 1944 Sulla
linea del fronte italiano, a Cassino, ha inizio l’offensiva alleata che
nell’arco di poco più di venti giorni, dopo la caduta della famosa
Abbazia di Montecassino, porterà gli alleati angloamericani alla
conquista di Roma. Le truppe tedesche, comandate dal Maresciallo
Kesserling, iniziano il ripiegamento. VENERDÌ
12 MAGGIO 1944 In
seguito al bando del 25 Aprile, relativo alla presentazione dei militari
sbandati, il PFR modenese, comunicava che, da quel giorno e sino a questo,
sessantasei “ribelli” si erano spontaneamente presentati ai centri di
raccolta: “Essi
hanno detto di essere stanchi della vita miserabile e delittuosa alla
quale erano stati costretti e si dichiarano disposti a prendere le armi in
difesa della Patria.”(27) SABATO
13 MAGGIO 1944 Alle ore 14,35, Modena subisce il secondo e più terrificante bombardamento, superiore per danni, distruzioni e vittime a quello, già pesante, del mese di Febbraio. A ondate successive, le formazioni dei bombardieri angloamericani, le famose fortezze volanti, scaricarono, indiscriminatamente dal cielo, sulla nostra città, tonnellate e tonnellate di bombe; furono quindici minuti lunghissimi; i bombardieri alleati dimostrarono ancora una volta, che il loro impegno principale era quello di seminare il terrore tra la popolazione civile, senza curare minimamente gli obiettivi militari. Il centro della città subì gravissimi danni; venne semidistrutta la Chiesa di San Vincenzo, completamente distrutta la Chiesa dei Servi, di cui oggi rimane, simbolicamente, il vecchio campanile, unica parte rimasta integra, della Chiesa. Gravissime lesioni subirono, il Tempio Monumentale dei Caduti e la Chiesa di San Domenico; il Duomo cittadino subì gravi danni, in particolare modo alla “Porta dei Principi”; sembrava che dal cielo fosse stato preordinato un preciso disegno per la distruzione dei monumenti storici e dei luoghi di culto. Danni
enormi subirono, il Palazzo delle Poste, il Palazzo Ducale,
l’Arcivescovado, il Portico del Collegio, ecc. Ai
mulini nuovi venne colpito un ponte sul canale Naviglio, sotto al quale si
erano rifugiati i bambini e le suore del vicino asilo; fu una vera e
propria carneficina. Venne anche colpita la Caserma “Ciro Menotti”
sede della Scuola Allievi Ufficiali della GNR. Vi
trovarono la morte i sottoelencati allievi: FEDRIZZI
LINO, FICINI
DELFO, FERRI
ASCENZIO, MERLI
DINO, MOSTACCHIETTI
LEONIDA, SPANO
GEROLAMO.(28) E
il soldato: UGOLINI ENNIO(28bis) Oltre
un centinaio furono i caduti civili.(29) Alla
sera, mentre ancora si scavava alla ricerca dei sepolti sotto le macerie,
e la città era ancora sotto l’impressione del bestiale attacco aereo,
la Voce di Londra diede comunicazione, nel suo notiziario, che apparecchi
delle forze alleate, avevano bombardato, con buon esito, appostamenti
militari germanici alla periferia di Modena. I
cittadini modenesi che ascoltarono quella notizia e che avevano subito
quel terribile bombardamento terroristico, si resero conto che la
propaganda “alleata”
si basava su falsi clamorosi e non veniva tenuta in nessun conto la
popolazione civile. Dopo
questo terrificante bombardamento andò maggiormente acuendosi la crisi in
campo antifascista; si aggravarono i rapporti che componevano il CLN
clandestino. “Il
contrasto tra le tendenze assunse un carattere drammatico nella riunione
del CLN che si tenne il 15 Maggio. Il rappresentante del Psiup invitò i
presenti a votare un ordine del giorno nel quale si invitava il movimento
antifascista a solidarizzare con le vittime del bombardamento alleato e a
contribuire alla sottoscrizione lanciata dall’ organo fascista
“Valanga Repubblicana”. Il socialista chiese inoltre che fosse
pubblicamente stigmatizzato il comportamento dei “pirati dell’aria”
angloamericani e venisse formulata la minaccia di ritirare l’appoggio
alla causa delle Nazioni Unite, qualora gli alleati non avessero posto un
termine al
loro brutale e ingiustificato massacro
della classe lavoratrice. Uno dei presenti alla riunione rivelò,
anni dopo, che per poco la seduta non si concluse con una sparatoria. Il
rappresentante comunista, Alfeo Corassori, divenuto poi Sindaco di Modena,
nell’ascoltare infatti le proposte avanzate dal delegato socialista non
riuscì a padroneggiare i propri nervi ed esplose in minacce ed insulti.
Gridando che la federazione socialista modenese era caduta nelle mani di
un gruppetto di vili e provocatori, sottolineò che il suo partito non
avrebbe mai accettato di sottoscrivere la “vergognosa capitolazione”
proposta dal rappresentante socialista. Se era necessario, aggiunse, il
PCI avrebbe continuato da solo la lotta contro i fascisti e i tedeschi.
Poi formulando una chiara minaccia che tutti i presenti intesero, il
delegato comunista affermò che i gappisti non sarebbero stati con le mani
in mano e che se la situazione lo avesse richiesto ci sarebbe stato piombo
per tutti, sia per i fascisti che per i falsi antifascisti.”(30) Questa
serie di minacce raggiunse il suo scopo e i rappresentanti della
Democrazia Cristiana e del Partito
Liberale respinsero l’ordine del giorno socialista, proponendo
una sorta di compromesso che, “pur condannando l’incursione aerea del
13 maggio”, non raggiungeva però la formulazione socialista. Il
tentativo d’accordo fu vano in quanto il rappresentante socialista,
precisando che loro non erano disposti
a subire ricatti comunisti, abbandonò la riunione. Nei giorni
successivi si aggravò la tensione; il componente
socialista si rifiutava di partecipare ad altre riunioni, creando
così una netta frattura in seno al CLN modenese.(31) Poco
prima dell'attacco su Modena, dall' aereoporto di Reggio Emilia si
levarono in volo alcuni caccia dell'Aereonautica Repubblicana, quelli
della pattuglia "Asso di Bastoni"; ne faceva parte il solierese
di ventiquattro anni: GARAVALDI
VINCENZO(31bis) venne
abbattuto dalla caccia nemica precipitando con l'aereo nei pressi di
Molinella. Nell'Agosto 2000 è stato scoperto il punto dove cadde il
pilota modenese e recuperati i suoi resti, oltre a pezzi del
suo "Macchi 205 Veltro". DOMENICA
14 MAGGIO 1944
Alla
mezzanotte di questo giorno viene nuovamente lanciato il segnale
d’allarme sulla città. I modenesi, terrorizzati dall’incursione del
pomeriggio, si riversano nei rifugi e nelle campagne, ma fortunatamente,
alle tre, veniva annunciato il cessato pericolo. L’allarme scatterà
ancora in questa giornata creando il panico in tutti coloro che, feriti o
in cerca di sepolti tra le macerie, si aggiravano tra Ospedali e palazzi
crollati. Il
quotidiano locale usciva con questo titolo: “Arrivano
i liberatori - La bestiale incursione di ieri sulla città - Modena è
stata oggetto di una barbara e violentissima incursione.”(32) A
Fossoli di Carpi resta ucciso il milite della GNR: PALTRINIERI
RICCARDO (33) LUNEDI
15 MAGGIO 1944 La
partecipazione dei giovani al movimento partigiano è rimasta in tutto il
primo periodo dei seicento giorni della RSI alquanto limitata; le
ribellioni spontanee, la presenza di masse giovanili che rifuggivano la
chiamata alle armi della RSI, sono frutto di una campagna propagandistica
che è stata portata avanti a guerra conclusa. Infatti, dopo 8 mesi dalla
capitolazione e dalla totale smobilitazione dell’esercito italiano e
malgrado le speranze della componente antifascista di una imminente
“liberazione”, visti i rapidi successi delle truppe angloamericane.
terminata già da parecchio la cattiva stagione, che non favoriva il
rifugio in montagna di coloro che intendevano combattere tedeschi e
fascisti, pur con tutti questi aspetti favorevoli, a metà del mese di
maggio, i partigiani della Provincia di Modena non raggiungevano, secondo
la storiografia antifascista, il numero di cinquecento.(33a) MARTEDI
16 MAGGIO
1944 A
Modena, in Piazzale S. Agostino, l’Arcivescovo Mons. Boccoleri,
dopo aver recitato la messa, tiene un orazione funebre davanti alle bare
di 94 caduti sotto le macerie del terrificante bombardamento aereo del
giorno 13. Migliaia
di persone si stringono attorno ai parenti degli sventurati, assieme a
tutte le autorità repubblicane. In
montagna, una grossa formazione partigiana, attacca il presidio fascista
di Fanano e dopo una breve sparatoria cattura militi e membri della
reggenza di quel piccolo centro; li porteranno con loro a Capanna Tassoni
dove li fucileranno e, prima di abbandonare il paese, si concedono una
serie di “approvvigionamenti.” “Alle
ore 14 i partigiani costrinsero l’agente del Banco di San Geminiano,
Giuseppe Cipressi, ad aprire l’Ufficio e la cassaforte da cui
asportavano L. 41.072,94. Quindi forzarono la porta dell’esattoria delle
tasse e incendiarono mobili e registri, dopo aver preso una calcolatrice e
una macchina da scrivere. Sopraffatti e disarmati i militi del
distaccamento GNR i partigiani incendiarono la sede del fascio
repubblicano, il Municipio, l’Ufficio della Milizia Forestale e
l’Ufficio Postale. Dalla sede comunale asportarono sei macchine da
scrivere e l’apparecchio telefonico. Il Municipio e la casa del fascio
continuarono a bruciare per tutta la notte.”(34) MERCOLEDI
17 MAGGIO 1944 Continuano
i lanci paracadutati nelle zone attorno a Fanano; mitra sten,
mitragliatrici Bren, munizioni e vettovagliamenti contribuivano in forma
assai consistente a rendere sempre più efficienti le formazioni
partigiane; in questi giorni, che vedono il ripiegamento delle truppe
tedesche da Montecassino e la conseguente avanzata delle truppe del
Generale Alexander, furono lanciate, nella zona, complessivamente 80
quintali di materiale.(35) GIOVEDI
18 MAGGIO 1944 La
logorante battaglia di Montecassino si conclude, dopo alcuni mesi di
strenua lotta, con la conquista della celebre Abbazia, ormai ridotta ad un
cumulo di macerie, da parte delle truppe polacche comandate dal Generale
Anders. La strada per la conquista della capitale d’Italia è aperta. In
questi giorni si trovava sulla linea del fronte anche il Generale Rodolfo
Graziani, in visita alle truppe della RSI che combattevano a fianco di
quelle germaniche per la difesa del territorio italiano. VENERDI
19 MAGGIO 1944 Anche
in pianura
aumentano d’intensità gli agguati e le imboscate partigiane a
danno delle pattuglie fasciste; alla periferia di Carpi, in uno di questi
attentati, perdono la vita tre militi fascisti: FORMIERI
ANCHISE(36) PALTRINIERI
RUGGERO(37) FORESTI
CARLO(38) In
questo modo la storiografia partigiana racconta l’imboscata tesa ai
fascisti in perlustrazione nella zona: “La
prima azione di un certo rilievo, che rivelò alle autorità repubblicane
la presenza attiva dei guerriglieri rossi, venne compiuta la sera del 19
Maggio, allorché un gruppo di “gappisti” tese un imboscata alla
periferia di Carpi a una pattuglia della GNR in servizio di ordine
pubblico. I militi reagirono al fuoco partigiano ma lo scontro si risolse
subito a favore dei gappisti.”(39) In
montagna, vengono uccisi, nella zona di Montese, tre civili: LUCCHI
VITTORIA(40) aveva
trentadue anni: GUALANDI
EZIO(41) di
trentacinque anni: BERNARDI
CLEMENTE(42) di
anni cinquantatré. SABATO
20 MAGGIO 1944 In
seguito a mitragliamento aereo dei caccia angloamericani , resta uccisa
una giovane donna.(43) E,
con molta probabilità in questo giorno, ma la data non è certa, resta
ucciso nel sestolese il carabiniere della GNR: ZAGAGLIA
RAFFAELE DOMENICA
21 MAGGIO 1944 Viene
divulgato, in tutto il Nord Italia, un messaggio del Capo di Stato
Maggiore, Generale Mischi, con invito alla presentazione, entro il 25
Maggio, degli sbandati, dei renitenti e dei disertori. Una parte di essi
si presenterà, ma molti altri, in considerazione della nuova offensiva
alleata, continueranno a nascondersi in attesa dell’arrivo dei nuovi
padroni; un altra modesta percentuale si aggregherà alle formazioni
partigiane che, sino a questi giorni avevano potuto contare solamente su
gruppuscoli limitati: Ma, via via che ci si rende conto che la battaglia
che sta combattendo lo schieramento fascista diventa sempre più difficile
e pericolosa e che le probabilità del successo angloamericano aumentano,
gli attendisti iniziano, seppur con molte cautele, a schierarsi con le
formazioni clandestine che, con l’aiuto delle forze “alleate”, hanno
le maggiori “chance” di risultare
la carta vincente. LUNEDI
22 MAGGIO 1944 In
località Tane di Montese si scontrano, con militi fascisti del Presidio
di quel Comune, alcuni gruppi partigiani, reduci dal “prelevamento” di
alcuni cavalli; nello scontro a fuoco che ne scaturì caddero due
partigiani.(44) MARTEDI
23 MAGGIO 1944 Nella
zona di Ospitale, a Capanna Tassoni, estremo limite della Provincia di
Modena, provenienti da Cutigliano nel vicino territorio pistoiese, una
colonna di tedeschi e fascisti, attacca i gruppi partigiani di
“Davide”, “Nello” e “Armando” che, dopo l’attacco al centro
di Fanano, qui si erano attestate. Sbrigativamente i partigiani
“eliminano” tutti i fascisti che avevano catturato il giorno 16,
escluso il Dott. De Toffoli che faceva parte della Reggenza del Fascio
Fananese e che passerà, da quel giorno, nelle file avversarie diventando
il medico di quelle formazioni partigiane. Questi
furono i fascisti uccisi e sbrigativamente sepolti: FROSETTI
FRANCESCO(45) COPPEDE’
RAFFAELE(46) FRANCHINI
FRANCO(47) SERAFINI
GIUSEPPE(48) MONARI
DANTE(49) ORSINI
NELLO(50) BELLETTINI
EDGARDO(51) BURCHI
AUGUSTO(52) PILATI
BRUNO(53) Il
prete partigiano, Ricci Don Giovanni, parroco a quel tempo a Rocchette di
Sestola e che portava il nome di battaglia : “Luigi”, si offerse per
uno scambio di prigionieri, che però non ebbe luogo. Così lo stesso
prete partigiano racconta questo episodio: “...I
partigiani che avevano già saputo di essere accerchiati uccisero tutti i
prigionieri repubblicani, fuorché la moglie del Borghi (reggente del
fascio di Fanano N.d.R.) e un ostaggio che mi permisero di salvare. Andai
a Capanna Tassoni dove c’era il comando (partigiano) e dove erano stati
portati i prigionieri repubblicani. Trovai ancora la terra smossa in un
vivaio di pini e i morti coperti alla meglio. Per
salvare la situazione capii che l’unica cosa da fare era andare
al comando tedesco e chiedere il permesso di seppellire i morti, senza
compromettere la situazione.(54) Il
prete venne poi portato via dai tedeschi per accertamenti, ma poco dopo,
per intercessione di un Tenente della GNR e di sua moglie, fu rimesso in
libertà. Questo tenente, mesi dopo, venne trovato ucciso in seguito ad
una imboscata.(55) Nell’attuale
rifugio albergo di Capanna Tassoni è stata esposta dalla consorteria
partigiana, una lapide che, deformando completamente i fatti accaduti, in
questo modo fa risaltare l’episodio: “A
ricordo delle future generazioni” In
questa capanna il giorno 18 Maggio 1944 un
gruppo di 17 partigiani del
distaccamento Fulmine accerchiati
da preponderanti forze nazifasciste
affrontava con indomito coraggio
il combattimento infliggendo nel
corso di ripetuti assalti durissime
perdite al nemico che
veniva alla fine sconfitto e
costretto alla fuga. nel
36* Anniversario la Civica Amministrazione di
Fanano e le Associazioni partigiane. MERCOLEDI
24 MAGGIO 1944 A
San Vito di Spilamberto i partigiani, in una vile imboscata, uccidono due
fratelli fascisti: MENOZZI
ALEARDO(56) MENOZZI
RENZO(57) Mentre
nella zona di Montese restava ucciso tale: FREGNI
GIUSEPPE(58) GIOVEDI
25 MAGGIO 1944
A
Villa Minozzo, nella zona calda al confine tra la Provincia di Reggio
Emilia e quella di Modena per essere costantemente frequentata dalle bande
partigiane, alcune formazioni reggiane e modenesi dei Gap, assaltano il
Presidio della GNR di quel piccolo centro. Vi fu un combattimento di una
certa durezza; come al solito, nella storiografia partigiana, dove abbiamo
trovato tanti falsi ed innumerevoli contraddizioni, anche per questo
episodio non si smentisce; di questo fatto riportiamo quattro diverse
versioni delle roboanti storie della partigianeria: 1)
“I partigiani non ottennero risultati concreti perché i militi
asserragliati nella caserma non si arresero.“(59)
2)
“Si continua a sparare da ambo le parti e si riesce persino a entrare
varie volte nel paese: ma non è possibile fare di più. E’ evidente che
la sorpresa, sulla quale principalmente era basata la riuscita, è venuta
a mancare.”(60) 3)
“ A Villa Minozzo si combatte duramente per una intera giornata: il
nemico lascia sul terreno 31 morti 22 prigionieri e vario materiale
bellico.”(61) 4)
“Vengono uccisi 10 fascisti.”(62)
La relazione della GNR di Reggio Emilia del 1 Giugno 1944, a firma
del Colonnello Giuseppe Onofaro, dava questa versione dei fatti: “Assalto
al distaccamento di Villa Minozzo con 13o uomini, risoltosi dopo 16 ore di
combattimento col sopraggiungere di nostri rinforzi, con sbandamento
partigiani. Forze partigiane 300 uomini. Perdite partigiane 2 morti certi
e 9 probabili.” Non
si trova nessun cenno di perdite fasciste che normalmente venivano
segnalate per ogni fatto d’arme. VENERDI
26 MAGGIO 1944
Nelle
loro scorribande e nei loro ripiegamenti, i partigiani quando passano si
comportano in modo non del tutto corretto; di queste procedure e di questi
modi di comportamento ce ne fornisce un saggio uno storiografo della
partigianeria. In una relazione passata da un informatore alla resistenza
si poteva leggere: “...alle
ore 22 circa, 300 ribelli armati di mitragliatrici, fucili mitragliatori,
moschetti, pistole e bombe a mano, invadevano l’abitato del Comune di
Montecreto e si recavano alla casa del fascio incendiando il carteggio e i
registri di quella residenza....Altri ribelli invadevano il palazzo
Comunale asportando documenti riservati, la lista di leva, L. 5.000 in
denaro, tre macchine da scrivere e uno strumento di musica a fiato. Altri
ancora invadevano il magazzino dell’ammasso asportando 240 quintali di
grano e 950 sacchi vuoti. Il reggente del Fascio repubblicano, Prampolini
Mario veniva catturato dai ribelli che nelle prime ore del mattino
successivo si allontanavano per ignota destinazione.”(64) Venne
inoltre rapata a zero la moglie di un fascista e molte altre persone
vennero prelevate dalle loro case; non è chiaro se siano state le bande
di “Armando” o di “Tommasino Ferrari” o quelle del “Moro”;
alcuni dei prelevati vennero uccisi; si ha notizia del prelievo di queste
persone: l’agricoltore Mario Piccinelli, dell’ex Carabiniere Raffaele
Zagaglia( che in queste note viene dato per ucciso il giorno 20 Maggio),
oltre agli agricoltori di Montese, Ferdinando Camassi ed Ezio Gualandi. Vennero
uccisi: PAOLUCCI
CIRILLO(65) PICCINELLI
MARIO(66) SABATO
27 MAGGIO 1944
Il
Veterinario di Montecreto e Riolunato, reggente del Fascio Repubblicano di
quelle contrade, che, come abbiamo visto era stato rapito e portato dai
partigiani in località Prà de Guisa di Palagano viene barbaramente
trucidato: PRAMPOLINI
MARIO(67) Il
Dottore venne spietatamente seviziato e
non volle rinnegare la propria fede neppure dietro la promessa di
avere salva la vita. A
Cognento di Modena vengono posti ordigni esplosivi sul binario n.1 della
Ferrovia Milano-Modena; esploderanno al passaggio della littorina
proveniente da Rubiera: non si lamentarono, in questa circostanza, ne
vittime né feriti.(68) DOMENICA
28 MAGGIO 1944 A
Pavullo i partigiani prelevano dalle loro abitazioni, per ucciderli nei
dintorni del centro frignanese, i seguenti civili ritenuti dei fascisti: SILVESTRI
EFREM(69) aveva
ventuno anni; mentre venti anni li aveva: BAZZANI
AMELIO(70) l’altro
giovane ucciso di anni ventiquattro: CADEGIANINI
ERIO(71) LUNEDI
29 MAGGIO 1944 La
lotta partigiana, con le direttive spietate dei responsabili del Partito
comunista, acquista sempre più un aspetto violento e programmato nella
sua durezza
malgrado qualche tentativo, portato avanti dalle minoranze
cattoliche del CLN, di sottrarre alcuni gruppi di sbandati all’influenza
comunista.(72) Come
le indicazioni del partito comunista siano state eseguite in modo
“esemplare”, particolarmente dal Commissario dello stesso partito per
il modenese, il partigiano Poppi Osvaldo detto “Davide”(73), lo
possiamo constatare da una lettera , datata a questo giorno e scritta alla
delegazione regionale del partito(74): “Inizialmente
il fascio di Montefiorino ci aveva fatto pervenire, dopo C. (Cerredolo),
la proposta di uno scambio di prigionieri. Essendo stati fucilati 26
militi e carabinieri, dopo la presa di F. (Fanano), abbiamo condotto
trattative in proposito. Nonostante le direttive del Comando di Brigata in
senso contrario, non ho ritenuto opportuno oppormi, solo e bruscamente,
all’opinione di tutti i partigiani e dello stesso comandante. Essendo
poi fallite le trattative per aver liberi sei partigiani di M.F.(Montefiorino)
richiesti, ho fatto fucilare i prigionieri (sei). Questa sera stessa sarà
fucilato il reggente di M.T. (Montecreto) avendo ammesso A.do (Armando)
l’opportunità politica di rinunciare ad altri tentativi di scambio. Ho
fatto pure fucilare una quindicina di giorni or sono una donna, perché
spia provata. Altre 4-5 spie sono cadute sotto il piombo di vari
distaccamenti.”(75) Citiamo
un altro fatto, tolto dalla storiografia partigiana, emblematico di come
veniva condotta la sanguinosa guerra civile: “A
San Lorenzo, viene ucciso un milite della GNR. Le azioni si
intensificarono; anche nella 5* zona i tedeschi e i fascisti non dovevano
più sentirsi sicuri, dovevano acquistare la spiacevole consapevolezza che
intorno a loro uomini armati erano pronti ad attaccarli e a colpirli,
combattendo per la liberazione del paese.”(76) MARTEDI
30 MAGGIO 1944 Sul
fronte di Nettuno, per la difesa di Roma, resta ucciso in combattimento,
il soldato dell’ 81* reggimento 2* battaglione delle SS italiane: TOSI
ANTONIO(77) aveva
venti anni ed era di Palagano. A
Maranello, in uno scontro a fuoco con i partigiani, restava ucciso il vice
caposquadra del 12* battaglione MVSN, di trentaquattro anni: MELIS
BALDASSARRE(78) A
Serramazzoni e precisamente in località San Dalmazio, viene assassinato
un noto squadrista bolognese, sfollato in quella località dopo i
bombardamenti sul capoluogo regionale. Questa uccisione, data la notorietà
della vittima, arroventò moltissimo l’atmosfera già tesa negli
ambienti repubblicani; i fascisti modenesi tennero una pubblica riunione
nella Federazione Fascista e molti chiesero la rappresaglia che però non
ebbe luogo. Si trattava del quarantunenne: SEVERINI
QUIRINO(79) MERCOLEDI
31 MAGGIO 1944 Alle
ore 22,30 a Prignano, un gruppo di “ribelli” armati aggrediva i militi
del servizio di avvistamento aereo della DICAT, che si trovavano
all’interno del distaccamento della GNR di quel Comune. Al lancio di
bombe a mano e alle raffiche di mitra dei partigiani, i militi risposero
con energia costringendo gli aggressori a ritirarsi.
Non vi furono nè vittime nè feriti da entrambe le parti.(80) A
Modena , in un agguato tesogli da partigiani, restava gravemente ferito
l’operaio di trentuno anni, Giuseppe De Falco, che era membro della
commissione interna alle Officine Maserati.(81) Se
i partigiani comunisti agivano direttamente contro bersagli umani facendo,
come abbiamo visto, numerose vittime, quelli democristiani si limitavano
ad effettuare azioni di disturbo, spargendo bulloni appuntiti sulle
strade, oppure asportando la segnaletica o invertendola, creando
ovviamente, serie conseguenze alla circolazione degli automezzi militari e
mettendo in difficoltà il Comando tedesco che cercava di correre ai
ripari diramando questa circolare urgente e riservata: “Il
Comando germanico della Piazza di Modena, in seguito ai frequenti atti di
sabotaggio verificatisi contro automezzi militari circolanti sulle
principali strade di comunicazione, facenti capo da una parte all’Abetone
dall’altra al Brennero, per effettuare i quali vengono disseminati sulle
strade stesse bulloni metallici con punte in alto che provocano la rottura
e lo sgonfiamento dei pneumatici, ha disposto che le amministrazioni
Comunali attuino subito dei servizi di vigilanza a mezzo di civili, i
quali, sotto il controllo dei Comandi di distaccamento della GNR, dovranno
impedire il ripetersi dei lamentati atti di sabotaggio, identificando ed
arrestando i responsabili e provvedendo a rimuovere nel contempo con
continue perlustrazioni lungo gli itinerari a rimuovere i
bulloni....”(82) NOTE 1 cfr. Rassegna ISR, nuova serie: Ottobre 1982 pag. 156 2 cfr. Pacor-Casali: “Lotte Sociali e guerriglia in
pianura”, pag. 91 3 ibidem pag. 123 nota 69 4 cfr. A. Tommasi De Michieli: “Armando racconta”
pag. 146 5 cfr. O. Poppi: “Il commissario”” pag. 51 6 ibidem 7 cfr. G. Silingardi: “I giorni del Fascismo ecc.”. 8 cfr. G. Pisanò: “Storia della Guerra civile” Vol.
2* pag. 1125. 9 cfr. E. Gorrieri: “La Repubblica di Montefiorino”,
pag. 265-266. 10 cfr. A. Tommasi, op. cit. pag. 59 11 cfr. O. Poppi, op. cit. pag. 59. 12 cfr. A. Galli: “Pievepelago” pag. 32. 13 cfr. Canova-Gelmini-Mattioli: “Lotta di liberazione
nella bassa modenese”, pag.124 14 cfr. Elenco caduti inumati nel sacrario del cimitero di S.
Cataldo. 15
cfr. Elenco caduti della RSI e Martirologio 16 cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 81. 17 cfr. A Galli, op. cit. pag. 32. 18 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 267. 19 cfr. G. Silingardi, op. cit. pag. 180 20 cfr. A. Galli, op. cit. pag. 32 21 cfr. G. Silingardi, op. cit. 22 ibidem 23 cfr. I. Vaccari: “Il tempo di decidere”, pag. 295 24 ibidem 25 ibidem 26 ibidem pag. 55 27 cfr. Gazzetta dell’Emilia del 12 Maggio 1944 28
cfr. Elenco caduti della RSI e
Martirologio 29 Caduti del bombardamento di Modena: da elenco in Archivio
Ass. Caduti RSI Alberghini
Antonietta, Alberghini Athos, Allegretti Enrica, Anderlini Achille, Ascari
Clementina, Ascari Ermenegilda, Baldoni Maria, Bandieri Guglielmo,
Barbieri Armanda, Bertolani Genoveffa, Becchi Celestina, Benatti
Graziella, Biondini Noè, Boccabadati Fernanda, Bortolamasi Arnaldo, Bucci
Alfonso, Cacciari Augusto, Caiumi Renzo, Campedelli Mario, Campioli Nerio,
Camurani Ermete, Casolari Pia, Catellani Italo, Cattani Bruna, Cattani
Cleto, Colzoni Graziella Correggi Prospero, Corradi Emma, Dallari Libero,
Debbia Dolores, Ferrari Ada, Ferrari Zaira, Fiussi Raffaele, Gabrielli
Francesco, Galli Elio, Gibertini Bruno, Gibertini Elsa, Girotti Adele,
Giusti Beatrice, Gozzi Ciro, Gozzi Emma, Gozzi Franca, Gozzi Giorgio,
Gozzi Giuseppe, Grandi Geminiano, Lauretano Rosa, Leonardi Gilio, Lugli
Aristodemo, Lugli Emilia, Luppi Egidio, Malaguti Callisto, Mancorti Maria,
Manzini Carlo, Marchesi Cleonice, Mari Aldo, Mattioli Elvira,
Mazzi Giuseppe, Miglioli Carolina, Miligari Angela, Monari Dina,
Montanari Albertina, Moratti Paolina, Muzzini Carlo, Muzzini Domenica,
Muzzini Wanda, Pacchioni Giuseppe, Pasquoto Giancarlo, Pedretti Lucia,
Preti Walter, Prussiani Gaetana, Pulga Rosina, Rebecchi Romolo, Righi
Franca, Roberti Renata, Roncaglia Roberto, Rontani Romolo, Rossi Claudio,
Rovatti Emilio, Samuraghi Giuseppe, Savazzi Rosa, Scapinelli Elena, Sgarbi
Luigia, Sighinolfi Giuseppe, Sighinolfi Silvano, Silingardi Caterina,
Simonini Ada, Simonini Benito, Simonini Virginia, Storci Gino,
Tagliazucchi Armenia, Tosatti
Edi, Tosatti Maria, Tosatti Leda, Tosatti Sida, Tozzi Maria, Truzzi Alce,
Ugolini Ennio, Vaccari Gioacchino, Valentini Nella, Vandini Ermida,
Vanzini Artemisia, Veronesi Augusto, Vigarani Teresa, Volpi Paola, Volpi
Renata, Volpi Righi Clementina, Zagni Alfonso, Zanasi Alberto, Zanasi
Eros, Zanasi Nino, Zanasi Norma, Zoboli Anna, e due ignoti di sesso
maschile. 30 cfr. G. Pisanò, op. cit. Vol. 1* pag. 1142 31 ibidem 32
cfr. Gazzetta dell’Emilia del 14 Maggio 1944 33
cfr. Martirologio" pag. 105"
33a cfr. E.
Gorrieri, op. cit. pag. 274 34 ibidem. Da una lettera di certo Cipressi del 18 Maggio 1944
alla Direzione del BSG e del commissario prefettizio, De Antonellis. pag.
270-271 35 ibidem pag. 272 36 cfr. ESGC.Pi e E. Gorrieri, op. cit. pag. 243. 37 cfr. Elenco caduti RSI n.
564 e lettera del Comune di San Felice sul Panaro all’Ass. Cad. RSI del
3.2.1956 prot. 388. 38 ibidem 39 cfr. G. Pisanò, op. cit. Vol. 2* pag. 1144 40 cfr. ESGC.Mo 41 ibidem 42 ibidem 43 cfr. Gazzetta dell’Emilia del
20.5.44 43bis
cfr. Martirologio, pag. 92 44 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 273/n . I caduti partigiani:
Vinciguerra Giovanni e Bernabei Vittorio. 45 Elenco Caduti RSI n. 53; inoltre, lettera del Comune di
Sestola del 16.1.1956 prot. 56, per Serafini Giuseppe. 52 Da una e mail inviataci il 16/11/2004 correggiamo il nominativo (Vorrei
segnalarvi alcune precisazioni, in merito all'eccidio di Capanna Tassoni.Dopo
essere penetrati in Fanano ed aver "visitato" parecchie
abitazioni da piazza vittoria partì un Camion con molti fananesi fatti
prigionieri in direzione Ospitale. Tra questi Ebe Burchi, moglie del
medico condotto, nonché reggente del fascio di fanano, Dott.Augusto
Burchi. La sig.ra Ebe venne portata via poichè gli uomini di armando le
avevano trovato in casa un caricatore di un fucile mentre il marito era
nascosto. Solo dopo diversi giorni la squadra di partigiani con i prigionieri giunse a
capanna tassoni. Oltre al Dott. De Toffoli anche alla Sig.ra Ebe fù
salvata la vita, grazie alle 54 cfr. “Quando eravamo i ribelli”, testimonianza a pag.
305-306 55 ibidem 56 cfr. lettera del Comune di Spilamberto del 19.1. 1957 prot.
191 57 ibidem 58 cfr. ESGC.Mo 59 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 287 60 cfr. G. Franzini: “Storie
di Montagna”, pag. 36 61 cfr. L. Longo, “Un
popolo alla macchia” pag. 139 62 cfr. R. Battaglia: “Storia della resistenza italiana” 63 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 287 64 ibidem pag. 273 65 ibidem 66 ibidem 67 cfr. Elenco caduti RSI, n. 614. 68 cfr. Gazzetta dell’Emilia del 28 Maggio 1944 69 cfr. lettera del Comune di Pavullo, all’Ass. Cad. RSI del
16.1.1956 prot. 1261 70 ibidem 71 ibidem 72 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 283 73 cfr. O. Poppi: “Il Commissario” 74 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 285 75 ibidem 76 cfr. “Zona 5 - Antifascismo e resistenza nel vignolese”,
pag. 56 77 cfr. R. Lazzero: “Le SS Italiane”, pag. 113 78 cfr. Elenco caduti RSI 79 ibidem e E.
Gorrieri, op. cit. 80 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag. 295 81 cfr. Gazzetta dell’Emilia del 2 Giugno 1944 82 cfr. E. Gorrieri, op. cit. pag.244
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