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GUERRA CIVILE NEL MODENESE
Lettera aperta al Presidente della Regione | Il Cap. Arnaldo Millesimi ucciso il 18/4/45 | 2 Novembre 2004 - San Possidonio - Cippo per caduti RSI |
Giovedì 8 Luglio 2004
Riceviamo e pubblichiamo.
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Una
voce fuori dal coro, lettera aperta a Vasco Errani di Stefano Corti A proposito dei festeggiamenti per il 60° della repubblica partigiana di Montefiorino Signor Presidente, lunedì 5 luglio ho
assistito al Suo personale comizio politico in occasione delle
celebrazioni per il 60° della Repubblica partigiana di Montefiorino, e
devo ammettere che nel suo discorso
che abbracciava fra l’altro Globalizzazione, Solidarietà
interplanetaria, Guerra preventiva e Terzomondismo, l’unica cosa
chiara ed evidente che ne traspariva era il rifiuto della
Riconciliazione nazionale, l’esaltazione della resistenza (senza
peraltro un solo accenno di ringraziamento agli Alleati) e la dura
condanna per quella “parte sbagliata” che a suo dire è l’unica ad
essersi macchiata di orrendi crimini. Signor Presidente, chi Le scrive
non è un nostalgico repubblichino ottuagenario o un attivista di
estrema destra, ma solo il nipote di colui che durante la stessa
celebrazione ha donato al comune di Montefiorino il suo archivio
fotografico nella speranza di dare pari dignità anche ai morti della
“parte sbagliata”, e tra i quali figura anche mio bisnonno Olimpio
Corti, coautore delle fotografie. Da tempo a proposito della
Resistenza partigiana vengono ritrovati degli scheletri negli armadi (e
non solo lì purtroppo), da anni illustri storici (tra i quali
l’insospettabile Pansa) hanno messo in evidenza i crimini e misfatti
della “parte giusta”, ma Lei, Signor Presidente, si ostina a negarne
l’evidenza e si scaglia contro tutti coloro che hanno osato mettere in
dubbio il totale candore della lotta partigiana. Ebbene, signor Errani, senza
ipocrisie, ammetta quello che è sotto gli occhi di tutti coloro che
usano l’intelligenza quotidianamente, e la finisca di citare il Papa,
Lei che non è nemmeno capace di fare un “Mea Culpa”. Sappiamo entrambi che nella Resistenza
hanno operato persone che rifuggivano da ogni tipo di totalitarismo e
che per farlo hanno combattuto, sofferto e pagato spesso con la vita, ma
lo hanno fatto senza spargere inutilmente del sangue spesso innocente. Ma quanti hanno invece aderito alla
Resistenza perché erano criminali comuni evasi dalle carceri, quanti lo
hanno fatto per mero opportunismo e soprattutto quanti si sono
comportati da criminali al pari dei più efferati delinquenti della
“parte sbagliata”? Quanti partigiani non hanno più
rimesso piede in luoghi dove avevano commesso nefandezze e addirittura
sono stati costretti a fuggire in paesi “amici” come la
Cecoslovacchia o la Jugoslavia? Tanti, temo. E per quanto riguarda i “Vinti”, Lei, Signor Presidente,
vuole davvero farci credere che fossero tutti degli assassini e
malfattori? Se Lei all’età di vent’anni fosse stato lì presente,
è proprio sicuro che avrebbe riconosciuto la “parte sbagliata” da
quella “giusta”? Se avesse assistito alla strage di Porzus, alla mattanza dei
15 disertori repubblichini di Montemolino, dei 14 fascisti di Cerredolo,
dei 18 militi della GNR di Montefiorino torturati e poi fucilati dopo
sentenze farsa da parte del “Tribunale del popolo”, all’assassinio
del mio bisnonno, e quant’altro, è proprio sicuro che avrebbe
riconosciuto la “parte giusta”? Signor Presidente, se Lei ci parlasse del Valore
simbolico della resistenza come lotta all’oppressione totalitarista e
della nobile sperimentazione di un modello democratico partecipativo con
il voto dei capifamiglia, chiunque dotato di normale intelligenza ne
riconoscerebbe l’importanza celebrativa, ma Lei, purtroppo, ha
usurpato il suo ruolo “super partes” infierendo ancora sui morti
della “parte sbagliata”. Credo che a distanza di sessant’anni anni da quegli eventi, con il superamento degli odi e dei desideri di vendetta, si sarebbero dovute accomunare nelle celebrazioni e nei ricordi i caduti di entrambe le parti. Questo, purtroppo, in Emilia non è ancora possibile. I vinti non hanno ancora avuto la possibilità di essere degnamente ricordati come invece lo sono stati quelli che si sono trovati sulla barricata dell’esercito vincitore Come ha ricordato il sindaco on. Maurizio Paladini,
parafrasando il leggendario Brenno nel Sacco di Roma quando disse “Vae
Victis!”, purtroppo la storia è sempre scritta dai vincitori e le
bugie di questi ultimi diventano delle Verità e viceversa, ma per una
volta Le chiedo di essere all’altezza del ruolo che ha,
presidente di una regione che tanto ha pagato nella guerra
civile, e di dare pari dignità di fronte alla morte anche a quei 1348
morti tra civili e militari della provincia di Modena che ebbero la
sventura di essere dalla “parte sbagliata”….
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Il
Capitano Arnaldo Millesimi
Il
Capitano Arnaldo Millesimi era nato a Rieti il 13 febbraio 1908 da
Silvio Millesimi e Antonia Pitoni e
si era sposato il 4 febbraio 1929 con Anna Irma Romanelli. Millesimi morì il 18 aprile 1945 in un assalto ad un cascinale nelle campagne di Mirandola (Modena). Era
partito con pochi uomini sotto l'impulso emotivo per la cattura del caro
amico Tavoni[1].
Voleva trovarlo se ancora vivo, vendicarlo se morto, ma fu ucciso da un
partigiano, lo stesso che Millesimi aveva liberato qualche giorno prima.
Venne
raccolto morente da un suo soldato, il Milite Mario Camilli. Il giovane
Camilli piangeva nel vedere il suo Comandante ferito a morte, al che lo
stesso Millesimi, con l'ultimo fiato che aveva in gola, gli disse: «Che
piangi! I morti non si piangono: si vendicano nel nome d'Italia!». Venne trasportato all'Ospedale Militare di Modena, dove un medico certificò il suo decesso. Fu sepolto nel Cimitero di S. Cataldo di Modena il 20 aprile 1945, alla fila 18, n. 255 del campo sinistrati.
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2 Novembre 2004 | A San
Possidonio di Modena è stato inaugurato il primo monumento alla
memoria di caduti della RSI.
Si tratta di una grande croce innalzata a fianco della Provinciale San Possidonio-Concordia a ricordo delle vittime dell'eccidio perpetrato da partigiani comunisti nella notte tra il 18 e il 19 Maggio 1945 e dove furono massacrati decine di fascisti che si trovavano a bordo della cosidetta "corriera fantasma" provenienti da Brescia e diretti alle loro famiglie al termine del conflitto. (vedi su questo sito alla pagina del Maggio 1945 la cronaca di quei fatti) Il giorno due Novembre sulla piazzola dove è stata eretta una grande croce si sono trovati i promotori dell'iniziativa e i parenti delle vittime di quell'eccidio oltre a parecchie decine di persone. Interventi del Padre Pellegrino Santucci, di Carlo Cozzi, giornalista romano fratello di Marcello, di Vittorio Martinelli di Brescia autore del primo libro scritto sulla corriera fantasma, di Valeria Iannoni sorella di Cesare e di Giorgio Zavagli docente dell'Università di Ferrara.. La croce è stata innalzata di fronte al fondo Tellia dove avvenne la fucilazione e la sepoltura di molte delle vittime. La croce riporta la frase"A perenne memoria delle vittime cadute per piombo partigiano a guerra finita" Notata l'assenza delle autorità comunali di San Possidonio. L'Anpi e i DS hanno fatto pervenire un comunicato di riprovazione per l'iniziativa precisando che "si tratta di un tentativo di revisione della storia e che sui gravissimi fatti accaduti nel dopoguerra la storia ha già dato il suo giudizio." A riprova della mancanza di civiltà e di rispetto dei morti che l'odio comunista continua a perpetrare, pochissimo tempo dopo che i partecipanti alla commemorazione si erano allontanati così come gli agenti di servizio presenti, mani ignote hanno fatto cadere i vasi di fiori, i candelabri e le candele ancora accese.
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