Cima Ombladet

A quasi un anno di distanza ritorno nella zona di Forni Avoltri per salire la C.ma Ombladet. Questo termine ricorre spesso nella toponomastica dei paraggi: Cima, Creta, Sella, Malga. Sono stato sulla Cima Ombladet (mt. 2255).

L'equinozio autunnale è di una settimana fa. Significa un ragionevole numero di ore di luce. Le previsioni parlano di tempo bello. Da qui la decisione di salire l'Ombladet, cima sfuggita in una precedente occasione perché il monte era conficcato nella nebbia e non aveva senso andarci.

Partenza antelucana per sfruttare al meglio le ore di luce. Ne avrò bisogno perché il percorso da seguire non mi è ben chiaro. La volta scorsa si era partiti da Collina seguendo il sentiero 141. Questa volta userò il 169. Che su una vecchia carta Tabacco parte da Frassenetto mentre sul libro dei sentieri parte da Sigilletto. Con la macchina arrivo a Forni Avoltri e qui imbocco la strada dei diminutivi

Il nome me lo sono inventato io, visto che si passano i paesi di Frassenetto, Sigilletto, Collinetta e Collina. Grammatica alla mano, sono tutti diminutivi.

A Frassenetto, 4 case 4, non scorgo nulla oppure il segnavia mi sfugge. A Sigilletto invece il segnavia c'è, all'altezza della chiesa. Lo seguo ed in breve sono ad un ottimo parcheggio. Le tempistiche mi lasciano interdetto. Al primo segnavia l'Ombladet era dato a 4 ore. Dopo pochissimi minuti di macchina siamo a 2h 30' che dopo mezz'ora di cammino saranno diventate 3. Ohibò.

Dal parcheggio, con una temperatura di soli 2 gradi, pochi passi su strada asfaltata. Quindi a sinistra. Il sentiero inizia subito a pendenza medio alta per tuffarsi in un tratto di fitto bosco. Rasenta una bella casa e quindi raggiunge una strada bianca, di nome e di fatto. La si attraversa per riacchiapparla più in alto. La seguo malvolentieri perché lunghi tratti sono cementati. Più avanti capisco il motivo. A monte del paese c'è una cava di marmo e questa è la strada di servizio (ignoro però il punto di partenza). In corrispondenza della cava seguo i segnavia. Un primo tratto di sentiero e poi si sbuca nuovamente su una strada a fondo naturale con i tornanti cementati. La si segue a lungo sino ad una specie di cancello. Trovo inopinatamente due fuoristrada. Uno solo ha in bella evidenza il permesso di transito e molto probabilmente è del guardiacaccia che incontrerò più avanti. Ora il fondo della stradina è peggiorato. Quando a sinistra c'è una staccionata, avanti in salita, con fondo della stradina sconnesso. Termina a quella che molto probabilmente è la M.ga Monte dei Buoi. Ci sono pochi segni di presenza umana perché la malga, composta da più entità, è molto ammalorata se non in stato di totale abbandono. Terminano pure le segnalazioni e non c'è un segnavia. Sul posto deve essersi abbattuta una valanga che ha sconvolto il luogo. Ho fortuna perché aggirandomi trovo un segno sbiadito. Poi un altro ancora.

Ad ogni buon conto. Si attraversa lo spiazzo davanti alla misera malga. A destra, avendo a sinistra un tetto collassato. Pochi metri più avanti a sinistra c'è una fontana. A destra, un barlume di traccia che in breve conduce al sentiero segnato.

Poco dopo sono nuovamente su sentiero evidente e bollato che si inoltra in un bosco. Belli i larici che iniziano ad ingiallire. All'uscita dalla vegetazione arborea si passa tra due colossali massi, molto caratteristici. Ora il prosieguo è ben visibile. Il sentiero, che si indovina di origine militare, taglia un erto pendio a pendenza costante. Raggiunta una cresta, bella visione su Collina e Bordaglia. A sinistra, per larga cresta erbosa, sino alla vetta (2h 20' dalla macchina). La cima è evidentemente secondaria: manca qualsiasi indicazione.

Il bel tempo non c'è. Temperatura sotto zero resa più pungente da un po' di vento. Ho i guanti (e meno male!), ma non il berretto di lana. Molte nuvole che riducono al lumicino il panorama: la conca di Bordaglia, la zona di Collina ed i monti di Sappada. Visibili pure i rimasugli di neve sul brandello di Volaja che si riesce a scorgere. Pur se freddo, mi sarei preso una sosta. Ma nell'aria volteggia un qualcosa tra la goccia di pioggia ed il fiocco di neve. Visto che la cima è stata raggiunta e sono riuscito a rifocillarmi, meglio tornare indietro. Quando ho oltrepassato la malga il tempo ha un sussulto verso il bello, tanto che il Peralba si concede.

All'altezza della cava scopro la strada fatta dai due fuoristrada. Ora si tratta di capire da dove principia. Per il prossimo inverno, farla con gli sci oppure le racchette sarebbe una bella soddisfazione.

Rientrato alla macchina (4h 15' in tutto) scopro che Sigilletto custodisce un cimelio incredibile. Appeso all'esterno di una casa c'è un bilanciere in legno con gli occhielli per appendere i secchi. Una volta, ma mica tanti decenni fa, un compito affidato alle donne era quello di andare alla fontana a prendere l'acqua con due secchi. Il bilanciere, poggiato sulle spalle, serviva a distribuire il carico, ma non il peso.


       

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