Kanjavec

Ritorno nell'alta Val Trenta per «concludere» la salita al Kanjavec, già tentata alcune settimane prima. Seguo lo stesso schema, già collaudato. Con l'automobile sino all'imbocco della stradina ove c'è il segnavia. Pernottamento nell'abitacolo della macchina e partenza mattutina in loco. Le condizioni astronomiche sono ovviamente diverse: ora le giornate sono più corte e quindi la partenza avviene quando il sole comincia a lambire i paraggi più in quota. Avrei potuto anticipare ma la nuvolaglia notturna tardava a sciogliersi. Desidero partire con le massime garanzie meteo. Le previsioni davano cielo sereno con temperature elevate anche in quota.

Imbocco la stradina. Ehm ... gli escursionisti sono invitati a riportare a valle i propri rifiuti. Però poi i bottini vanno vuotati. Trovarli stracolmi non è propriamente un buon viatico. Raggiunta la mulattiera, inizio ad inanellare le numerose svolte imprecando lungo il tratto, tra l'altro nemmeno corto, ove il fondo è decisamente sconnesso. Più avanti, in prossimità della Pl. Trebiščina(?), il caldo ha seccato parte della vegetazione per cui il temuto bagno di rugiada non c'è stato. Ma in precedenza la forte umidità aveva reso scivolosi i tronchi di un ponticello.

Il colpo d'occhio sull'alta valle che si percorre fa capire l'importanza del sole sulla conformazione del suolo. Sulla sinistra orografica, esposta a nord, rocce. Dalla parte opposta montagna verde ed arborata sino ai 2000 metri. La mulattiera esce allo scoperto ed attraversa una zona carsica. Begli scorci su Jalovec e Razor(?). Uno sguardo all'orologio e penso che per il rifugio non dovrebbe mancare molto. Arrivo nei suoi paraggi, con l'azzurro del cielo e l'aria tersa che sono da cartolina. Memore della passata esperienza, tiro dritto in discesa verso il Rjava Mleka (Stagno/Lago Bruno). Ha recuperato solo un po' di colore ma rimane sempre in pesante deficit idrico. Il solo Jezero pod Vršacem appare a livello normale, grazie ad alcuni brandelli di nevaio ancora presenti.

Il tempo è bello e sicuro ma la temperatura è molto alta. Devo cambiare la maglietta e mi pare di aver perso un po' di sale di troppo. Inizio la salita verso le Hribarice. È il tratto col maggior impegno fisico. Sentiero che in forte pendenza serpeggia tra sfasciumi carsici. La zona è molto frequentata e tutti quelli che incontro si premurano di salutarmi. A costo di apparire maleducato rispondo solo con un cenno della mano. Il fiato mi serve per la salita, che diamine! Arrivo alle Hribarice ove la pendenza si attenua. Seguo scrupolosamenmte le indicazioni per il Kanjavec. Il percorso è tutto in salita, senza ombra e col sole alle spalle. In poche occasioni è necessario servirsi delle mani. Per il resto la pendenza è prevalentemente media. Il percorso evita, oppure lambisce, alcune cavità. In una è rimasto ancora un residuo di neve. La temperatura e la stanchezza rendono necessarie alcune brevi soste e comincia a farsi strada l'idea che neanche questa volta arrivo in cima. Agguanto l'anonima sella che separa il Kanjavec dal Poprovec. Posto insospettabilmente ventilato. Ancora pochi minuti e sono in vetta. La macchina è 1950 metri più in basso, a 5h 10'. Constato che a fine agosto e ad oltre 2500 metri di quota è possibile stare a torso nudo (mi serve per l'ennesimo cambio maglietta). Sono provato, ma contento. L'attenzione è calamitata dal Triglav, talmente vicino che pare possibile toccarlo. Ma tutt'attorno è un tripudio di monti più o meno noti. La vista spazia sino al Groß Glockner. Per non far torto a nessuna cima, panoramica. Non manca la foto di rito. Sosta lunga. Ma la salita ed il caldo hanno depauperato i sali. Avevo in progetto la traversata del monte con discesa alla sella Čez Hribarice con attraversamento delle stesse: un signor giro circolare. Ritengo più prudente rifare il percorso di salita. Manco a farlo apposta vengo colto da crampi, per cui conoscendo il sentiero riesco a gestire la situazione.

Ma a funestare la discesa non sono solo i crampi. Ci sono anche altre «amenità» di cui avrei fatto volentieri a meno. Giunto al Rjava Mleka, su un masso sporgente dalla poca acqua c'è un tizio in costume adamitico che sta tintarelleggiando. Inizio la salita verso il rifugio, al cospetto di curiose formazioni carsiche. Siccome sono a corto di acqua vorrei riempire la borraccia. Ma, mi dicono, che l'acqua non è potabile. Posso rifornirmi ad una fonte nei pressi del lago, ad una decina di minuti. Ma sono anche una 70ina di metri di dislivello che non sono in grado di affrontare. Soppeso l'acqua in mio possesso e tento il tutto per tutto. Discesa veloce a valle, tenendo conto che per metà dovrebbe essere all'ombra. Così è. Ma quando sono nel tratto dei tornanti devo tirarmi da parte perché sbucano dal nulla due ciclisti su mountain bike, per nulla disposti ad usare i freni.

Per fortuna c'è la ricompensa finale. Quasi al termine della mulattiera c'è una casa dotata di fontana. Siamo in cinque e ci muoviamo all'unisono: rinfrescata del viso, riempimento delle borracce e lungo sorso. Decisamente meglio. Ancora una mezz'ora lungo lo stradina e sono alla macchina. 9h 15' in tutto.

Non ostante la fatica e tutto il resto: bye bye, Kanjavec.


       

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