Hribarice

Tentativo di raggiungere la cima del Kanjavec, nel gruppo del Triglav. La temperatura già da giorni è ben al di sopra della media, con tutti gli inconvenienti del caso. Poiché la base di partenza è molto distante (3 ore di macchina) ci sono due possibilità. Raggiungere il rifugio di servizio --la Zasavska Koča-- e da lì il giorno successivo il secondo tratto sino alla cima. Non mi va di pernottare nel rifugio, sia per motivi economici sia perché, molto prosaicamente, disturbo il sonno degli altri. L'alternativa è raggiungere la base di partenza del sentiero per il rifugio, pernottare in macchina e tentare l'ascesa. La macchina, col ribaltamento degli schienali posteriori, si trasforma in una specie di mini vano dove poter distendersi. Se la statura non supera mt 1.70 ci si accoccola in diagonale e si riesce persino a distendere le gambe, come da tentativo propedeutico. Quindi, penso, la cima dovrebbe essere raggiungibile. Dei 2000 metri di dislivello, 1500 sono lungo una mulattiera che, in quanto tale, ha una pendenza che non supera il 4%. Si tratta di camminare per un bel po', ma senza intaccare le forze. Con ulteriori due ore si raggiunge la vetta. Fattibile, quindi.

Partenza a metà pomeriggio, senza poter evitare il caldo soffocante della piana isontina (+36). Con qualche difficoltà trovo l'imbocco del sentiero. Il segnavia non è molto evidente per chi proviene con la macchina. Meglio affidarsi alla segnaletica stradale, anche se non evidente. La nuova sentieristica slovena ora riporta l'utile indicazione della quota. Sono a 602 metri ma non c'è l'agognato refrigerio. La temperatura è, questa sì, inferiore a quella della costa, ma del sacco a pelo posso fare a meno. Non è consigliabile tenere aperti i finestrini. Il posto è più umido che fresco e sarebbero utili delle zanzariere.

La notte scorre senza intoppi e poco prima delle 5 il chiaro dell'aurora mi dà la sveglia. Col fornelletto preparo un po' di caffè e rimetto in sesto la macchina. 10' prima delle 6, con temperatura putroppo già alta, inizio a camminare. Ma nel frattempo lungo la strada asfaltata sono passate due coppie di escursionisti ancora più mattutini del sottoscritto.

L'inizio è una bella stradina a pendenza media che si segue sino a che un segnavia la fa abbandonare. Qui la mulattiera è stata rovinata. Ci si trova difronte ad una casa --non una malga-- in posizione infelice. Si contorna la proprietà e si riprende la mulattiera. C'è una direttissima che permette di evitare le numerose svolte ma è decisamente più faticosa. La mulattiera serpeggia in un bosco fitto e solo molto più avanti sopravanza la vegetazione. Appare, inaspettata, una casupola (probabilmente la Pl. Trebiščina) cui si perviene con un tratto del percorso già quasi completamente inerbito e, di mattina, grondante di rugiada. Sempre avanti, con belle visioni su rocce scanalate, sino a raggiungere un bivio con segnavia. Qui, fatti un po' di conti, ho la certezza che la tempistica a valle (4h 30' per il rifugio) è decisamente sovrastimata.

Dopo questo segnavia, poco più avanti ce n'è un altro, l'ambiente cambia decisamente tono. Vegetazione pochissima e molte rocce e begli scorci sulle Giulie. Visione dall'alto del sentiero percorso poco prima. Spesso l'itinerario percorre tratti artificiali. Ad una svolta appare, inaspettato, il rifugio, appollaiato su un cocuzzoletto. Prima di arrivarci si passa al cospetto dell'avveniristico locale invernale. Spettacolo d'alta quota eccezionale. Il gestore mi fornisce le informazioni ci cui abbisogno ma nella valutazione generale il pollice è verso. I prezzi sono esosi ed il the è pessimo. Già, proprio il celeberrimo the aromatizzato che si trova in tutti i rifugi sloveni qui è quasi imbevibile.

La zona è caratterizzata dalla presenza di ben 3 laghi. Ma sono in uno stato di incredibile sofferenza idrica. Il Rjavno Jezero (lago Bruno), unanimemente considerato una perla, è ridotto a poco più di uno stagno, mentre il minuscolo Mlaka v Laštah mi pare completamente in secca.

Per raggiungere il Kanjavec (il sentiero è segnalato sino in cima) si seguono le indicazioni per Hribarice. Dal rifugio si scende sino a toccare la sponda tradizionale del Rjavno Jezero (che ora si trova più in basso ed a molti metri di distanza) con una perdita di una 70ina di metri. Da qui, in forte e faticosa salita in un mondo calcareo, si raggiunge l'orlo delle Hribarice, una zona zona alquanto desolata. Ma in quanto a desolazione, gli altri paraggi non sono da meno. Il posto a giudicare dai numerosi pali, d'inverno deve essere sepolto dalla neve. Bella la visione dello Zeleno Jezero (Lago Verde). C'è infine l'indicazione per il Kanjavec.

Ma nel frattempo dalla valle stanno montando su nuvoloni neri che non promettono nulla di buono. Devo riflettere bene. La zona è rocciosa e le pietre stanno rimandando su calore. Ben oltre i 2300 metri la temperatura è molto elevata. E sono partito già un po' debilitato dal caldo dei giorni precedenti. Le Hribarice vanno percorse solo con buona visibilità. Se già con il sole qualche segno --peraltro alquanto sbiadito dalle intemperie-- mi è sfuggito, figuriamoci con la nebbia. Orologio alla mano, per la cima mi ci vogliono sui 45'.

Troppi. A malincuore torno indietro e mi aggiro per le Hribarice, che, sorpresa!, non sono proprio assolutamente desolate. Lui, e la sua famiglia, riescono a sopravvivere. Le nuvole sembrano essersi stabilizzate e ci sono due escursionisti che attaccano la parte finale della salita. Ma è troppo tardi per tentare l'aggancio. Sono un po' stanco ma sopratutto demoralizzato: se fossi partito più tardi ce l'avrei fatta. Ritorno indietro, sino alla macchina. Mi aspetta nuovamente il passaggio per la piana isontina e oggi il termometro salirà sino a +38.

Per il Kanjavec. Ora la strada e le tempistiche sono note. Ho bisogno solo di rimettermi dal caldo.


       

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