Creta d'Aip

Escursione al passo Lanza con l'intento di salire la Creta d'Aip. È una méta a cui tenevo in modo particolare ed ora, dopo aver raggiunto la cima, posso essere soddisfatto. La Creta è la più dolomitica tra i monti dei paraggi (dolomitica in quanto a pareti di roccia; geologicamente è calcarea). Ci sono forse un po' troppi sentieri e qualche bivio non è segnalato a dovere. In linea ci sono molte relazioni di escursionisti italiani ed il paradigma è: salita lungo la ferrata delle Crete Rosse e discesa per la normale. Unanimemente la ferrata è considerata corta ma di media difficoltà. Per evitare di trovarmi in difficoltà ho deciso di seguire il metodo Preuß: discesa lungo il percorso di salita e per questa utilizzerò la normale.

Per raggiungere il passo Lanza si può salire da Paularo oppure da Pontebba. In ogni caso si tratta di una strada secondaria e la manutenzione è quella che è. Salendo da Paularo la percorribilità era garantita sono per automezzi normali perché un masso di traverso sulla carreggiata (leggasi: dissesto idrogeologico) limitava alquanto la larghezza. Da Pontebba la transitabilità non è sempre garantita. Non ostante ciò e pur essendo una giornata infrasettimanale il posto appare frequentato, senza scadere a livello di bolgia. Di (buon) mattino il cielo si presenta azzurro e la visibilità è ottimale.

Per raggiungere l'attacco della normale ci sono due possibilità: a) Cason di Lanza - Sella Val Dolce - sentiero 403 sino all'incontro del segnavia; b) Cason di Lanza - sentiero 439 sino al sentiero 403. Ho seguito la seconda possibilità, ma percorrendo la stradina che porta alla Casera d'Aip. E questo per risparmiare le forze (seguire una stradina è meno faticoso che seguire un sentiero). Dopo un tornante c'è un segnavia un po' sgangherato. Su a sinistra lungo un sentiero che parte subito in forte pendenza. Poco dopo ci si trova in un vasto altopiano, per lo più mugato. Lo si attraversa, quasi in piano. Poi con pendenza accentuata si raggiunge il sentiero 403, numero ufficiale della Karnische Hohenweg, che qui corre in territorio italiano. A destra, e poco dopo il segnavia dell'attacco della normale.

Conviene sbarazzarsi dei bastoncini e sarebbe altamente consigliabile indossare il casco. Subito in salita, leggermente a destra per poi traversare a sinistra facendo attenzione a non far cadere ghiaietto sul sottostante sentiero. Ci si immette in un caminetto e l'uscita è agevolata dalla presenza di una maniglia metallica. Sempre in salita -e non mi pare che ci siano punti esposti- sino ad un secondo camino più lungo del precedente. È il punto con le maggiori difficoltà tecniche ed anche qui l'uscita è facilitata da una maniglia. Poi si sale ancora per un po', ma con difficoltà tecniche minori, e si sbuca sul pianoro finale (visto dall'alto), ove sono accolto da una marmotta. Mezz'ora circa. Data l'ora, la salita si è svolta per lo più all'ombra. Ma sul pianoro la pacchia non c'è più. Verso destra a pendenza modesta, seguendo le abbondanti segnalazioni. Si procede per magre erbe e più spesso su placche rocciose. In mancanza di neve, le spaccature sono evidenti ed è facile procedere in sicurezza. Più avanti c'è uno scenografico intaglio che separa la cima principale dalla quella ovest. Poco dopo appare la croce di vetta ma una 20ina di metri prima c'è il confine. Visto che la cima è in Austria, il nome ufficiale è Trogkofel. Avendo incontrato due escursionisti nella zona più impegntiva ed altri due sul pianoro, mi aspettavo di trovare la cima frequentata. Invece non c'è nessuno e posso apprezzare in libertà il ragguardevole panorama, limitato però da forti foschie. È un vero peccato.

Inizio la discesa. All'altezza dell'intaglio deviazione per la cima Ovest cui si perviene seguendo una buona ed evidente traccia ma senza segnalazioni. Una manciata di minuti, non di più. Quindi avanti fiducioso, seguendo i bolli. Poco dopo mi pare di essere su un tratto non percorso in salita. Torno indietro e con sollievo ritrovo il sentiero principale (per la serie bivii non segnalati). Bella visione sul sentiero 403 e sulla casera d'Aip. Inizia la discesa lungo il tratto con maggiori difficoltà. Con calma e senza patemi. Ora l'ombra non c'è più, ma ci pensa qualche sporadica nuvoletta. Nemmeno in discesa mi pare ci siano punti esposti, a meno che uno non se li vada a cercare. La vera difficoltà sta nel non smuovere il ghiaietto presente. Arrivo alla base in mezz'ora. Potrei tentare il giro circolare ma basta così. Seguo il percorso dell'andata ma mi lascio tentare di raggiungere la grotta di Attila (sic). Che è, molto banalmente, un inghiottitoio di acqua. Ma nei pressi c'è un po' di preziosa ombra. Ancora qualche minuto, giusto per raggiungere la sella Val Dolce per prendere visione della zona che conosco poco. E quindi ritorno. 5h 20' in tutto, tenendo presente che sul tratto tecnico non ho avuto tempi tecnici di attesa.


       

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