"Alla ricerca di Beatrice"

"Dove è andato il tuo Diletto, o la più bella delle donne, dove si è diretto il tuo Diletto, perchè lo ricerchiamo con te?" (Dal Cantico dei Cantici 6,1)
La Storia. Il ritorno dell'antico e la venuta del nuovo.   Tutti i diritti riservati. Pulciko & Giannina
Avventura a Modena

I rapporti tra Modena e gli Estensi non furono esattamente un idillio.
Alcuni Estensi, quali Francesco III, nel 1777 hanno dato il via ad una grande opera di smantellamento di chiese, raggruppando le lapidi marmoree in una sorta di museo, che è visitabile al piano terra, nella stessa sede della biblioteca.
Vi sono lapidi di insediamenti del primo secolo avanti Cristo, lapidi di famiglia famose, ed il sarcofago di pietra di Adalberto Azzo II, un estense del 1100 (quando ancora gli Estensi non avevano assunto questo nome).
Sempre questo Francesco III, dato il gran numero di mendicanti insediato in Modena, cercò di far costruire un edificio in cui raccoglierli, che si rivelò troppo piccolo; lo destinò quindi a centro operativo per vari tipi di lavori, come la filanda.
Diciamo che la politica degli Estensi in Modena non portò forse a grandi frutti, e non è nemmeno chiaro il motivo della distruzione di chiese. E’ forse intuibile: gli Estensi, o quello che rimaneva di loro, fu cacciato da Ferrara dal Papa, in seguito ad un contratto stipulato con il Papato: gli Estensi dovevano abbandonare la signoria ferrarese in caso di mancata discendenza diretta di prole maschile.
E ripiegarono su Modena.
C’è anche da dire che i modenesi non hanno avuto un grande amore per gli Estensi: alla fine del 1920 furono distrutti gli ultimi bastioni delle mura, che circondavano Modena; al posto delle mura oggi c’è una strada.
Abbiamo recepito un senso di orgoglio nello smantellamento delle mura, quasi di liberazione, mentre i nuovi parchi e le nuove vie portano nomi di città dell’Est Europeo: non è cancellando il passato, per quanto brutto sia, che si costruisce il futuro.
Probabilmente molti episodi che i Modenesi associano agli Estensi, non sono edificanti; tuttavia ora, per turismo e commercio, Modena sta recuperando anche questa sua parte di storia, perciò speriamo che nel recupero possano emergere informazioni anche per noi.


Archivio di stato: Atto Primo

Giunti presso l’archivio di Stato di Modena, cerchiamo subito informazioni su Beatrice III: il nostro obiettivo era appunto trovare documenti, lettere, bolle papali….dopo il 1600; a causa della soppressione napoleonica tutti i dati relativi a qualunque faccenda storica e/o religiosa erano andati raggruppati proprio in tale archivio.

Alcuni esperti dell’archivio sostengono che questa Beatrice non sia mai esistita, che forse è una leggenda, o forse storie di Chiesa ed altre motivazioni.
A dimostrazione di ciò, estraggono dalla libreria un grosso volume di storia, e ci illustrano la genealogia estense: non c’è che dire, tale libro, scritto da insigne professore, accorda con la loro tesi.
Forti dei nostri studi, sosteniamo che sicuramente ci devono essere degli errori, visto che tanti altri ne hanno commesso, e che comunque Beatrice III ha pure avuto una discendenza.
Dopo varie insistenze, vengono aperte le tavole del vecchio Litta, in cui vi sono presentate le dinastie di alcune delle maggiori nobili famiglie, e finalmente troviamo indicata la nostra Beatrice, come figlia di Aldobrandino.
Ecco cosa dice il Litta, alla tavola VII:

“Parentado illustre, fine infelice. Un vecchio vedovo con figli, ma se ne innamorò. Tradita dall’ambizione essa le concesse la mano. In breve tempo rimase vedova. Bela successe al padre al trono d’Ungheria, odiava la matrigna. Beatrice incinta fuggì con dati mentiti per salvarsi dalla persecuzione del figliastro.
Si ritirò in Italia e diede alla luce Stefano che fu sposo della ricca erede Traversari e poscia Tommasina Morosini dalla quale nacque Andrea III, re d’Ungheria.
Visse Beatrice sempre in Italia con assegni di Innocenzo IV su 35 e più monasteri. Si ritirò poscia tra le monache di Gemmola istituite dalla zia, e preso il sacro velo colle maggiori prove di virtuosa rassegnazione all’umile suo stato, ivi morì nel 1245.
I Bollandisti parlano di lei con molto elogio.”

Anche il Litta fa confusione, ma almeno abbiamo ottenuto giustizia per l’esistenza di Beatrice; qualche responsabile di archivio è molto sorpreso, sia per la fama di chi aveva realizzato il volume di storia, sia perché il Litta è molto antecedente a qualunque scrittore contemporaneo.
Oltre al Litta, chi “detta legge” in Modena ed in Ferrara è il Muratori, famoso storico della casa d’Este, vissuto nel 1700: Muratori scrisse, tra le avarie opere, “Le antichità Estensi”.
Nelle “antichità estensi” non vi è scritto molto né per Beatrice I  né per Beatrice II, fondatrici di due monasteri, però c’è anche da ribadire che il Muratori non era particolarmente concentrato sugli aspetti religiosi.
A proposito della stessa esistenza di San Contardo, nella genealogia estense, lo stesso Muratori dichiara che qualcuno lo pone come uomo facente parte degli Estensi, ma egli, non avendo trovato documenti di suo soddisfacimento, non vuole attribuire alcun fondamento di verità:  sostiene solo che non ha trovato sufficiente documentazione, e non esclude che forse un giorno la si potrà trovare.

C’è però da sottolineare un importante fatto: il Muratori scrisse delle lettere sulla Beata Beatrice II, lettere che sono custodite nel monastero benedettino di Ferrara, e a parte il Mostardi, non sappiamo chi ne abbia avuto accesso.
Inoltre, si sa che vari documenti, dopo la chiusura del monastero sul Gemmola sono stati inviati a quello di Ferrara, proprio perché vi era questa continuità di rapporti familiari, perciò non è facile stabilire cosa sia stato scritto e cosa si possa leggere.
Noi seguiamo la tesi del monaco Bucellino, trovata in Praglia, e del Mostardi, che meglio hanno approfondito la vita delle Beatrici, secondo i quali Beatrice III è morta nel 1239, perciò non può aver ricevuto nessun assegno da Innocenzo IV, che nel 1239 non c’era.

Presunta ricchezza e presunta tristezza di Beatrice

La notizia dell’assegno sui 35 monasteri, elargita da Innocenzo IV, non regge molto, e non solo per il fatto che Beatrice non fosse più in vita.
Valutiamo i problemi della prima metà del Duecento.
Sappiamo infatti che il 1239 fu un anno molto difficile per la storia civile e religiosa.
Vi era allora Papa Innocenzo III, che aveva scomunicato Federico II.
L’Europa era divisa in guelfi, che parteggiavano per il Papa, e ghibellini, sostenitori della politica imperialista.
Federico II aveva anche guidato una crociata, senza tuttavia essere in accordo con il Papa, ed aveva concluso una sorta di trattato di pace con i musulmani: Gerusalemme ed altre zone furono restituite alla cristianità, eccetto le parti con le moschee, furono restituiti i prigionieri di guerra, e si decise per una tregua di 10 anni, in cui musulmani e Federico II si promettevano sostegno contro il nemico comune.
Il Papa non gradì tale compromesso, con i musulmani liberi di girare per la Terra Santa, con la Moschea sui luoghi Santi, e Federico II autoproclamato re di Gerusalemme, oltre ad altre varie lotte.
Così partì la scomunica: poi il Papa e Federico II ebbero modo di spiegarsi, la scomunica fu ritirata, vi furono ancora varie liti, fino a quando Innocenzo III morì, e Federico II salutò la sua morte con gioia, inviando lettere di giubilo in tutta Europa.
Il conflitto tra guelfi, che parteggiavano per il papato, e ghibellini (quelli favorevoli all’impero, e quindi a Federico), esplose nuovamente, tanto che Federico II prese in ostaggio anche vescovi e cardinali.
Lasciò andare un paio di cardinali per l’elezione di un nuovo Papa, dato che Innocenzo III era morto: i cardinali si riunirono in conclave per la votazione, ma senza raggiungere risultati, data le tensione politica.
Così si decise di rinchiudere tutti gli alti prelati in clausura stretta, durante la quale morì anche uno di questi: dopo due mesi finalmente elessero Papa Celestino V, che morì in poco tempo. Si dice fosse vecchio e malaticcio già prima dell’elezione.
Intanto i due cardinali rapiti, dopo il conclave, erano tornati diligentemente a fare da ostaggi a Federico, come gli avevano promesso (non sappiamo se come atto di coraggio o per paura).
Tra lotte, ostaggi, guerre e sicuramente tanta paura, per ben due anni il mondo restò senza Papa; poi fu eletto appunto Innocenzo IV.
Perciò Innocenzo IV potè concedere questo assegno a Beatrice solo dopo il 1243; inoltre, data la situazione, aveva questioni molto urgenti da affrontare, e certamente bisogno di denaro per fermare i movimenti ereticali, che stavano prendendo sempre più forza, e per riassestare il papato.
All’epoca gli stessi monasteri dovevano versare tasse e tributi al papato; vi sono state molte lotte per ottenere potere sui monasteri, e detenere benefici, su un singolo monastero, non era per niente facile. Non si poteva conquistare un monastero con la forza, perché si veniva scomunicati, perciò vari signorotti e marchesi vi tentavano con la diplomazia, con accordi, come promessa di elargire soldati in caso di guerra.
E tutto questo lavorio diplomatico per un solo monastero: come poteva Beatrice ricavare diritti non su uno ma su 35 e più monasteri? Inoltre la somma che ne avrebbe ricavato sarebbe stata una fortuna immensa, perciò non si capisce il tono così mesto riguardo alla vita di Beatrice, a questo suo ritirarsi rassegnato.
Oltre all’assurdità che il Papa concedesse un simile beneficio, con il rischio che poi lo esigessero gli Estensi, come eredità: già gli Estensi vi avevano provato, per questioni di eredità, ad accampare diritti su quello di Pomposa, ma senza i risultati sperati.
Inoltre Beatrice era, non solo regina d’Ungheria, ma principessa estense, perciò ci sembra inverosimile tanta rassegnazione alla sua infelice sorte.
Il problema di Beatrice non fu esattamente di denari, ma per la sua stessa vita in pericolo; lo sapevano bene, il regnante sul trono e l’aristocrazia ungherese, che lei era la legittima regina, che era sfuggita alla loro prigionia, e che il figlio Stefano poteva vantare legittimi diritti sul regno. Tra l’altro Stefano somigliava molto al padre, perciò tutte le storie di tradimenti e quanto di peggio non reggevano.
E Beatrice ben sapeva che a morire ci voleva tanto poco, quando si hanno un certo tipo di nemici: suo padre era infatti morto avvelenato in Ancona. Suo marito morì, si dice, di malattia.
Perciò Beatrice se ne andò nel convento fondato da sua zia, Beata Beatrice I, sul Gemmola, rifugiandosi sotto le ali di Dio e le ali della santità di sua zia, ben sapendo che il male si insinua ovunque, e che trova sempre alleati, anche negli ordini religiosi.
Suo figlio Stefano visse alla corte estense, come tutti gli altri ragazzi, cioè con la Beata Beatrice II, suo fratello e le sue sorelle, sotto le cure di Mabilia ed Azzo VII.
Tra l’altro, qualcuno sostiene che Beatrice si fece suora, altri che non prese mai il velo, ma visse santamente: infatti vivere santamente non implica essere suore, ed essere suore non è garanzia di santità.


La curia di Modena

Come ci è stato riferito dal Mostardi, il culto “ab immemorabili”, dedicato a Beata Beatrice III, è stato assegnato alla Diocesi di Modena, ma a Modena nessuno sembra ricordare nulla.
Certamente, se un qualunque storico ecclesiastico legge il lascito di assegno su 35 e più monasteri, è probabile che rida per pezzo, e magari annulli anche tutte le altre informazioni, senza valutare cosa ci sia di vero. Dopo tante insistenze, la Curia di Modena ci rimanda al monastero benedettino di Ferrara.
 

La chiesa di Sant’Agostino

Continuando il nostro viaggio, andiamo a visitare varie chiese, e finalmente approdiamo alla chiesa di Sant’Agostino.
Questa chiesa, come altre in Modena, era di stile romanico, cioè uno stile molto duro, essenziale, rigoroso. Nel 1660 gli Estensi decidono di ristrutturare la chiesa, che necessitava di un certo recupero, e ne cambiano completamente lo stile, preferendo il barocco, ricco di fregi, di statue, di colonne tortili e di tutte le possibili elaborazioni.
L’altare maggiore diventa un pantheon atestinum, un luogo dove troneggiano i santi della casa d’Este, rappresentati da possenti statue, alte più di un paio di metri, recanti ai piedi scritte descrittive.
Le statue sono state realizzate tutte nel 1662-63.
Tra queste vi troviamo:
Beata Beatrice I
Beata Beatrice II
Beata Beatrice III, regina d’Ungheria
San Contardo.

Con nostra grande gioia, anche se le mura estensi sono stare distrutte, i documenti cartacei persi, bruciati o smarriti, non hanno ancora smantellato le statue dalle chiese, e nemmeno Francesco III ha fatto i suoi danni.
Un sacerdote, che è di passaggio, e non è parroco del luogo, dice di non saperne nulla: lo conduciamo sotto la statua di Beatrice III, per sottolineare che non è nostra invenzione.
Il prete ci mostra un bel libro, di recente pubblicazione, molto illustrato, che però non riporta alcuna informazione su Beatrice III.
Così ci rechiamo in seminario, per acquisire eventuali dati, ma neppure là apprendiamo notizie edificanti: non hanno nulla, non vi è nulla.


L’Archivio di stato: Atto Secondo

Ritentiamo l’accesso ai dati dell’archivio di stato in Modena, in un successivo viaggio.
Iniziamo perciò a controllare i fondi, ed in particolare il fondo Z: i fondi sono blocchi di documenti storici, non sempre ben identificati od inventariati, accomunati tuttavia dal medesimo argomento.
Perciò valutiamo bene i documenti di santi e beati, e troviamo reperti stranissimi: preghiere, inchieste su miracoli, reliquie e persino una soletta di scarpa, che voleva significare l’impronta del piede della Madonna.
Sulle Beatrici troviamo una sorta di decreto, scritto in latino, con la messa solenne nei giorni ad esse dedicati: le ricorrenze avevano valore di messe di precetto.
Su Beatrice III non abbiamo trovato nulla, però tale documento era conservato molto male, con pagine strappate.


Abbazia di Nonantola

Proseguendo l’itinerario in terra modenese, ci rechiamo a Nonantola, dove si erge un antico monastero benedettino. Dopo aver esposto il caso ad un monaco del luogo, apprendiamo che non vi sono notizie su Beatrice III, e che gli appartenenti alla casata estense hanno  attualmente problemi con cause di beatificazione.
A Sassuolo, provincia di Modena, c’è un monastero di carmelitane, in cui visse e morì una nobile estense. Nonostante vi siano tutti i miracoli richiesti per la causa di beatificazione, e nonostante il Papa del momento, Giovanni Paolo II, avesse dato una notevole accelerata alle tante cause sospese, non vi erano cambiamenti per questa estense.
Di ciò il monaco se ne rammaricava molto. Condividendone il rammarico, ce ne partiamo da Nonantola.


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