"Alla ricerca di Beatrice"

"Dove è andato il tuo Diletto, o la più bella delle donne, dove si è diretto il tuo Diletto, perchè lo ricerchiamo con te?" (Dal Cantico dei Cantici 6,1)
La Storia. Il ritorno dell'antico e la venuta del nuovo. Tutti i diritti riservati. Pulciko & Giannina

DISCORSI su Beatrice III



Analizziamo ora quello che abbiamo trovato a proposito della Beata Beatrice III, oltre allo serio studio del monaco Mostardi.
Partiamo subito da Bibliotheca Sanctorum edita nel 1962, vol. II pag 994, trovata nell’abbazia benedettina di Praglia, alla voce di “Beatrice”.

"Beatrice d’Este, vedova, beata.
Figlia del marchese d’Este Aldobrandino I, nacque poco prima la morte del padre (1215).
Non ancora ventenne (1234), sposò Andrea II il gerosolimitano, re d’Ungheria, il quale nello strumento di nozze offrì alla giovane sposa una ricca dote, quasi presagendo le lotte che si sarebbero aperte per la sua successione.
Alla morte del marito (7 marzo 1235), Beatrice si sottrasse alle competizioni dei figli del primo matrimonio di Andrea, i quali avevano malvisto le successive nozze del padre, e si ritirò alla corte dello zio Azzo, dove diede alla luce Stefano, padre del futuro re d’Ungheria Andrea III.
Oltre che all’educazione del figlio, si dedicò alla vita religiosa, frequentando il monastero di Gemmola, fondato dall’omonima zia morta nel 1226.
Visse di grande umiltà, dimostrandosi donna grandis animi.
Morì ancora giovane nel 1239 (11 o 23 luglio), e fu sepolta accanto alla zia.
Il Bucellino (Menologium Benedectinum pp 515-516) ci attesta il culto tributato a Beatrice fino al secolo XVII.
Autore: (Dante Balboni) Bibliografia: G. B. Pigna"


Le informazioni sono molto asciutte e combaciano molto con le ricerche del Mostardi, anche se questi sostiene sia morta in febbraio, sempre del 1239.
D’altra parte, la data di morte del 1239 è attendibile, perché il Bucellino era monaco attento e direttamente coinvolto nella stesura informativa di documentazioni sui monasteri benedettini.
Invece le informazioni che provengono dall’Ungheria, o da riviste che sono estratti di tali cronache, sono molto diversi, e conservano, a nostro parere, molte contraddizioni ed un certo veleno per Beatrice.
Riportiamo ora alcuni estratti del Tencajoli, provenienti dalla rivista corvina, con approfondimenti dalla tradizione ungherese, li confrontiamo con la lettera ungherese e le fonti in nostro possesso.

Si legge dal Tencajoli:
Beatrice, nata nel 1212, era figlia naturale di Aldobrandino d 'Este, marchese di Ferrara, Podestà di Verona e di Mantova, Vicario dell 'imperatore Federico I I nelle Puglie, e capo autorevole della parte guelfa in Italia. Il nome della madre di Beatrice - probabilmente qualche gentildonna ferrarese -i cronisti dell 'epoca non ce lo hanno tramandato: sappiamo però che essa morì poco dopo la nascita della figlia.
Morendo egli lasciò tre figli in tenerissima età: un maschio, Bonifazio, che morì in guerra a Treville e non potè succedergli perchè illegittimo; e due femmine, Beatrice sposata al Re Andrea I I d 'Ungheria e Alessina sposata a sua volta, ad Alberto duca di Brunswick.
Azzo VII d 'Este, detto anche Azzo Novello, già Podestà di Vicenza, successe nelle signorìe di Ferrara e di Este al fratello Aldobrandino. Prese la tutela dei tre orfani: tenne il maschio a Corte ed affidò le femmine alle cure di sua sorella Beatrice, la quale viveva ritirata dal mondo in un chiostro. Sperava così che le nipoti prendessero il velo, un giorno, per impadronirsi dell'eredità allodiale di Aldobrandino.


Intanto, le molte fonti, Bucellino in testa, concordano con la nascita di Beatrice nel 1215: lo stesso Litta porta questa data, e visto che il Tencajoli cita il Litta varie volte, non capiamo come possa credergli a suo piacimento.
Il Tencajoli è l’unico autore in Italia tanto fortunato da sapere che Aldobrandino ebbe tre figli, poiché in genere Beatrice è stata riportata come figlia unica, e di recente è stato scoperto un secondo figlio, San Contardo. Peccato che il Tencajoli non citi le sue fonti.
Azzo VII, come notato sapientemente dal Mostardi, non tutelò alcun orfano, perché egli stesso all’epoca era un ragazzino, e per giunta in mano ai banchieri fiorentini, lasciato lì in pegno da suo fratello.
Toccherà ad Alisia, madre di Azzo VII, prendere in mano le redini della casata, riscattando con i suoi averi Azzo dai banchieri, e tenendo alla Corte di Calaone gli orfani. Non risulta che nessuna bambina fu spedita sul Gemmola.

Si legge dal Tencajoli:
Beatrice dal canto suo, sapendo di fare cosa grata allo zio, ma più ancora sedotta dal fastigio della regalità, acconsentì a diventare la sposa di re Andrea II. L 'idea di cingere prima della sua casa il diadema reale, aveva vinte tutte le sue esitazioni ! Convenuta ogni cosa fra Azzo ed Andrea circa le modalità del matrimonio, il Re lasciò Ferrara per recarsi in Ungheria a darne avviso ai magnati, e preparare a Beatrice un degno ricevimento nel Regno.

In pratica Beatrice è messa in luce come un’arrampicatrice, che non vedeva l’ora di diventare regina: veramente si dimentica che Beatrice visse in una corte fastosa e culturale, quella estense. Inoltre chi perde il padre, avvelenato, le muore poco dopo la madre, conosce le traversie degli Estensi con Ezzelino, ben sa che è così facile morire e perdere tutto, anche se si è marchesi.
Poi non si capisce come Andrea II abbia combinato questo matrimonio in Ferrara, che non era ancora in mano agli Estensi.

Si legge dal Tencajoli:
Verso la metà del marzo 1235 giunse a Ferrara una numerosa ambasciata ungherese a prendere la sposa, ma Azzo che in quel momento si trovava in grandi angustie finanziarie e non poteva pagare la dote fissata, cercò ritardare la partenza della nipote, Saputa la cosa, Andrea II che era impaziente di avere presso di sè la novella sposa, rinunziò alla dote e pari rinunzia fece sottoscrivere a Beatrice, con grande gioia del Marchese, Preso commiato dalla famiglia, Beatrice s'avviò per terra verso la sua nuova patria, accompagnata da molti baroni ed ecclesiastici italiani. Facevano parte del seguito Guidotto vescovo di Mantova, rappresentante la Casa d 'Este, Matteo da Correggio, Raimondo dal Camino, il Conte di San Martino, il Conte Schenella, Arnoldo Savioli, il Conte Occati di Padova, il Cavaliere Raimondino da Treviso, ed altri famigliari, oltre 200 cavalli superbamente bardati, e 20 mule portanti il corredo, il vasellame ed i preziosi della sposa.

Alla metà di marzo 1235, Andrea II era morto da poco, per cui sicuramente il Tencajoli avrà commesso un qualche errore. Non è credibile nemmeno la storia della dote, poiché poi accenna a 20 mule che trasportano questo corredo, con i preziosi ed il vasellame.

Si legge dal Tencajoli:
venne acclamata regina dagli araldi, sebbene un esiguo partito di signori, capitanato dal figliastro Bela, non volesse riconoscerla. Il matrimonio venne quindi celebrato con molto sfarzo nella chiesa della Beata Vergine il giorno 14 successivo, seguito dalla incoronazione, come ne fa fede il relativo atto conservato tuttora, rogato dal notaio Zanabono di Lonato e firmato dai testimoni italiani ed ungheresi. Funzionarono lo arcivescovo di Strigonia ed il vescovo di Mantova, pronunziando entrambi commoventi allocuzioni latine, in cui venivano esaltati i pregi e le virtù della sposa, il valore e la pietà del Re.
Appagata nell'ambizione, Beatrice credeva ora di vivere felice accanto al marito, ma presto invece dovette comprendere lo sproposito fatto nel lasciarsi abbagliare dai miraggi della corona reale!
Oramai il passo falso era fatto, e per giunta irrimediabile !
Benchè Andrea II fosse innamorato di lei, pure essa non era felice: costretto dalle continue ribellioni dei sudditi, che scuotevano le basi dello stato, e dalla guerra mossagli da Federico II, egli era sovente obbligato a trascurarla, ciò che le procurava grande amarezza.

Ci sconvolge la sicurezza con cui si afferma che Beatrice abbia fatto questo passo falso, e che fosse una donna così sfrenatamente ambiziosa, poiché non vi sono alcune prove a riguardo, se non opinioni molto personali e romanzate, ma sarebbe bene che ciò fosse espresso chiaramente. Dubitiamo che Beatrice credesse nelle favole in cui tutti vivono felici e contenti.

Si legge dal Tencajoli:
Odiata dai figliastri Bela e Coloman, sentiva il vuoto crescerle d 'attorno: di condotta irreprensibile, ma senza autorità, senza prestigio, essa seguiva talvolta il Re, figura passiva e dolorosa, nelle sue peregrinazioni guerresche a traverso il, vasto Regno.
Il paese non le piaceva: abituata alla dolcezza ed alla signorilità italiana, trovava gli Ungheresi semibarbari, incolti, rozzi. Lei, l'altera figlia degli Estensi, soffriva crudelmente, e l'affezione del re non valeva a compensarla della guerra spietata ed accanita di Bela, della di lui moglie Maria, la Greca, la quale odiava la razza latina e mal volentieri cedeva il passo alla regina italiana. Soffiavano nel dissidio, per ragioni politiche, alcuni potenti e ricchi magnati.


Prima il Tencajoli presenta Beatrice rinchicusa nel convento sul Gemmola; ora la immagina "abituata alla dolcezza della vita italiana e signorile" e quindi disgustata da quella rozza degli Ungheresi. A proposito di tale rozzezza, l'Ungheria fu paese civile e raffinato, e portato ad esempio anche presso gli stessi studiosi Gesuiti. La corte d'Ungheria era molto  ricca e potente, e lo stesso seguito che accompegerà la figlia di Andrea II, santa Elisabetta d'Ungheria, al suo matrimonio, sarà fastoso e principesco. L’odio dei figliastri o della stessa corte ungherese è cosa nota, non solo per Beatrice.

Si legge dal Tencajoli:
La regina, fuori del Re, non aveva altra persona di potersi fidare che il vicerè Dionigi, e gli avversari ne approfittarono subito per lanciare l'accusa che egli era il suo amante e fecero strazio della riputazione di lei. Andrea II, vecchio e stanco, non sapeva far rispettare la consorte con quella fermezza di volontà, che sarebbe stata necessaria. Ammalatosi improvvisamente, moriva il 7 marzo 1235, lasciando Beatrice senza appoggio e senza credito nel paese, travagliato da gravi e molteplici dissensi.

Più di qualcuno, in varie biografie, rimproverò a Beatrice di aver sposato un vecchione, pur di diventare regina. Certamente l’insinuazione all’amante cade proprio giusta: ci fa pensare che poco sia cambiato da allora ai nostri giorni. Ci viene pure il motivato sospetto che Beatrice fosse anche bella, anzi, da alcune testimonianze era pure avvenente, perciò invidiata, oltre che osteggiata per questioni di potere. Da altre fonti, si veda ad esempio un documento redatto dai Gesuiti, presente anche in questo sito, Andrea II era dipinto come uomo coraggioso, pio , generoso ed ottimista.

Si legge dal Tencajoli:
Giunse a Ferrara stanca ed affranta; quivi il piccolo Stefano venne proclamato Principe Reale d'Ungheria dalle truppe estensi, ed avviso della sua nascita venne inviato a tutte le corti d'Europa, e particolarmente a Bela, che non volle riconoscerlo come fratello, e lo dichiarò illegittimo. Beatrice col figlio, conosciuto nella storia sotto il nome di Stefano il Postumo -visse qualche anno in Este, non potendo rimanere oltre a Ferrara, ove più sanguinose che mai dominavano le passioni di parte. Lo zio Azzo, data la situazione critica in cui si trovava, non potè esserle che di ben poco aiuto nelle rivendicazioni sue e del figlio per il riconoscimento, per cui dovette ricorrere ad alcuni vecchi e provati amici di suo padre, che le vennero in soccorso e la protessero. Da questo punto anzi, i fatti della di lei vita ci sono poco noti, per quante ricerche noi abbiamo fatte sia nelle storie italiane che ungheresi.

In Ferrara Beatrice non ci andò, perché gli Estensi erano in Calaone, e dal 1236-1238 in Rovigo. Ad Este non ci visse mai: là il castello era stato distrutto ancora prima della sua nascita e doveva essere risistemato. Ma in Este ormai gli Estensi non si sentivano sicuri.
C’è chi sostiene che Stefano sia nato in Calaone (Monsignor Felisatti ed un documento presso museo Correr in Venezia). Il documento del Tencajoli dice che si rifugiò in Ferrara, e successivamente sostiene che il figlio le nacque nel 1936. Ora, se alla morte di Andrea in marzo era incinta, è difficile che il figlio sia nato nel 1936, semmai a fine del 1935, per un semplice calcolo temporale.
Chi fossero questi vecchi amici di Aldobrandino non lo sappiamo né ci è dato di conoscere, perché Tencajoli non dice nulla. Dice che poi non vi furono più sue notizie: diciamo che Beatrice morì nel 1239, e si ritirò sul Gemmola, per quello che ne sappiamo.

Si legge dal Tencajoli:
Essa ebbe il dolore di vedere le calamità più terribili piombare sulla sua famiglia: lo zio Azzo cacciato da Ferrara e messo al bando dall'Impero nel 1239, e gli altri suoi membri dispersi e perseguitati.
Accettò quindi con riconoscenza, l'assegno di lire 25 mila concedutole da Papa lnnocenzo IV sulle rendite di trentacinque monasteri, ciò che le permise di vivere comodamente e di provvedere al figlio. In Ungheria essa non ritornò più: quel paese le ricordava troppi dolori, troppe delusioni; da Este andò a Ferrara, quando nel 1242 Azzo riconquistò il dominio della città.


Non abbiamo testimonianze di questo assegno concesso dal Papa, se non nelle tavole del Litta, che però non cita alcuna fonte. E comunque Innocenzo IV compare sulla scena solo nel 1243: e fino ad allora come avrebbe vissuto? Non può essere tornata a Ferrara nel 1242 perché era già morta.

Si legge nel Tencajoli:
I cronisti parlano anche vagamente di qualche sua gita a Venezia per trovare protettori a Stefano che mise sotto l’usbergo della Repubblica, la quale in guerra col Re Bela IV per il dominio della Dalmazia, pare si sia anche interessata per il ricupero di certi suoi crediti in Ungheria e per farle sborsare le dotazioni a lei assegnate dal defunto Andrea II.
Poscia, stanca del mondo e malaticcia, si ritirò nel convento di Gemmola, sui Colli Euganei, fondato da una sua zia, la Beata Beatrice, ed ivi prese il sacro velo, dopo aver raccomandato allo zio Azzo ed al Pontefice il principino Stefano suo figlio, il quale, venne accolto nella Corte di Ferrara ed educato dal cugino Rinaldo.
Visse Beatrice, rassegnata al suo umile stato, fra le monache di Gemmola fino al 1245, anno di sua morte, dopo aver dato le maggiori prove di virtù e di pietà.


Beatrice, morta nel 1239, affidò Stefano a Mabilia, matrigna di Beatrice II ed allo zio Azzo VII, gli unici che all’epoca potevano prendersene cura seriamente. Tra l’altro, Rinaldo, figlio di Azzo VII fu inviato prigioniero di Federico II, nel 1239. Di certo a Rinaldo nel 1239 non gli si poteva affidare la prole; egli era prigioniero di Federico II, ed in tale stato morì. Nel 1240 a Ferrara erano già tornati gli Estensi, in modo molto più costante e definitivo, sempre con Azzo VII a capo del territorio. Inoltre, se Beatrice sei fosse recata in Ungheria, rischiava di essere assassinata: era pur sempre la regina d'Ungheria, con tutti i diritti del caso, e non risulta che avesse rinunciato al trono. Semplicemente non poteva avere accesso al posto che le competeva, a causa di chi avrebbe insidiato la vita sua e del figlio.

Le norizie riportate dal Tencajoli sono storicamente piene di errori, dimostrabili: per il resto sono giudizi suoi, ai quali è comunque difficile prestare attenzione. E' comunque una testimonianza di come certe ricostruzioni di fantasia siano spacciate per vere.

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