LABBAZIA DI S.STEFANO |
· STORIA |
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La torre campanaria di S.Stefano che sorge nellarea degli attuali giardini pubblici è lunico elemento architettonico superstite dellomonimo complesso abbaziale che si può vedere nell'immagine qui riportata. Larea si trova nel punto in cui i Romani sistemarono i banchi sabbiosi degradanti dalle colline dioritiche. In qualche punto di questo piano si trovava la "petra mali consilii" che segnava il luogo del mallo, uno spazio ampio e aperto dove si teneva lassemblea legale degli uomini aventi diritto a portare le armi. Questo spazio si estendeva ante ecclesiam Sancti Stephani che probabilmente esisteva già dal quinto secolo. A destra, al di fuori delle mura, vi era il quartiere di Albeto, territorio parrochiare di S.Stefano abitato prevalentemente da tessitori. Già prima del mille, questo terreno, prosciugato, doveva essere attraversato da un canale che progressivamente, aumentando la propria portata, si trasformerà nel Naviglio. Nella prima metà dellundicesimo secolo ci furono due importanti iniziative vescovili: la costruzione di una nuova cortina difensiva verso Est e limpianto di unabbazia benedettina allestremità sud-est. Non conosciamo con esattezza le ragioni dellinsediamento di monaci Benedettini ad Ivrea, si può però ipotizzare la necessità di bonificare la paludosa e boscosa riva sinistra della Dora. Il complesso abbaziale assicurava una costante vigilanza in questo punto della città, oltre a costituire, con il proprio perimetro di solidissima muratura a ridosso del fiume, un ostacolo assai difficile da aggirare. Il campanile era soprattutto una struttura di avvistamento e comunicazione e, alloccorrenza, di difesa, pronta a far giungere con il suono delle campane, oltre che linvito alla preghiera, il richiamo alle armi. I religiosi del ramo cluniacense, provenienti da Fruttuaria, lavorarono al vasto complesso abbaziale fondato dal vescovo Enrico II presso unantica cappella dedicata a S.Stefano (1041). In questo periodo labbazia vide la presenza di molti monaci e fu particolarmente fiorente. Il 10 gennaio 1451 il papa Niccolò V concesse al duca Ludovico di Savoia di nominare soggetti di sua fiducia titolari dei benefici al momento non assegnati. Le abbazie piemontesi si popolarono di parenti e amici dei Savoia con riflessi negativi sul livello spirituale delle istituzioni religiose. Il monastero di S.Stefano cadde nelle mani dei Ferreri (o Ferrero ) biellesi che appaltarono per un secolo circa il titolo vescovile e il prioriato di S.Stefano, reggendoli anche per procura. I priorati dei Ferreri coincisero con la rovina materiale dellabbazia. Nel 1544 la città, sotto il dominio spagnolo, cadde nelle mani del vicerè francese Carlo Cossè di Brissac che, per potenziare le difese della città dalla parte del fiume, fece demolire la chiesa. Nel 1561 i monaci si adattarono una cappella di fortuna vicino al campanile; nel 1579 poiché non esistevano più i sobborghi esterni orientali (distrutti dagli Spagnoli, in quanto costituivano un passaggio vantaggioso per i nemici); né la chiesa parrocchiale (distrutta da Brissac), la parrocchia di S.Stefano fu soppressa e unita a quella di S. Lorenzo. Allabate Augusto Filiberto Scaglia di Verrua (1671-1697) si deve la costruzione della 4° chiesa di S.Stefano. Ormai, sotto il profilo spirituale, il monastero è fortemente decaduto, rimane invece come produttore di redditi che affluiscono sotto forma di affitti e di derrate alimentari (granaglie, legumi, uva, polli). Alla scomparsa dellabate Scaglia, labbazia resta vacante per 31 anni amministrata dalla Camera dei Conti di Torino. In questo periodo essa è unazienda la cui gestione viene data in appalto al miglior offerente. Il fittavolo prende in consegna lintero complesso monastico, chiesa compresa con mobili, arredi, archivio, cascine, e lo amministra pagando lo stipendio al Vicario di S. Lorenzo e ai sacerdoti incaricati di dire Messa alla parrocchia dei SS. Pietro e Donato e nella chiesa abbaziale. Nel Marzo del 1709, delegato dalla Camera dei Conti, viene ad Ivrea il Conte e Senatore Beraudo di Pralormo che stende una relazione sulle riparazioni necessarie alla Cattedrale, ai beni del vescovato e allabbazia di Santo Stefano dal momento che durante lassedio dei Francesi essa è servita da caserma e da magazzino. Riparati i danni di guerra la Camera dei Conti si trova a fronteggiare una nuova emergenza, poiché larchivio dellabbazia contenente documenti di grande importanza è chiuso a chiave e nessuno sa dove reperirla, inoltre si comprende che molte carte sono divorate dai topi. Intanto numerosi affittuari e debitori ne approfittano per eludere i pagamenti o fare opposizione o usurparne i terreni. Quando nel 1721 gli addetti entrano in un locale rivolto verso la Porta Grande, vi trovano un mobile in cui sono contenuti libri e scritture lacerati dai topi, tanto che in terra vi è una grande quantità di frammenti finemente triturati. Le scritture vengono estratte una ad una e riposte con cura, mentre i frammenti vengono sigillati in un sacco, per eseguirne linventario. Nel 1726 Ling. Castelli, progettista e direttore dei lavori del nuovo magazzino (Granaio) addossato al campanile, procede alla misura e stima di una serie di lavori di restauro degli edifici abbaziali (sostituzione di travi portanti, rifacimento delle coperture, installazione di vetri e inferriate e un parziale rinnovo delle attrezzature del campanile). Nel 1743 viene nominato abate Gaspare Amedeo S. Martino della Torre a cui si deve il riordino dellarchivio. Tra il 1747 e il 1757 labate vende gli edifici superstiti del complesso monastico, eccetto il campanile e il granaio, al conte Carlo Francesco Baldassarre Perrone di S Martino, che li demolisce per ingrandire il proprio giardino. Al posto della chiesa, venduta e demolita, labate trasforma in quinta chiesa di S. Stefano il granaio addossato al campanile. Alla morte dellabate di S. Martino labbazia resta vacante per un anno, poi gli succede per procura Carlo Ballard di Roccafranca che muore nel 1788. Dopo otto anni e otto mesi il Cardinal Gerdil ne prende possesso per procura, ma nel 1880 essa è incamerata dal governo repubblicano (francese). Nel 1885 la chiesa viene destinata dal Comune a Lazzaretto in caso di epidemia. Nel frattempo alla chiesa si era addossato a est un altro fabbricato ospitante al piano terra unofficina elettrica (1892) e poi unosteria. Nel 1898 lultima chiesa di S. Stefano, in occasione di un abbellimento dei giardini pubblici viene demolita, lasciando il campanile in perfetta solitudine. |