LA RIUNIONE DI REGNANO E LA NASCITA
DELLA DIVISIONE GARIBALDI LUNENSE
Il 17 luglio 1944 si verificava, in Garfagnana, un fatto che avrebbe avuto conseguenze impreviste per il movimento partigiano.
Nella notte accadeva che tre uomini venivano paracadutati da un aereo inglese e toccavano terra nei pressi de La Croce di Stazzana. Erano tre italiani: Renzo Barocci (nome vero: Roberto Battaglia), Bruno (Innocenti) e Vita (Vitaliani). Facevano parte della missione “Turdus” e l’atterraggio era stato perfetto. Solo che invece di atterrare sulle montagne reggiane, dove era diretto, era atterrato in Garfagnana, cioè nel posto sbagliato.
Essi, infatti, avrebbero dovuto raggiungere il maggiore Johnston che organizzava le brigare emiliane sulle montagne reggiane e modenesi.
Appena si fece giorno i tre si resero conto di non essere dove avrebbero dovuto essere e decisero di salire verso l’alto nella speranza di trovare qualche banda partigiana. Cosa che puntualmente accadde allorchè furono intercettati da partigiani della Banda Tony (ex Banda Coli, che cambiò nome quando ne assunse il comando il maggiore inglese Antony Oldham).
I tre furono portati alla Foce di Careggine dove aveva sede il comando della banda e presentati al maggiore. Il quale ebbe bisogno di qualche giorno per avere conferma della vera identità dei tre, che – pare – furono tenuti controllati (se non prigionieri) fino all’arrivo della conferma.
Subito Oldham inviò una missiva a Johnston per informarlo di quanto era accaduto e questi inviò una pattuglia di una trentina di uomini per recuperare i tre della missione “Turdus” e la radio-trasmittente che era stata paracadutata con loro. A quel punto Oldham decise di avere un abboccamento con Johnston e il 30 luglio partì, unendosi agli emiliani e ai tre della “Turdus”, con quaranta uomini suoi di cui 15 erano russi, disertori dell’esercito tedesco. Raggiunta la montagna emiliana, però, la trovarono sconvolta da un vasto rastrellamento dei tedeschi, per cui si ritirarono sul Monte Tondo, più o meno sul confine fra Emilia e Toscana e ne fecero la loro base.
Finito il rastrellamento Oldham e Jonhston si incontrarono e decisero di organizzare una riunione per cercare di dare unità al movimento partigiano e creare, così, una vera e propria divisione.
Il luogo stabilito per la riunione fu Regnano, paese montano in comune di Casola Lunigiana, dove operava la Banda Marini, e la data fissata fu l’8 agosto 1944.
Furono invitati i rappresentanti delle bande della Garfagnana, della Lunigiana, dello spezzino e del massese, oltre ai rappresentanti emiliani.
E la sera dell’8, quando già cominciava ad imbrunire, i convenuti si riunirono in una delle più belle e antiche case di Regnano: Ca’ Malaspina.
Questa casa aveva una grande sala entro la quale era stato apparecchiato un grande tavolo a ferro di cavallo, intorno al quale presero posto i convitati. (La sala, raffigurata qui sotto, è rimasta immutata negli anni e si presenta ancora esattamente come era all’epoca della riunione)
Dice il Dottor Coli “”Ci furono offerti e signorilmente serviti gli aperitivi, quindi ebbe inizio un pranzo che io non esito a definire luculliano, accompagnato da numerose bottiglie di buon vino. “”
Dice anche, il Dottor Coli, che intorno a quel tavolo sedevano, secondo quel che ricorda, il Maggiore inglese Oldham, il Maggiore statunitense Jonhston, comandante delle brigate emiliane con Eros, Commissario politico delle stesse, i tre della missione “Turdus” Barocci, Bruno e Vita, Marini, capo della banda di Regnano, suo cognato Azzari, sottufficiale di marina Radio Telegrafista, a suo tempo paracadutato nella zona, il Maggiore Contri, capo di una banda del Carranese, con base a Campocecina, Net, rappresentante dei Patrioti Apuani, un rappresentante della Brigata Muccini, Giulio Carozzo, ufficiale spezzino al seguito di Johnston e , infine, come rappresentanti della Garfagnana, lo stesso Dottor Coli con Zerbini e Bertagni della Banda di Careggine, nonché il Tenente Marco (Giorgio Ferro) e Mondini della banda di Borsigliana. Sono, quindi, diciassette i presenti ricordati dal dottor Coli, il quale, però, dice che ce ne erano almeno un’altra decina di cui non ricorda i nomi. In totale, perciò, i convitati dovevano essere intorno alla trentina,
Verso le 11, al termine della cena, che si era protatta a lungo e “”…si svolse in un clima fortemente euforico con animate discussioni…””, Barocci si alzò per illustrare il progetto di unificazione di tutte le bande in un’unica divisione partigiana con comando unico, al fine di potenziare l’attività delle bande e anche di ottenere maggiori aiuti dagli alleati. Alla proposta chiara e dettagliata seguì una animata e lunga discussione cui seguì una votazione che approvò la proposta stessa all’unanimità. I rappresentanti dei Patrioti Apuani e della brigata Muccini dissero che avrebbero riferito ai loro comandi (che, infatti, aderirono in un secondo momento).
Nacque, così la Divisione partigiana Garibaldi Lunense, che pose il comando sul Monte Tondo. Secondo Coli il nome Garibaldi non stava a significare una connotazione ideologica comunista ma fu voluta da Oldham per l’ammirazione che nutriva per il nostro eroe risorgimentale.
La divisione era
composta da quattro brigate: La prima
fu la Brigata Garfagnana e fu comandata dal Dr. Abdenago Coli. Essa aveva il
comando alla Foce di Careggine e contava 350 uomini. La seconda ebbe come
comandante Contri, di La Spezia e pose il comando a Campocecina, sul crinale
fra il carrarese e la Lunigiana.
Contava 500 uomini. La terza fu la Brigata “La Spezia” comandata da Pietro
Marini (Diavolo Nero), che pose il comando a Regnano in Lunigiana e contava 350
uomini. La quarta fu comandata da Bertolini ed ebbe il comando a Comano, vicino
al passo del Lagastrello. Aveva 300 uomini. Inoltre, come già detto, avevano
accettato di farne parte la Brigata Muccini che operava nel Sarzanese ed era
forte di 700 uomini e i Patrioti Apuani di Pietro Del Giudice che assommavano a
1100 uomini. Pare che l’intera forza, alla fine e con nuovi arruolamenti,
assommò a circa 4000 uomini.
La 1^ Brigata
“Garfagnana” fu articolata in 4
battaglioni. Il primo comprese le bande che operavano in alta Garfagnana e cioè
la banda di Minucciano comandata dal maestro Benedetto Filippetti (Ten.Lupo) e
la banda di Borsigliana-Molinello comandata da Giogio Ferro (Ten.Marco). Il
comando di questo primo battaglione fu localizzato a Borsigliana e fu affidato
al Ten. Marco, pare con qualche contrasto con la banda di Minucciano che
considerava comandante di battaglione il Filippetti. In effetti ci sono fonti
che attribuiscono il comando all'uno e fonti che lo attribuiscono all'altro.
Probabilmente fu riconosciuto unico comandante il Filippetti dopo la morte del
Ten Marco e il conseguente sbandamento del gruppo di Borsigliana. Tale 1°
Battaglione costituiva la Zona Nord, sulla sinistra del Serchio mentre la Zona
Sud, sulla destra del Serchio fu costituita dagli altri tre battaglioni. Il
secondo battaglione comprese uomini prevalentemente di Careggine, Vagli e
Camporgiano, operò soprattutto in quel di Careggine in funzione difensiva
(malamente assolta: è lo stesso Zerbini che lamenta la scarsa combattività dei
suoi uomini, più lesti a fuggire che a combattere. Non a caso questo
battaglione fu soprannominato "Battaglione Fifa") e fu comandato dal
Ten. Zerbini Bruno di Careggine. Il terzo comprese uomini provenienti da
Castelnuovo e zone circostanti e fu di gran lunga il più attivo. Fu
soprannominato il Battaglione "Casino" per lo scompiglio che pare
riuscisse a portare nelle file nemiche con le sue azioni spericolate. Lo
comandò il Ten. Giovan Battista Bertagni. Era stanziato a Stazzana e sulle
montagne di Careggine e operava soprattutto nella zona di Castelnuovo e zone
limitrofe. Il quarto battaglione era comandato da tale Mario Sabatini (6) e su
tale battaglione le notizie scarseggiano. Era, comunque, stanziato anch'esso
sui monti di Careggine e ricorrono di frequente notizie di azioni compiute
"da uomini del 3ª e del 4ª Btg."
Verso le ore una e trenta circa la riunione
si stava concludendo con la battitura a macchina del verbale, allorchè entrò
Elio, la guida, che si avvicinò velocemente al Maggiore Oldham e gli disse
brevemente qualcosa. Al che il Maggiore scattò in piedi e, chiesto il silenzio,
disse: “”Signori: tedeschi in paese; ritirata !””
Il dottor Coli dice che tutti si alzarono con
calma e si allontanarono “dopo aver scolato lo spumante che era ancora nei
bicchieri”. Lui, Zerbini e Bertagni parlarono con Oldham e Barocci che chiesero
loro se preferivano salire sul Monte Tondo o tornare a Foce di Careggine. Loro
scelsero di rientrare a Foce e, dopo un reciproco “In bocca al lupo”, si
avviarono per lasciare il paese. E proprio in quel momento udirono gli spari
che, come poi seppero, uccisero Giulio Carozzo. Nelle foto il luogo della
morte.
Comunque i tre si
allontanarono con molta cautela, a causa dei bengala lanciati dai tedeschi e dei
colpi di mortaio che spararono nei boschi sopra il paese, e riuscirono a
rientrare senza altri intoppi nella loro sede. Cosa che fecero anche tutti gli
altri ad eccezione, come abbiamo appena detto, dello spezzino Giulio Carozzo.
Era accaduto – e qui attingiamo a quanto scrive Giuseppe Alessandri nel suo La
Val d’Aulella nella Linea Gotica – che le sentinelle poste dal Marini, per
un malinteso all’una avevano ritenuto non più necessario rimanere di guardia ed
erano andate a dormire per cui i tedeschi avevano potuto avvicinarsi senza
essere scoperti. A quel punto Oldham si era preoccupato di recuperare l’R.T.
Vita che era andato a dormire prima della fine della riunione e la radio che
era con lui. Così aveva chiesto chi se la sentiva di andare a recuperarlo.
S’erano offerti Innocenti e Carozzo. Purtroppo erano incappati in un soldato
tedesco che aveva sparato uccidendo il Carozzo. Innocenti, allora, tornò
indietro e si salvò. E si salvò anche Vita nascondendosi in paese.
In realtà qualcuno era riuscito a precedere
di poco i tedeschi per dare l’allarme. Racconta l’Alessandri che i tedeschi,
giunti al Ponte di Montefiore, cercarono qualcuno che li guidasse verso
Regnano. Trovarono una donna, tale Innocenza Matazzoni la quale disse di non
sapere la strada ma che avrebbe trovato qualcuno che la conosceva. Essa aveva
due figli partigiani a Regnano ed era, quindi, preoccupata per la loro sorte.
Così si rivolse a una paesana che aveva pure due figli partigiani, la quale
convinse il suocero a fare da guida ai tedeschi, facendo fare loro una strada
lunga, in modo che le due madri potessero, facendo scorciatoie, giungere a
Regnano prima dei tedeschi per dare l’allarme. Ed è quello che accadde. Il
nonno fece passare i tedeschi dalla Pieve di Offiano, raddoppiando, praticamente,
il tempo di percorrenza mentre le due donne – scalze per essere più veloci e
silenziose – corsero lungo la mulattiera della Pila giungendo in paese in
anticipo. Subito avvertirono il bottegaio Silvio Gervasi che sapevano amico dei
partigiani, il quale provvide a far giungere la notizia a Ca’ Malaspina.
I tedeschi proseguirono il rastrellamento
entrando in alcune case, ma non nella Ca’ Malaspina, il che lascia supporre che
non sapessero affatto della riunione, come sembra pensare l’Alessandri. Anche
perché se avessero saputo di avere la ghiotta opportunità di decapitare in un
colpo solo tutte le bande esistenti in una zona così vasta, avrebbero
sicuramente impiegato mezzi più adeguati per circondare il paese e impedire la
fuga dei convenuti.
Certamente sapevano che nella zona c’erano
partigiani ma il rastrellamento aveva, come in altri numerosi casi, lo scopo di
spingere i partigiani lontano dalle vie di comunicazione (sapevano bene che
molto difficilmente i partigiani sarebbero rimasti ad aspettarli e avrebbero
accettato il combattimento), spaventare le popolazioni dissuadendole con le
minacce dal prestare aiuto ai partigiani anche punendole per averlo
presumibilmente fatto (anche in questo caso fecero saltare una casa
danneggiandone tre). Ma non altro.
Comunque il rastrellamento proseguì oltre
Regnano sulle montagne senza incontrare, a quanto si sa, nessuna resistenza
partigiana. La mattina successiva, però, videro il partigiano Elio
Cerati con il binocolo che scrutava dal "Grotto Palatino" la valle
dell'Aulella per vedere se i Tedeschi salivano da Regnano, gli
spararono e lo ferirono ma non gravemente, tanto che riuscì a raggiungere una
capanna nei pressi del paese. Da qui mandò un ragazzo in cerca di aiuto. Fu
curato dalla mamma del Davini di Metra.
Corre l’obbligo, a questo punto, di riportare
la versione un po’ diversa che un signore del luogo, all’epoca adolescente,
sentì raccontare: Due sentinelle partigiane (Elio Cerati e Salvetti
Ermanno) erano, quella notte,
regolarmente al loro posto, ricoverate in un fienile, allorché apparve, a pochi
passi da loro, un soldato tedesco. Esse non avevano visto le due donne che
erano salite a dare l’allarme e non si erano accorte del tedesco. Intanto il
Carozzo, che andava a recuperare la radio trasmittente forse proprio a casa del
Cerati, era giunto vicino alle due sentinelle e aveva visto il tedesco. Egli,
che era armato con una pistola, intimò
l’alt e cercò di sparare ma l’arma si inceppò e il soldato tedesco aprì il
fuoco uccidendolo. Pare che il Carozzo avesse in mano anche un fiasco. Non
accadde altro. Le due sentinelle fuggirono precipitosamente, dopo di che
irruppero anche gli altri tedeschi che erano, presumibilmente, pochi passi
indietro avendo mandato uno di loro in avanscoperta.
Come si vede alcune cose sono in contrasto
con la versione dell’Alessandri: le sentinelle c’erano, anche se pare che una
sola fosse armata, ma erano, forse, un po’ distratte; il Carozzo aveva un
fiasco in mano: improbabile che andasse a recuperare Vita e la radio, sapendo
che c’erano i tedeschi, con un fiasco.
Non ci sono ragioni per ritenere questa
versione meno veritiera dell’altra. Sorgono, tuttavia, alcune perplessità:
Come è stato
possibile che i tedeschi siano riusciti a giungere fino al paese senza essere scoperti
? Come mai le sentinelle, che in quelle circostanze avrebbero dovuto trovarsi
con le armi pronte a sparare, non risposero al fuoco del tedesco ? E, infine,
perché venne avvalorata l’altra versione (quella della loro assenza), che
esponeva quegli uomini a un giudizio piuttosto negativo ? Contrasta, inoltre,
con questa versione, il fatto che gli spari che uccisero il Carozzo furono
uditi dopo che la riunione era stata precipitosamente sciolta, dopo, cioè, che
era già stato dato l’allarme.
Purtroppo quando si cerca di ricostruire
vicende di molti anni fa, con i protagonisti non più viventi, non possono non
esserci molti interrogativi senza risposta.
(redatto con la
collaborazione di Franco Pietrini)