"APPUNTI PER UNA STORIA DELLA GUERRA CIVILE IN
GARFAGNANA 1943 - 1945"
Quello che segue è il rifacimento, con aggiunte e correzioni del testo pubblicato nel 2003 dall’editrice Maria Pacini Fazzi di Lucca (Editrice Maria Pacini Fazzi - Lucca Via dell'Angelo Custode n. 33 - e-mail mpf@pacinifazzi.it - Volume di 184 pp, f.to 17x24, Prezzo € 15,5)
PRESENTAZIONE DEL LAVORO
Lo scopo principale di
questo lavoro e` quello di recuperare alla memoria il nome delle vittime della
guerra civile che insanguino` anche la nostra Garfagnana negli anni 1943-45. Ci
siamo posti, quindi, una precisa limitazione territoriale. Ci occuperemo
soltanto dei 17 comuni che costituivano, all'epoca, la Garfagnana storica (ex
estense). Più a valle di Castelnuovo Garfagnana, che è posto al centro della zona,
a cavallo del fiume Serchio, ci sono cinque comuni: Fosciandora, sulla sinistra
del Serchio, Gallicano, Molazzana, Vergemoli e Trassilico (1) sulla destra.
Gallicano, Trassilico e Vergemoli furono occupati dagli americani fin dai primi
di ottobre 1944. Gli altri due rimasero territorio della R.S.I. Tutti e cinque
vennero a trovarsi sul fronte di guerra o nelle immediate retrovie. Gli altri
comuni, tutti a monte di Castelnuovo, sono: Pieve Fosciana, Castiglione Garf.,
Villa Collemandina, San Romano Garfagnana posti alla sinistra del Serchio,
verso gli Appennini. Questi Comuni, con i loro territori alti giungono sul
crinale a confine con l'Emilia (con cui si comunica attraverso il Passo delle
Radici); Sillano, che occupa l'alta valle ed è bagnato dai due Serchi: il
Serchio di Dalli e il Serchio di Soraggio che qui hanno le sorgenti. Da qui,
attraverso il Passo di Pradarena si va direttamente nel reggiano, in Emilia;
Camporgiano, Careggine, Vagli Sotto, sulla destra del Serchio; Piazza al
Serchio, alla confluenza del torrente Acqua Bianca (detto anche Serchio di
Gramolazzo) nel Serchio, il cui terrirorio è in parte sulla destra e in parte
sulla sinistra del Serchio stesso; Giuncugnano, posto ai confini della
Garfagnana e della provincia di Lucca, confinante sia con l'Emilia che con la
Lunigiana in provincia di Massa; Minucciano, posto anch’esso ai confini della
Garfagnana e della provincia di Lucca si estende in parte lungo la valle
dell'Acqua Bianca, ai piedi del Monte Pisanino, e, in parte, con un lembo del
suo territorio discende verso la Lunigiana, ormai oltre i confini naturali
della Garfagnana. Minucciano è l'unico comune garfagnino che non fu mai
estense. Esso, infatti, rimase sempre fedele a Lucca, che ricambiò questa
fedeltà con diversi privilegi. Ci riferiremo, principalmente, alle vittime
garfagnine, sia di parte fascista che di parte partigiana, anche se, spesso,
vittime non garfagnine sono rimaste coinvolte nello stesso episodio e, quindi,
verranno ricordate insieme a quelle propriamente garfagnine.
Pur non essendo nostra
intenzione quella di scrivere una storia della guerra civile in Garfagnana,
tuttavia abbiamo cercato di descrivere le circostanze in cui le vittime
ricordate hanno perduto la vita, seguendo una traccia temporale, per cui il
risultato finale appare simile a una "storia". Consci, però, di certi
limiti di completezza, (descriviamo quasi esclusivamente episodi che hanno
provocato perdite di vite umane) preferiamo parlare di "Appunti per una
storia della guerra civile in Garfagnana". Un notevole impegno abbiamo
posto anche per cercare di descrivere le condizioni di vita e, quindi, di
rischio nelle varie località della Garfagnana. Non tutti i comuni, infatti,
sono stati coinvolti allo stesso modo dalle vicende belliche e, quindi, non tutti
i garfagnini sono stati esposti agli stessi rischi. Ad esempio: i paesi di
fondo valle, situati lungo le vie principali, erano in genere fortemente
presidiati dalle truppe tedesche o della R.S.I., per cui non erano sede di
bande partigiane. Ciò riduceva il rischio di rastrellamenti e rappresaglie
(anche perché si instauravano rapporti di buon vicinato fra le truppe e la
popolazione). Era piu` alto, però, il rischio di bombardamenti aerei (o di
cannoneggiamenti per i paesi più prossimi al fronte). Viceversa i paesi di
montagna, più frequentati dai partigiani e che fornivano ad essi aiuto (spesso
perché costretti), correvano un rischio molto basso di essere bombardati, ma
erano esposti ad un più alto rischio di rastrellamenti e rappresaglie. Per la
ricerca ci siamo avvalsi delle pubblicazioni relative alla storia di quegli
anni, specialmente diari, relazioni, memorie personali....Ci siamo avvalsi,
inoltre, della testimonianza di persone che hanno vissuto quegli anni in
Garfagnana, sia come protagonisti della guerra civile, sia come semplici
testimoni. Ci siamo avvalsi, infine, di ricerche negli archivi comunali, con
particolare riguardo ai registri degli atti di morte, dai quali abbiamo attinto
nomi, date e luoghi precisi delle morti. Tale ricerca è stata abbastanza
laboriosa poiché spesso l'atto di morte è stato redatto negli anni successivi
agli anni 1944 e 1945, nei quali i decessi erano avvenuti, giacché questo
veniva redatto, nella parte II, solo a seguito di relazione dei carabinieri o
sentenza del pretore nel momento in cui veniva rinvenuto il cadavere. E ciò è
avvenuto negli anni 1946, 1947 e anche 1948. Purtroppo ci sono anche casi di
persone scomparse e il cui cadavere non è stato mai rinvenuto, ovvero casi di
persone gettate in "foibe" profonde e a tutt'oggi mai esplorate. In
tali casi,ovviamente, non è stato mai redatto l'atto di morte, e la notizia che
se ne dà manca del sostegno della documentazione. Non è fra i compiti che ci
siamo proposti la narrazione delle vicende militari del periodo settembre/ottobre
1944-aprile 1945, anche perché esistono buoni testi che descrivono questi
fatti. Tuttavia alcuni episodi vengono ricordati perché utili a ricostruire il
contesto in cui certi episodi che hanno provocato vittime garfagnine sono
maturati. Così come avverrà che si parli di vittime di bombardamenti o di
cannoneggiamenti, anche se tali vittime sono vittime di guerra ma non
propriamente vittime della guerra civile.
Un’ultima considerazione relativa all’uso del termine "guerra
civile". Fino a non molti anni fa storici e uomini politici soprattutto di
sinistra non accettavano l’uso di questo termine per evitare che entrambe le
fazioni, quella dei vinti e quella dei vincitori, fossero messe, in qualche
modo, sullo stesso piano e, quindi, venisse attribuita ad entrambe una pari
dignità. Per la verità anche uomini di destra, in particolare reduci della
R.S.I. rifiutano l’uso di questo termine, argomentando che, mentre ai reduci
della R.S.I. è riconosciuto, anche in sedi internazionali, lo
"status" di combattenti, ciò non è per i partigiani, che furono,
semplicemente, "ribelli" allo stato legittimo che fu la R.S.I.,
organizzati in bande spesso in lotta fra loro, e che la loro azione può
meritare, al massimo, la qualifica di "guerriglia", quando non,
addirittura, quella di "azioni banditesche". Queste posizioni,
assunte dalle due parti a livello di polemica politica, appaiono poco
comprensibili alla gente comune, che usa comunemente il termine "guerra
civile" quando parla di quelle lotte . Quali che fossero le ragioni e i
torti di ciascuna delle due parti, infatti, è incontestabile che si è trattato
di una guerra combattuta fra italiani, e tanto basta a giustificare il termine.
Anche il Vocabolario della Lingua Italiana di Nicola Zingarelli dà di
"guerra civile" la seguente definizione: "combattuta tra opposte
fazioni di cittadini". D’altra parte anche il maggior storico della
resistenza, Claudio Pavone, ha ritenuto di usare il termine "guerra
civile" insieme a quello di "guerra di liberazione" e
"guerra di classe".(2) E importanti autori di parte fascista hanno
fatto lo stesso. Vedi, fra tutti, Giorgio Pisanò, che ha scritto una
"Storia della Guerra Civile in Italia".
NOTE:
(1) Attuale denominazione:
Comune di Fabbriche di Vallico. Nel dopoguerra il capoluogo del comune fu
trasferito, tra gravi contrasti, da Trassilico a Fabbriche di Vallico. Gli
abitanti di Trassilico, allora, chiesero e ottennero di passare sotto la
giurisdizione amministrativa del Comune di Gallicano.
(2) Vedi anche Giordano Bruno Guerri L’ANTISTORIA DEGLI ITALIANI Mondatori 1997 pagg. 335,336.