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CAPITOLO I
VERSO LA GUERRA
CIVILE
Il 25 luglio 1943, con la caduta del governo
Mussolini e il suo arresto, si pone la prima premessa alla guerra civile. Anche
se in Garfagnana non avvennero violenze o
turbolenze(1), certamente un certo "antifascismo" , generato
soprattutto dal malessere per il cattivo andamento della guerra e per i sacrifici
che questa imponeva, che era stato fino ad ora represso, cominciò anche qui a
manifestarsi e a determinare una frattura fra gli antifascisti (spesso ex
fascisti a suo tempo accaniti) e coloro che si sentivano ancora fascisti.
Tuttavia la
famosa frase di Badoglio "la guerra continua a fianco dell'alleato
tedesco" , insieme all'ordine interno rigidamente mantenuto dalle forze di
polizia, fecero sì che la gente rimanesse in vigile attesa degli eventi e non
prendesse iniziative di sorta. Per certi versi, addirittura, si ebbe
l'impressione che il governo affidato a un militare potesse comportare
l'imposizione di una disciplina ancora più rigida di prima.
Naturalmente
i Fasci locali furono chiusi, ma i Podestà rimasero quasi tutti al loro posto
e, in genere, malgrado il cambio di governo, si ebbe come una sensazione di
continuità che lasciò tutti forse un po' perplessi ma prudenti e fermi.
Di portata infinitamente maggiore per gli effetti
catastrofici che provocò fu l'infausto armistizio dell'8 settembre 1943.
Il primo
vistoso effetto che provocò nei nostri paesi fu il ritorno a casa, caotico e
avventuroso, dei soldati che, lasciati senza ordini, semplicemente avevano
abbandonato in massa i loro reparti ed erano venuti a casa. Anche in Garfagnana ci fu un fatto che vale la pena di raccontare.
Sul Monte Volsci, presso Careggine, esisteva una
casermetta che ospitava un piccolo nucleo di militi addetti all'avvistamento di
aerei nemici. Il 10 settembre 1943 anche questo nucleo si sciolse e ognuno se
ne andò per i fatti suoi. Il milite Silvio Tamagnini
di Careggine, però, nascose le armi (moschetti Mod.
'91 e Mod. 38) in un metato e le munizioni nella
soffitta della casermetta. Questo materiale, come vedremo, andrà poi ad
arricchire l'armamento dei partigiani. Per alcuni giorni ci furono
manifestazioni di gioia incontenibili, specie da parte di quelle famiglie che
ebbero la fortuna di poter riabbracciare i loro cari. Anche perché per pochi
giorni sopravvisse l'illusione che la guerra fosse, comunque, finita.
Ma furono
pochi giorni. I più accorti avevano capito fin dalla lettura dell'ambiguo
comunicato di Badoglio (che invitava a cessare le ostilità contro gli
anglo-americani, ma diceva di reagire ad altri attacchi da qualunque parte
provenienti ) che c'era poco da stare allegri. Dopo pochi giorni, appunto, fu
chiaro a tutti che la guerra non era affatto finita. Infatti molti soldati
erano tornati a casa ma molti no. E si cominciò a sapere che molti erano stati
catturati dai tedeschi e portati in Germania. In Garfagnana
non c'erano, a quel tempo, tedeschi, ma erano a Lucca, cioè vicinissimi. Per
cui cominciò a diffondersi molta inquietudine.
Ma ci fu un
altro vistoso effetto che interessò subito anche i nostri paesi, specie quelli
di montagna: il passaggio non solo di soldati italiani di altre zone che
cercavano di raggiungere i loro paesi e città per vie sicure, ma anche di ex
prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento che cercavano di
nascondersi. I tedeschi si preoccuparono subito del problema ed emanarono bandi
per
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cercare di ricatturarli:
fin dal 14 settembre 1943, per esempio, il comandante del presidio tedesco di
Pietrasanta diffidava dall’aiutare i prigionieri fuggiti e prometteva di
compensare con L.5000, viveri e tabacchi chi avesse aiutato a catturarli.(2)
Ma la nostra
gente, per quell'innato senso di ospitalità e di solidarietà umana,
accolse e aiutò tutti, in molti casi senza neppure pensare di commettere
qualcosa di illecito ( la guerra non era forse finita ?).
E, questo,
fu forse il primo atto concreto di ostilità nei confronti dei tedeschi e dei
fascisti che si stavano riorganizzando.
La liberazione di Mussolini e
la nascita della R.S.I.
Fu, infatti,
la liberazione di Mussolini dalla prigione di Campo Imperatore sul Gran Sasso,
avvenuta il 12 settembre, e la successiva ricostituzione del Fascismo e del
governo della R.S.I. il terzo vistosissimo effetto dell'armistizio e della fuga
del Re e del governo Badoglio, che si ripercosse immediatamente anche in Garfagnana.
Subito il 15
settembre nasce il Partito Fascista Repubblicano e il 23 settembre viene
costituito il governo della neonata Repubblica Sociale Italiana che ha
Mussolini come capo e che tiene la prima seduta il 27 settembre 1943.
A Castelnuovo, avuta notizia della liberazione di Mussolini,
già il 13 settembre i fascisti locali riaprono la Casa del Fascio. E nei mesi
immediatamente successivi i Fasci vengono ricostituiti in quasi tutti i comuni
della Garfagnana ed anche in centri minori. Si ha
notizia certa della ricostituzione nel dicembre del Fascio di Gorfigliano ove, il 1 dicembre 1943 fu aperto anche un
importante cantiere della "Todt" sulla strada per "Piastra
Marina" sulle Apuane, che occupò ben 900 uomini.(3) E si ha anche notizia
della riapertura del Fascio di Pieve Fosciana (con
sezione fiduciaria a Sillico), pure nel dicembre
1943. (4)
Dicevamo
che i primi atti di ribellione e, quindi, ostili ai tedeschi furono gli aiuti
concessi ai prigionieri e la renitenza al richiamo alle armi.
Già il 17
settembre 1943 la Questura di Lucca diffuse un bando del Comando tedesco che
intimava a tutti i militari di presentarsi al più vicino comando tedesco e ai
civili di denunciare gli eventuali prigionieri nascosti. Il che determinò un
comprensibile stato di ansia e di inquietudine nei giovani con obblighi di
servizio militare ma anche un po' in tutta la popolazione. E i giovani si
trovarono a dover prendere delle decisioni di importanza vitale in una
situazione che si faceva sempre più drammatica.
La voglia
di tornare a combattere, specie dopo l'illusione della guerra finita, non ce
l'aveva quasi nessuno. Ma la decisione di non presentarsi non era così facile,
non solo perché era difficile trovare
nascondigli sicuri, ma anche perché la renitenza avrebbe fatto correre dei
rischi anche ai familiari.
In questa
situazione molti cominciarono a presentarsi ritenendo questa la scelta più
semplice e meno rischiosa. Oscar Guidi fornisce dei dati interessanti, anche se
parziali: Nel comune di Castelnuovo al 13 dicembre
1943 si erano presentati in 90. Al 29 dicembre se ne aggiunsero 29.
Successivamente e fino al 20 maggio 1944 se ne aggiunsero altri 111, per un
totale di 230 complessivi. Di contro, al febbraio 1944, risultavano denunciati
al Tribunale Militare 60 uomini di cui 2 "disertori" e 58
"mancanti alla chiamata".(5) In termini percentuali questo significa
che il 79% si era presentato e il 21% no. Anche se questi sono dati parziali e
riferiti ad una data intermedia, i dati appaiono straordinariamente alti se
confrontati con la situazione nazionale dove su 180000 chiamati (classi
1924,1925,1926) ben 87000 non si presentarono. Cioè il 49% dei chiamati. (6)
Occorre,
d'altra parte, considerare che le autorità locali del tempo erano fortemente
sollecitate ad intervenire per convincere i renitenti a presentarsi. Si ha
notizia di "un sindaco" (presumibilmente quello di Molazzana) che indisse una
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riunione di preti a Sassi di Molazzana
invitandoli a far opera di persuasione presso i renitenti affinché si
presentassero. (7)
Quelli che
non si erano presentati rimanevano nascosti in residenze decentrate, o in
capanne o in metati, aiutati dai familiari che
provvedevano a portare loro cibi e quanto altro fosse necessario.
Le prime bande di “renitenti”
Alcuni,
però, salirono sui monti e formarono le prime bande che, in origine, erano
costituite quasi esclusivamente da persone che si nascondevano e basta. E siamo
negli ultimi mesi del 1943.
E’, questo,
il caso della banda che si costituì nella zona di Molinello-Borsigliana-Gambarotta
(Comune di Piazza al Serchio), di cui fu autorevole
esponente il maestro Livio Pedri, il quale, avendo
gentilmente accettato di incontrarmi, mi ha confermato che, in origine, l'unico
scopo della banda era quello di nascondersi per non doversi ripresentare alle
armi. E’, infatti, significativo il fatto che questo gruppo, formato da una
ventina di uomini, era pressoché totalmente disarmato. Solo nel maggio 1944,
come vedremo, ebbe le prime armi.
Altro caso
segnalato è quello di un altro maestro, Guido Nello Poli che pare avesse
formato un altro gruppo sempre nella zona di Piazza al Serchio.
Questo, però, ebbe vita breve e di esso non si hanno notizie certe. Altro caso
ancora fu quello di un professore del Liceo Machiavelli di Lucca, Carlo Del
Bianco, che, fin dal settembre 1943 condusse in località Campaiana
(Comune di Villa Collemandina) alcuni studenti con
l'intenzione di formare una banda partigiana. Questo gruppo, benché non abbia
mai svolto azioni di combattimento, era anche armato. Pare che le armi fossero
state fornite dai Carabinieri, per interessamento del Ten.Giusti
della tenenza di Castelnuovo, contattato dal Ten.Magherini, rifugiato a Pontecosi.
Questo gruppo fu costantemente aiutato da alcuni elementi di Castelnuovo: Guido Nello Poli di cui si è già detto, Ezio
Nari, Giuseppe Guidi, Bruno Valori, Giuseppe Asara e,
particolarmente, Oscar Luigi Calani che, recandosi
spesso a Lucca per ritirare medicinali per conto dell'ospedale, aveva
l'opportunità di mantenere contatti col C.L.N. lucchese. Anche questa
esperienza si concluse nei primi di gennaio del 1944 quando i ricordati signori
di Castelnuovo vennero arrestati e trattenuti in
carcere per alcuni mesi. Il Guccione riferisce di una
piccola banda che si sarebbe costituita in Castelnuovo
in quel periodo e cita i nomi di Giuseppe Asara, Silvano
Lunardi, Sergio Rossi e Federico De Cesari. Forse si trattava dello stesso
gruppo di cui sopra. Ancora : Lo Zerbini, nel suo "Un partigiano
isolato" racconta che, ai primi di ottobre 1943 il Dott. Coli (che, in
seguito, sarà il comandante della Brigata "Garfagnana")
venne a Careggine e informò che a Lucca si era
costituito un comitato antifascista.(8) Poco dopo un tale Lupetti di Castelnuovo invitò lui e i due fratelli Franchi a una
riunione che si tenne il località Fraia, presso
Poggio, in una vecchia cartiera ove i tre si incontrarono con il Lupetti e due
emissari venuti da Lucca. Si esaminò la situazione locale e tutto finì lì.
Credo che questo possa testimoniare due cose: Anzitutto l'esistenza di timide
iniziative di tipo politico in senso proprio. Ma anche l'estrema incertezza e
la difficoltà a dare concretezza a queste iniziative.
Pare, infine, che anche Leandro Puccetti
di Gallicano, futuro comandante del gruppo Valanga, già nel 1943 svolgesse una
certa attività tendente ad aggregare conoscenti per formare una banda
partigiana (che si costituì, poi, come vedremo, nei mesi successivi).
In nessun
caso, tuttavia, risultano azioni militari, agguati o sabotaggi. Si trattava,
evidentemente, di attività che possono essere considerate preparatorie a quella
guerra civile che esploderà solo nell'anno successivo.
La
vera origine del movimento partigiano in Lunigiana e Garfagnana
Come
è noto e documentato dopo l'8 settembre 1943 e, in particolare, dopo la costituzione della Repubblica Sociale Italiana e l'emanazione dei bandi di
arruolamento, cominciarono
a formarsi gruppi di persone che
ritenevano di doversi opporre a tutto questo, soprattutto
perchè, essendo stato firmato un armistizio, non si voleva più combattere.
Questi primi gruppi, però, si
limitarono a discutere e a
fare qualche progetto che, fino alla
primavera del 1944, non portò a quasi nulla di concreto
se non a un progressivo occultamento
dei giovani obbligati alle armi, che si
ritiravano in luoghi ove proteggere la loro renitenza.
In Lunigiana, però, era accaduto qualcosa di molto concreto fin dall'ottobre 1943, cosicché si può
forse collocare in questo fatto la vera origine del movimento partigiano nelle due regioni confinanti di Lunigiana
e Garfagnana.
Erano le due di notte del 23 ottobre 1943. Quella notte un aereo britannico, un quadrimotore
Halifax, sorvolò i prati montani di
Tea e lasciò cadere due paracadute: al primo era appeso
un uomo, tale Domenico Azzari, all'altro un apparato radio rice-trasmittente.
Era il terzo tentativo, dopo altri due, falliti per le avverse condizioni atmosferiche. Questa volta l'operazione, denominata missione Rutland, era riuscita, anche se l'Azzari era atterrato, invece che nei prati
di Tea, nella zona di Capoli
e dovette attendere il mattino per recuperare la radio.
Queste notizie e quelle che seguono sono
state attinte dall'interessante
e molto particolareggiato libro
di Giuseppe Alessandri La
Val d'Aulella nella linea Gotica Firenze 2014, Edizioni della Meridiana.
Chi era Domenico Azzari ?. Riporta l'Alessandri : "" Classe
1920, proveniente da Castiglioncello (minuscola frazioncina di Casola Lunigiana) da una famiglia
di mezzadri dalle non eccelse condizioni economiche ( e per migliorare le quali il padre era stato costretto a emigrare in
Australia), ultimata la quarta
elementare Domenico aveva potuto proseguire
gli studi presso il seminario
di Genova, grazie all'opera di proselitismo
che i padri
cappuccini del capoluogo ligure andavano svolgendo in questa parte di Lunigiana più
sperduta, nell'intento di convincere le famiglie ad affidare loro i figlioli
affinché potessero continuare a studiare ricevendo al contempo una formazione religiosa. Fatto ritorno a casa a quindici anni senza alcuna
prospettiva di lavoro, a diciotto l'Azzari sarebbe riuscito a entrare nella Regia
Marina sfruttando, anche in
questo caso, l'intercessione di un religioso, il parroco
di Regnano Don Euclide Rapalli. Frequentato il corso a La Spezia, ne uscì col grado di
sergente radiotelegrafista.
L'8 settembre 1943 lo colse
a Napoli, dove il rimorchiatore
sul quale era imbarcato era fermo per delle riparazioni. Qui assisté all'occupazione del porto da parte dei tedeschi ed
egli, non volendo passare dalla loro
parte (l'Azzari era già o diventerà comunista), riuscì a raggiungere Salerno dopo lo sbarco alleato del 9 settembre e finì in una caserma
insieme ad altri militari sbandati. Ma ecco che il
colonnello britannico comandante della Special
Force, venuto a conoscenza
della qualifica di marconista dell'Azzari,
gli propose di essere paracadutato nel territorio della R.S.I. per favorire il passaggio del fronte dei prigionieri
alleati fuggiti dai campi di
concentramento e per favorire
la nascita di un movimento partigiano. L'Azzari, considerato anche che questo
gli avrebbe permesso di ricongiungersi
alla sua famiglia, accettò. Nasceva, così, la missione "Rutland" che sarà uno dei
primi punti di contatto costituito
dagli alleati in territorio nemico e che favorirà la nascita di un consistente
movimento partigiano con abbondanti lanci di armi, di
esplosivi, di generi alimentari e anche di denaro.
Appena fattosi giorno, dunque, l'Azzari (nome in codice : Candiani), recuperata la radio-trasmittente, rientrò nella sua casa di Castiglioncello e mise in funzione l'apparecchio. E, intorno al 10 novembre, riuscì a stabilire il primo contatto con la Special Force britannica.
I contatti avrebbero poi preso una cadenza trisettimanale (due diurni e uno notturno).
Ed ecco che l'Azzari inizia
la sua attività organizzativa per dare vita a un movimento
partigiano. Di grande aiuto gli fu il
cognato Sante "Angiolino" Marini.
Chi era costui ? Laciamo la parola ad Alessandri: ""Classe
1915, figlio del mugnaio di Padula, il
Marini era stato il segretario comunale della Gioventù Littoria. Incarico che aveva svolto
con lo zelo e l'autoritarismo
tipici del vuoto formalismo caratterizzante il regine; al punto
di arrivare a comminare multe di 10 lire a chi, in occasione
del rituale "sabato fasciasta", si fosse trovato casualmente a passare per la piazza di Casola durante un suo comizio senza
la camicia nera d'ordinanza: magari semplicemente per recarsi alla bottega. Tutta
questa devozione al Fascio aveva indotto
il Podestà ad assumerlo quale messo e guardia municipale. Coerentemente con la sua fede mussoliniana,
al momento della costituzione della R.S.I. il Marini si era arruolato bell'esercito repubblichino; per poi però disertare e darsi alla macchia."" Il Marini, poi, iscrittosi
al Partrito Comunista, farà carriera nel
movimento partigiano, diventando capo della banda costituitasi a Regnano e, poi, dopo la costituzione della "Lunense" comandante della Brigata La Spezia operante nella Lunigiana orientale. Dopo che il
capo partigiano Renzo
Ferrari, detto "Diavolo
Nero" operante nella zona di Sassalbo,
fu ucciso dai suoi stessi uomini,
lo pseudonimo "Diavolo
Nero" fu assunto dal
Marini, il quale portava perennemente a tracolla una borsa
di pelle, assunta quale simbolo
del suo potere. Ma lasciamo ancora parlare l'Alessandri:
""Ma evidentemente quello
pseudonimo non portava bene: il destino
si sarebbe difatti rivelato beffardo anche con il Marini. Nominato dal CLN sindaco di Casola dopo
la liberazione, il secondo "Diavolo Nero" sarebbe di lì
a poco perito, assieme ad un altro ex componente la banda, in un incidente stradale avvenuto nei pressi
di Codiponte, allorchè con il camion stava ritornando da Carrara dopo
aver effettuato un carico di farina per gli abitanti del comune. Tragica ironia della sorte davvero,
per il figlio del mugnaio con la politica nel cuore, quella
di morire schiacciato sotto a dei sacchi di farina. Era il 30 maggio 1945.""
Dicevamo che il Marini fornì
un aiuto prezioso al cognato Azzari. Dalla sua posizione
di impiegato comunale, infatti, gli fornì i
nomi di certi
sfollati che erano in contatto con ambienti antifascisti, nonchè i nomi
di due ufficiali inglesi fuggiti dai campi di
concentramento e nascosti
in località Castelletto, nel comune di
Giuncugnano, dove si stava formando una piccola banda
partigiana. In questo modo, con l'aiuto dei lanci di
armi e di altro materiale concordati con gli alleati grazie ai contatti con la rice-trasmittente,
l'Azzari riuscì a creare prima la banda partigiana di Regnano
e, poi, nell'agosto 1944, collaborando
col maggiore inglese Oldham, la "Divisione
Lunense" che unificò e diresse il movimento partigiano
il Lunigiana e in Garfagnana.
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Anche l'attività
di sostegno ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di concentramento dovette
essere di un notevole rilievo, tanto da preoccupare i tedeschi che, il 19
dicembre arrestarono il parroco di Tiglio (Barga),
Don Sabatini accusato di aver aiutato e protetto
prigionieri in fuga, e il 22 dicembre 1943 arrestarono il parroco di Sillico, Don Sessi, accusato di aver svolto attività
continua di assistenza a prigionieri fuggiti. (L'attività di Don Sessi non era
motivata soltanto da spirito di solidarietà cristiana. Essa aveva, bensì, anche
un preciso significato politico. Ciò si può inferire dalla sua successiva
attività e dalla sua nota posizione politica di fervido monarchico). Un altro
prete che doveva
essere
arrestato fu Don Fausto Cecchini parroco di Capricchia
(Comune di Careggine) che aveva esso pure ospitato un
prigioniero di guerra inglese e che salvò se stesso e il prigioniero
traversando il fronte e raggiungendo le linee americane.
E questi
tre non furono certamente gli unici preti che svolsero attività di questo
genere. Si può anzi dire che tutti o quasi i parroci dei paesini di montagna si
trovarono a fornire, per carità cristiana o con motivazioni politiche, qualche aiuto
ai prigionieri evasi e agli sbandati. Né i preti furono gli unici a farlo.
Vale la
pena di ricordare anche l'impegno di Leandro Puccetti
nella assistenza ai prigionieri fuggiti dai campi di concentramento. Anche
perché, fra i suoi assistiti, ci fu quel tale Antony
John Oldham, maggiore inglese, che l’8 settembre era fuggito
dal campo di concentramento per ufficiali PG29 situato – pare – nella Villa
Alberoni di Veano, frazione di Vigolzone
(Piacenza) e che diverrà, nell'agosto 1944, comandante della Divisione
Garibaldi Lunense. Particolare sconcertante : Durante
il periodo in cui il Puccetti ospitava l'Oldham, questi intraprese una relazione con certa
Giuseppina Cancherini che era la fidanzata del Puccetti. La relazione fu una cosa seria, tanto che, dopo
la guerra, l'Oldham sposò la ragazza, ma il fatto
creò un tale dissapore fra il benefattore e il beneficiato che quest'ultimo non
solo cambiò aria e si aggregò alla banda Coli, formatasi nella zona di Careggine, ma fra l'Oldham e la formazione Valanga costituita dal Puccetti non corsero mai rapporti sereni. Anche quando il
Maggiore inglese fu a capo della Divisione Lunense,
che voleva dare unità al movimento partigiano aggregando sotto un unico comando
tutte le bande, il Valanga non ritenne mai di farne parte, considerandosi
aggregato ai gruppi della XI zona controllata dal pistoiese Manrico
Ducceschi (Pippo), che operava nella zona di Bagni di
Lucca.
Si ha
infine notizia di un tale Bruno Stefani di Lucca che il Vannucchi,
che svolgeva attività antifascista in lucchesia,
avrebbe inviato a Piazza al Serchio per aiutare dei
prigionieri fuggiti. Pare che lo Stefani venisse catturato e ucciso dai
tedeschi. La cosa, però, non è documentata.
Concludendo, quindi, si può dire che alla fine del 1943 in Garfagnana la guerra civile non era ancora scoppiata. Il
fronte era ancora lontano, di tedeschi se ne vedevano pochi e di passaggio
(soprattutto appartenenti all’Organizzazione Todt), i fascisti repubblicani si
erano riorganizzati ma non apparivano poi così minacciosi, specialmente nei
piccoli paesi dove legami di parentela, o di amicizia, o anche semplicemente di
appartenenza allo stesso villaggio tendevano ancora a prevalere sulle divisioni
politiche. Tuttavia la paura di dover tornare sotto le armi aveva indotto
diversi uomini a nascondersi in montagna ove iniziarono a costituirsi bande
ostili ai tedeschi e ai fascisti.
Infine
l'assistenza data ai prigionieri di guerra fuggiti costituì, come si è già
detto, un concreto atto di ostilità nei confronti di tedeschi e fascisti dai
quali, infatti, si ebbero le prime reazioni abbastanza decise.
Intanto si
comincia a morire. Si ha notizia che il 24 settembre 1943 il soldato di Camporgiano Santarini Umberto
cade a Missolunghi, in Grecia. Era nato il 14.6.1914
ed aveva aderito alla R.S.I.
E il 7
dicembre 1943 muore in Montenegro la Camicia Nera di Piazza al Serchio Orsi Marzino, che aveva
aderito alla R.S.I. Egli, probabilmente, apparteneva all’86° Btg. CC.NN. che si trovava in Montenegro fin dal 1941 e del
quale fecero parte diversi garfagnini.
NOTE:
(1) In realtà pare che la sede del Fascio di Castelnuovo sia stata messa a
soqquadro
da alcuni antifascisti ma senza violenze sulle persone. E la cosa non
è
documentata.
7
(2) Vedi Oscar Guidi DOCUMENTI DI
GUERRA 1943-1945, Maria Pacini Fazzi
Editore,
Lucca
1995 pag.12.
(3) Appaltatore dei lavori fu quell'Ing. Nutini di Camporgiano che,
nell'ottobre
1944, verra` ucciso
dai partigiani. (LA GUERRA IN GARFAGNANA – Relazione dei
parroci –
Don Vincenti – pag.61)
(4) Vennero sicuramente riaperti i Fasci di Camporgiano (Segr. Bartolomasi Marino),
di Minucciano (Segr.Pellegrinetti
Settimo), di Piazza al Serchio
(Segr.Trinci),di Gallicano (Segr.Saisi
Mario) di Giuncugnano (Segr.Diamantini
Francesco), di S.Pellegrino in Alpe (Segr. Marchi Giacomo), di Gorfigliano
(Segretario Del Taglia), di Castelnuovo ( Segr.Pennacchi Pietrino, poi Prantoni
Umberto
e, infine, Turri Silla), di Vagli Sotto (Segr. Dott. Domenico
Franceschi, poi Domenico Coltelli), di Careggine
(Segr. Aristide Contadini), di
Pontecosi (Segr. Marchi
Vittorio), di Chiozza (Segr.Giannotti),
di Villa
Collemandina (Segr.Francesco Bertoncini), di Fosciandora (Segr. Ricci Aurelio),
di Molazzana (Segr. Rubini), di Filicaia (Segr.Arturo
Lombardi),di Gramolazzo
(Segretario Silvio Bianchi), di Metra
(Segretario Primo Davini), di Castiglione
(Segr. Alfredo Riani)...
(5) Oscar Guidi, Garfagnana
1943-1945. La Guerra, la Resistenza, Maria Pacini
Fazzi
Editore,
Lucca 1994 pag.100.
(6) I dati della situazione nazionale sono stati
ricavati da Giordano Bruno Guerri
ANTISTORIA DEGLI ITALIANI Mondatori 1997 pag. 337
(7) Renzo Bertolini, La Resistenza in Garfagnana, Eurograf, Lucca,
pag.100
(8) Bruno Zerbini, Un partigiano isolato, Lalli Ed.,Poggibonsi 1984,pp.100