Visite poco gradevoli

 

Nell'interessante libro Il paese di Chiozza - ricordi ed emozioni a cura di Pietro Paolo Angelini e Agostino Stefani - Maria Pacini Fazzi Editore: 2013 c'è, alle pagine 122-124, il racconto, intitolato Altri ricordi che, insieme ad altri racconti simili,  rende bene l'idea di quelle che sono state la vita e le tribolazioni delle popolazioni garfagnine negli ultimi due anni di guerra 1943-1945. Lo riportiamo integralmente:

 

"" Oggi, 29 giugno, è la festa dei Santi Pietro e Paolo e, come ogni anno, riaffiorano in me ricordi dolorosi di ciò che accadde in questo giorno, nel lontano 1944.

 In chiesa si stava celebrando la Santa Messa quando da casa dei Gallini scese un gruppo numeroso di partigiani (chiamati da noi ribelli) e la prima sosta che fecero fu casa mia. Salirono in camera e subito strapparono dagli orecchi di mia madre un bel paio di orecchini d'oro e dal collo una lunga collana; poi riempirono una federa di soldi che trovarono nascosti in un baule. Visitarono altre stanze, fecero vestire mio fratello Marino, poi lo consegnarono ad altri del loro gruppo per portarlo via.

 A questo punto io, con una corta camicina e scalza, corsi in chiesa e andai da Don Togneri che venne subito e fece rilasciare Marino.

 I partigiani scesero in bottega e, dato che usciva la Santa Messa, cominciarono a distribuire prosciutti, salami, sale, ecc. La gente contribuì al bottino, ma nel pomeriggio i più onesti riportarono tutto. Pure Gigi (detto Ramazza), l'altro bottegaio, ebbe il medesimo trattamento. Intanto una squadra era andata alla sede del Fascio e dalla finestra vennero buttati e sfasciati tutti gli incartamenti. Altri andarono da Romeo, fratello del segretario del Fascio, ma si era già imboscato e, per non tornare a mani vuote, si presero la mucca. Pure a Battista presero il maiale e una bella infornata di pane di grano appena cotto. Quindi caricarono i viveri sui muli, compresa la nostra cavalla, che per riaverla ci costò un bel po' di soldi.

 Poi misero in fila i prigionieri: Primo, Bruno segretario del Fascio, mio padre (il capitalista), Battista, l'Olimpia, l'Amabile (ostetrica). Durante il viaggio, che terminò alla Verna, per 13 volte fecero dire a mio padre l'atto di contrizione col fucile puntato alla tempia, ma non spararono. Fu fatto ai prigionieri una specie di processo, poi li rilasciarono. Mio padre, ritornato a casa, non parlava e noi pensavamo che gli avessero tagliato la lingua; ma era soltanto molto spaventato. Battista, che aveva rinnovato le scarpe di bacchetta (sic), tornò scalzo.

 La seconda volta vennero in piena notte, volevano che si aprisse la porta, ma mia madre andò alla finestra e cominciò a chiamare gente: Nello, Battista... Loro spararono un colpo per spaventarla e poi se ne andarono. Ma non finì lì, perché si appostarono su Le Piane con i mitra rivolti verso casa nostra. Il mattino presto tornarono e, poichè noi non aprivamo, spaccarono la porta della bottega, che fu svaligiata. Andò loro bene perché dietro la porta interna c'era mio nonno con una mannaia in mano, pronto a tagliare il collo al primo che avesse aperto.

 Un'altra volta arrivarono vestiti di bianco perché c'era la neve, con le loro donnine piene di pidocchi; li rifocillammo e la sera portammo i nostri materassi in cucina davanti a un bel fuoco per le loro signore. Al mattino caricarono i muli di tutto ciò che era commestibile. Mio padre e mio nonno coi materassi, dove avevano dormito, fecero un bel falò. Gli amici partigiani ci fecero altre visite, sempre mandati dagli informatori paesani, ma non faccio il loro nome...Sono morti, lasciamoli riposare in pace.

 Il primo aprile (del 1945) arrivarono i tedeschi che fecero prigionieri mio padre, la Ninì. Dino della Mery, Giovanni (Patton) con la moglie e la figlia e li portarono a Castiglione nella casa del Pighini. Vennero chiusi in una stanza dove, in un angolo, c'era un secchio che serviva loro da gabinetto. Dormivano per terra. Tutte le mattine io, la mia mamma e l'Olimpia andavamo a trovarli, ma solo io potevo entrare accompagnata da un tedesco portando a mio padre un fazzoletto da naso pulito che conteneva un foglietto con scritto le informazioni sull'avanzata di ogni giorno degli Americani, che veniva trasmessa alla radio.

 Quando arrivarono a Castelnuovo gli Americani, i Tedeschi si misero in viaggio coi prigionieri per raggiungere la Germania ma, arrivati a Piazza al Serchio, si ritrovarono con poche camionette e così lasciarono andare i prigionieri che attraversarono il Serchio e finalmente arrivarono a Chiozza...essendo il giorno di Pasqua 1) furono accolti da una folla numerosa con grande festa.

 Un giorno invece capitarono due Americani 2), li ospitammo e mio padre, che parlava discretamente la loro lingua, ci chiacchierò amichevolmente. Si scambiarono gli indirizzi e, finita la guerra, scrisse loro. Risposero i familiari dicendo che i due militari non erano mai ritornati in America.

 

NOTE:

1) Nel 1945 la Pasqua cadde il giorno 1 aprile, quindi diversi giorni prima della ritirata dei tedeschi. Probabilmente, quindi, si trattava di un'altra festa.

2) Sembra di capire che la guerra fosse ancora in corso. Può darsi, quindi, che si trattasse di prigionieri fuggiti o di piloti di aerei abbattuti che cercavano di rientrare nelle loro linee.

 

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