CAPITOLO VII

                                             SETTEMBRE - LA GUERRA SI AVVICINA

 

La guerra si avvicina

La guerra si avvicina. Gli alleati risalgono lentamente ma inesorabilmente la penisola. Il 2 settembre occupano Prato e raggiungono il Serchio a Pappiana. Il 5 cade Lucca e, pochi giorni dopo, Pistoia. E in Garfagnana il transito delle truppe tedesche si fa sempre più intenso. La divisione partigiana Lunense ritiene di aver completato il lavoro di organizzazione e si ritiene pronta ad agire. Il 4 settembre il comando invita all'azione. Così il 10 salta il ponte in località Pizzorno sulla strada d'Arni e anche su altre strade vengono provocate interruzioni. Il 3ª Btg "Casino" di Bertagni dal 7 settembre a tutto ottobre opera nelle zone di Filicaia, Gragnanella, Torrite. Non sono segnalate azioni clamorose, salvo un attacco senza conseguenze a una colonna tedesca al solito Ponte della Paura avvenuto il 18. Pare che, fra le altre cose, mettessero dei pallini di piombo nelle orecchie dei muli degli alpini e che questo li facesse impazzire creando molto trambusto.

L’assassinio del Tenente Marco

Nella banda di Borsigliana, intanto, stavano accadendo dei fatti gravissimi. Fin dai primi di settembre alcuni tedeschi acquartierati in località Molinello contattarono i partigiani tramite la maestra Satti che faceva scuola nella vicina Borsigliana e manifestarono l'intenzione di disertare e di unirsi ai partigiani stessi. Fu fissato un appuntamento in località Bozzone, ove i tedeschi si sarebbero consegnati ai partigiani. Ma era una trappola. Giunti all'appuntamento i tedeschi catturarono i partigiani che erano intervenuti, fra cui un certo Pio Pedri. Pare che, a questo punto, i tedeschi abbiano preso contatto con i parenti del Pedri promettendo la liberazione dei partigiani arrestati in cambio dell'uccisione del Tenente Marco (nome di battaglia), che, come già detto, era un giovane ufficiale di 22 anni nato a Padova e residente a Mestre di nome Giorgio Ferro e che era a capo della formazione.(1) Evidentemente l'accordo fu fatto e il 17 settembre Vittorio Pedri e Piero Landucci uccisero a colpi di pistola, all'Alpe di Borsigliana, il povero Ferro e un suo amico di nome Carlo Ceccato. I tedeschi, informati, dovettero essere accompagnati a vedere il corpo degli uccisi e tutto questo traffico fece svanire la possibilità di attribuire ai tedeschi stessi la morte dei due, come era nelle intenzioni.

Così stando le cose i due omicidi fuggirono a nord con i tedeschi. Il Ten. Lupo (Benedetto Filippetti), in qualità di comandante del 1ª Battaglione ordinò ad Aldo Pedri, fratello di Vittorio, di consegnare i due, ma la cosa non fu possibile per quanto detto sopra. Allora la banda di Borsigliana fu formalmente sciolta. In realtà i partigiani che la componevano rimasero "alla macchia" e, dopo poco tempo, la banda fu ricostituita col nome di Gruppo Arditi "Marco" e ne assunse il comando Aldo Pedri (Baffo) insieme ad uno studente di Metello, Franco Mondini. I tedeschi, intanto, avevano liberato i partigiani catturati ad eccezione di Pio Pedri e Giuseppe Landucci, che erano stati catturati armati. Tuttavia i due non verranno uccisi, come era destino di coloro che venivano catturati armati. Il Landucci riuscirà a fuggire mentre il Pedri verrà condotto in Germania da dove ritornerà a guerra finita. Vittorio Pedri (l'istigatore) e Piero Landucci (l'esecutore materiale) verranno processati nel 1946 per doppio omicidio e condannati a 26 anni di reclusione dal Tribunale di Lucca. Ne sconteranno nove, poi saranno amnistiati.

L’attentato partigiano “dei Cappuccini” e la reazione

Ed ecco che il 22 settembre uomini del 2ª e del 3ª Btg compirono una azione clamorosa contro il presidio di Castelnuovo della Brigata Nera, che era acquartierata nel Convento dei Cappuccini, su un colle sovrastante il paese. Essi si avvicinarono furtivamente e sferrarono un attacco improvviso gettando bombe e sparando raffiche di mitra attraverso le finestre. I brigatisti, colti di sorpresa mentre erano riuniti per la mensa, non fecero a tempo a reagire prima che i partigiani, compiuto l'agguato, si allontanassero. Non ci furono morti (2), ma pare rimanessero feriti una donna, Ada Satti, cognata del Ten.Ricci Aurelio, che era il comandante del 1ª plotone della 2ª Squadra, e due uomini : Alfredo Donati e Turri Silla, il comandante del 3ª Plotone della 2ª Squadra (il 23 ne assunse il comando il Ten. Curzio Vivarelli). Era, questo, il secondo attentato che gli uomini della B.N. subivano e, questa volta, la rabbia esplose violenta. Il mattino dopo giunsero uomini dal presidio di Barga e da quello di Gallicano, guidati dal Ten. Lio Rossi, decisi a reagire duramente all'attentato. Subito al mattino fucilarono, nei pressi del convento, Bruno Valori, un partigiano catturato la mattina stessa (3) e altre tre persone catturate nei pressi : Duilio Cavallini di 30 anni, Edoardo Lazzarini di 31 e Alfiero Orazzini di 23. Nel pomeriggio, poi, rastrellando nei dintorni del paese, in località Merlacchiaia catturarono e fucilarono altre quattro persone: i fratelli Bacci Ottavio di 24 anni e Decimo di 20, i fratelli Guidi Fernando di 17 anni e Giovanni di 24.

Il 25, poi, venne catturato in Filicaia il partigiano Luigi Dini, che era capo-squadra nel Btg. "Casino" e portato a Castiglione. Qui il giorno dopo, mentre veniva interrogato, pare da militari tedeschi, si impossessò di una bomba a mano e la fece esplodere uccidendosi e uccidendo quelli che lo interrogavano. E non basta: Il giorno 29, sempre a Castiglione, fu ucciso un altro partigiano, che era stato arrestato dai tedeschi il giorno 20 perché trovato in possesso di armi e di un cannocchiale. Si chiamava Luigi Berni e pare che il suo cadavere venisse trascinato con un autocarro tedesco fino in località Foce di Terrarossa. Questi fatti fecero una notevole impressione e contribuirono ad approfondire il solco di odio fra fascisti e antifascisti.

Il Gruppo “Valanga” si riorganizza, poi passa il fronte

Intanto, verso metà settembre, anche il Gruppo Valanga si era lentamente riorganizzato, con l'appoggio del Comitato di Liberazione della zona presieduto da Bruno Mignani, sotto il comando di Mario De Maria. Oltre ad elementi locali rimasero anche gli emiliani superstiti e si aggiunsero, pare, dei mongoli che avevano appartenuto all’esercito tedesco dal quale avevano disertato. In una lettera di De Maria a Oldham (4) si dice che ora la consistenza del gruppo è di 40 uomini di cui 11 russi, armati con Sten, Breda 30 e Bren…). Furono formate tre squadre comandate da Fedele Vangioni, Elio Bortolotti e il sovietico Saven Baroian. Si stanziarono in alcune località nei pressi di Vergemoli : Mulinacci, Rossino, Colle, Limite. (In ottobre, poi, una squadra comandata da Andrea Pacini si posizionerà a Gallicano, quella di Vangioni a Trassilico e quella di Baroian a S. Pellegrinetto, territori ormai acquisiti dagli alleati.) Ma non si registrano azioni se non quella del 26 settembre quando, secondo il racconto del partigiano Petrocchi, tesero un'imboscata a un gruppo di tedeschi che lasciavano Fornovolasco e andavano verso Gallicano, ne uccisero tre più un italiano che li accompagnava (5), ne catturarono 6 e fecero fuggire gli altri. Il Petrocchi dice che recuperarono molto materiale abbandonato dai tedeschi, fra cui armi e due muli. E dice anche che la popolazione di Fornovolasco, forse temendo rappresaglie tedesche, reagì duramente contro i partigiani chiamandoli assassini. Oltre a ciò i partigiani del “Valanga” fornivano notizie agli alleati. Il 21 settembre Andrea Pacini raggiunse i brasiliani, che quel giorno erano giunti a Forte dei Marmi, e fornì al Ten. Cataldo la mappa delle fortificazioni costruite dalla Todt. Dopo la ricostituzione del “Valanga”, Oldham tentò ancora di farlo aderire  alla divisione Lunense, ma anche De Maria, pur dichiarandosi disposto a collaborare, declinò l'invito dichiarando di appartenere alla cosiddetta XIª Zona comandata da Manrico Ducceschi (Pippo), che nel frattempo era giunto fino a Gallicano. Nella lettera (6) c’è anche un Post Scriptum di Bruno (Mignani) diretto al Dr.Coli nel quale egli si dice, invece, favorevole a un collegamento e spera che questo ci sarà dato che non c’è più l’opposizione di Puccetti, morto il 29 agosto. Intanto gli alleati (brasiliani) avanzavano e gli uomini del Valanga andarono a Valpromaro ad incontrarli invitandoli ad avanzare. In quell'occasione gli emiliani lasciarono il gruppo e alcuni si diressero verso Lucca mentre altri rimasero coi brasiliani. Gli uomini del Valanga tornarono indietro ed entrarono in diversi paesi della zona ormai liberi dai tedeschi : S.Pellegrinetto, Gragliana, Fabbriche di Vallico... Ma a Trassilico, dove il 3 ottobre si erano spinti, furono fatti segno a raffiche di mitraglia (i tedeschi sparavano dai pressi di Calomini, che sta di fronte) e Fedele Vangioni, colpito in pieno, rimase ucciso. Fu l'ultimo atto della storia del "Valanga". Il giorno 6 ottobre, infatti, De Maria lasciò liberi quelli che risiedevano nelle zone già occupate dagli alleati o che, comunque, desideravano farlo, di andarsene. Se ne andarono 19 mongoli e i lucchesi. Di fatto il gruppo si sciolse. De Maria, con altri del gruppo, passò con gli alleati e rimase a combattere con loro. Fu costituita una Compagnia "C", aggregata ai partigiani dell'XI zona (che già combattevano a fianco degli americani essendosi costituiti in Battaglione Autonomo Patrioti Italiani "PIPPO", dal nome del suo comandante) e la comandò De Maria fino all'arrivo di Bertagni (fine novembre, come vedremo). Da quel momento De Maria andò a Bagni di Lucca a disposizione di Pippo (Manrico Ducceschi) e il comando della Compagnia andò a Bertagni. Essa fu divisa in tre distaccamenti: uno ebbe sede a Vergemoli e ne fu responsabile Silvano Valiensi, uno ebbe sede a Calomini e ne furono responsabili a turno Asara e Lunardi, il terzo era il comando di compagnia ed era comandato dallo stesso Bertagni. Questi uomini rimasero sul fronte fino al termine del conflitto. Alcuni di loro, insieme a Pippo, seguirono l'avanzata degli alleati fino a Milano. Anche in questo periodo i partigiani ebbero il problema dei partigiani-ladri. Dice il Bertolini che ai primi di settembre la banda di Borsigliana uccise un numero imprecisato di spezzini che depredavano le popolazioni. Pare che questi venissero gettati nella Buca di Monte Basciano, specie di foiba all'Alpe di Borsigliana ove pare siano state gettate molte altre vittime. Infatti sul bordo di questa voragine qualche mano pietosa aveva posto una croce di ferro. Fra gli atti di morte registrati nel comune di Piazza al Serchio figura quello di uno spezzino, Caprioni Antonio di 24 anni, ucciso all'Alpe di Borsigliana il 6 agosto 1944, e fra quelli registrati nel comune di Giuncugnano quello di un altro spezzino, Marchisio Carlo, di anni 43, ucciso sul Monte Tondo il 5 settembre. Certo che per gli spezzini non tirava un'aria molto buona in questi siti. Sempre il Bertolini dice che anche il distaccamento Bondioli del Valanga catturò e uccise un gruppo di russi che rapinavano gli abitanti di quella zona.

Le truppe del Nord si preparano alla difesa

Intanto anche le truppe tedesche e della R.S.I. si preparano a organizzare la difesa sul fronte della Garfagnana. Dopo la caduta di Lucca, Utimperghe, capo della Provincia oltre che comandante della Brigata Nera, trasferisce la sede della Provincia prima a Bagni di Lucca poi a Barga (dopo poco, però, la giurisdizione sulla Garfagnana sarà affidata alla provincia di Apuania). Intanto aveva creato diversi presidi con gli uomini della 36ª Brigata Nera (Bagni di Lucca, Castelnuovo, Barga, Gallicano, Castiglione...) e anche un reparto mobile combattente che ottenne faticosamente dal colonnello Suffa (un austriaco dell’esercito tedesco) l’autorizzazione per essere impiegato sul fronte (prima sull’Arno, poi sul Serchio) (7) . A Castelnuovo il 7 settembre accade un fatto doloroso. Un giovanissimo brigatista di guardia al Municipio lascia partire per errore un colpo e uccide una giovane di 23 anni, tale Giuseppina Papini. Don Pinagli, nel suo diario, commenta : "E’ sempre pericoloso dare le armi in mano a dei ragazzi!". A Castiglione, dove già dal 12 agosto esisteva un presidio tedesco, viene creato un presidio stabile fin dal 5 settembre. Il 25, poi, lo stesso Utimperghe lascia Barga (ove era dal 19) e porta il comando della B.N. proprio a Castiglione, concentrandovi anche tutta la Brigata. A fine mese, poi, la Brigata si trasferirà a Pavullo nel Frignano e, poco dopo, a nord (Piacenza, Piemonte e, infine, a Como). E anche la presenza tedesca si fa sempre più massiccia. Il 10 settembre a Barga, in una villa di Viale Roma, Kesserling tiene una riunione con diversi generali. Tra questi Senger e Crisalli (8). Si discute, evidentemente, dell'organizzazione del nuovo fronte.

Il rastrellamento del 15 settembre

Allo scopo di rendere le retrovie del fronte piu` sicure, il 15 settembre viene condotto un vasto rastrellamento in tutta la Garfagnana. Vengono catturati 170 uomini che, nella quasi totalita`, finiranno in Germania da dove molti rientrarono a fine guerra ma qualcuno non tornerà più.(9) Don Pierami dice che a Cogna furono presi tre uomini. Dei tre uno riuscì a fuggire e due, condotti in Germania, rientrarono a guerra finita. Don Santini dice che a Nicciano furono rastrellati dieci uomini. Condotti in Germania, tornarono tutti ad eccezione di uno, Tersitti  Luigi, di anni 35, morto il 4.10.44 fucilato dai tedeschi a Ponte di Valle, San Benedetto Val di Sambro.

Si intensifica l’apprestamento delle difese

Nello stesso giorno entra in linea la 42ª Divisione Jager del generale Jost. Il giorno 16 l'Ospedale Militare tedesco lascia Barga e si porta a Camporgiano, in posizione più arretrata. Il 25 vengono minati i ponti di Barga, il 26 saltano in aria e i tedeschi se ne vanno.

Il 28 il II Btg del 25ª Rgt della 42ª Divisione Jager si ritira a Castelnuovo e alcuni reparti si stabiliscono a Fosciandora, dove prendono stanza due battaglioni composti in gran parte da polacchi (I primi arrivarono la sera del 25 sfiniti da una lunga marcia). Si dice che i rapporti con la popolazione fossero buoni (si ricorda in particolare un Ten. Bekfeld del Lussemburgo). Sulle montagne c'erano i partigiani di Montefiorino e i prigionieri fuggiti dal campo di concentramento di Fossoli (MO) ma il locale Comitato di liberazione che li riforniva di viveri, li faceva stare sui monti onde evitare scontri che sarebbero stati pericolosi per la popolazione. Intanto il I Btg del 25° si distende dall'Alta Versilia, alle Panie fino a Vergemoli e elementi del 40° Rgt sono a cavallo del Serchio, ancora nei pressi di Barga. Un reparto arriva nel paesino di Calomini. Il prete, Don Valiensi, dice che aveva esortato tutti alla concordia per evitare tragedie. "E tutto andò bene. I tedeschi furono trattati con rispetto e se ne andarono mostrando gratitudine". (10) Il 29 il generale Frido Von Senger lascia Villacollemandina e si sposta ad Albinea (MO). A fine ottobre lascerà il posto al 51ª Corpo da Montagna che controllerà Garfagnana e Versilia. Tutto era ormai pronto per fermare l'avanzata degli alleati sul fronte della Garfagnana. Ma la gente non lo sapeva e riteneva ormai prossimo il "passaggio del fronte" e la ritirata dei tedeschi.

E la popolazione cerca di sopravvivere

Intanto bisognava cercare di non morire di bombe o di mitraglia per mano dei soliti caccia-bombardieri che non davano tregua. L'11 settembre sganciano bombe "shrapnell" nella campagna presso Camporgiano e uccidono un anziano agricoltore: Daniele Giampaoli. Nello stesso giorno cadono bombe, fra lo stupore dei frati, presso il Santuario di Santa Maria della Stella a Migliano nel comune di Fosciandora.

Il 13, verso le ore 16,30 tre aerei bombardano il paese di Camporgiano. Vengono danneggiate alcune case, per fortuna senza vittime. Ma è la prima volta che cadono bombe sulle case e la gente lascia il paese terrorizzata. Bombe cadono anche in località "Le Piane" ove ha sede l'autoparco tedesco che, però, non viene colpito. Lo stesso giorno viene bombardato Castelnuovo. Si mira ai ponti che, però, non vengono colpiti. E anche San Romano viene mitragliato. Il 19 viene bombardato Castelnuovo. Viene colpito l'edificio del Monte dei Paschi. La Brigata Nera, che occupava l'albergo Globo si trasferirà "ai Cappuccini". E’ ormai chiaro che siamo nel bel mezzo della guerra.

 

NOTE:

(1) Non è chiaro se Giorgio Ferro sia giunto a capeggiare la banda di Borsigliana perché inviato appositamente da qualcuno, oppure se sia giunto sulle orme dell’amico Ceccato che era impiegato della Soc.Montecatini a Gramolazzo e che, dopo aver appartenuto a un gruppuscolo costituitosi a Gorfigliano, passò nella banda di Borsigliana prima che vi giungesse il Ferro. Sembra, però, che i partigiani di Borsigliana questo Ferro non lo abbiano mai accettato di buon grado.

(2) Piero Sebastiani, ne LA MIA GUERRA CON LA 36° B.N. descrive la scena in modo molto drammatico e parla di “raccogliere i caduti e aiutare i feriti” (pag.63), ma non risultano atti di morte in quella data né altre testimonianze in tal senso.

(3) Pare che il Valori, lo stesso giorno 22, avesse tentato, insieme a Poli e Bertoni, di liberare un altro partigiano, il Berni, detenuto a Castiglione. La cosa non riuscì. Sulla via del ritorno attaccarono un camion tedesco ma ci fu una reazione che li costrinse alla fuga. Al Valori la fuga non riuscì e fu catturato.

(4) Oscar Guidi DOCUMENTI di guerra, cit., pag.42

(5) Si trattava di Juan Alfonso Salvador,di 43 anni, nato a Valencia ma abitante a Pietrasanta, che era stato rastrellato dai tedeschi e adibito al trasporto di munizioni.

(6) Oscar Guidi DOCUMENTI di guerra, cit., pag.42

(7) Piero Sebastiani LA MIA GUERRA CON LA 36° BRIGATA NERA.. Mursia 1998 pag.57

(8) Crisalli, comandante della 20ª divisione terrestre della Lutwaffe aveva lasciato la Versilia e si stava dirigendo verso l'Adriatico quando fu ucciso dai partigiani emiliani.

(9) Fra quelli che non tornarono ci fu Alberini Angelo di Giuncugnano, che morì in Germania il 26 marzo 1945. E anche Bertoni Telesforo di Piazza al Serchio, morto in campo di concentramento a Vienna il 29.3.45

(10) Don Valiensi in La guerra in Garfagnana dalle relazioni dei parroci, cit.,pag. 148

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