CAPITOLO III

                                                       MAGGIO 1944 - I PRIMI SCONTRI

 

I fatti di Magliano nel Comune di Giuncugnano

All'incirca verso il marzo accadde che gli anglo-americani, resisi conto dell'esistenza di molti giovani o ex militari italiani e non solo italiani e anche di ex prigionieri inglesi che si nascondevano sui monti, decisero di stabilire con loro dei contatti per indurli a collaborare e metterli in condizione di condurre una lotta armata contro i tedeschi e i fascisti. Così cominciarono a lanciare in zone convenute, dagli aerei, grossi bidoni appesi a paracadute, che contenevano armi, viveri, vestiario e denaro. Una delle prime zone interessate fu quella dei dintorni di Magliano nel comune di Giuncugnano. In una frazione di questo comune chiamata Castelletto, giungevano periodicamente (1) due ufficiali inglesi fuggiti dal campo di concentramento PG 49 di Fontanellato (Parma), i quali, dopo che Azzari si era messo in contatto con loro, tentarono di organizzare una banda partigiana a Magliano e ottennero dagli alleati (contattati con la radio di Azzari) diversi lanci. I due ufficiali erano il Capitano Robert William e il Tenente Terry Philipsz. Nascosti a Magliano, inoltre, c’erano altri due ufficiali inglesi pure fuggiti dal Campo PG49. Erano Frank Adams e Hugh Dorrien (il figlio di Adams si è messo recentemente in contatto con l’autore di questo libro). Anch’essi stabilirono qualche tipo di contatto e di collaborazione con i partigiani. E realmente a Magliano, anche col sostegno del prete, Don Barsotti, fiero sostenitore della lotta partigiana, si andava costituendo un primo nucleo di banda partigiana. Il primo di questi lanci ebbe luogo negli ultimi giorni di aprile del 1944 e consentì ai partigiani locali di armarsi molto bene con fucili mitragliatori "Bren", mitragliette "Sten", pistole e bombe a mano. Questo fatto li galvanizzò e li rese molto euforici. Giravano per il paese armati e, probabilmente, si sentivano forti e sicuri. E accadde il primo incidente. Il primo maggio a Magliano era giorno di fiera. La fiera di Magliano é fra le più frequentate in alta Garfagnana, accorrendovi gente da tutti i paesi della zona e anche dalla vicina Lunigiana. Quella volta vi scesero anche alcuni militi della G.N.R. che presidiavano il monte Argegna ove trovavasi un osservatorio antiaereo. E accadde che i partigiani ne disarmarono sei (secondo altre fonti erano sette e secondo altre ancora era soltanto uno, ma questa ultima fonte appare poco attendibile. Sembra, infatti, improbabile che un milite si fosse avventurato da solo), imponendo loro di lasciare il paese. Essi rientrarono precipitosamente alla loro postazione e dettero l'allarme. Pare che subito dopo la postazione venisse abbandonata. Il giorno tre maggio gli aerei americani effettuarono un nuovo lancio nella zona che però, come vedremo, venne intercettato dai militi della G.N.R. E quel giorno passò senza che null'altro accadesse. Ma nella notte fra il 4 e il 5 si ebbe la reazione. Su dieci camion giunsero i tedeschi con elementi della G.N.R. di Lucca, guidati dal Prefetto Piazzesi, e fascisti garfagnini (di Castelnuovo e di Piazza al Serchio) guidati, pare, dal segretario di Fascio locale, Diamantini Francesco. Il quale, nella drammaticità della situazione, cercava di evitare alla popolazione i danni più gravi salvando il salvabile e, in circostanze non bene chiarite, rimase ferito a una gamba per una fucilata sparata da un tedesco. Secondo il racconto del prete di Magliano, Don Barsotti, i partigiani si erano appostati lungo la strada per impedire l'accesso al paese e pare che aprissero il fuoco con un fucile mitragliatore tipo "Bren". Ma, forse a causa della scarsa conoscenza dell'arma, questa si inceppò e i partigiani si dettero alla fuga. (2) I tedeschi e i fascisti, così, irruppero in paese, perquisirono le case e catturarono otto persone fra cui il prete che, dice lui, fu fatto segno anche ad un colpo di moschetto che non lo colpì. Fra queste persone c'era anche un certo Franchi Ottavio, partigiano, il quale, vedendo uomini armati in paese li scambiò per partigiani e si avvicinò loro con il suo bravo "Sten" a tracolla. E il fatto di essere stato catturato armato gli fu fatale. Tutti gli arrestati, infatti, furono portati a Lucca e tutti furono rilasciati senza danni il 9 maggio (solo il prete fu trattenuto fino al 23 giugno). Il Franchi, però, fu fucilato presso il cimitero di S .Anna il 5 di maggio.(3) E si ebbero, così, le prime vittime della guerra civile. Come vedremo, infatti, poco lontano persero la vita altre quattro persone. Come già si é accennato le armi lanciate il giorno 3 furono sequestrate dai fascisti. Non é chiaro se questo accadde ad opera di coloro che effettuarono la spedizione a Magliano o da un altro gruppo. Pare che le armi fossero cadute nei pressi del paese di Cogna e che un giovane di Sillano avesse avvertito la G.N.R. Fatto sta che le armi furono immagazzinate nella caserma dei carabinieri di Piazza al Serchio.

I fatti di Pugliano e Sermezzana nel Comune di Minucciano

Nei giorni 4 e 5 maggio, quasi in concomitanza con l'azione di Magliano, fu effettuato un rastrellamento ad opera di tedeschi e di uomini della Xª M.A.S. nella vicina zona di Pugliano, Metra, Sermezzana che si trova in quella parte del comune di Minucciano situata oltre il passo dei Carpinelli e che guarda verso la Lunigiana. Anche qui era accaduto un fatto che aveva scatenato la reazione degli uomini della Xª M.A.S. provenienti da La Spezia.

Il giorno 27 aprile il localita` Montefiore (vicino a Pugliano ma gia` in Lunigiana) in un agguato partigiano (Fu, forse, opera della banda Marini che si era costituita in quel tempo ai confini fra la Lunigiana e la Garfagnana) era stato ucciso un militare della R.S.I. e alcuni altri erano stati feriti (Don Ambrosini parla di Guardie Repubblicane. Dovevano, quindi, essere uomini della G.N.R.).(4) Fatto sta che il detto reparto della Decima irruppe con i tedeschi nei paesi suddetti rastrellando e sparando. Ed anche qui persero la vita quattro persone: il giorno 4 a Pugliano fu ucciso Pellegrino Giovanni Morosini di anni 36 e a Sermezzana due fratelli : Pietro di anni 36 e Geremia Gherardi di anni 34, il primo dei quali era sposato con un figlio. Pare che essi non fossero partigiani ma avessero un fratello nella banda di Marini. Il giorno dopo fu fucilato a Carpinelli anche Morosini Pellegrino di anni 20. Sia lui che il fratello Pellegrino Giovanni vennero ritenuti partigiani ma, in realtà partigiano era un fratello che era fuggito. Questi militari rastrellarono anche 15 persone che furono condotte prigioniere a Lucca. Allora il parroco di Sermezzana Don Sandro Ambrosini, forse con altre persone, parte per Piazza al Serchio. Qui parla con il Maggiore Messori della G.N.R. e ottiene qualche rassicurazione. Poi va a Lucca, è l’otto maggio, dove, con l'aiuto del Maestro Pierucci (lucchese che insegnava a Sermezzana), contatta il Capitano Pucci, comandante dell’Ufficio Politico il quale dice che i prigionieri verranno interrogati e, poi, forse, liberati. Nel pomeriggio Don Sandro incontra la signora Tarsilla Posacco, moglie dell’Ing.Giorgi, uno dei rastrellati. Essa è riuscita ad avere un appuntamento col ministro dell’Agricoltura Moroni, che abita in una villa presso Lucca. Subito si recano alla villa e al ministro Moroni chiedono di intervenire per salvare le persone rastrellate che sono innocenti. Mentre si trovano lì giunge il Maggiore Baldi (già Seniore della M.V.S.N.) col cappellano Salvatori. Essi cercano di salvare i rastrellati di Magliano, fra cui c'è l'Avv. Corrado Pellini e la di lui moglie Lucia Castelli (la quale pare conoscesse il Maggiore Baldi). Il Ministro Moroni è irritato per le azioni di rastrellamento e incarica il Maggiore Baldi di far liberare i prigionieri. Cosa che puntualmente avviene. Il 9 maggio vengono liberati tutti, sia quelli di Sermezzana sia quelli di Magliano, ad eccezione del parroco di Magliano, che è effettivamente un sostenitore della lotta partigiana ma che, comunque, viene pure lui liberato il 23 giugno come già detto. E’ opinione diffusa che a seguito di questi fatti il ministro Moroni si sia adoperato per far trasferire il Prefetto Piazzesi che, infatti, verso la metà di 30 maggio viene trasferito a Piacenza e sostituito da Olivieri che assume anche la carica di Federale. Questa opinione appare, però, priva di fondamento giacchè il trasferimento di Piazzesi fu deliberato dal Consiglio dei Ministri già nella seduta del 18 aprile 1944, nell’ambito di un normale avvicendamento e assestamento di Capi Provincia (durante la R.S.I. le funzioni di Prefetto e di Segretario Federale del partito si sommarono insieme, in alcuni casi, nella nuova figura di Capo Provincia).

 

I fatti di Gorfigliano nel Comune di Minucciano

Concluso abbastanza felicemente questo episodio, ecco che subito il giorno dopo, 10 maggio, a Gorfigliano, altra frazione del Comune di Minucciano, si verifica un altro fatto grave. Occorre dire che in quel periodo, mentre ancora nel paese non si erano costituite bande partigiane, Gorfigliano era frequentato da bande provenienti dalla Versilia che attraversavano le Alpi Apuane e scendevano in questo paese per incontrare altre bande anche provenienti dall’Emilia e per procurarsi il cibo, che sottraevano alle povere scorte della gente del luogo.Quel giorno un gruppo di partigiani del Gruppo "Mulargia" era sceso a Gorfigliano ove, presso il cimitero, pare dovesse incontrarsi con un'altra banda. Alcuni testi ipotizzano potesse trattarsi della banda di Azzari proveniente dalla Lunigiana (era la banda di Marini, cognato di Azzari), altri di un gruppo di "Stella Rossa" proveniente dal modenese. Il grosso del gruppo si era fermato fuori dal paese mentre due entrarono per vedere se erano giunti quelli con cui dovevano incontrarsi. Ma in paese c'era un piccolo presidio della G.N.R. e due militi incontrarono i due partigiani presso la chiesetta di S.Antonio, sotto i portici. Erano le 18,30. Poiché si trattava di sconosciuti, i militi chiesero loro i documenti. Ma questi, che avevano le armi nascoste, le estrassero e le usarono. Un fascista, Irmo Tarabella, fu subito colpito e cadde. L’altro, Orsi Domenico, ingaggiò una colluttazione con un partigiano, avendo entrambi la pistola in pugno. Ognuno reggeva il braccio armato dell’altro impedendogli di sparare. Ma il Tarabella, se pur ferito gravemente, non aveva perduto i sensi e, scelto i momento opportuno per non colpire il compagno, riuscì a ferire il partigiano che dovette mollare la presa del braccio dell’Orsi. Il quale Orsi, appena libero, fece fuoco sul partigiano e lo uccise. L’altro partigiano fuggì. Il partigiano morto era Sergio Ceragioli. Il Tarabella, ferito gravemente al petto, fu portato all'Ospedale di Castelnuovo dove morì il giorno dopo. Il grosso dei partigiani, sentiti gli spari, entrò in paese e lo occupò. Il parroco dice che "posero il coprifuoco in paese, terrorizzando la popolazione" (5). Poi catturarono altri due fascisti, Orsi Augusto, fratello di Domenico e Luigi Santini, un mutilato di guerra senza una gamba, e, la sera intorno alle 22 uccisero il Santini nei pressi del cimitero e, intorno alle 23 l’Orsi in località Giovetto, sul sentiero per Vagli. Intanto in paese il cadavere del Ceragioli giaceva dove era morto, coperto con un tricolore e i partigiani non permettevano a nessuno di avvicinarsi. Il giorno 12 in paese arrivò un reparto di "SS", ma i partigiani se ne erano andati. Ci furono visite nelle abitazioni, perquisizioni e cose del genere, che di nuovo tennero col fiato sospeso la popolazione. E il cadavere del Ceragioli era ancora insepolto. Allora il prete fece intervenire il Commissario Prefettizio Dino Godini e l'ispettore di zona dei Fasci repubblicani, Sig. Gigino Silvestri, i quali parlarono coi tedeschi che, infine, consentirono di seppellire i morti. E il giorno 13, finalmente, furono fatti i funerali a tutti e quattro i caduti. Erano passati soltanto 13 giorni da quel primo maggio, e già le vittime garfagnine della guerra civile erano salite a sette, senza contare (perché non garfagnini) il militare ucciso a Montefiore e il partigiano Ceragioli.

La fucilazione di Alberto Galanti e l’uccisione di Giacomo Marchi

E un'altra vittima, in qualche modo connessa con le vicende di Gorfigliano si ebbe a Piazza al Serchio il 14 maggio. Fu Alberto Galanti de La Spezia, un tenente della G.N.R. poi passato ai partigiani. Era nato il 10.3.1910 e, da civile, faceva il maestro elementare a Stazzema. Egli era a Gorfigliano con i partigiani (presumibilmente quelli del gruppo "Mulargia" o, forse, quelli del gruppetto costituitosi intorno a quel tale Figueroa di cui si parla in questo stesso capitolo) ma pare fosse pentito di avere abbandonato la G.N.R. per cui si presentò a Piazza al Serchio ritenendo di poter beneficiare del bando che prometteva incolumità ai renitenti che si fossero presentati entro il 25 maggio 1944. Ma a Lucca, ove fu portato, fu trattato da disertore e, forse, anche ritenuto una spia, per cui fu condannato a morte. Riportato a Piazza al Serchio venne fucilato. Ad assisterlo fu Don Pietro Ambrosini. Ed anche a San Pellegrino in Alpe, nel Comune di Castiglione, i partigiani emiliani catturano e uccidono il fascista Giacomo Marchi di 40 anni, Segretario del ricostituito Fascio Repubblicano del luogo. Era il 15 maggio 1944. Infine il carabiniere Piagentini Angelo di anni 27, in servizio a Piombino, muore alle ore 0,15 del 13 maggio nel rifugio del castello. Nell’atto di morte non è riportata la causa. Si trattò, forse, di un bombardamento ? Non risultano, nel mese di Maggio, accaduti altri episodi che abbiano provocato morti, tuttavia alcuni fatti meritano di essere citati per dare un'idea di come la situazione stava ormai evolvendo verso una guerra civile più consapevole e deliberata.

 

La nascita dei C.L.N. comunali

E’ in questo mese, infatti, che nascono quasi ovunque in Garfagnana i Comitati di Liberazione Nazionale. Essi nacquero, come si può notare, dopo la costituzione delle bande partigiane e non prima. Sembra, addirittura, che siano stati i partigiani a fare pressione presso gli elementi antifascisti, affinché dessero vita a questi comitati. I quali, poi, salvo casi particolari, non ebbero rapporti idilliaci con i partigiani. Sembra, addirittura, che la divisione Lunense del maggiore Oldham smettesse di avere rapporti con i C.L.N. della lucchesia, rimanendo in contatto solo con il C.L.N. di Apuania. Comunque i C.L.N. si costituirono in tutti i comuni della Garfagnana. A Castelnuovo Garf. ne fu presidente il primario del locale ospedale, Dott. Demetrio Messuti e ne furono membri Ottorino Ciapetti, Oreste Fusai, Don Gian Maria Torre parroco di Antisciana, il Dott.Raffaello Vannugli, Simonetti Francesco, Ing.Ottaviano Guidugli, Avv.Ugo Franchi. A San Romano ne fu presidente l'Avv. Mattei, a Camporgiano l'Avv.Bertoli, a Vergemoli l'esattore Bruno Mignani (pare che qui il C.L.N. si costituisse di marzo. Dopo, comunque, la formazione del gruppo partigiano "Valanga" che ne sollecitò la costituzione e col quale ebbe sempre buoni rapporti di collaborazione), a Pieve Fosciana Alfredo Giovanetti (con Petri Renzo e Angelini Annibale). E i C.L.N. si costituirono anche a Giuncugnano (Prof. Nobili Alfredo), a Villacollemandina (Santini Ovidio), a Fosciandora (Bonini Pietro), a Molazzana (Dott.Guidugli Guido), a Piazza al Serchio (Dott. Alduini Antonio, Dott.Carlo Bertolini, Geom.Novarina Secondo 6)), a Careggine (Franchi Sergio e Franchi Manlio),.... Questo fiorire di Comitati può dare l'idea di come il movimento di opposizione alla R.S.I. e ai tedeschi, rappresentato in origine solo dai giovani che si nascondevano per non presentarsi alle armi, stesse ora cercando di organizzarsi e di darsi delle motivazioni politiche. Così come è significativo il fatto che a Gorfigliano il 22 maggio fu fondata una sezione del Partito Socialista di Unità Proletaria cui aderivano Ivo Ferri, Francesco Fortini, Cesare Pancetti e di cui era segretario Pietro Casotti. Al punto n.9 del verbale di costituzione era scritto che a liberazione avvenuta la sezione avrebbe ripreso, come sua bandiera, la bandiera della vecchia sezione pre-fascista del Psiup che il Casotti teneva nascosta in luogo sicuro.(7) E anche il movimento partigiano continuò a svilupparsi e a compiere qualche azione, anche se queste prime azioni tendevano soprattutto a procurarsi armi e viveri. Il primo maggio, ad esempio, il distaccamento di Focchia del gruppo Valanga, che operava nella zona di Fabbriche di Vallico ed era comandato dal Capretz, saccheggiò il magazzino dell'Organizzazione Todt a Fornovolasco.

Livio Pedri procura le armi alla banda di Borsigliana

E verso la metà del mese il maestro Livio Pedri riuscì, con la complicità del maresciallo dei carabinieri di Piazza al Serchio, a recuperare le armi paracadutate verso il 3 maggio e intercettate dalla G.N.R. Egli, appartenente alla banda partigiana di Borsigliana, mi ha narrato l'episodio in questi termini: Il gruppo di giovani che poi costituirà la banda di Borsigliana, in origine aveva deciso di andare sui monti di Bagni di Lucca per unirsi alla banda partigiana del pistoiese Manrico Ducceschi (Pippo). Ma, strada facendo, incapparono in un rastrellamento in atto che li costrinse a tornare indietro. A quel punto decisero di costituire una propria banda. E il primo problema che si pose fu quello di come procurarsi le armi (a quel momento, infatti, possedevano solo una vecchia pistola). Allora il Maestro Pedri, saputo delle armi giacenti presso la caserma dei carabinieri di Piazza al Serchio, si presentò al Maresciallo dicendo che i partigiani erano decisi ad impossessarsi di quelle armi e fece intendere che, se non avesse collaborato, avrebbero assaltato la caserma. Il maresciallo, che non aveva nessuna voglia di fare l'eroe e che, forse, simpatizzava coi partigiani, disse che non aveva nulla in contrario a consegnare le armi, però bisognava fingere un assalto che avrebbe sopraffatto i pochi carabinieri. Così, nella notte concordata, i partigiani vennero a prendersi le armi che furono consegnate spontaneamente dai carabinieri e solo dopo, e con le armi appena ottenute, i partigiani stessi spararono alcune raffiche simulando l'assalto.

Si costituiscono altre bande partigiane

Un'altra banda che si stava rapidamente organizzando fu quella che si costituì nelle frazioni montane di Careggine, avendo come animatore e capo il Dottor Abdenago Coli, nativo di quei luoghi e medico a Santa Maria del Giudice. Si parlerà, infatti, di una "banda Coli" nella quale finirono per confluire anche tutti i partigiani di Castelnuovo e delle zone circostanti. Pare che anche in quella zona fossero già iniziati i lanci di materiali da parte degli americani. Dopo i fatti del 10 maggio, poi, anche a Gorfigliano pare si andasse organizzando una banda locale. Ne parla in una sua testimonianza Ezio Figueroa, all’epoca calciatore del "Viareggio" sfollato a Gorfigliano, il quale dice di aver fatto parte di una piccola banda di 13 uomini costituitasi a Gorfigliano, di cui faceva parte anche Ivo Ferri. In realtà pare si trattasse di piccoli gruppi di simpatizzanti partigiani più che di vere bande armate e pare se ne costituisse anche uno a Gramolazzo e uno a Minucciano.

Sembra che questi gruppi si fossero costituiti a seguito di un contatto che Corrado Poli di Gramolazzo aveva avuto sul Monte Tondo con il maggiore inglese Johnston. Alcuni di questi uomini, poi, fra cui lo stesso Figueroa e quel Carlo Ceccato, impiegato presso la Soc.Montecatini e che poi verrà ucciso insieme al Tenente Marco, andarono a congiungersi con la banda di Borsigliana della quale, nel frattempo, aveva preso il comando, appunto, il padovano Giorgio Ferro (Tenente Marco) del quale dovremo riparlare più avanti. Altri preferirono non farlo e confluirono nella banda che, in luglio, si costituì, come vedremo, al comando dal maestro Benedetto Filippetti. E’ evidente che l'andamento della guerra al fronte, con lo sfondamento della linea Gustav faceva prevedere imminente il crollo dell'esercito italo-germanico, galvanizzando gli antifascisti che intravedevano prossima e vittoriosa la fine della lotta.

 Una delle prime azioni della Banda Coli fu il saccheggio del magazzino della Todt di Isola Santa. L’ex partigiano Franco Bravi la racconta così:

“”Era il 23 maggio 1944. Giunti cautamente a Isola Santa da un luogo nascosto osservarono col binocolo la partenza dei lavoratori che avveniva alle ore 17.  Attesa la notte, verso le 21 si prepararono ad agire. Il Bravi notò un lavoratore del luogo col quale aveva lavorato e lo chiamò per chiedergli quanti tedeschi erano a guardia del magazzino. Quello rispose che erano i soliti due anziani che sorvegliavano anche i lavoratori. (8)

 Allora i partigiani si avvicinarono cautamente al magazzino (che era in fondo al paese, vicino al fiume) ed ad uno dei due tedeschi che si era affacciato sulla porta per fumare una sigaretta intimarono il “mani in alto” al quale il tedesco rispose alzando subito le mani. Cosa che fece subito anche il secondo, appena uscito. A quel punto i partigiani si caricarono del bottino (che risultò piuttosto povero: una ventina di pani scuri a cassetta e alcune scatolette di carne), poi presero i fucili dei tedeschi e si accinsero a partire. Ma uno dei due tedeschi che parlava un po’ di italiano li pregò di non portargli via i fucili perché la perdita delle armi avrebbe comportato la loro fucilazione. Allora i partigiani presero i fucili e portarono con loro uno dei due tedeschi. Giunti un bel po’ lontani da Isola Santa restituirono i fucili (ovviamente senza proiettili) al tedesco e lo rimandarono indietro, avvertendolo di non dare subito l’allarme, se no l’avrebbero ucciso.””

La guerra si fa vicina. I primi attacchi aerei

E in Garfagnana l'avvicinamento della guerra e il suo andamento sfavorevole fu reso percepibile da tutti con l'inizio degli attacchi aerei dei caccia-bombardieri americani. Il pomeriggio del 18 maggio, giorno dell'Ascensione, la ferrovia Lucca-Piazza al Serchio subì il primo bombardamento nel tratto Pontecosi-Villetta-Poggio-Camporgiano-Piazza al Serchio. Non ci furono vittime e neppure danni alla ferrovia, ma la popolazione fu terrorizzata dal crepitio delle mitragliere degli aerei e dalle esplosioni delle bombe da 250 chilogrammi, sganciate a coppia da ogni aereo. Pochi giorni dopo, il mattino del 21 maggio, il treno passeggeri che si dirigeva verso Lucca fu mitragliato nei pressi di Fornaci di Barga. Da allora i treni passeggeri subiranno molti mitragliamenti, che faranno anche delle vittime civili, (Don Gigliante di Torrite ne ricorda uno del 29 maggio) finché il 12 di giugno verso le sette del mattino due treni che effettuavano un incrocio nella stazione di Fornaci di Barga furono mitragliati e distrutti. Colpito da una raffica, morì in quell’occasione un operaio di Castelnuovo Garf., tale Chino Lunardi. Le due locomotive di quei convogli erano le ultime disponibili ( il giorno prima, 11 giugno, alla stessa ora, era stata distrutta la locomotiva del convoglio che procedeva verso Lucca) (9) per cui il servizio ferroviario dovette essere sospeso. Fatto, questo, che comporterà molti disagi per la popolazione della zona, che non avrà più alcun mezzo pubblico per i suoi spostamenti. Così molti operai non potranno più raggiungere i luoghi di lavoro, i rifornimenti si faranno difficili e, per la Garfagnana, inizierà quell'isolamento che verrà rotto solo dopo la fine della guerra.

NOTE:

(1) Si è sempre ritenuto che i due ufficiali risiedessero stabilmente a Castelletto. Si è, invece, accertato che il loro nascondiglio stabile si trovava a Torsana, piccolo borgo nel comune di Comano in Lunigiana, a 936 metri di altitudine, nella casa del Sig. Pietro Baldini. La storia di questi due inglesi si trova nel libro di Roger Absalom L’alleanza inattesa – Ed. Pendragon 2011 scritta attingendo a un diario che William aveva scritto. Essi, però, si spostavano spesso da Torsana per ragioni di sicurezza e anche per aiutare i partigiani a organizzarsi. Probabilmente quando tentavano di organizzare i partigiani di Magliano venivano in zona e si trattenevano a Castelletto in casa della famiglia Bertolini.

(2) Pare, però, che un tedesco rimanesse ucciso. (LA GUERRA IN GARFAGNANA Relazione dei parroci – Don Barsotti pag. 32-33). Nel racconto fatto da Frank Adams al figlio dopo il suo rientro in Inghilterra, però, si dice che i partigiani non riuscirono ad inserire il caricatore nel mitragliatore che, quindi, non sparò neanche un colpo, al che, malgrado le sollecitazioni dell’ufficiale inglese che cercava di organizzare la difesa, nessuno sparò e tutti si diedero alla fuga.

(3) La Nazione del 9 maggio 1944 da notizia della fucilazione del Franchi dicendo che esso fu fucilato insieme ad un altro "ribelle" catturato in Garfagnana. Si trattava di un tale Agostino Pippi, di 18 anni, di Ponte Stazzemese.

(4) Questa e le altre notizie relative all’episodio sono tratte dalle più volte citate relazioni dei parroci – Don Ambrosini pagg. 79 e segg.

(5) Relaz.parroci – Don Vincenti pagg.62 e segg.

(6) Secondo “Dino” Novarina era nato a Torino il 5 febbraio 1887 da papà Luigi e mamma Maria Revet, componenti di una famiglia benestante che apparteneva alla borghesia sabauda, con residenza nel centro storico della città, in via Bova, n.52.

Nel 1911 aveva vinto un concorso all’Ufficio del Catasto e proprio in veste di tecnico statale, probabilmente, era arrivato in Garfagnana dove conosce una ragazza di San Donnino, Alice Marchiò diventata poi sua moglie l’8 aprile 1913.

Lui aveva 26 anni, lei 27. Allo scoppio della Prima Guerra mondiale Novarina viene richiamato alle armi con il grado di sottotenente del Genio (4° Battaglione Artiglieria) e rimane ferito in due occasioni con degenze ospedaliere a Vercelli e a Schio di Vicenza.Al ritorno dalla guerra il geometra Secondo “Dino” Novarina si trasforma in un imprenditore allestendo dal nulla, nel 1921, il primo “cementificio” a Colognola.  La “Fabbrica Calce e Cemento – Alta Val Serchio – Geometra Secondo Novarina di Piazza al Serchio”.Tale piccola azienza, da tutti conosciuta come “la cementeria” non avrà vita facile ma costituirà, comunque, la prima industria dell’alta Val di Serchio, di notevole importanza economica e sociale. (Notizie tratte dal lavoro del Prof. DINO

MAGISTRELLI  LA CEMENTERIA DI COLOGNOLA DI PIAZZA AL SERCHIO: ASPETTI STORICI ED ECONOMICO-SOCIALI”)

(7) Oscar Guidi – GARFAGNANA 1943-45 – pag.105

(8) A proposito del lavoro che si faceva dice il Bravi che si lavorava ben poco. Era accaduto che in un primo tempo venivano condotti sul luogo di lavoro da un vecchio camion BL con le gomme piene di proprietà di un castelnuovese. Ma ben presto il vecchio cassone si ruppe e non funzionò più. Allora fu requisito un pullman della Fiumana Bella, anche quello piuttosto vecchio che resse per qualche tempo e poi smise di funzionare. A quel punto bisognava andare a piedi da Castelnuovo. E i tedeschi consideravano (e retribuivano) come ore di lavoro anche le ore di viaggio che erano tre all’andata e tre al ritorno. Pertanto rimanevano due ore o poco più da dedicare all’effettivo lavoro.

 

(9) L’autore di questo lavoro, allora quattordicenne, era presente su quel treno. Anche quel giorno ci furono diversi feriti e, forse, dei morti

 

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