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SRADICATI - 2002 resina, vetroresina con pigmenti - h max cm 390 |
Sradicati | a cura di Ronaldo Fiesoli Tessilform di Patrizia Pepe - Firenze |
FIRENZE - Forme sinuose, creature allo stato embrionale, che però possono ormai vantare solo una parziale somiglianza con ciò che la Natura crea: queste le sculture di Andrea Marini, scultore e artista fiorentino, che martedì hanno inaugurato la sua mostra presso la sede del Tessilform della stilista Patrizia Pepe. L'installazione di Marini, con la grande opera Sradicati, iniziata nel 2002 ma finita nell'anno in corso, e con un'altra opera di dimensioni minori, ma dall'innegabile fascino, ha avuto come collocazione la zona semicircolare creata dalle scale nella hall dello stabile. La scultura, intreccio pseudo-naturalistico dalla raffinata bellezza, realizzato in vetroresina, è un incredibile connubio tra realtà e fantasia. Gli intrecci di Sradicati si sviluppano, si intersecano tra loro ma, se si osservano con attenzione, appaiono come dolenti - spiega l'artista. Queste sculture parlano di una realtà naturale anomala, modificata fino al punto ad essere (paradossalmente) colorata.
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Centro gravitazionale della moda, la Tessilform della stilista fiorentina Patrizia Pepe si inserisce anche nei circuiti dell'arte contemporanea. Molte iniziative curate dal Direttore Artistico Ronaldo Fiesoli hanno animato la stagione invernale. L'ultima, solo in ordine temporale, è stata inaugurata il 1 Aprile con Sradicati, installazioni di Andrea Marini. Frammenti di natura, radici che non radicano, rami spezzati di improbabile colore lattescente. Elementi naturali che naturali non lo sono affatto, elementi che rasentano la fantasia e l'incubo, limite estremo fra reale ed immaginario. Gli steli in vetroresina si stagliano in altezza ripercorrendo il contorno dello spazio che li avvolge. L'apparato radicale, principio di essenza e nutrimento sorregge le strutture ma non le alimenta, funge da sterile piedistallo su un pavimento lucido. Non linfa vitale ma tenui colori, patetici e sofferenti, sembrano circolare in questi strani scheletri arborei contaminati che non possiedono più DNA di richiamo all'esistenza e alla continuazione della specie. L'artista coniuga sapientemente realtà ed artificio in una raffinata sintesi. Dosando l'idea di elementi naturali con materiali artificiali genera creature border line fra vita e morte, fra fertilità e inefficace aridità. Le due installazioni ancora una volta stimolano la dialettica fra naturale e artificiale non delineando mai confini netti, ma dissolvenze ad effetto che suscitano sensazioni di disagio e spaesamento. E l'effetto è amplificato dall'ambiente espositivo, così raffinato, così architettonicamente pulito da esaltare questi esili steli che costituiscono il fulcro della grande hall. Lo scalone elicoidale li avvolge, quasi a proteggerli dalla inevitabile fine e contrappone ad essi un colore rosso vitale, antitesi e nello stesso tempo thèsis come corollario di un universo dove il confine tra realtà contaminata e realtà fantastica appare estremamente labile, come dice l'artista stesso. Andrea Marini sente l'esigenza di esprimere lo sradicamento che ogni essere subisce di fronte alle enormi trasformazioni che alterano e corrompono i normali flussi vitali. Ma il risultato estetico non è sgraziato. Piuttosto è grottesco, crea distacco emotivo con l'uso di un esagerato rigore formale, esalta il contrasto nella ricerca di un nuovo quanto illusorio equilibrio biologico.
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