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Che sono io
Che son io?, domandai spesso a me stesso: un che pensa, che soffre, ama, sospira, che arcano fato generò sommesso a un mondo cieco che con lui delira.
Prima che fui? poi che sarò? perplesso il pensiero nel dubbio arduo si aggira, né mai, né mai sarà quaggiù concesso sciogliere all'uom quest'ansia che il martira?
Fuggono intanto i giorni, i mesi, gli anni con ritmo inesorabile, s'appressa al greve corpo l'ombra fredda e nera,
ma l'anima, se un pio dolor l'affanni, se di beltà forme leggiadre intessa, sente il divino, che in lei vive, e spera.
Il pane che vi ho dato
Il pane, che vi ho dato da mangiare, figlioli miei, quel pane io l'ho sudato, Talvolta non potevo lavorare, ero stanco, ero triste, ero malato... ma a voi pensando, teneri piccini, le forze non avevan più confini; quel pan talvolta sarà stato duro e poco, ma fu sempre pane puro.
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Il lettuccio d'azzurro
Sul lettuccio d'azzurro ricolorito - ed era nero e seppe gli ultimi sonni suoi, l'ultimo sonno -- dorme or la bimba e sogna il vecchio nonno. Sul letto, che conobbe il suo dolore estremo e il vide già disfatto e affranto, or con la rosea bamboletta accanto sorride ai sogni de la bimba il cuore.
Pracchia
O tra i castagni d'Appennino bianca, come amoroso nidietto, Pracchia, tutta odorante ne la fresca macchia ti rivede la mia anima stanc.
Tra il verde vario de le tue pendici, c come occhieggiante al sol vivida rosa, si riaffaccia la novella sposa e le con lei vissute ore felici.
Si, Vincenzina, è vero, dopo tanta felicità vennero i duri giorni, ma, sol che al primo nidietto torni, come allora la nostra anima canta.
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