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La chiesa della Marina di Edda Garimberti -
Poesia pubblicata - Gennaio-Febbraio 2011 |
A mamma Vespucci di Peppino Mura
Poesia pubblicata - Novembre 1987 |
Da piccolina, dentro ad una chiesa Alla Vergine del Mare dedicata, Andai la prima volta Da quando v'ero stata battezzata. Era una chiesa grande, costruita Tutta in marmi preziosi ed in mosaici d'oro. Sopra uno spiazzo dominante il porto, E il vento salso, con le cupree foglie Strappate ai platani autunnali, La interno giocava a mulinelli- Dentro, la luce, filtrata d'alabastro, Con lame di pulviscolo rosato Tagliava la penombra. Il passo risuonava nel silenzio Destando gli echi, non ancora spenti, Dei passi precedenti E i rossi lumini dell'altare Che una corrente d'aria, a tratti, Faceva vacillare, Sembravano lontani ed irreali. Sentivo che qui v'era un mistero, Un chè di sacro e grande, una Presenza che soltanto sull'altare. Ne percepivo nell'aria l'atmosfera E a destra , infatti , una cappella vidi, Chiusa da un'alta cancellata. Era un Sacrario e, al posto dell'altare, un cofano dorato e traforato lasciava intraveder qualcosa. Avrei voluto entrare, ma non si poteva, E allor rimasi la incantata, Come fanno i bambini affascinati, Tentati ad indagare Nel misterioso Ignoto. Infine, sottovoce, "cos'è" chiesi curiosa Ed una voce mi rispose piano : " E' la bandiera che avvolge la memoria Dei Caduti in mare.
Edda Garimberti
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Bordata ogni vela nel vento corri ancora, mia nave, nel tempo coi pennoni "bracciati per tutto" ed i baffi di prora... a lambire la dorata polena.
E ritorno alle "guardie alla mostra" alle "virate di prua" alle panne improvvise... alle cappe, ai "giri di barra" dei sei mesi trascorsi in crociera, non ancora ventenne, in cui empivo d'orgoglio e di salso sapere la mente.
Ritorno nel tempo a quei giorni in cui "a riva" sulla dritta ! a varèa del controvelaccio tremavo nel vento artigliato imparando a serrare la vela ed a premere in cuore quei tonti più forti del tuono.
Poi, fra tempesta e bonaccie imparammo ad amarti mentre tu ci cullavi materna.
E più che scimmie diventammo gabbiani, volando fra stralli e amantigli, levando nel vento gli "urrà" che sul mare mi par risentire : quei saluti alla voce che ancora, sovrastando dimensioni di tmepo e di spazio echeggiano a tratti sull'onde.
Oggi, sbiadito quel tempo, son tornato a toccare, a frugare, a sfiorare col cuore in tumulto un posto di branda, uno stipetto... un cantuccio dove allora ho sognato, ho riposto con cura un oggetto ed ho scritto su un foglio sgualcito sgrammaticate parole d'amore.
Ed agli occhi appannati avrò forse sulle sartie vibranti le teorie di fantasmi dei tanti compagni di corso, mai più ritrovati da quella mattina di giugno che partiamo alla guerra, salutandoci in fretta sul barcarizzo.
E forse sul vecchio cassero sentirò un groppo in gola non scorgendo di conserva sulla tua scia come allora la sorella Colombo. Ma solo e lento un volo di gabbiano, il cui richiamo malinconia, sarà col tuo un mio singhiozzo !
Peppino MURA
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