Uomo di mare
Il maestrale toccò
improvvisamente
con dita fredde
la tua spalla ambrata
e s'increspò la
pelle
sotto la sahariana
stropicciata, di fresco lino,
color naturale.
Con sguardo fisso
guardavi lontano
quasi ad azzerare la distanza
fra te e l'orizzonte.
Quel giorno contai
quattro capelli bianchi
sulle tue tempie,
che un ricordo
aggrottava d'improvviso.
Senza battello,
senza remo o vela,
la tua culla fu certo
presso il mare, o
l'acqua viva dei fiumi
ti fu chiara nutrice ?
Non seppi mai.
Uomo venuto dal mare
subito ti battezzai
nelle mie fantasie
di donna solitaria.
Ti amai,
come se vedessi il mare
per la prima volta.
Dalle tue labbra stillava
Un miele ambrato e presto ne fui ebbra.
Oggi, però,la marina assolata
emana echi misteriosi
di voci giovanili,
ma fra tante
la tua voce non distinguo..
calma e desertica
appare la riviera
dove ieri regnasti
più che dorato mito.
La tua assenza
s'impone nel mio cielo
come campana vuota
che non diffonde armonia.
Un brivido percorre
ora la pelle
ieri odorosa di alghe,
ed il rosso sipario
del tramonto
stringe il cuore
in una morsa strana.
Malcelata,
mi scintilla una ferita,
e solo oggi m'avvedo,
che ferisce più di un bisturi
un addio non pronunciato.
Forse domani,
appeso il sogno
al salice del rimpianto
e deposto il fardello degli anni
m'immergerò nel sonno,
cullata, protetta
nell'arco di mare caldo delle tue braccia.
Erano lieti
i giorni dell'innocenza.
Le parole scintillavano
come stelle,
le tue mani parlavano d'amore,
i tuoi gesti
pagine irrivelate
da leggere in un tempo
indefinito.
I tuoi occhi, mio cielo,
traboccavano di sole,
che a piene mani
riversavi nel mio petto.
Ritorna,
uomo venuto dal mare !
Con una lanterna di luna
verrò a cercare
la tua chioma bruna,
le tue braccia di onda.
Parlami
col tuo verso di diamante
con parole di spuma marina.
Cercami
con la prima stella vespertina.
Sussurrami
sillabe di vento
che misteriosa alchimia
tramuti nella voce amata,
nell'alito tuo caldo
sulla fronte.
Cerchio di fuoco
che non si estingue.
Nube di fumo
che mi avvolge e acceca.
Camicia di ferro
sulla pelle nuda
si palesa la tua assenza.
Tale dolore
e tale morte oscura
procura dentro me
questa ferita
e nessun'altra creatura
può colmare
l'orma che lasciasti tu.
Uomo del mare.
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Tesori di fondali
1 E mi sono armata di un bisturi affilatissimo per liberarti dalle schegge di un dolore che ti faceva urlare come lupo ferito a morte. 2 Penelope reincarnata, di un novello odisseo ho tessuto bende–sudari per le quotidiane delusioni che mi devastavano i sogni. 3 Mi ribellavo all’idea che la rediviva conchiglia non potesse custodire tesori di fondali. 4 Rivelami, rivelami, o mare cosa nascondi tra le tue pagine d’acqua! (ma tu, spietato, custodisci bene il tuo segreto) 5 Mi sono fatta rosa di gerico per sopravvivere al deserto nel quale un dio crudele dallo scettro acquitrinoso, mi aveva trapiantato. 6 Divenni per te la rosa tardiva sbocciata su uno stelo inaccessibile al limite del cielo. Un vento sensuale la scompigliava in mille petali odorosi. 7 Con mani esperte mi mettesti a dimora nel tuo giardino. Complice, la stagione dei poeti, mutasti il mio roveto in un roseto 8 Nel tuo limbo di dolore, crescono alghe policrome di poesia. garofani rossi di sangue, prati d’invertebrati, dove galoppano giovani ippocampi, danzano meduse come farfalle d’acqua 9 Ti piaceva accarezzarmi con dita di sofferta poesia. Lievi dita, lievi, come petali di luna: luminosi atomi fluorescenti. 10 Con te ho scoperto
d’avere nuova vita.. Con un nuovo nome tornerò bambina e diverrò adulta attendendoti ogni notte. 11 Divenni volontaria prigioniera di un amore che involontariamente mi rendeva schiava di sé
12 Mi ammalai della noia dei poeti, e mi misi a scandagliare gli anfratti marini dove fiorivano lussureggianti gorgonie, restando abbagliata dalla loro malia.
13 Un treno impazzito ci ha travolto, lasciando, su storie parallele, gli atomi omologati delle nostre anime che si cercavano da sempre. 14
Sei il farmaco necessario per guarirmi da un virus che tu stesso mi hai trasmesso. E guarirò solo vivendo di te, Cola 15 Devo a te, al tuo martello pneumatico, se le mura merlate di silenzio sono state disintegrate. Con te, ne uscivo ogni giorno più viva, io, sepolta viva. 16 Sopra una concava mezzaluna mi dondolavo, quando, come un guerriero macedone avanzasti, frangendo cortine di tristezza: porgendomi altalene di musica e di sole. 17 Per te, poi, ripresi a germogliare di versi solo per sfiorare i tuoi capelli imbiancati di polvere di stelle. 18 Ieri, ho incontrato la bambina che è in me; affondava i suoi piedini nel fondo del tuo mare a raccogliere piccole conchiglie rosa-perla. Nella sua bocca fioriva la perla più bella! 19 Ho inventato lucciole di parole da custodire sotto un cuscino di solitudine: lampade magiche per sconfiggere le ombre della notte.
20 Una pagina dopo l’altra, una, dieci, mille pagine d’acqua per un libro d’amore scritto solo per noi. - inedito per sempre - 21 Sono invaghita del mare, di quel mare che m’impaùra, che mi plagia, che mi feconda di poesia. Se nascessi in un’altra vita vorrei essere rosa marina. 22 Ho spezzato le corde alla tua voce. Ma è quando sei afono che gridi più forte il tuo essere uomo. 23 Sono una preda. Mi dibatto nel tuo carniere. Puoi fare di me quel che vuoi. Finirmi, o ridarmi indietro la mia vita. 24 Alla dolce morsa del cappio nel quale mi dibatto posso soltanto Arrendermi: alzo le braccia al tuo dominio d’amore.
25 La tua mano ladra mi deruba nottetempo grappoli di versi: come bimbo affamato te ne nutri. E ancora, ancora, me ne chiedi. 26 Quando temo di annegare mi aggrappo alla vita con la stessa disperazione dei naufraghi. Tu mi lanci liane di parole e mi attiri nel tuo approdo. 27 Mi ascoltavi, rapito, quando ti raccontavo di me; come bimbo mai sazio di fiabe, dalle labbra mi strappavi racconti.. 28 Quando mi mancavi, - a tratti ti nascondevi - gli occhi si colmavano di lacrime che asciugavo col dorso della mano, furtiva, come una bambina. 29 Le faville dei miei ti amo arrossavano il volto di una Luna anemica. I tuoi tremori improvvisi alimentavano bracieri di desiderio. 30 Aprimi le tue porte, azzurro guardiano dei molteplici mari. Infrangi col tocco delle tue mani i mille chiavistelli di nebbia che mi rabbuiano l’anima. 31 In calici di mani ti porgevo da bere, acqua di sorgiva:
custodivo una cascatella segreta nel cavo del mio seno cristallino per rimuovere dalle tue labbra l’amaro del salino. 32 Tu sei la parola di fiordaliso spuntata sull’arenile dimenticato
dai Tritoni: il canto azzurro delle Sirene quando delirano di solitudine 33 Desiderai diventare sussurro d’acqua fiumana per scendere alle radici: piuma d’amore per carezzare la terra: nascondermi con te sotto una coltre di vita. 34 Perché, perché, mi chiedo, frantumarsi l’anima nel dubbio. Perché piangere lacrime di madreperla, quando so che esisti, sei vicino, che sei mio, anima mia?
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