IO, ADELE…

     

 

 

ADELE DE TRENQUELLEON  RACCONTA LA SUA VITA …

 
 

 

Nascita e prima infanzia in un periodo turbolento

È il 27 settembre 1787 il giorno in cui mio padre, Charles de Batz de Trenquelléon, sposa nella cappella del Vescovado di Montauban, Marie Ursule de Peyronnencq. Benedice la loro unione Monsignor de Malide, vescovo di Montpellier, suo zio materno. Tutto sorride in quel momento ai giovani sposi. Mio padre presta servizio nel reggimento delle Guardie francesi. Con mamma, abitano un po’ a Parigi, in Via Saint Honoré, in un appartamento che gli hanno allestito i miei zii, fratelli di papà, il conte e il visconte de Malide, e un po’ nel castello di Trenquelléon, sulle terre di Feugarolles, lungo il fiume Baïse, non lontano da Nérac, patria di Enrico IV. Papà discende da una vecchia famiglia nobile del Béarn. Uomo retto, di fede profonda, nutre stima e ammirazione verso mamma della quale dice volentieri: «È una santa!» I contadini e i mezzadri che vivono intorno al castello lo incontrano volentieri perché s'interessa di loro, delle loro famiglie, s’informa sempre degli uni e delle altre. I suoi rapporti con la gente sono pieni di semplicità e cordialità. Tutti lo stimano. Quanto a mamma, originaria del Rouergue, la sua famiglia risale a San Luigi IX. Lei insegna il catechismo ai bambini, visita i malati, i vecchi soli, provvede ai bisogni dei poveri. La sera, al castello, presiede la preghiera dove si ritrovano a fianco a fianco la famiglia e i domestici. All’inizio dell’anno 1789 tutta la famiglia si trova a Trenquelléon per le elezioni alle quali papà deve partecipare. Prende parte, come sapete, alle assemblee della nobiltà a Condor e a Nérac e poi ritorna a Parigi. Tre mesi dopo, il 10 giugno 1789, ecco che nella famiglia arrivo io. Mi chiamo Adèle de Batz de Trenquelléon. Sono battezzata lo stesso giorno, ma il nome di papà non compare nell’atto di battesimo. Infatti, il suo servizio lo trattiene a Parigi. Le violenze non tarderanno a iniziare.

I miei primi tre anni corrispondono ai primi tre anni della Rivoluzione francese: quella degli Stati Generali, dell’Assemblea nazionale costituente e di quella Legislativa. 14 luglio 1789: presa della Bastiglia, il 31 agosto il Re scioglie il reggimento delle guardie francesi. L’anno seguente, la costituzione civile del clero costringe i sacerdoti a firmare la costituzione o a passare alla clandestinità. Il 22 giugno 1791, dopo l’arresto del Re a Varennes, papà decide di andare in esilio. In novembre raggiunge il principe di Condé sul Reno per cercare di organizzare la liberazione del Re. Fallito il tentativo, passa in Inghilterra. Mamma, rimasta al castello con la suocera, uno zio e due sorelle di suo marito, mette al mondo, il 26 gennaio 1792, Charles, il mio fratello più piccolo. Nel 1794 il Terrore domina in tutta la Francia. Avvengono perquisizioni, che non risparmiano il castello di Trenquelléon, dei beni sono confiscati. Mi ricordo bene l’arrivo dei sanculotti venuti da Nérac. Ecco che si mettono a perquisire da cima a fondo il castello. Mamma ci spedisce in camera nostra; spaventata, domando alla governante:«che sta succedendo, Orsola?». «È gente che viene a prendere tutto quello che si trova nel castello.». «Ma allora, stiamo per diventare come il povero Giobbe!».

Ben presto mamma mi ha inculcato un grande rispetto e un grande amore per i poveri. Un giorno mamma mi mostra un grazioso vestitino che mi ha appena comprato, e io non poso fare a meno di dirle: «Mamma, era meglio usare questi soldi per aiutare i poveri; mi avrebbe fatto più piacere». Povera Mamma che era così contenta di avermelo comprato! Un’altra volta, una zia di Parigi mi ha mandato dei soldi perché sa che la vita a Trenquelléon non è sempre facile. Mamma, che vuole insegnarmi a condividere, mi propone di usare una parte della somma per soccorrere i carcerati che si trovano a Nérac. Senza esitare le rispondo: «Mamma, daglieli tutti, i soldi!».

In famiglia si parla spesso delle carmelitane che la Rivoluzione ha obbligato a vivere in clandestinità. Io le ammiro. È per caso un cenno di Gesù? Ecco che vesto sempre la mia bambola da carmelitana e spesso mi si trova intenta a scarabocchiare dei messaggi destinati ai preti che le visitano. Amo le cose giuste e non accetto che si sgridi, ingiustamente secondo me, il mio fratellino: io mi accuso immediatamente al posto suo. Si dice volentieri che io sono generosa, piena di compassione per i poveri, ma devo tutto questo a mamma che mi porta sempre con sé quando fa visita ai poveri e ai malati dei dintorni. Invece sono piuttosto collerica, ho un carattere vivace e talvolta perfino violento. Mi irrito alla minima resistenza; fortunatamente mamma e le mie zie ci stanno attente e grazie a loro, a poco a poco imparo a diventare paziente, comprensiva e tollerante. Per tutta la vita, fino all’ultimo momento, dovrò lottare per mostrarmi paziente e padrona di me stessa.

 Finalmente il periodo del Terrore ha termine. Col Direttorio ritorna la tranquillità. Ma ben presto, il colpo di stato del 18 Fruttidoro (4 settembre 1797) riporta al potere i giacobini e si compilano le liste di proscrizione. Mamma viene a sapere improvvisamente che vi figura anche il suo nome. Bisogna partire senza indugio. E noi bambini che faremo?

Esilio e prima comunione

Quando mamma torna a casa, sicura che il suo nome è sulla lista di proscrizione, non c’è più tempo da perdere: deve partire se si vuol salvare la vita. Appena arrivata, domanda a mio fratello e a me: «Figli miei,che volete fare, restare qui con la nonnina e le zie, oppure venire con me?». Di slancio rispondiamo:«partiamo con te, mamma». In fretta e furia, mamma raduna alcune cose mentre degli amici si incaricano di cercarci una vettura, ed eccoci in strada, verso la Spagna, con una cameriera che ha voluto accompagnarci. In cammino, dalla vettura io grido: «ah! Scellerati, scellerati, ci vogliono ammazzare!». Non posso ammettere di essere cacciati in tal modo.

Arrivati a Pau, mamma viene a sapere che abbiamo ancora altre ventiquattro ore per lasciare la Francia; questo le permette di cercare delle lettere di raccomandazione. Un bravo uomo le dà l’indirizzo di un cugino, frate laico in un convento di Tolosa. E arriviamo a Tolosa; io non dimenticherò mai le condizioni di questo viaggio, la paura, l’angoscia, ma anche la mancanza di tutto. Un giorno, avendo una gran sete, ho bevuto nel berretto che un mulattiere mi porgeva a mo’ di bicchiere… A Tolosa, il frate laico al quale eravamo stati raccomandati, mostra grande dedizione ed è pronto a renderci servizio. Arriva perfino a trovarci un appartamento. Nonostante tutto, non è facile per una donna sola con due figli. Fortunatamente la Provvidenza veglia e grazie a un emigrato francese, originario di Nérac, mamma viene finalmente accettata dalla società di Tolosa.

Passano i giorni, le settimane. Nella primavera del 1798, il governo spagnolo, dapprima favorevole agli immigrati francesi, cambia parere e decreta che essi devono uscire dalla Spagna sotto pena di essere deportati alle isole Canarie. Mamma è costernata, bisogna pensare a partire per il Portogallo. Partire ancora…Papà, dall’Inghilterra, segue attentamente la situazione. Preoccupato, interviene presso il Primo Ministro del Portogallo. E rapidamente riceviamo il permesso di entrare in quel paese. Tuttavia un piccolo fatto vi farà capire qual era l’angoscia ma anche la fede di mamma. Alla prima scorsa della lettera con cui papà la metteva al corrente dei passi fatti, comprende che erano stati inutili… Immediatamente, mamma si mette a invocare lo Spirito Santo poi, con calma, rilegge la lettera e scopre di essersi sbagliata. Da quel giorno in poi, mamma ha sempre invocato lo Spirito Santo prima di cominciare a fare qualunque cosa.

Ci sistemiamo a Braganza. Qui c’è un buon numero di preti francesi esiliati e sono felici di sentire le notizie della Francia. Secondo loro, è difficile trovare alloggio a Braganza, e invece, senza aver reso nessuna iniziativa, ci viene proposta una casa ammobiliata. Questa proposta è accompagnata da un invito a colazione. La vita, in Portogallo, grazie all’intervento del Primo Ministro portoghese, è più facile. Dopo qualche tempo, nel mese di luglio, papà può finalmente raggiungerci. Proprio a Braganza, Charles e io abbiamo la gioia di accogliere una sorellina: Désirée. Viene battezzata nella cattedrale di Braganza il 12 giugno 1799. Col passare del tempo,le disposizioni del governo spagnolo verso gli immigrati cambiano e ben presto ci permettono di considerare la possibilità di riavvicinarci alla Francia. E così, nell’autunno del 1800, ci sistemiamo a San Sebastián. Io accompagno volentieri mamma che va spesso a pregare dalle carmelitane, il cui convento è accanto alla chiesa di Santa Maria, nella quale anche ci rechiamo. La vigilia di Natale, vado con mamma in chiesa; lei va a confessarsi e io voglio fare lo stesso. Con mia gran sorpresa, il prete m’invita a fare la comunione il giorno dopo, ma io non sono pronta, voglio assolutamente prepararmi a questo incontro col Signore. Il tono del nostro scambio di opinioni aumenta, mamma si avvicina allora al confessionale e il sacerdote parla a mamma; le spiega che in Spagna è il sacerdote che decide il momento in cui un bambino può fare la comunione e lui pensa che io sia pronta. Ma io ci tengo a preparare il mio cuore per un tale incontro. Finalmente ottengo un rinvio: farò la prima comunione il giorno dell’Epifania. Che felicità ! In quei pochi giorni, voglio proprio fare tutto quello che può piacere a Gesù perché si possa trovare bene in me. Lo amo talmente ! Non voglio fare le cose a metà ! Quando giunge il giorno dell’Epifania, che gioia!

Il 4 novembre 1801 lasciamo San Sebastián. Io volevo restare in Spagna per farmi carmelitana. I miei genitori non hanno voluto, ma mamma mi ha promesso che quando sarei arrivata all’età di poter entrare al carmelo, se esso non fosse ricostituito in Francia, mi ci avrebbero riaccompagnata. Forte di questa promessa, ho acconsentito a partire con loro. Il 14 novembre, giungiamo a Trenquelléon, dopo più di quattro anni che mamma, Charles e io ne siamo partiti. Per Papà è molto più tempo. Non potrei mai dimenticare quel che ho visto durante il viaggio di ritorno: le chiese di molti paesi trasformate in fienili, in rimesse, con le galline che vanno e vengono, le statue mutilate, la miseria presente ovunque… Arrivando al castello, che felicità ritrovare quelli che vi avevamo lasciati. Ma sono un po’ triste perché la cara nonnina non è più, è andata a raggiungere i suoi presso il Signore.

Cresima : Spirito Santo e missione

Piano piano la vita riprende il suo corso a Trenquelléon… C’è molta miseria attorno a noi. Mamma interviene come può. Spesso l’accompagno nelle sue visite a persone malate, sole. Dei poveri vengono al castello a chiedere da mangiare. Con mamma imparo a servirli. Mamma ci ha sempre insegnato a condividere. Lei fa anche il catechismo ai bambini del paese. Come mi piace vedere che questi bambini imparano il nome di Gesù, di Maria. Con mamma essi scoprono la preghiera. Io tuttavia non dimentico la chiamata di Gesù a diventare carmelitana. Quando il Sig. Ducourneau che si preparava a diventare prete al tempo della Rivoluzione, venne al castello nel 1802 per occuparsi dell'educazione di Charles, per consiglio di mamma, gli chiedo di darmi un regolamento di vita per poter rispondere, al momento giusto, alla chiamata del Signore. Alla fine di questo regolamento che m'invita a fare una mezz'ora di meditazione la mattina e la sera, alla messa quotidiana, la lettura, la preghiera del rosario… io aggiungo "faccio il proposito di impegnarmi soprattutto alla pratica dell'umiltà, della dolcezza, dell'obbedienza, di rinunciare alla mia volontà, di impegnarmi insomma a praticare tutte le virtù, in particolare quelle che mi sono più necessarie per il mio stato attuale e per il Carmelo".

Un giorno mamma m'informa dell'intenzione di Mons. Jacoupy, il nuovo vescovo di Agen, - la sede episcopale di Agen era stata vacante per diversi anni a causa della Rivoluzione - di proporre il sacramento della Confermazione a tutti quelli, giovani e meno giovani, che lo desiderano. Con gioia, aderisco a questo invito. Ma voglio prepararmi meglio che posso alla venuta dello Spirito Santo. Vengo a sapere che delle carmelitane continuano a vivere nascoste in un appartamento di Agen, non essendo stato ancora ricostituito il carmelo in Francia. Confido a mamma il mio desiderio di passare un po' di tempo con queste religiose per dispormi a ricevere il sacramento della cresima. E così mi trovo nel carmelo per sei settimane, condividendo tutte le attività delle religiose. Presso di loro scopro un po' di più l'orazione, questo incontro personale con il Signore, l'intensità del silenzio, il loro amore per Teresa e Giovanni della Croce. E poi mi piace, alle tre del pomeriggio, quando suona la campana e tutto si ferma :è il silenzio, e ciascuna , dove si trova, si raccoglie per un momento sul Calvario con Gesù, Maria e Giovanni, pensando all'amore di Colui che ha dato la vita per i suoi amici, per me.

Il 6 febbraio 1803 è il gran giorno della Confermazione. Dopo la celebrazione, il Vescovo ci trattiene per la colazione. Mi trovo a fianco di Jeanne Diché, una ragazza che ha qualche anno più di me. Facciamo subito conoscenza, e cominciamo a parlare e a scambiarci notizie. Ben presto simpatizziamo. Papà che ha visto quanto fossi felice dell'incontro che avevo fatto, propone al Sig. Diché che abita ad Agen, di mandare sua figlia a passare alcuni giorni al castello durante le vacanze. Percepisco che sta per cominciare una solida amicizia, stretta dallo Spirito che abbiamo appena ricevuto. Prima di separarci, ci promettiamo di scriverci. Ci vogliamo scambiare notizie non della pioggia e del bel tempo, ma della nostra vita cristiana. Noi vogliamo, scrivendoci, esortarci alla preghiera, alla fede ma anche alla missione. Lo Spirito Santo non ha trasformato gli apostoli? Uscendo dal Cenacolo erano uomini completamente cambiati : da scorati e timidi che erano prima, diventarono ardenti e pronti a sostenere la fede in Gesù Cristo anche a costo della vita. Noi abbiamo ricevuto la Confermazione. Con l'aiuto dello Spirito Santo, che cosa possiamo fare, là dove ci troviamo, perché Gesù Cristo sia conosciuto, amato, servito?

Il Sig. Ducourneau mi guida con saggezza. Insiste spesso che io contempli il Dio tutto amore, tutto misericordia, il Dio Padre, e non un Dio che giudica e castiga. Infatti, ben presto si è reso conto che io ero un po' portata allo scrupolo. Allora, con grande bontà mi proibisce di cominciare da capo una preghiera o una lettura che secondo me ho fatto male. Mi apre alla libertà dell'amore, un amore che si traduce nel servizio dei poveri, dei bambini, dei malati.

Alla scuola di mamma, faccio dei ricami, del cucito, allevo animali e quel che riesco a guadagnare così va ad alimentare la cassa dei poveri. Non so come succede, ma nonostante quello che ci metto, la cassa è quasi sempre vuota e bisogna che lo Spirito Santo mi insegni sempre nuovi modi di procurarmi il denaro. Per me, mi contento del necessario, ci sono tante povertà da alleviare! Un giorno papà mi riporta un porcellino da ingrassare, comprato coi soldi della cassa dei poveri. Ma il giorno dopo l'animale si ammala. Che succede? Sembra che nel truogolo del maiale ci fosse del veleno per topi. Comunque l'animale muore e io non ho soldi per comprarne un altro. Davanti alle mie lacrime e al mio smarrimento papà non ascolta che il suo cuore e immediatamente mi riporta un altro animale. Attenzione al veleno, stavolta !

La vita scorre così… A poco a poco sento il mio cuore aprirsi sempre più alle molte miserie con le quali vengo a contatto. Amore del Cristo, amore dei poveri, è tutt'uno.

Unirsi per vivere il Vangelo

Durante l'estate del 1804, Jeanne Diché viene a passare alcune settimane di vacanza a Trenquelléon. Che gioia poter condividere quello che più ci sta a cuore, poter pregare insieme, in una parola poter ravvivare quello a cui siamo state chiamate dalla nostra Confermazione di un anno e mezzo fa. Dobbiamo conservare ben viva la memoria di un giorno così felice per noi; non è il giorno in cui l'amore del Padre e del Figlio che è lo Spirito Santo è disceso su di noi? L'una e l'altra bruciamo dal desiderio di far conoscere e amare Gesù. E poi ci sono intorno a noi dei giovani della nostra età che muoiono. Quanto tempo avremo per prepararci all'incontro definitivo con Dio ? Di tutto questo parliamo spesso cl Sig. Ducourneau. Come ci ascolta e ci comprende! Un giorno, camminando, lancia l'idea di un'associazione. Sì, perché non ci uniamo per aiutarci a vivere di fede, di amor di Dio e avere così la nostra lampada ben riempita per accogliere lo Sposo, quando viene il momento? Il suggerimento ci incanta e decidiamo di cominciare subito, noi tre, e costituiamo la “piccola società” la cui parola d'ordine è “mio Dio”, che ci ricorda che noi siamo qui per amare Dio e il prossimo. Con la nostra associazione, mettiamo tutto in comune, sapendo di poter contare gli uni sugli altri per progredire sulla via in cui il Signore ci chiama. Appena rientrato a Agen, Giovanna si affretta a parlare della nostra “piccola società” con le amiche, con le sorelle, in particolare con Agathe. Il sig. Ducourneau va per alcuni giorni in famiglia nelle Lande, e ne approfitta per trovare altre associate. Per tenere accesa la fiamma, io e Jeanne ci scriviamo ogni settimana una breve lettera che circola poi tra i membri dell'associazione: commentiamo una festa liturgica, ricordiamo l'importanza della preparazione ai sacramenti, specialmente alla comunione, cerchiamo di imitare la Vergine Maria. Festeggiamo l'anniversario del nostro battesimo. Proprio da esso è cominciata la nostra vita col Signore ! Proponiamo anche delle intenzioni di preghiera per le associate, per le persone del nostro giro, per i malati, per le persone in difficoltà. Preghiamo anche per la conversione dei protestanti.

Nell'aprile del 1805, Jeanne si sposa col dottor Belloc. La mia amica resta membro della "piccola società", ma, a causa delle sue occupazioni, me ne lascia tutta la responsabilità. Ogni settimana io scrivo perché il nostro fervore non diminuisca, dobbiamo sempre cercare di guadagnare delle anime a Gesù. Se amiamo Dio veramente, gli interessi della sua gloria ci staranno a cuore.

     Faccio spesso l'esperienza personale che colui che non avanza retrocede, allora cerco d'incoraggiare, interpellare, invitare alla fiducia e questo mi aiuta a progredire. Quel che mi dà sicurezza è la comunione che c'è tra i membri della nostra società che beneficiano anche della preghiera e delle messe offerte da preti che vogliono unirsi alla nostra iniziativa. Fra loro c'è Padre Miquel, questo "santo missionario" venuto a predicare la Missione a Agen nel 1805, che non ci dimentica. E poi, Mons. Jacuopy, il vescovo di Agen, non ha benedetto la nostra associazione durante la sua prima visita a Feugarolles nel settembre 1805 ? Quando il Sig. Ducourneau deve lasciare Trenquelléon per accompagnare Charles per i suoi studi a Parigi, la nostra "piccola società" nata per sua ispirazione passa sotto la direzione di don Larribeau, parroco di Lompian che ne diventa membro. A partire dal 1807, costui celebra la messa di ogni primo venerdì del mese alle nostre intenzioni. Che grazia ! Anche lui scrive per esortare e stimolare il nostro zelo e le sue lettere passano di mano in mano. Ogni tanto viene al castello. È l'occasione, per le associate che possono, di venire a raccogliersi. Quanto a me, ho una grande fiducia in lui e ogni anno lo vado a trovare a Lompian per fare un ritiro personale.

Il nostro gruppo è molto attivo. Ciascuna lavora nel suo ambiente e recluta delle amiche. Nel 1805 eravamo sette, all'inizio dell'anno 1807 ventiquattro e alla fine del 1808 ecco che siamo sessanta. I poveri attorno a noi sono così numerosi : bisogna moltiplicare i servizi per rispondere ai loro bisogni. Sono i malati, gli anziani, i bambini che non hanno la possibilità di andare a scuola né al catechismo, che non hanno alcuna distrazione. Noi cerchiamo di mettere in opera tutti i mezzi possibili per rispondere alle necessità che scopriamo. Fra questi ragazzi sforniti di mezzi, faccio conoscenza con Dubrana : egli vorrebbe farsi prete, ma i genitori non hanno assolutamente i mezzi per comprargli il corredo e per pagargli gli studi. Noi decidiamo di farcene carico. Nelle nostre lettere parliamo di lui e facciamo in modo che abbia tutto quello di cui ha bisogno per portare a termine la sua formazione.

Sicure che la nostra "piccola società" non si è formata da sola, cerchiamo di essere ben fedeli nel cooperare ai progetti che Dio ha su di noi. Io sono ricorsa spesso alla protettrice della Società, la Santissima Vergine Maria. Lei è così potente presso suo Figlio e noi siamo le sue figlie particolari !

La Congregazione di Bordeaux

Durante l'estate del 1808, io sono contentissima di andare con mamma a passare un po' di tempo a Figeac nel Lot, da mia nonna, la Contessa di Peyronnencq. Potrò fare forse qualche conquista per l'associazione ? Prima di lasciare Figeac, mamma va a far visita a Suor Gertrude, una religiosa che conosce dall'infanzia. Là trova il Sig. Jean Lafon. Nella conversazione, a mamma capita di parlare della vita della nostra “piccola società” in quel di Agen. Molto interessato, sig. Lafon le fa delle domande e poi le dice che anche lui fa parte della Congregazione fondata a Bordeaux nel 1801 dal Padre Chaminade. Trova molte somiglianze fra i due gruppi e pensa perfino che avremmo tutto l'interesse ad affiliarci alla Congregazione e propone di inviare dei documenti. Appena tornata, mamma mi informa di quell'incontro che io giudico del tutto provvidenziale. Tornate a Trenquelléon, mi affretto a comunicare questa notizia a Don Larribeau e vengo a sapere con gioia che anche lui è iscritto da vari anni fra i preti della Congregazione di Bordeaux. M'incoraggia vivamente a mettermi in contatto col Padre Chaminade, e io lo faccio senza aspettare. Da parte sua, Lafon parla di noi a Bordeaux.

In novembre affronto un periodo di grande prova. I miei genitori m'informano che un giovane, distinto, rispettabile sotto tutti gli aspetti, desidererebbe sposarmi. Ed eccomi precipitata nello smarrimento : che devo fare ? Mamma non parla, non vuole assolutamente influenzare la mia risposta. Ho sotto gli occhi l'esempio di Jeanne, la Signora Belloc, l'amica dei miei primi giorni, la fondatrice della nostra società. È una moglie felice, una madre di famiglia devota e continua a operare in seno alla nostra società. Sì, che devo fare ? Io direi di sì, ma il Signore non si aspetta qualche altra cosa da me ? Prego, chiedo consiglio e infine, alla vigilia della Presentazione di Maria, posso “dire positivamente no a una sistemazione che mi si propone”.

Alcuni giorni dopo, ricevo una lettera di Padre Chaminade che spiega l'organizzazione e le pratiche de vari gruppi della Congregazione. La lettera è accompagnata dal libro dell'associazione :"Manuale del servitore di Maria". Come sono felice ! Tutte queste preghiere, queste istruzioni, questi bei cantici in onore di Maria !

Ben presto la nostra “piccola società” viene affiliata alla terza divisione della Congregazione, cioè a quella dei giovani. Il gruppo di Bordeaux ci accoglie con gioia. Quanto a noi, felici di sapere che altre ragazze condividono lo stesso ideale, apprezziamo molto il fatto di avere direttive sicure e con entusiasmo scopriamo la consacrazione a Maria che fanno i membri della Congregazione al momento del loro impegno. Colma di gioia, scrivo ad Agathe : “Bisogna che diventiamo sante, a qualunque costo. Imploriamo continuamente l'assistenza della Vergine…Facciamole dono di noi stesse con la consacrazione che è nel Manuale ; esorta tutte le nostre sorelle a farla spesso”.

Liberata dal no che ho detto in piena coscienza, il mio cuore è ormai, e più che mai, tutto di Dio. Arricchiamo con nuovi articoli il nostro regolamento perché sia più conforme a quello di Bordeaux. Le madri di famiglia si aggiungono alla quarta divisione, cioè a quella delle ‘Dame del ritiro’, così dette perché fanno un giorno di ritiro ogni mese. Mamma è la prima ad affiliarsi. Tra Bordeaux e Agen si stabilisce una corrispondenza regolare. La Signorina Félicité Lacombe viene incaricata dal Padre Chaminade di accompagnarci in modo particolare. Il Padre Larribeau, ben noto al Fondatore, prosegue la sua missione verso di noi. Noi tutte, là dove ci troviamo, continuiamo a fare tutto quel che possiamo per condividere quel che abbiamo ricevuto.

Al castello accolgo la mia piccola scuola. I pastorelli, i bambini dei casali arrivano a qualsiasi ora; io allora abbandono tutto per occuparmene : insegnargli a leggere, a far di conto, a scrivere ma anche a pregare. Come benedico Dio di darmi questa felicità di farlo conoscere e amare da questi fanciulli !

Nell'autunno del 1809 mi ammalo gravemente. In capo a sei settimane mi ristabilisco, ma in fondo al cuore conservo la consapevolezza della precarietà della vita. Bisogna affrettarci a mettere a profitto il tempo, non sappiamo quanto dureranno i nostri giorni. La morte non risparmia nessuna età. Io non ho che vent'anni e c'è mancato poco che le pagassi il tributo !

Vengo a sapere che l'Imperatore, con un decreto, ha deciso la soppressione di tutte le pie associazioni, troppo favorevoli al Papa, secondo lui. La congregazione ricade sotto questo decreto, bisognerà agire con grande prudenza. Nell'ottobre del 1811, quando papà si reca a Parigi per vedere Charles, si ammala e rientra a casa ammalato. A poco a poco è immobilizzato da una paralisi lenta e senza speranza di miglioramento. Povero papà ! Io faccio tutto quel che posso per confortarlo; come mi piace quando lui mi chiama la "sua fedele Antigone" !

Nel mese di ottobre 1812 ho la gioia di passare alcuni giorni presso la Signora Belloc a Saint Avit. Spero proprio di fare qualche conquista per il nostro gruppo e per quello delle Dame del ritiro. L'esempio dei santi ci stimoli ! Appena rientrata a Trenquelléon, vengo a sapere che il dottor Belloc si è ammalato. Molto dedito ai malati, si è prodigato senza prendere precauzioni. Raggiunto dall'epidemia dilagante, egli muore il 14 novembre. Come sono impenetrabili i disegni di Dio! Prepariamoci a fare questa stessa strada perché la faremo, prima o dopo.

Il "caro progetto"

La nostra società prosegue il suo cammino e finalmente nel luglio 1813, il Padre Chaminade può delegare i suoi poteri a Don Laumont, parroco di Santa Radegonda, per riceverci ufficialmente nella Congregazione. Appena ne sono informata, invito tutte le associate a prepararsi, col più grande ardore possibile, a questa gloriosa alleanza che stiamo per stabilire con Maria. Per quanto riguarda papà, la sua salute non va per niente bene; il medico pensa che una cura a Barèges gli gioverebbe. Mamma e lui dunque decidono di partire e mi lasciano guardiana del castello. Agathe mi raggiunge. Tutte e due approfittiamo per recarci a Lompian, da Don Larribeau, e potete immaginare la nostra gioia. Partita Agathe, viene la Signora Belloc fino al ritorno dei miei genitori. In autunno Charles si sposa. Con la giovane moglie si sistemano a Trenquelléon.

In me cresce sempre più il desiderio di consacrarmi a tempo pieno alla missione. Certo, per il momento papà ha bisogno del mio servizio, e inoltre le congregazioni religiose non sono state ancora ricostituite, ma io desidero il titolo di "sposa di Cristo", è in esso tutta la mia felicità. Alcune associate condividono questa stessa chiamata alla vita religiosa. Da qualche tempo porto sul petto una piccola croce; è per me il segno della mia appartenenza a Gesù Cristo e del mio desiderio di fare in tutto la sua volontà. Alcune amiche, tra cui Agathe, fanno la stessa cosa.

Nel 1814 l'Impero crolla e viene il tempo della Restaurazione. A casa ne siamo felici. Nel mese di aprile, vedo passare il Signor Duca di Angoulême a Port Sainte Marie. Che gioia salutare il nostro principe, ma che gioia ancora più grande conoscere il nostro Dio ! Il 13 e il 14 giugno, ci ritroviamo a Lompian per due giorni di ritiro con Don Larribeau. Tutte condividiamo il desiderio di consacrarci a Dio e dopo gli insegnamenti che ci sono impartiti, ognuna di noi prende un nome di religione. Io sono Maria della Concezione. Che felicità portare il nome di Maria, colei che gli ha detto sì. Grazie a lei, il Verbo di Dio ha preso la nostra carne: il Figlio di Dio è potuto diventare il figlio dell'uomo !

Il nostro “caro progetto” avanza, noi siamo tutte brucianti di zelo per realizzarlo. Un mese più tardi, Don Larribeau e Don Laumont vengono a passare due giorni a Trenquelléon. Parliamo del nostro "caro progetto" e vediamo quel che conviene fare per mantenere i cuori e le volontà ben preparati per la sua realizzazione, appena sarà possibile. Don Larribeau non si sente in grado di redigere le nostre costituzioni e chiede a Don Laumont di incaricarsene. Questi elabora un progetto che sottomette al Padre Chaminade. Attento ai segni dei tempi, volendo conoscere la volontà di Dio, quest'ultimo prende tempo. Io mi preoccupo per il fatto di non ricevere notizie, quindi gli scrivo, chiedendo di poter cominciare il noviziato con alcune amiche a dicembre. Ma è ancora silenzio ! La risposta tanto attesa infine arriva, il progetto di costituzioni è troppo imperfetto, occorre rivederlo. Abbiamo tuttavia il permesso di fare il voto di castità per sei mesi, il giorno dell'Immacolata Concezione di Maria. Prima della festa della Presentazione di Gesù al tempio, il Padre Chaminade pensa di poterci mandare un testo che ci permetta di cominciare un noviziato in piena regola. A me sembra che, per manifestare l'impegno che abbiamo preso, dovremmo portare un anello, d'argento, perché non sia troppo caro. Ne parlo ad Agathe che acconsente e ci procuriamo questo segno, simbolo della nostra appartenenza a Gesù Cristo.

In primavera, papà si sente sempre peggio, soffre molto. La mia cerchia mi spinge ad andare a Bordeaux per incontrare il Padre Chaminade, ma ci devo rinunciare: il mio posto è in famiglia, no ? Napoleone improvvisamente sbarca a Golfe Juan , è l'avventura dei "cento giorni" che viene a frenare la realizzazione dei nostri progetti. Papà non parla più, soffre, comunichiamo ancora con lo sguardo, ma com'è duro veder soffrire i propri cari. Lui mostra una pazienza straordinaria… Il 18 giugno, nel primo pomeriggio, raggiunge il Signore.

Eccomi ormai totalmente libera per il progetto di Dio, ma il Padre Chaminade non dà segno di vita. Don Larribeau, Don Laumont e Mons. Jacoupy, vescovo d'Agen, c'incoraggiano ad andare avanti. Verso la metà d'agosto, passo una quindicina di giorni con Agathe. Preghiamo, meditiamo, ci scambiamo le riflessioni sul futuro.

Finalmente, il 3 ottobre, il Padre Chaminade precisa lo scopo da perseguire e conclude con queste parole : "La vostra comunità sarà tutta composta di religiose missionarie ". È proprio quello che ci auguriamo, è meraviglioso. Alcune settimane dopo, annuncia che le costituzioni sono finite, che in gennaio conta di venire per insediarci. Stavolta non ci sentiamo pronte : non abbiamo un alloggio, non abbiamo ancora visto le costituzioni. Il Padre Chaminade rinvia il suo viaggio. La Signora Belloc, avendo saputo che una parte dell'antico convento del Rifugio è da affittare, si occupa dell'affitto e della sistemazione. A questo punto, molte amiche rinunciano e io stessa sono tentata di abbandonare. Mamma prega, mi sostiene in silenzio con molto affetto. Fortunatamente, tutto questo non dura. Infine, il 25 maggio, alle quattro di mattina, con tre amiche che mi hanno raggiunto, lasciamo Trenquelléon. Verso le nove arriviamo al Rifugio dove troviamo due future religiose come pure la Signora Belloc.

Le Figlie di Maria

Appena giunte al Rifugio, cantiamo il nostro ringraziamento. Papà diceva spesso :"Adèle, tu sarai fondatrice !". Io penso a lui. Il Padre Chaminade, non potendo venire, ha mandato la Signorina de Lamourous, fondatrice della Misericordia a Bordeaux, con la missione di iniziarci alla vita religiosa. Il giorno stesso del nostro arrivo, incontriamo Mons. Jacoupy, felicissimo di accoglierci nella sua diocesi. Già il giorno dopo, viene a vedere il nostro piccolo convento. Il Padre Chaminade arriva l'otto giugno. Ci porta il testo delle costituzioni e, per presentarcele e spiegarcele in modo da inculcarci lo spirito dell'Istituto, si riserva il tempo fino a luglio. Prima di tornare a Bordeaux, dopo essersi consigliato con la Signorina di Lamourous nella quale lui ha piena fiducia, mi affida la responsabilità della piccola comunità nascente. Io avrei preferito che toccasse a qualcun'altra, ma non sono venuta per fare la volontà di Dio ? Ben presto dei punti di vista differenti si rivelano tra Padre Chaminade e Mons. Jacoupy. Il vescovo si contenterebbe dei voti temporanei, e invece il Padre Chaminade vuole che noi siamo delle vere religiose con voti perpetui, ma questo esige la clausura. Il tempo passa… Infine, il vescovo ci autorizza a vestire l'abito religioso il giorno di Natale.

Soltanto il 25 luglio 1817, alle nove di sera, nel segreto del confessionale (per ordine di Mons. Jacoupy che teme rappresaglie da parte del governo reticente nei confronti della vita religiosa), una dopo l'altra c'impegniamo per tutta la vita nell'Istituto delle Figlie di Maria. Siamo in nove. Una novizia pronuncia i primi voti e, due giorni dopo, il Padre Chaminade ha la gioia di rivestire dell'abito religioso due postulanti. Fin dai primi giorni, diamo un posto privilegiato alla Congregazione; questa si organizza rapidamente : ci sono le Dame del ritiro, le giovani e le ragazze di servizio. Aiutata da Madre Emanuela, io mi occupo delle ragazze. La Signora Belloc, molto legata alla comunità, condivide la nostra preghiera e segue in modo particolare le Dame del ritiro. Stimoliamo le appartenenti alla Congregazione, incitandole ad essere missionarie, ciascuna secondo il suo stato, presso le loro famiglie, le amiche, le vicine… Esse fanno il catechismo, preparano i bambini alla prima comunione, istruiscono i poveri a domicilio, fanno la lettura ai malati, visitano i carcerati, fanno giocare i bambini, prestano dei libri… Secondo la consegna ricevuta dal Padre Chaminade che ci ha invitate a moltiplicare i cristiani, cerchiamo di farne dei testimoni viventi della Buona Novella. Cerchiamo per quanto possiamo di star vicine a queste giovani. Esse hanno fiducia in noi. Noi siamo un po' loro madri e dimostriamo loro molto amore.

Suor San Vincenzo si occupa della scuola. Infatti, ancor prima del nostro arrivo, contrariamente a quanto ci era stato detto, abbiamo saputo che le bambine d'Agen non erano scolarizzate, e allora, d'accordo con Padre Chaminade, abbiamo aperto immediatamente una scuola gratuita per queste bambine. Bisogna vedere la gioia di queste bimbette che vengono ad imparare a leggere, a scrivere e a far di conto…che imparano a conoscere e ad amare Gesù e Maria. Abbiamo sempre nuove domande. Suor Anna riceve le ragazze un po’ più mature per dare loro una formazione professionale. Suor San Vincenzo invece, che conosce bene la gente della campagna, e che parla anche il dialetto, accompagna le donne povere che non hanno alcuna formazione, e che spesso hanno avuto una vita sconvolta. Si rivolge loro nella loro lingua, viene loro in aiuto finanziariamente ma fa anche scoprire loro il Cristo e sua Madre, ne prepara alcune alla prima comunione e alla cresima. Esse hanno 40, 50, 60 anni… Queste povere donne le manifestano una fiducia straordinaria. Madre Maria del Sacro Cuore (Agathe) aiutata da Madre Maria Teresa, cura la formazione spirituale delle novizie, mentre Madre Maria Emanuela insegna loro la scrittura, la lettura, la musica, la grammatica. Il Padre Chaminade, infatti, ci tiene a che le novizie ricevano una solida formazione.

Essendo più anziana, Madre Spirito Santo è all'accoglienza. Essa ha cura dell'osservanza della regola. Non bisogna che le conversazioni in parlatorio si prolunghino, che i colloqui durante i ritiri si moltiplichino: coloro che fanno il ritiro meritano tutta la nostra attenzione. Alcune madri di famiglia vengono regolarmente a fare il ritiro, in gruppo o da sole. Fortunatamente sento molto vicino il Padre Chaminade, il 'buon Padre' come ci piace chiamarlo. Egli segue tutto quel che facciamo, ci accompagna davvero come un padre in tutta la nostra vita. Io lo consulto frequentemente, mi sento talmente sprovveduta. Ma c'è il Signore e io conto su di Lui. Ho una cura tutta particolare per la comunità. È talmente importante che abbiamo un cuor solo e un'anima sola. Siamo tutte diverse, per età, estrazione familiare, formazione… Dobbiamo essere una sola famiglia, la famiglia di Maria. Il nostro amore per la Beneamata deve essere sempre più generoso, il nostro dinamismo apostolico non deve rallentare, dobbiamo procedere sul cammino dei santi, farci sante ad ogni costo!

Scambi tra due Fondatrici

Nel 1809, mentre mi trovavo in vacanza da mia nonna a Figeac, avevo sentito parlare di Emilie de Radat e avevo avuto allora il desiderio di aggregarla nella nostra "piccola società". Ma questo non fu possibile ed ecco che nel 1819, vengo a sapere da mamma che ha contribuito a fondare un istituto religioso a Villefranche de Rouergue. Felice di questa notizia, perché tutto quello che può procurare la gloria di Dio mi tocca profondamente, scrivo subito a Madre Emilie per chiederle di unirci con la preghiera : la comunione dei santi è talmente importante ! È un tale sostegno ! Poi le espongo dettagliatamente quello che realizziamo con la Congregazione, pensando che quest'opera così feconda potrebbe essere fondata senz'altro anche a Villefranche. Audacemente, le parlo anche della Congregazione per gli uomini, anche se noi non ce ne occupiamo, ma forse il loro cappellano potrebbe mettersi a contatto col Padre Chaminade. Termino la lettera costatando che le nostre attività sono molto simili a quelle di Villefranche.

Madre Emilie acconsente immediatamente a questo suggerimento e meno di due mesi dopo questo primo contatto, consideriamo la possibilità di unire i due istituti. Il Padre Chaminade ha ricevuto una missiva da Don Marty al quale deve inviare prossimamente le nostre costituzioni. Madre Emilie m’informa delle preoccupazioni che le dà la salute delle sue suore; come la capisco io che attualmente sono preoccupata per la salute di parecchie suore e in particolare di madre Emanuela. La informo di quel che abbiamo deciso di fare per Madre Emanuela e le propongo di fare qualcosa di simile per la suora che è gravemente malata, ma veda col superiore. Ricevo da lei molta corrispondenza. Abbiamo molto bisogno, l'una e l'altra, dei lumi dello Spirito Santo per adempiere la missione che il Signore ci ha affidato, e sapere che possiamo sostenerci l'un l'altra, che grazia ! Io scrivo in piena fiducia.

Alcuni mesi dopo, precisandosi la prospettiva dell'unione delle due comunità, invio a Madre Emilie una bambola vestita col nostro abito. Insisto con lei perché badi molto alla salute delle suore; benché cosciente delle mie debolezze, dei miei scoraggiamenti, le scrivo che dobbiamo essere la luce delle nostre comunità col nostro buon esempio. Le nostre figlie devono sempre trovare il nostro cuore aperto alle loro necessità, pronto a sostenere la loro debolezza, facendoci tutte a tutte perché esse siano di Gesù Cristo. Io la incoraggio e le chiedo di aiutarmi coi suoi consigli. Per far avanzare il progetto di unione, ci proponiamo, d'accordo coi nostri superiori, di scambiarci delle visite. Il Padre Chaminade esige, tuttavia, a motivo della nostra clausura, che sia Villefranche a cominciare. Ne sono contrariata, ma adoro i disegni di Dio. Invito dunque Madre Emilie a venire quanto prima, tutte l'aspettiamo ed è per noi una festa accoglierla fra poco. Le raccomando il nostro trasloco quando abbandoniamo il Rifugio per l’antico convento degli agostiniani, poi la partenza per una nuova fondazione a Tonneins; con piacere vengo a sapere che l’opera delle Congregazioni si è impiantata a Villefranche. L’opera della Congregazione è faticosa, ma dà molta consolazione.

Nel luglio 1822, finalmente il Padre Chaminade viene ad Agen a predicarci il ritiro. Madre Emilie, una sua suora e il Padre Marty ci raggiungono per alcuni giorni. Quale gioia da ambo le parti ! Ritornando a casa, Madre Emilie riferisce alle sue suore quel che ha vissuto, apporta delle precisazioni al progetto. Dopo qualche tempo, mi scrive che, probabilmente per timore di perdere la loro superiora, le sua Suore si mostrano reticenti sul progetto di unione. Bisogna ricominciare. Confesso che questo mi costa, ma offro il sacrificio al mio Dio. Tuttavia continuiamo a scriverci: ci confidiamo sulle nostre malate, sulle fondazioni, ma anche sulle difficoltà che incontriamo nell'accompagnamento delle persone. A Madre Emilie scrivo inoltre che bisogna pregare molto, agire con grande dolcezza, saper sacrificare ciò che non è assolutamente essenziale, e che qualche volta bisogna distrarre le Suore, affidando loro, senza averne l'aria, delle occupazioni di loro gradimento. La nostra corrispondenza si dirada; non è che per noi non conti più, ma io ho dei problemi di salute e Madre Emilie anche; e poi ci sono, per tutte e due, le fondazioni, la morte di religiose, novizie o suore, sulle quali contiamo in modo particolare. Com'è duro vivere quando si sa tutto il bene che ci sarebbe da fare, e vedere che già la mancanza di personale si fa così crudelmente  sentire ! Tuttavia il nostro Istituto non sarà tanto più solido quanto più sapremo fondarlo sulla Croce ? Sappiamo bene, l'una e l'altra, che i legami che ci uniscono nel Cuore di Maria nostra Madre non sono tali da potersi rompere. Contando molto sulla preghiera reciproca, ci incoraggiamo a farci animo nelle difficoltà della nostra carica e lavorare a diventare sante. Sì, non dobbiamo avere altro desiderio che questo: di consumarci per la gloria e l'onore del nostro Sposo ! Niente ci deve costare per Lui: Lui ha fatto tanto per noi !

Andare in capo al mondo

Il 6 settembre 1820 lasciamo il Rifugio per gli "Agostiniani". Il Rifugio, proprietà circondata su due lati da una fogna a cielo aperto, è molto insalubre, e inoltre non è possibile ingrandirlo. Agli "Agostiniani" c'è un bel giardino, sarà un vantaggio per la salute delle suore. All'indomani della sistemazione agli "Agostiniani", con sei suore, accompagnate dal Padre Chaminade, partiamo per Tonneins, che è sulla Garonna, a circa 40 chilometri da Agen. Nella città c'è un buon numero di Protestanti. Per altro, quando si è trattato di comprare la proprietà, il Signor Lacaussade, che agiva in nome nostro, ha incontrato molte difficoltà perché la proprietaria, che era protestante, non voleva vendere a una comunità cattolica. C'è proprio da benedire la Provvidenza per questo campo aperto allo zelo dell'Istituto ! Io metto questo grande progetto sotto la speciale protezione dell'apostolo del Chiablese, San Francesco di Sales. In questa città, i Protestanti fanno scuola a ragazzi e ragazze e siccome insegnano molto bene, per i cattivi cattolici c'è la tentazione di affidargli i propri figli. Le Suore faranno un buon lavoro. Esse hanno appena cominciato la loro missione, che altre città ci richiedono. Nel 1822, dopo che i Fratelli si sono insediati in Alsazia, veniamo chiamate laggiù, ma questo progetto non va in porto: è lontano e manca il personale.

Desiderando la loro figlia più vicina a loro, i genitori di Charlotte (Lolotte) de Lachapelle propongono di riscattare l'ospedale e il Santuario di Piétat a Condom dove essi abitano. Là c'è un certo numero di congregate che conoscono bene Lolotte. Sono loro che preparano il nostro arrivo. Esse sono talmente felici di vedere una nostra comunità insediarsi presso di loro. Queste congregate io le conosco, sono venuta così spesso a Condom ! È con grande emozione che arriviamo alla Piétat il giorno della festa di Nostra Signora del Carmelo, (16 luglio 1824) accompagnate dal Padre Chaminade; egli istalla la nostra piccola comunità e poi riunisce le congregate e le incoraggia vivamente a lavorare in accordo con le Suore. A Condom le suore danno vita alle stesse attività di Agen e di Tonneins. Esse hanno una cura tutta particolare per la Congregazione e per la scuola gratuita. Inoltre, col Padre Chaminade abbiamo pensato che sarebbe bene di aprire un pensionato per dare una solida formazione cristiana alle giovani figlie della classe dirigente. In tal modo, saranno le ragazze di ogni classe sociale che potranno essere educate sul piano delle conoscenze umane ma anche sul piano della fede. Questo pensionato deve dare la possibilità di formare delle cristiane, questo è il suo unico scopo.

Il 26 luglio prendiamo la strada di Bordeaux per fondarvi il noviziato, in Via Mazarin. Il Padre Chaminade, sempre più preso dallo sviluppo della Famiglia Marianista, ha difficoltà a raggiungere Agen. Avendo il suo alloggio a Bordeaux, egli potrà, in tal modo, occuparsi meglio delle novizie. La formazione allo spirito dell'Istituto è troppo importante! Occorre fare di ogni novizia una missionaria, come scrivo alla Madre Luigi Gonzaga che è maestra delle novizie: “Sentite… la vostra gloriosa missione: formare delle spose per l'Agnello di Dio, delle missionarie destinate ad andare, u n giorno, alla ricerca delle pecore del Divin Pastore… . Affatichiamoci, sull'esempio di Gesù, alla ricerca della Samaritana, non temiamo di faticare troppo per un'opera così grande!”. Bisogna anche insegnare alle novizie a fare tutto nel nome di Maria per la gloria del Signore, è quanto rammento alla maestra delle novizie: “Sono spesso occupata per il caro noviziato di Via Mazarin e per la cara madre. Ma ho fiducia che sarà protetto da Maria. Mi sembra che non abbiamo ancora abbastanza devozione verso la Santissima Vergine: bisognerebbe inculcarne di più nel cuore delle nostre figlie. Fare tutto nel nome di Maria. Chiediamo delle vere vocazioni per intercessione di Maria” La Società di Maria si sviluppa in Alsazia, in Franca Contea. All'inizio dell'anno 1826 Don Bardenet, missionario, che è stato parroco di Arbois nel Giura, pensa che l'antico convento dei Cappuccini sarebbe senz'altro adatto alle attività delle Suore. Invita il Padre Chaminade a recarsi sul posto per vederlo personalmente. Questi giudica che una fondazione sarebbe possibile. Ne parliamo e decidiamo insieme le Suore che formeranno la nuova comunità. Per me è sempre uno strappo veder partire delle Suore. Ma il Signore non ha detto: "Andate! Di tutte le genti fate dei discepoli ?".La mia salute è sempre più fragile, ma ho abbastanza forza da accompagnare fino a Bordeaux le nove suore e le due novizie che devono formare la comunità. La domenica 28 ottobre 1826 si mettono in strada e giungono ad Arbois dopo tre settimane di viaggio. Sono accolte calorosamente e cominciano subito le loro attività a favore della popolazione. Un mese dopo il loro arrivo, Madre Maria Giuseppe, mia cugina, si ammala gravemente. È sulle soglie della morte. Che colpo ! Io raddoppio le preghiere, invito la comunità a fare lo stesso. Fortunatamente il Signore mi risparmia di vederla morire. Quanto a me, sento che il tempo è breve, dobbiamo affrettarci di metterlo a profitto e farci sante, a qualunque costo.

“ Osanna al Figlio di Davide !”

C’è un testo del Vangelo che ho sempre amato, quello delle vergini sagge e delle vergini stolte (Mt 25,1ss). In effetti io ho sempre avuto a cuore di vegliare in modo che il Signore non mi sorprenda all’improvviso.. Ho spesso invitato le appartenenti alla “piccola società” a far scorta di olio perché, nell’ora della venuta dello Sposo, possiamo entrare con Lui nella sala delle nozze. Così scrivevo ad Agate nel dicembre del 1805: «Siamo vergini sagge e non vergini stolte. Viviamo nell’attesa costante dello Sposo».

Da anni la mia salute dà preoccupazioni. Ora mi sento stanca. Faccio fatica a rimettermi dal viaggio a Bordeaux per accompagnare le care figlie che sono partite per la lontana Franca Contea in risposta alla chiamata della missione. Ed ecco che la notizia della grave malattia che ha colpito Madre Maria Giuseppe appena giunta ad Arbois mi butta a terra. Siamo all’indomani del Natale 1826, ho appena scritto a Madre Luigi Gonzaga, che si trova a Bordeaux: «La notizia della malattia della Madre Maria Giuseppe mi ha prostrata. Che dobbiamo fare? Pregare… Se ci convertiamo bene, tutte, forse il buon Dio si lascerà piegare come fece per i Niniviti». Questa prova mi colpisce seriamente e da gennaio ad aprile 1827 devo tralasciare la corrispondenza. Quanto è duro non poter far fronte al dovere più essenziale della mia carica. «Il mio stomaco non può ricevere quasi niente, sono in uno stato di languore tedioso alla natura. Se solo ne sapessi fare buon uso! Se conoscessimo il valore di questa scienza del Crocifisso!».

Il Padre Chaminade ha chiesto a tutte le comunità dell’Istituto di unirsi nella preghiera per domandare la mia guarigione. Le Congregate di Agen sono andate in pellegrinaggio a Nostra Signora del Buon Incontro. È forse per questo che nel mese di agosto sono in grado di seguire il ritiro annuo? Tuttavia non mi faccio troppe illusioni e noto: “Il secondo frutto che spero di trarre da questo ritiro, è di prepararmi ad entrare nella mia eternità che, a quanto sembra, è vicina”. All’inizio di settembre, Don Laumont muore dopo aver molto sofferto. Egli lascia un gran vuoto; noi perdiamo un benefattore e un amico.

Alcuni giorni dopo ho una ricaduta. Il medico esige un riposo assoluto, non vuole che io vada e venga; allora, dopo questo riposo, va un po’ meglio ma non riesco comunque a mangiare. Com’è duro vivere in questo stato! Mi trascino nel languore e sempre nella sofferenza, senza poter prendere che pochissimo cibo e soffrirne ancora. Questo mi toglie il gusto della preghiera, faccio tutto per forza. Ahimè, vado all’eternità senza potermene occupare seriamente; non bisogna aspettare di essere malati per pensare a prepararsi. Conoscendo il valore della salute, scrivo a Madre Luigi Gonzaga :«Ti proibisco la zuppa di cavoli e prego la buona suor Francesca di dartene altre.Ti raccomando, per quanto è possibile, e per l’abitudine, di andare a letto e di alzarti secondo la Regola. Che ci si guadagna a mettersi tra le invalide? Lasciati curare lo stomaco, fa’ servire a tavola, con te, suor Assunzione o altre, perché tu mangi, dopo, troppo in fretta per raggiungere le altre…». Mi preoccupo dello sviluppo dell’Istituto, della scelta dei predicatori di ritiro; il 15 novembre scrivo al Sindaco di Agen per sollecitare il parere della municipalità in vista di far approvare l’Istituto dal governo.

Ma la mia attenzione è rivolta in maniera preferenziale al noviziato. Mentre la Maestra delle novizie lavora per formare un corteo di vergini fedeli per lo Sposo celeste agendo, io vi contribuisco soffrendo. La incoraggio a vivere di fede e non più di questa vita naturale e terrestre, a pensare alla fine che ci attende, a volgere lo sguardo alla Patria celeste. A fine novembre, mando un ultimo messaggio ad Agathe, Madre Maria del Sacro Cuore: «Non posso scriverti più durante il mio stato di sofferenza.  Il mio cuore vi ama tutte e prende parte alle vostre pene e vi vuole grandi sante».

Le mie forze si affievoliscono di giorno in giorno; il 23 dicembre chiedo la comunione come Viatico e rivolgo alla mie figlie le ultime raccomandazioni: «La pena più grande che potrei provare sarebbe di vedere la carità indebolirsi nel cuore di una sola delle mie figlie…». Il giorno di Natale, chiedo il sacramento dei malati. Le suore sono riunite attorno a me. Trovo abbastanza forza per parlare loro dell’amore del Maestro che noi abbiamo scelto di servire.

Col suo sacramento il Signore mi colma della sua pace, della sua gioia. Guardo il Crocifisso, pensando alle sue sofferenze, faccio il segno della croce, tenendo in mano la corona del rosario. Oltre alle Suore, a Don Mouran e Don Serres, c’è anche la Signora Belloc, l’amica della mia cresima. Che grazie! Chiedo di leggermi gli ultimi momenti di santa Giovanna di Chantal che io amo molto, ma mi dispiace di non potermi rivolgere, come lei, alle mie figlie. L’8 gennaio, pensando che il momento sia venuto, i due sacerdoti vengono a recitare le preghiere per raccomandare l’anima; mi prende la paura, ma mi riprendo poco dopo «Tutto quello che Dio vorrà». L’agonia si prolunga. La notte seguente, all’alba del 10 gennaio, ho un soprassalto ed esclamo: “Osanna al Figlio di Davide!”. Con questo grido di fede accolgo Colui che per tutta la vita ho cercato e tanto amato.

                                                                                      Suor Marie Joëlle BEC

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