nei Padri |
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Letture: Gen 3,9-15.20; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38 I Padri della Chiesa non sembrano aver avuto una consapevolezza esplicita di questo mistero della fede. È vero che sovente incontriamo nei loro scritti delle affermazioni in cui si dice che dalla Vergine Maria si deve escludere ogni macchia di peccato, ma probabilmente essi alludevano al peccato personale e non alla colpa originale. S. Agostino, dopo aver ricordato a Pelagio che nessun santo può dire di essere senza peccato, fa un caso particolare della Vergine, sempre riferendosi al peccato personale: «Escludiamo dunque la S. Vergine Maria, nei riguardi della quale, per l'onore del Signore, non voglio si faccia questione alcuna di peccato» (La Natura e la grazia, 36,42). Tuttavia la convinzione che Maria godesse di una santità eccezionale ha costituito la base di quella riflessione che ha condotto il popolo cristiano, grazie al sensus fidei, alla visione chiara della verità. La lettura del libro della Genesi ci propone il primo annuncio della salvezza, detto, perciò, «Protovangelo»: la Donna, con la sua stirpe, è chiamata a distruggere la potenza di Satana. Fin dai primi secoli cristiani l'interpretazione cristologica della stirpe della Donna ha comportato, per ovvia conseguenza, l'identificazione di questa donna con Maria. Scrive Ireneo di Lione: «Da allora, infatti, si preannunciava che colui che doveva nascere da una donna vergine... avrebbe insidiato il capo del serpente... Infatti non sarebbe stato vinto con giustizia il nemico, se chi lo vinse non fosse diventato uomo da una donna» (Adversus Haereses 5,21). Epifanio, vescovo di Salamina, fa osservare che la profezia della Genesi non può riferirsi a Eva e alla sua discendenza, ma alla Madre del Signore: «Invece si realizzerà veramente nel seme santo, eletto, unico che viene solo da Maria... Questo seme è venuto per distruggere la potenza del dragone» (Panarion 78,18) Più avanti nei secoli, il Patriarca di Costantinopoli Fozio così salutava Maria: «Ave, o Vergine, rifugio della mia debolezza e indigenza. Ave, piena di grazia, per mezzo della quale ciò che era malato è stato guarito e ciò che era andato distrutto è stato di nuovo ricostruito, e il demonio, che colpisce con il calcagno ed è causa della nostra rovina, è stato ucciso, eliminato e messo sotto i piedi» (Omelia sull’Annunciazione). I Padri presentano quindi Maria come una radicale oppositrice al demonio e al peccato. È proprio questa situazione personale della Vergine che ha spinto gradualmente il popolo cristiano a comprendere come ella non potesse aver nulla da spartire con il peccato, neppure con la colpa originale. Ma la pagina lucana con il racconto dell'Annunciazione ci presenta l'aspetto più positivo e più bello del mistero. Immacolata Concezione non significa soltanto assenza di male e di peccato. Essa comporta soprattutto una pienezza di grazia unica, quale dono gratuito che l'Onnipotente ha concesso alla Madre del proprio Figlio diletto, in previsione dei meriti di questi; perciò Sofronio di Gerusalemme apostrofava Maria con queste parole: «Hai trovato una grazia che mai nessuna donna ha trovato; hai trovato una grazia che mai nessuna donna ha conosciuto; hai trovato una grazia che mai nessuno ha ottenuto in sorte. Ma qual è questa grazia?Ascolta: ecco, concepirai un figlio e lo darai luce e lo chiamerai Gesù ...» (Omel. sull'Annunciazione 28). A Ravenna il vescovo Pietro Crisologo, commentando il saluto dell'angelo precisava: «Piena di grazia perché se negli altri è presente la grazia, su di te invece scenderà tutta la pienezza della grazia» (Sermone 140,3). I Padri convengono nell'identificare questa pienezza di grazia con la maternità divina. Scrive ad esempio Quodvultdeus, contemporaneo e amico di S. Agostino: «Quando l'angelo ha volto alla Vergine questo saluto, allora lo Spirito Santo l'ha fecondata. <Allora è stata riempita di grazia; allora ha accolto il Signore, affinché in lei fosse colui che l’aveva creata» (Sul Simbolo 5.11). A questo dono assolutamente gratuito Maria ha risposto con la sua disponibilità e collaborazione: «Ecco la serva del Signore; si faccia di me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Antipatro di Bostra commenta: «La Vergine non disse lascia perdere; è vero ciò che tu dici; io sono vergine, e non conosco uomo; non è ragionevole quello che mi esponi... Ma avendo la Spirituale spiritualmente ascoltato e la Santa santamente creduto alle sante parole, rimase ferma nella fede e nell'accettazione dell'annuncio» (Omel. sulla la Madre di Dio 11). Da questo contesto dominato dalla misericordia e dall'amore di Dio e dalla incondizionata adesione di Maria scaturisce quell’ applicazione alla nostra vita cristiana suggerita dalla pagina della lettera di S. Paolo agli Efesini: «Ci ha benedetto con ogni benedizione spirituale nei cieli in Cristo» (Ef 1,3). Come la Vergine Immacolata siamo stati noi pure predestinati ad essere «a lode della sua gloria» (Ef 1,12), con la nostra vita e testimonianza cristiana. Luigi Gambero
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