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« Signora, Madre di Dio! Tu, il cui amore per i cristiani
supera l'amore di ogni madre terrena, di ogni donna, presta attenzione alle
nostre preghiere e salvaci! Fa che ci ricordiamo di te continuamente! Che ti
preghiamo sempre e con fervore! Che ci rifugiamo sempre sotto la tua santa
protezione senza indugio e senza dubbio! ... Noi preghiamo la misericordiosa
e purissima Madre di Dio e lei prega per noi. Noi glorifichiamo lei che è
superiore ad ogni lode, ed ella prepara per noi la gloria eterna. Noi le
diciamo spesso: Rallegrati (Ave)! ed ella prega il suo Figlio e Dio: Figlio
mio amato, dona la gioia eterna per questo saluto di gioia rivolto a me ...
».
L'autore russo Giovanni di Kronstadt (m. 1908) scrisse queste parole nel suo
Diario. Non ci servono per dimostrare, ma semplicemente per illustrare, la
devozione degli Orientali alla Madonna. Il popolo ama le sue icone. In
Russia prima della Rivoluzione si veneravano nel calendario liturgico circa
1000 icone mariane, con diversi titoli, come « Consolazione nostra » e «
Preveggente » (21 gennaio), « Piangente » (1° febbraio), « Addolcimento dei
cuori cattivi » (2 febbraio), « Bandiera spirituale » (3 marzo), «
Intenerimento » (19 marzo), « Monte fertile » (24 marzo), « Portinaia » (23
giugno), « Economa » (5 luglio), « Nuovo cielo » (9 settembre), « Donatrice
di Dio » (11 ottobre), ecc.
Ci si è domandati spesso, perché la devozione mariana abbia
preso un tale slancio soprattutto nei monasteri, fra i monaci e fra le
religiose. Un occidentale che guarda le icone dorate della Madre di Dio
sopra le porte dei conventi, nelle chiese, nelle celle dei religiosi, in
ogni angolo delle abitazioni e delle strade, facilmente sospetta che qui si
voglia separare la Madonna da tutti gli altri uomini, fare di lei una Santa
del tutto eccezionale, « più venerata dei Cherubini, più gloriosa dei
Serafini » (testo liturgico), un « roveto ardente », al quale nessuno può
avvicinarsi. Ciò si potrebbe confermare con un testo del teologo russo V.
Lossky: « La Madre di Dio è la Regina dei Cieli, alla quale la liturgia
ortodossa conferisce la gloria che conviene a Dio (theoprepes doxa) ».
I fatti esigono una spiegazione. Fu la struttura psicologica dei popoli meno
« razionalisti » a preferire ciò che parla più al cuore? Furono le
circostanze storiche a favorire il culto dei santi dopo 1'iconoclasmo? Il
merito per la difesa delle sacre immagini spettò in primo luogo ai monaci.
Non dimentichiamo che le forme concrete di pietà corrispondono all'ideale
spirituale che si persegue. L'articolo presente seguirà quindi questa
direzione: i religiosi dell'Oriente cristiano hanno sviluppato tanto il
culto mariano, perché vedevano nella Purissima la piena realizzazione di ciò
che si cerca nella vita monastica.
Ci soffermeremo solo ai tre aspetti che la letteratura monastica
dell'Oriente ha messo fortemente in rilievo: l'ideale della divinizzazione
del cristiano, la santità « ontologica » e la pietà liturgica.
Se alla fine volessimo aggiungere qualche nota anche sulle Chiese cristiane
occidentali provenienti dalla Riforma, ci sentiremmo imbarazzati per un
duplice motivo: Non ha forse il protestantesimo preso una posizione del
tutto negativa sia verso la vita religiosa come tale sia verso il culto
mariano? Ma è anche vero che viviamo nel periodo in cui si chiariscono molti
equivoci fra i cristiani togliendo antichi pregiudizi. Le Chiese protestanti
conoscono oggi vari gruppi di vita religiosa. Lo scopo della vita nel
convento non è di creare una spiritualità differente dalle altre, ma di
approfondire la vita cristiana come tale. I protestanti hanno sempre
considerato come nota tipica della loro spiritualità il senso per la « fede
che giustifica ». Vogliamo brevemente accennare, come proprio questo ideale
di fede viva conduca a Maria che diventa così segno di unione anche fra i
cristiani separati dell'Occidente.
LA DIVINIZZAZIONE DEL CRISTIANO
È stato osservato che gli Occidentali cercano la « causa » degli eventi,
mentre gli Orientali concentrano la loro attenzione sull'esemplarismo,
meditando sul « significato » dei fatti e delle cose. Questo doppio
atteggiamento influisce anche sul tema della perfezione religiosa. Gli
Esercizi spirituali di Sant'Ignazio di Loyola cominciano con l'affermazione
fondamentale che l'uomo è stato creato da Dio e ne traggono le conseguenze.
Gli Orientali concentrano la loro attenzione non tanto sul fatto che l'uomo
è stato creato ma, piuttosto, su ciò che segue nel testo biblico: è stato
creato ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 26-27).4
Origene, e dopo di lui una grande parte della tradizione orientale distingue
i due termini, utilizza il carattere dinamico della immagine: l'immagine non
è che una divinizzazione incoattiva: lo scopo è di assomigliare a Dio il più
possibile. Questa salita « dall'immagine alla somiglianza » sarà completata
nella gloria dei corpi risuscitati (cf. Gv 3, 2) e, conformemente alla
preghiera di Cristo (Gv 17, 21), nell'unità.
Sembra un fatto assai curioso: i monaci dell'Oriente non volevano in alcun
modo mescolare l'insegnamento cristiano con la filosofia, e pure si
riferivano frequentemente ai problemi di antropologia. « Esiste una
antropologia cristiana - scrive V. Lossky - nei Padri dei primi otto secoli,
e anche più tardi a Bisanzio ... Il pensiero teologico è fondato sulla
rivelazione di un Dio vivo e personale che creò l'uomo secondo la sua
immagine e rassomiglianza ». Il « conosci te stesso » socratico è stato
interpretato nel senso morale e teologico: l'inizio della sapienza resta
quello di conoscere le possibilità dell'uomo in relazione con Dio, secondo
il grado della tbeopoiesis, divinizzazione, il chiarore dell'immagine.
Il primo posto in queste considerazioni fu evidentemente riservato
all'umanità del Salvatore, Verbo Incarnato, Dio-uomo. Ma quando apparvero i
primi trattati pratici sulla perfezione monastica, si portò subito anche
l'esempio dei santi, come « utile alle anime ». Perché nei loro tratti si
può scoprire più facilmente a quale altezza possa arrivare la natura umana.
L'aspetto mariologico di questo ideale sarebbe chiaramente espresso, secondo
il parere di Demetrio di Rostov (vescovo ucraino, scrittore, venerato come
santo, 1651-1709), nella lingua liturgica slava. Egli scrisse un opuscoletto
Sull'immagine di Dio e sulla somiglianza con l'uomo. Ivi raccolse di nuovo
gli elementi principali di questo insegnamento patristico: l'immagine e la
somiglianza non esistono nel corpo, ma nell'anima, e ciò comporta dei gradi,
al pari della stessa perfezione. In slavo si poteva ricorrere all'argomento
della lingua. Un monaco stimato come santo, viene chiamato prepodobnyj,
molto rassomigliante; la Madre di Dio, però, viene venerata come
prepodobnejsaja, la più rassomigliante. Si possono quindi, stabilire tre
gradi: il cristiano è simile a Dio (podoben), il monaco è più simile, e
Maria è la più rassomigliante a Dio."
In questa connessione, pensa ancora Lossky, l'insegnamento degli Orientali
sulla Madonna, non può formare un tema dogmatico indipendente, una «
mariologia », ma « resta inerente all'intero insegnamento cristiano come un
leit motiv antropologico ».
Quelli che vorrebbero reagire contro le « esagerazioni » del culto mariano,
ricorrono quasi sempre ad un argomento che sembra convincente: pur
tributando tutta la stima doverosa alla Vergine, siamo obbligati a
sottolineare una verità fondamentale: Maria non è Dio; fra il Creatore e la
sua creazione resterà sempre un abisso incolmabile.
Il negare questa differenza non può venire in mente a nessuno degli
spirituali dell'Oriente. Ma il sottolinearla, il metterla in evidenza? La
pietà orientale, come nota Lossky è tutta nel festeggiare ciò che
costituisce il termine della nostra salvezza: il superamento di questo
abisso. È proprio per questo che si dà alla Madonna « la gloria che conviene
a Dio », perché Dio divinizza.
Nonostante le pesanti ipoteche di cui si trova appesantito, il vocabolario
della « deificazione », « divinizzazione » doveva imporsi ai Padri greci
come capace di esprimere la novità della condizione in cui l'Incarnazione
del Figlio di Dio aveva riportato l'uomo. La divinizzazione dell'uomo
risponde alla logica interiore dell'« umanizzazione » di Dio. Si tratta di
un misterioso scambio in cui « ciascuno fa sue le proprietà dell'altro »."
In un modo molto semplice, ma espressivo, insegnano questa dottrina le icone
russe. Il colore rosso si presta ad essere simbolo del divino, il blu
dell'umano. In conseguenza Cristo è vestito di rosso, con il mantello blu.
La veste interiore della Madonna è di color blu, è però coperta con il
mantello rosso. Dio si è fatto uomo, affinché l'uomo diventasse divino. Il
mantello copre la Madonna quasi intera, in quanto essa è tutta divinizzata,
piena di grazia.
MARIA COME ESEMPIO DELLA SANTITÀ « ONTOLOGICA »
L'importante fra i caratteri della spiritualità dell'Oriente cristiano è
quello che P. Evdokimov chiama « la santità ontologica » e non solo la «
santità morale ». È la conseguenza dell'aspetto primo, della divinizzazione.
L'uomo è giudicato spirituale non tanto secondo le sue azioni morali, dato
che queste sono solo manifestazioni esteriori della presenza dello Spirito
Santo. La vita cristiana è, secondo Teofane il Recluso (autore russo, m.
1894), una « trasformazione dell'anima e del corpo, la loro introduzione
nella sfera dello Spirito, ossia la spiritualizzazione dell'anima e del
corpo ».
In Maria - piena di grazia - la presenza ontologica e gli effetti dello
Spirito si manifestano in maniera del tutto particolare. Lo Spirito è
Santificatore. « La Tuttasanta - scrive il teologo ortodosso V. Lossky - ha assommato la santità
della Chiesa, tutta la santità possibile per un essere creato ».
Fra l'uomo spirituale e lo Spirito Santo di Dio deve esserci un'unione
intima, così che formino una « mistura ». San Basilio non esita a chiamare
lo Spirito la nostra « forma ». Teofane il Recluso afferma che lo Spirito è
1'« anima della nostra anima ».
Quest'ultima espressione ha, evidentemente, molti vantaggi, ma incontra
anche delle difficoltà. Gli orientali non parlano della grazia «
santificante », ma dello Spirito Santo in persona. In che modo le due
persone, anche se a livello tanto diverso, come persona umana e Persona
divina, possono diventare « una sola cosa »? (cf. Gv 17, 21). La risposta
tradizionale è, in un certo senso, semplice: le tre Persone divine si
uniscono in una « natura ». La natura è principio di operazione. Gli uomini
« fatti partecipi della natura divina » (2 Pt 1, 4), si uniscono con lo
Spirito Santo in una operazione comune: synergeia.
Non vi può essere migliore esempio della synergeia con lo Spirito Santo
della maternità divina. Citiamo un solo testo di Evdokimov: « Nato dallo
Spirito Santo e dalla Vergine, significa per i Padri il mistero della
seconda nascita di ogni fedele ex fide et
Spiritu Sancto. La fede di ogni fedele ha la sua radice nell'atto della
Vergine che ha il valore universale, nel suo fiat. L'Annunciazione, definita
"Festa della radice" (san Giovanni Crisostomo), inaugura una nuova età;
l'economia della salvezza risale alla sua radice mariologica e la mariologia
appare come una parte organica della cristologia. Al fiat del Creatore
corrisponde il fiat della creatura ... » .
« Ontologicamente » la sinergia divino-umana è certa con la certezza della
fede. Quale però è la sua ripercussione sulla vita psicologica, sulla
coscienza dell'uomo? Lo Spirito Santo è illuminatore. La Madonna, piena
dello Spirito, doveva quindi godere di una illuminazione del tutto speciale.
I libri di devozione, diffusi in Occidente, non raramente presentano la
Madonna come esempio delle opere esteriori, per es. quando accorre da
Elisabetta, spinta dall'amore caritativo del servizio al prossimo subito
dopo aver ricevuto lo Spirito Santo. Per gli orientali_ la Madre di Dio è
l'esempio sublime della contemplazione.
Come concepire questa contemplazione della Madonna? L'essenza della
contemplazione è la ricerca del mistero nascosto sia nelle Scritture sia nel
mondo creato, scoprire Cristo nei testi della legge e dei profeti e nella
carne visibile della sua umanità. Questo aspetto fu messo bene in rilievo
già da Origene e fu applicato alla Madonna. Ma il tema della contemplazione
ricorre, frequentemente nei testi della festa mariana, celebrata nei
monasteri con grande splendore: la Presentazione della Madonna al Tempio, il
21 novembre. La ricchezza dei termini e delle allusioni ai simboli, sono
comprensibili solo a chi è pratico di letture spirituali riguardanti la
preghiera interiore. Secondo la leggenda, Maria si dedicò nel tempio alla
tessitura del velo del tabernacolo. Questa tessitura ricorda il « velo
dell'umanità di Cristo » che rivela e nasconde il
Logos, simbolo utilizzato già da Origene. Il tempio, abitazione di Dio,
allude ai passi mistici per arrivare al « luogo di Dio » nella
contemplazione suprema. Un esplicito invito a seguire la Madonna nella
contemplazione viene letto fin dai primi canti del Mattutino:
« La porta gloriosa, inaccessibile ai ragionamenti, avendo varcato le porte
del tempio di Dio, ci invita a penetrarvi, al suo seguito, per vivere nelle
delizie divine di cui gode essa stessa ».
La contemplazione, secondo i mistici, su questa terra è sottoposta alle
vicissitudini dell'esperienza della grazia. Dio si rivela e si nasconde. In
che senso possiamo dire che la contemplazione di Maria ebbe le sue
consolazioni e desolazioni? Dal testo di Origene e di Basilio si
ispirò la tradizione iconografica orientale per mettere in rilievo un
momento particolare in cui la Madonna aveva bisogno di una illuminazione
speciale: quando fu invasa dai dubbi, « scandalizzata », stando sotto la
croce di Cristo. La devozione latina si ispirava volentieri alle parole: Fac
me tecum pie flere, Crucifixo condolere. Le adorazioni di un'« ora santa »
vogliono consolare il Cristo sofferente. Il motivo iconografico è diverso in
Oriente: qui si vede il Cristo che indirizza a sua Madre le parole di
consolazione: « Non piangere su di me, Madre! ». La aiuta a vincere la
tentazione di vedere il dolore con gli occhi puramente umani e a salire al
colmo della contemplazione e di illuminazione: vedere il senso divino della
Croce.
Quando si parla dell'aspetto contemplativo della spiritualità orientale, si
rischia di falsare la prospettiva, concentrandosi su di un aspetto del
problema: l'uomo contempla Dio. Ma ve n'è anche un altro: l'uomo è creato
anche per far risplendere Dio, affinché Dio sia contemplato in lui, a
somiglianza del Figlio che è insieme
Contemplatore e Rivelatore. Una conclusione mariologica tratta da questo
principio la troviamo presso tanti poeti ed artisti cristiani. Nel senso
iconografico, ciò che fa risplendere Dio è bello. Maria, la più
rassomigliante a Dio è, per gli artisti cristiani, l'ideale della bellezza.
Citiamo solo un poeta siriaco, Giacomo di Sarug (m. 521): « Amor mi muove
che mi fa parlar di lei che è bella / e l'altezza del discorso su di lei è
maggior di me, come farò? / ... Solo l'amore non cade quando parla, / perché
amabile l'eccellenza sua / e a chi ascolta, ricchezze dona ».
L'uomo contempla Dio secondo il grado della propria purezza. Questa è
l'opinione comune dei Padri. Dall'antichità la Madonna è chiamata «
purissima ». Il dogma dell'Immacolata Concezione è, come sappiamo, messo in
dubbio dagli ortodossi, per varie ragioni. Ma sembra che il centro degli
equivoci sia una erronea prospettiva, come se la Madonna non avesse avuto
bisogno della « purificazione » dallo Spirito Santo. Infatti crediamo anche
noi che solo la forza dello Spirito può dare all'uomo la purezza perfetta. È
del tutto giusto quando V. Lossky vede questo ideale realizzato nella
Madonna: « Essa rappresenta il colmo della santità ... Ella è stata senza il
peccato sotto il dominio universale del peccato ..., il peccato non si
poteva mai attuare in Lei ».
L'attività dello Spirito Santo è espressa nel Credo con un termine
caratteristico: zoopoion, vivificante, « che dà la vita ». Da ciò discende
una conclusione inevitabile: la partecipazione alla vita eterna corrisponde
alla misura della partecipazione allo Spirito Santo. La conclusione
mariologica si prolunga in questo doppio senso: 1) la Madre di Dio riceve la
vita eterna in pienezza; Lossky la chiama l'esckaton, ultima perfezione del
creato, è quindi assunta in cielo; 2) ella riceve la fecondità per essere
anch'essa datrice di
vita, madre di tutti i cristiani, della Chiesa. La tradizione cristiana ha
sempre considerato il parallelismo fra la prima creazione, realizzata da
Adamo-Eva e la seconda, della vita nuova in Cristo-Maria. Maria riceve lo
Spirito Santo insieme agli apostoli radunati nel cenacolo il giorno della
Pentecoste, nella fondazione della Chiesa. È da quel momento che la sua
maternità diventa perfetta, sviluppata nella dimensione ecclesiastica, come
maternità spirituale che nell'Assunzione diventa celeste accanto alla
paternità celeste del Padre di ogni bontà.
MARIA NEL CULTO LITURGICO ORIENTALE
I religiosi dell'Oriente celebrano con grande solennità la liturgia, la
preghiera comune. La Chiesa celebra i riti - scrive Teofane il Recluso - e
quando noi vi assistiamo, ci uniamo alla Chiesa
e partecipiamo della sua grazia." « Colui che si allontana dalle cerimonie
esteriori si allontana dalle preghiere della Chiesa, e chi si allontana
dalle preghiere della Chiesa si priva della grande promessa del Salvatore:
là dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18,
20).
Come anamnesi sacramentale, la liturgia fa rivivere misteriosamente l'opera
della salvezza. Gli autori orientali insistono tanto su questo aspetto che
non esitano a parlare del « realismo » dei riti o del loro « aspetto
eucaristico » così che « a Natale Gesù veramente nasce; durante la Pasqua
risorge ». Il centro del mistero della salvezza è l'incontro del Figlio del
Dio eterno con l'umanità. Egli, come afferma il kontakion bizantino della
festa di Natale, proviene dal Padre e l'umanità gli offre la Vergine
immacolata come un nuovo Paradiso per un nuovo Adamo: « Che cosa ti
offriremo,
o Cristo, perché tu nasca sulla terra come un uomo? Ogni creatura, che è tua
opera, ti porta, infatti, testimonianza della propria gratitudine: gli
angeli il loro canto, i cieli le stelle, i magi i loro doni, i pastori la
loro ammirazione, la terra la grotta, il luogo deserto la culla; ma noi
uomini ti offriamo una Madre Vergine ».
Ne segue che l'aspetto mariano è contenuto nelle feste che commemorano la
vita di Gesù, specialmente la festa del Natale. Ma dal IV secolo cominciano
ad apparire anche le feste propriamente dette mariane. I giorni dedicati a
Maria, in Oriente, dal VI secolo si moltiplicano. Anche i nestoriani ne
festeggiano tre." I siriani monofisiti venerano la Madre di Dio il giorno
15, i copti il 21 di ogni mese." Ogni festa mariana è un gioiello di poesia
per le sue letture, tropari, e soprattutto inni.
Le glorie di Maria vengono cantate con un caldo affetto in Etiopia. L'Arganoma
Màryàm (L'Arpa di Maria) è un panegirico della Madre di Dio, per ogni giorno
della settimana, sotto forma di parafrasi scritturistica. Così, per es. vi
si leggono delle « Beatitudini »: « Beato è colui che all'alba si leva verso
di te e batte alla porta del tuo palazzo. Beato è colui su cui permane la
possanza del tuo amore e dice sempre le lodi della tua gloria. Beato è colui
che non rimuove mai dalla sua bocca la menzione del nome tuo né la sua
lingua interrompe di celebrare la tua maestà ».
Della liturgia bizantina menzioniamo soltanto un inno, il più celebre:
Akathistos, denominato così perché viene cantato o recitato in piedi, in
atto di riverenza. È senza titolo, senza autore, sbocciato dal cuore di uno
degli antichi Padri (V- VI secolo). Si compone di 24 strofe, quante sono le
lettere dell'alfabeto greco. Le strofe dispari colgono dai Libri sacri e da
tutto il creato le immagini più belle per l'elogio della Vergine Madre. Le
strofe pari, invece, sono come una stasi di contemplazione del mistero della
Incarnazione.
« Ave, o tenda del Verbo di Dio, Ave, più grande del Santo dei Santi, Ave,
Tu arca da Spirito amata; Ave, tesoro inesausto di Vita.
Ave, diadema prezioso dei santi sovrani; Ave, dei pii sacerdoti Tu nobile
vanto. Ave, Tu sei per la Chiesa qual torre possente; Ave, Tu sei per
l'Impero qual forte muraglia. ... etc. ».
La liturgia orientale è impensabile senza le icone. Esse fanno parte della «
visibilità dei misteri » e della presenza divina.
« Tutte le parti del tempio - scrive Evdokimov - linee architettoniche,
affreschi, icone, sono integrate nel mistero liturgico, e questo fatto è
forse più importante del resto, perché non si capirebbe mai una icona fuori
di questa integrazione. La liturgia stessa nel suo insieme è una icona di
tutta l'economia della salvezza ... In fondo all'abside centrale sorge la
Theotokos (Madre di Dio) come orante o come « muro indistruttibile ».
Hodigitria (Conduttrice sulla via), essa è la Chiesa terrestre che « guida »
tutti gli uomini per unirli nel corpo di Cristo ... La gioia pasquale
circonda la Theotokos e significa l'attesa del regno. E così in una chiesa,
in ogni momento, anche fuori del tempo dell'ufficio, tutto sta in attesa dei
santi misteri, in attesa dell'eucaristia. La sensazione così forte della
vita incessante viene da queste presenze rivolte verso la liturgia celeste
».
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