Maria nelle altre confessioni cristiane

 

 

 

Chiesa Orientale

Chiesa Riformata

 

 

 

Maria nella Chiesa Orientale

 

 

« Signora, Madre di Dio! Tu, il cui amore per i cristiani supera l'amore di ogni madre terrena, di ogni donna, presta attenzione alle nostre preghiere e salvaci! Fa che ci ricordiamo di te continuamente! Che ti preghiamo sempre e con fervore! Che ci rifugiamo sempre sotto la tua santa protezione senza indugio e senza dubbio! ... Noi preghiamo la misericordiosa e purissima Madre di Dio e lei prega per noi. Noi glorifichiamo lei che è superiore ad ogni lode, ed ella prepara per noi la gloria eterna. Noi le diciamo spesso: Rallegrati (Ave)! ed ella prega il suo Figlio e Dio: Figlio mio amato, dona la gioia eterna per questo saluto di gioia rivolto a me ... ».
L'autore russo Giovanni di Kronstadt (m. 1908) scrisse queste parole nel suo Diario. Non ci servono per dimostrare, ma semplicemente per illustrare, la devozione degli Orientali alla Madonna. Il popolo ama le sue icone. In Russia prima della Rivoluzione si veneravano nel calendario liturgico circa 1000 icone mariane, con diversi titoli, come « Consolazione nostra » e « Preveggente » (21 gennaio), « Piangente » (1° febbraio), « Addolcimento dei cuori cattivi » (2 febbraio), « Bandiera spirituale » (3 marzo), « Intenerimento » (19 marzo), « Monte fertile » (24 marzo), « Portinaia » (23 giugno), « Economa » (5 luglio), « Nuovo cielo » (9 settembre), « Donatrice di Dio » (11 ottobre), ecc.
Ci si è domandati spesso, perché la devozione mariana abbia preso un tale slancio soprattutto nei monasteri, fra i monaci e fra le religiose. Un occidentale che guarda le icone dorate della Madre di Dio sopra le porte dei conventi, nelle chiese, nelle celle dei religiosi, in ogni angolo delle abitazioni e delle strade, facilmente sospetta che qui si voglia separare la Madonna da tutti gli altri uomini, fare di lei una Santa del tutto eccezionale, « più venerata dei Cherubini, più gloriosa dei Serafini » (testo liturgico), un « roveto ardente », al quale nessuno può avvicinarsi. Ciò si potrebbe confermare con un testo del teologo russo V. Lossky: « La Madre di Dio è la Regina dei Cieli, alla quale la liturgia ortodossa conferisce la gloria che conviene a Dio (theoprepes doxa) ».
I fatti esigono una spiegazione. Fu la struttura psicologica dei popoli meno « razionalisti » a preferire ciò che parla più al cuore? Furono le circostanze storiche a favorire il culto dei santi dopo 1'iconoclasmo? Il merito per la difesa delle sacre immagini spettò in primo luogo ai monaci. Non dimentichiamo che le forme concrete di pietà corrispondono all'ideale spirituale che si persegue. L'articolo presente seguirà quindi questa direzione: i religiosi dell'Oriente cristiano hanno sviluppato tanto il culto mariano, perché vedevano nella Purissima la piena realizzazione di ciò che si cerca nella vita monastica.
Ci soffermeremo solo ai tre aspetti che la letteratura monastica dell'Oriente ha messo fortemente in rilievo: l'ideale della divinizzazione del cristiano, la santità « ontologica » e la pietà liturgica.
Se alla fine volessimo aggiungere qualche nota anche sulle Chiese cristiane occidentali provenienti dalla Riforma, ci sentiremmo imbarazzati per un duplice motivo: Non ha forse il protestantesimo preso una posizione del tutto negativa sia verso la vita religiosa come tale sia verso il culto mariano? Ma è anche vero che viviamo nel periodo in cui si chiariscono molti equivoci fra i cristiani togliendo antichi pregiudizi. Le Chiese protestanti conoscono oggi vari gruppi di vita religiosa. Lo scopo della vita nel convento non è di creare una spiritualità differente dalle altre, ma di approfondire la vita cristiana come tale. I protestanti hanno sempre considerato come nota tipica della loro spiritualità il senso per la « fede che giustifica ». Vogliamo brevemente accennare, come proprio questo ideale di fede viva conduca a Maria che diventa così segno di unione anche fra i cristiani separati dell'Occidente.
LA DIVINIZZAZIONE DEL CRISTIANO
È stato osservato che gli Occidentali cercano la « causa » degli eventi, mentre gli Orientali concentrano la loro attenzione sull'esemplarismo, meditando sul « significato » dei fatti e delle cose. Questo doppio atteggiamento influisce anche sul tema della perfezione religiosa. Gli Esercizi spirituali di Sant'Ignazio di Loyola cominciano con l'affermazione fondamentale che l'uomo è stato creato da Dio e ne traggono le conseguenze. Gli Orientali concentrano la loro attenzione non tanto sul fatto che l'uomo è stato creato ma, piuttosto, su ciò che segue nel testo biblico: è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio (Gn 1, 26-27).4
Origene, e dopo di lui una grande parte della tradizione orientale distingue i due termini, utilizza il carattere dinamico della immagine: l'immagine non è che una divinizzazione incoattiva: lo scopo è di assomigliare a Dio il più possibile. Questa salita « dall'immagine alla somiglianza » sarà completata nella gloria dei corpi risuscitati (cf. Gv 3, 2) e, conformemente alla preghiera di Cristo (Gv 17, 21), nell'unità.
Sembra un fatto assai curioso: i monaci dell'Oriente non volevano in alcun modo mescolare l'insegnamento cristiano con la filosofia, e pure si riferivano frequentemente ai problemi di antropologia. « Esiste una antropologia cristiana - scrive V. Lossky - nei Padri dei primi otto secoli, e anche più tardi a Bisanzio ... Il pensiero teologico è fondato sulla rivelazione di un Dio vivo e personale che creò l'uomo secondo la sua immagine e rassomiglianza ». Il « conosci te stesso » socratico è stato interpretato nel senso morale e teologico: l'inizio della sapienza resta quello di conoscere le possibilità dell'uomo in relazione con Dio, secondo il grado della tbeopoiesis, divinizzazione, il chiarore dell'immagine.
Il primo posto in queste considerazioni fu evidentemente riservato all'umanità del Salvatore, Verbo Incarnato, Dio-uomo. Ma quando apparvero i primi trattati pratici sulla perfezione monastica, si portò subito anche l'esempio dei santi, come « utile alle anime ». Perché nei loro tratti si può scoprire più facilmente a quale altezza possa arrivare la natura umana.
L'aspetto mariologico di questo ideale sarebbe chiaramente espresso, secondo il parere di Demetrio di Rostov (vescovo ucraino, scrittore, venerato come santo, 1651-1709), nella lingua liturgica slava. Egli scrisse un opuscoletto Sull'immagine di Dio e sulla somiglianza con l'uomo. Ivi raccolse di nuovo gli elementi principali di questo insegnamento patristico: l'immagine e la somiglianza non esistono nel corpo, ma nell'anima, e ciò comporta dei gradi, al pari della stessa perfezione. In slavo si poteva ricorrere all'argomento della lingua. Un monaco stimato come santo, viene chiamato prepodobnyj, molto rassomigliante; la Madre di Dio, però, viene venerata come prepodobnejsaja, la più rassomigliante. Si possono quindi, stabilire tre gradi: il cristiano è simile a Dio (podoben), il monaco è più simile, e Maria è la più rassomigliante a Dio."
In questa connessione, pensa ancora Lossky, l'insegnamento degli Orientali sulla Madonna, non può formare un tema dogmatico indipendente, una « mariologia », ma « resta inerente all'intero insegnamento cristiano come un leit motiv antropologico ».
Quelli che vorrebbero reagire contro le « esagerazioni » del culto mariano, ricorrono quasi sempre ad un argomento che sembra convincente: pur tributando tutta la stima doverosa alla Vergine, siamo obbligati a sottolineare una verità fondamentale: Maria non è Dio; fra il Creatore e la sua creazione resterà sempre un abisso incolmabile.
Il negare questa differenza non può venire in mente a nessuno degli spirituali dell'Oriente. Ma il sottolinearla, il metterla in evidenza? La pietà orientale, come nota Lossky è tutta nel festeggiare ciò che costituisce il termine della nostra salvezza: il superamento di questo abisso. È proprio per questo che si dà alla Madonna « la gloria che conviene a Dio », perché Dio divinizza.
Nonostante le pesanti ipoteche di cui si trova appesantito, il vocabolario della « deificazione », « divinizzazione » doveva imporsi ai Padri greci come capace di esprimere la novità della condizione in cui l'Incarnazione del Figlio di Dio aveva riportato l'uomo. La divinizzazione dell'uomo risponde alla logica interiore dell'« umanizzazione » di Dio. Si tratta di un misterioso scambio in cui « ciascuno fa sue le proprietà dell'altro »." In un modo molto semplice, ma espressivo, insegnano questa dottrina le icone russe. Il colore rosso si presta ad essere simbolo del divino, il blu dell'umano. In conseguenza Cristo è vestito di rosso, con il mantello blu. La veste interiore della Madonna è di color blu, è però coperta con il mantello rosso. Dio si è fatto uomo, affinché l'uomo diventasse divino. Il mantello copre la Madonna quasi intera, in quanto essa è tutta divinizzata, piena di grazia.
MARIA COME ESEMPIO DELLA SANTITÀ « ONTOLOGICA »
L'importante fra i caratteri della spiritualità dell'Oriente cristiano è quello che P. Evdokimov chiama « la santità ontologica » e non solo la « santità morale ». È la conseguenza dell'aspetto primo, della divinizzazione. L'uomo è giudicato spirituale non tanto secondo le sue azioni morali, dato che queste sono solo manifestazioni esteriori della presenza dello Spirito Santo. La vita cristiana è, secondo Teofane il Recluso (autore russo, m. 1894), una « trasformazione dell'anima e del corpo, la loro introduzione nella sfera dello Spirito, ossia la spiritualizzazione dell'anima e del corpo ».
In Maria - piena di grazia - la presenza ontologica e gli effetti dello Spirito si manifestano in maniera del tutto particolare. Lo Spirito è Santificatore. « La Tuttasanta - scrive il teologo ortodosso V. Lossky - ha assommato la santità della Chiesa, tutta la santità possibile per un essere creato ».
Fra l'uomo spirituale e lo Spirito Santo di Dio deve esserci un'unione intima, così che formino una « mistura ». San Basilio non esita a chiamare lo Spirito la nostra « forma ». Teofane il Recluso afferma che lo Spirito è 1'« anima della nostra anima ».
Quest'ultima espressione ha, evidentemente, molti vantaggi, ma incontra anche delle difficoltà. Gli orientali non parlano della grazia « santificante », ma dello Spirito Santo in persona. In che modo le due persone, anche se a livello tanto diverso, come persona umana e Persona divina, possono diventare « una sola cosa »? (cf. Gv 17, 21). La risposta tradizionale è, in un certo senso, semplice: le tre Persone divine si uniscono in una « natura ». La natura è principio di operazione. Gli uomini « fatti partecipi della natura divina » (2 Pt 1, 4), si uniscono con lo Spirito Santo in una operazione comune: synergeia.
Non vi può essere migliore esempio della synergeia con lo Spirito Santo della maternità divina. Citiamo un solo testo di Evdokimov: « Nato dallo Spirito Santo e dalla Vergine, significa per i Padri il mistero della seconda nascita di ogni fedele ex fide et Spiritu Sancto. La fede di ogni fedele ha la sua radice nell'atto della Vergine che ha il valore universale, nel suo fiat. L'Annunciazione, definita "Festa della radice" (san Giovanni Crisostomo), inaugura una nuova età; l'economia della salvezza risale alla sua radice mariologica e la mariologia appare come una parte organica della cristologia. Al fiat del Creatore corrisponde il fiat della creatura ... » .
« Ontologicamente » la sinergia divino-umana è certa con la certezza della fede. Quale però è la sua ripercussione sulla vita psicologica, sulla coscienza dell'uomo? Lo Spirito Santo è illuminatore. La Madonna, piena dello Spirito, doveva quindi godere di una illuminazione del tutto speciale. I libri di devozione, diffusi in Occidente, non raramente presentano la Madonna come esempio delle opere esteriori, per es. quando accorre da Elisabetta, spinta dall'amore caritativo del servizio al prossimo subito dopo aver ricevuto lo Spirito Santo. Per gli orientali_ la Madre di Dio è l'esempio sublime della contemplazione.
Come concepire questa contemplazione della Madonna? L'essenza della contemplazione è la ricerca del mistero nascosto sia nelle Scritture sia nel mondo creato, scoprire Cristo nei testi della legge e dei profeti e nella carne visibile della sua umanità. Questo aspetto fu messo bene in rilievo già da Origene e fu applicato alla Madonna. Ma il tema della contemplazione ricorre, frequentemente nei testi della festa mariana, celebrata nei monasteri con grande splendore: la Presentazione della Madonna al Tempio, il 21 novembre. La ricchezza dei termini e delle allusioni ai simboli, sono comprensibili solo a chi è pratico di letture spirituali riguardanti la preghiera interiore. Secondo la leggenda, Maria si dedicò nel tempio alla tessitura del velo del tabernacolo. Questa tessitura ricorda il « velo dell'umanità di Cristo » che rivela e nasconde il
Logos, simbolo utilizzato già da Origene. Il tempio, abitazione di Dio, allude ai passi mistici per arrivare al « luogo di Dio » nella contemplazione suprema. Un esplicito invito a seguire la Madonna nella contemplazione viene letto fin dai primi canti del Mattutino:
« La porta gloriosa, inaccessibile ai ragionamenti, avendo varcato le porte del tempio di Dio, ci invita a penetrarvi, al suo seguito, per vivere nelle delizie divine di cui gode essa stessa ».
La contemplazione, secondo i mistici, su questa terra è sottoposta alle vicissitudini dell'esperienza della grazia. Dio si rivela e si nasconde. In che senso possiamo dire che la contemplazione di Maria ebbe le sue consolazioni e desolazioni? Dal testo di Origene e di Basilio  si ispirò la tradizione iconografica orientale per mettere in rilievo un momento particolare in cui la Madonna aveva bisogno di una illuminazione speciale: quando fu invasa dai dubbi, « scandalizzata », stando sotto la croce di Cristo. La devozione latina si ispirava volentieri alle parole: Fac me tecum pie flere, Crucifixo condolere. Le adorazioni di un'« ora santa » vogliono consolare il Cristo sofferente. Il motivo iconografico è diverso in Oriente: qui si vede il Cristo che indirizza a sua Madre le parole di consolazione: « Non piangere su di me, Madre! ». La aiuta a vincere la tentazione di vedere il dolore con gli occhi puramente umani e a salire al colmo della contemplazione e di illuminazione: vedere il senso divino della Croce.
Quando si parla dell'aspetto contemplativo della spiritualità orientale, si rischia di falsare la prospettiva, concentrandosi su di un aspetto del problema: l'uomo contempla Dio. Ma ve n'è anche un altro: l'uomo è creato anche per far risplendere Dio, affinché Dio sia contemplato in lui, a somiglianza del Figlio che è insieme
Contemplatore e Rivelatore. Una conclusione mariologica tratta da questo principio la troviamo presso tanti poeti ed artisti cristiani. Nel senso iconografico, ciò che fa risplendere Dio è bello. Maria, la più rassomigliante a Dio è, per gli artisti cristiani, l'ideale della bellezza. Citiamo solo un poeta siriaco, Giacomo di Sarug (m. 521): « Amor mi muove che mi fa parlar di lei che è bella / e l'altezza del discorso su di lei è maggior di me, come farò? / ... Solo l'amore non cade quando parla, / perché amabile l'eccellenza sua / e a chi ascolta, ricchezze dona ».
L'uomo contempla Dio secondo il grado della propria purezza. Questa è l'opinione comune dei Padri. Dall'antichità la Madonna è chiamata « purissima ». Il dogma dell'Immacolata Concezione è, come sappiamo, messo in dubbio dagli ortodossi, per varie ragioni. Ma sembra che il centro degli equivoci sia una erronea prospettiva, come se la Madonna non avesse avuto bisogno della « purificazione » dallo Spirito Santo. Infatti crediamo anche noi che solo la forza dello Spirito può dare all'uomo la purezza perfetta. È del tutto giusto quando V. Lossky vede questo ideale realizzato nella Madonna: « Essa rappresenta il colmo della santità ... Ella è stata senza il peccato sotto il dominio universale del peccato ..., il peccato non si poteva mai attuare in Lei ».
L'attività dello Spirito Santo è espressa nel Credo con un termine caratteristico: zoopoion, vivificante, « che dà la vita ». Da ciò discende una conclusione inevitabile: la partecipazione alla vita eterna corrisponde alla misura della partecipazione allo Spirito Santo. La conclusione mariologica si prolunga in questo doppio senso: 1) la Madre di Dio riceve la vita eterna in pienezza; Lossky la chiama l'esckaton, ultima perfezione del creato, è quindi assunta in cielo; 2) ella riceve la fecondità per essere anch'essa datrice di vita, madre di tutti i cristiani, della Chiesa. La tradizione cristiana ha sempre considerato il parallelismo fra la prima creazione, realizzata da Adamo-Eva e la seconda, della vita nuova in Cristo-Maria. Maria riceve lo Spirito Santo insieme agli apostoli radunati nel cenacolo il giorno della Pentecoste, nella fondazione della Chiesa. È da quel momento che la sua maternità diventa perfetta, sviluppata nella dimensione ecclesiastica, come maternità spirituale che nell'Assunzione diventa celeste accanto alla paternità celeste del Padre di ogni bontà.
MARIA NEL CULTO LITURGICO ORIENTALE
I religiosi dell'Oriente celebrano con grande solennità la liturgia, la preghiera comune. La Chiesa celebra i riti - scrive Teofane il Recluso - e quando noi vi assistiamo, ci uniamo alla Chiesa e partecipiamo della sua grazia." « Colui che si allontana dalle cerimonie esteriori si allontana dalle preghiere della Chiesa, e chi si allontana dalle preghiere della Chiesa si priva della grande promessa del Salvatore: là dove due o tre sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro » (Mt 18, 20).
Come anamnesi sacramentale, la liturgia fa rivivere misteriosamente l'opera della salvezza. Gli autori orientali insistono tanto su questo aspetto che non esitano a parlare del « realismo » dei riti o del loro « aspetto eucaristico » così che « a Natale Gesù veramente nasce; durante la Pasqua risorge ». Il centro del mistero della salvezza è l'incontro del Figlio del Dio eterno con l'umanità. Egli, come afferma il kontakion bizantino della festa di Natale, proviene dal Padre e l'umanità gli offre la Vergine immacolata come un nuovo Paradiso per un nuovo Adamo: « Che cosa ti offriremo, o Cristo, perché tu nasca sulla terra come un uomo? Ogni creatura, che è tua opera, ti porta, infatti, testimonianza della propria gratitudine: gli angeli il loro canto, i cieli le stelle, i magi i loro doni, i pastori la loro ammirazione, la terra la grotta, il luogo deserto la culla; ma noi uomini ti offriamo una Madre Vergine ».
Ne segue che l'aspetto mariano è contenuto nelle feste che commemorano la vita di Gesù, specialmente la festa del Natale. Ma dal IV secolo cominciano ad apparire anche le feste propriamente dette mariane. I giorni dedicati a Maria, in Oriente, dal VI secolo si moltiplicano. Anche i nestoriani ne festeggiano tre." I siriani monofisiti venerano la Madre di Dio il giorno 15, i copti il 21 di ogni mese." Ogni festa mariana è un gioiello di poesia per le sue letture, tropari, e soprattutto inni.
Le glorie di Maria vengono cantate con un caldo affetto in Etiopia. L'Arganoma Màryàm (L'Arpa di Maria) è un panegirico della Madre di Dio, per ogni giorno della settimana, sotto forma di parafrasi scritturistica. Così, per es. vi si leggono delle « Beatitudini »: « Beato è colui che all'alba si leva verso di te e batte alla porta del tuo palazzo. Beato è colui su cui permane la possanza del tuo amore e dice sempre le lodi della tua gloria. Beato è colui che non rimuove mai dalla sua bocca la menzione del nome tuo né la sua lingua interrompe di celebrare la tua maestà ».
Della liturgia bizantina menzioniamo soltanto un inno, il più celebre: Akathistos, denominato così perché viene cantato o recitato in piedi, in atto di riverenza. È senza titolo, senza autore, sbocciato dal cuore di uno degli antichi Padri (V- VI secolo). Si compone di 24 strofe, quante sono le lettere dell'alfabeto greco. Le strofe dispari colgono dai Libri sacri e da tutto il creato le immagini più belle per l'elogio della Vergine Madre. Le strofe pari, invece, sono come una stasi di contemplazione del mistero della Incarnazione.
« Ave, o tenda del Verbo di Dio, Ave, più grande del Santo dei Santi, Ave, Tu arca da Spirito amata; Ave, tesoro inesausto di Vita.
Ave, diadema prezioso dei santi sovrani; Ave, dei pii sacerdoti Tu nobile vanto. Ave, Tu sei per la Chiesa qual torre possente; Ave, Tu sei per l'Impero qual forte muraglia. ... etc. ».
La liturgia orientale è impensabile senza le icone. Esse fanno parte della « visibilità dei misteri » e della presenza divina.
« Tutte le parti del tempio - scrive Evdokimov - linee architettoniche, affreschi, icone, sono integrate nel mistero liturgico, e questo fatto è forse più importante del resto, perché non si capirebbe mai una icona fuori di questa integrazione. La liturgia stessa nel suo insieme è una icona di tutta l'economia della salvezza ... In fondo all'abside centrale sorge la Theotokos (Madre di Dio) come orante o come « muro indistruttibile ». Hodigitria (Conduttrice sulla via), essa è la Chiesa terrestre che « guida » tutti gli uomini per unirli nel corpo di Cristo ... La gioia pasquale circonda la Theotokos e significa l'attesa del regno. E così in una chiesa, in ogni momento, anche fuori del tempo dell'ufficio, tutto sta in attesa dei santi misteri, in attesa dell'eucaristia. La sensazione così forte della vita incessante viene da queste presenze rivolte verso la liturgia celeste ».

 

 

 

L'APOTEOSI DELLA FEDE DI MARIA:
IL CAMMINO DA LUTERO A KIERKEGAARD


Quando si pensa al tradizionale antimarianesimo protestante, è difficile immaginare che Maria possa essere un punto di incontro fra essi da una parte e gli ortodossi ed i cattolici dall'altra. Ella è stata persino definita « Madre che ci divide ». Il problema è stato più volte trattato.
Non è questo il luogo per tornare sull'argomento che è assai complesso. Se in passato sembravano, da parte protestante, predominare le posizioni decisamente anticattoliche, nei tempi recenti, il nuovo clima interconfessionale ha contribuito ad una più serena considerazione del problema mariano. D'altra parte bisogna ammettere che sia le dichiarazioni più o meno ufficiali sia le opinioni dei singoli teologi lasciano ancora molto a desiderare perché si possa parlare di un più largo consenso fra i cristiani divisi. Da ciò è evidente che l'ecumenismo non può più ignorare la Vergine e che la questione deve, e già comincia, interessare ecumenisti di grande fama.
L'esperienza dimostra che rimangono superficiali gli sforzi di raccogliere semplicemente certe posizioni pronunciate in modo « aforistico » che poi danno luogo a qualche dichiarazione comune.
I dogmi cristiani si capiscono meglio se rimangono collocati nella propria tradizione spirituale e nella loro identità spirituale. Si può, ovviamente, chiedere ai fratelli cristiani provenienti dalla Riforma di fare certe « concessioni » verso la nostra parte, di « accettare » qualche elemento del « nostro » insegnamento. Ma sarà senza dubbio molto più fruttuoso cercare di scoprire nella « loro » dottrina quegli aspetti che, sviluppati ed interpretati secondo i nostri criteri, conducono da soli ad un avvicinamento reale e sincero. Ciò che segue deve essere interpretato sotto questa luce.
Fra gli autori protestanti moderni ha suscitato un interesse mondiale Sòren Kierkegaard il quale è apprezzato sotto vari punti di vista soprattutto per il suo insegnamento mariologico che desta, giustamente, meraviglia.
Il mistero di Maria occupò Kierkegaard così profondamente che il traduttore inglese delle Opere dichiarò: « Sarebbe interessante ed edificante fare un'antologia dei testi nei quali Kierkegaard parla della Beata Vergine perché senza dubbio nessun protestante fu così preso da questo tema e forse nessun cattolico ha apprezzato più profondamente l'eccezionale posizione di Maria ».
Si sa che Kierkegaard voleva essere « il singolo » nella vita e nel pensiero, dare la propria interpretazione del cristianesimo. Perciò anche il suo insegnamento mariologico, come sembra, si stacca radicalmente dall'ambiente protestante in cui egli è stato educato. Ma è davvero così? Non si può, al contrario, dire che il grande pensatore seppe condurre alle ultime conseguenze i principi fondamentali che ispirarono la riforma di Martin Luther?
Per quest'ultimo, come si sa, il momento decisivo nell'itinerario spirituale è, da una parte, la coscienza profonda del peccato e dall'altra la necessità di « afferrare Cristo » per mezzo della fede. Il primo versetto del salmo Miserere è espressione autentica dell'uomo che si converte, che da peccatore inconsapevole diventa « consapevole » della necessità di essere purificato. Questa coscienza è opera dello Spirito Santo. Ma se fosse solo coscienza del peccato, non sarebbe il messaggio di gioia, bensì, motivo di disperazione.
Il « senso del peccato » è per i cristiani inseparabilmente unito al « ricordo di Cristo », Salvatore, Liberatore degli uomini. Dobbiamo, quindi, proporci immediatamente la domanda: come e con quali mezzi noi, uomini individuali di tutti i tempi, possiamo unirci a Cristo, fare nostra la salvezza che egli ci ha portato?
« È chiaro ... che per essere cristiano non è sufficiente predicare una semplice conoscenza di Cristo, delle sue opere, della sua vita, della sua parola ... Eppure i migliori predicatori di oggi fanno così ». Luther non stima troppo neppure quei predicatori che commuovono il popolo affinché venga sentita la compassione per il Cristo sofferente e che, di conseguenza, si scagliano contro gli Ebrei. Insegna Cristo come si deve colui che ci rivela come dobbiamo unirci intimamente con lui, così « che lui non sia solo Cristo, ma anche Cristo per te e per me ».
Qual è quel vincolo che ci può unire con Lui così intimamente che la sua opera salvifica sia anche mia? La risposta di Luther è nota: è la fede, la sola fede. Una discussione dell'anno 1535 formula questa convinzione in forma di tesi: « (Fides) quae faciat Christum in nobis efficacem contra mortem, peccatum et legem. Haec est autem fides apprehensiva (ut dicimus) Christi, pro peccatis nostris morientis, et pro iustitia nostra resurgentis ... Igitur illud pro Me, seu pro Nobis, si creditur, facit istam veram fidem et secernit ab omni alia fide, quae res tantum gestas audit ».
La fede che giustifica, concetto centrale dell'esistenza cristiana, è, quindi, un « afferrare » l'opera redentrice di Cristo. Per mezzo della fede Cristo agisce nel nostro cuore e ci libera dalla morte e dal peccato, dall'angoscia e dalla disperazione. L'esempio classico della fede è, secondo San Paolo, Abramo, padre di tutti i credenti (cf. Rom 4). Il testo è stato sempre e abbondantemente interpretato in tutta la tradizione protestante.
Kierkegaard, meditando sul testo del Vangelo che tratta del come avvenne la pienezza della salvezza, come Cristo si sia identificato con gli uomini immersi nel peccato, arrivò alla conclusione che la fede di Maria supera quella di Abramo. Rimangono, però, ambedue, nella stessa linea di fede. In entrambi i casi si tratta di una fede eroica, piena di sacrificio. Ambedue accettarono la parola di Dio con assoluta soggezione. Ma, a causa di ciò rimasero, per così dire, soli con Dio. Mancò l'appoggio e la simpatia da parte degli altri uomini. Si trovarono in una situazione di conflitto. Abramo venne reso ridicolo perché credeva di poter avere in vecchiaia un figlio promesso da Dio. Maria nasconde il suo segreto - ben più grave nelle sue conseguenze e più decisivo per l'umanità di quello di Abramo - allo stesso sposo Giuseppe, il quale non da Maria (che conservava tutto nel suo cuore) ma dall'angelo viene edotto su quanto era accaduto, per virtù divina, alla sua purissima sposa. In forza della fede, Maria seguì Gesù in tutta la vita, nella sua passione e nella sua morte.
Nella fede, quindi, Kierkegaard vede tutta la grandezza di Maria, la sua singolarità. Non ammira in primo luogo la maternità divina. Scrive: « Certamente Maria mise al mondo il Bambino in modo miracoloso, ma la cosa avvenne in lei al modo delle altre donne ... Invece l'angelo venne solo a Maria e nessuno la potrebbe comprendere. Quale donna più offesa di Maria: e non è vero che colui che Dio benedice, col medesimo respiro viene anche maledetto? Questa è l'interpretazione spirituale della situazione di Maria ».
La fede eroica comporta, quindi, un sacrificio proprio perché è, secondo il principio di Luther, vincolo fondamentale di unione con Cristo. E, secondo lo stesso principio, la fede purifica. La Madonna, avendo una fede del tutto particolare è purificata in una maniera più eccellente degli altri. Ne segue che Maria rimane per i cristiani l'esempio sublime della vita spirituale.
« Nessuno che sappia come la religiosità sia per sua natura femminile si meraviglierà che una donna venga rappresentata come maestra, come modello di vera pietà. Dunque, benché la donna in chiesa debba tacere (1 Cor 14, 34) e pertanto non possa insegnare, è proprio il tacere dinanzi a Dio che appartiene all'essenza della sua religiosità. Quanto dunque devi imparare dalla donna! Da una donna impara anche l'umile fede nei riguardi della cosa straordinaria; quella fede umile che non domanda, incredula e dubitante: "Perché?", "A che scopo?", "Come mai è possibile questo?", ma umilmente crede e, come Maria, dice: "Ecco, io sono l'Ancella del Signore". Ella lo dice, ma, se badi bene, questo è un tacere. Da una donna tu impari il vero ascolto della parola, da Maria, la quale, benché non comprendesse le parole che le venivano dette, le conservava nel cuore (Lc 2, 12). Maria, dunque, non esigeva, prima di comprenderle, ma in silenzio conservava le parole al posto giusto: perché questo è il posto giusto, quando cioè la parola, il buon seme, è conservata in "un cuore buono e perfetto" (Lc 8, 15). Da una donna tu apprendi il calmo, profondo e religioso dolore che tace al cospetto di Dio: da Maria. Perché certamente, come era stato predetto, "il suo cuore venne trapassato da una spada" (Lc 2, 35): ma essa non disperò, né al sentire la profezia, né quando accaddero le cose predette. Da una donna tu impari la preoccupazione per l'unica cosa necessaria, da Maria, sorella di Lazzaro che, silenziosa, se ne stava ai piedi di Cristo con la scelta del suo cuore: 1`uníca cosa necessaria" (Lc 10, 42) ».53
Abbiamo scelto queste poche riflessioni che sono, da una parte certamente originali, ma dall'altra mettono in evidenza un aspetto che non ci si aspetterebbe e che alcuni vorrebbero negare, cioè che i primi principi fondamentali della riforma protestante ci conducono ad apprezzare Maria come sublime realizzazione della vita in Cristo e con Cristo. Se Abramo fu padre, Ella è senza dubbio madre di tutti i credenti.
Terminiamo con un testo caratteristico di Kierkegaard: « Certamente Ella era stata eletta e così era stato deciso. Ma vi è anche un momento di libertà, il momento dell'accettazione, da cui appare che si è quello che si vuole essere. Se l'angelo non l'avesse trovata quale la trovò, Ella, malgrado tutto, non sarebbe stata colei che ci voleva. Maria disse: « Ecco io sono l'ancella del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola (Lc 1, 38) ». (P. Tommaso Spidlik, s.j. in I religiosi sulle orme di Maria, ed. Vaticana, 1987)
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