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L'8 e 9 marzo nuova mobilitazione. I sindacati: "Tentativo disperato di salvare l'assistenza per tutti"Sanità malata. Medici in scioperoNove grandi medici italiani hanno di recente firmato Il manifesto per la buona sanità con il quale dicono chiaro e tondo che è ora di mettere i malati al primo posto, lasciando da parte la politica e puntando alle competenze. Ma il male che attanaglia il servizio pubblico - in primo piano il problema della carenza di risorse, quelli della riorganizzazione del lavoro e delle liste d'attesa, oltre che dell'integrazione tra la medicina specialistica con quella di base - è evidente, se i medici di tutt'Italia hanno protestato quasi all'unisono - 42 le sigle sindacali in pista - lunedì 9 febbraio e si accingono a un altro fermo l'8 e 9 marzo. Per il 2 aprile, poi, si prepara una mobilitazione di piazza a Roma. I sindacati gongolano nel rilanciare le cifre dell'adesione allo sciopero, che si aggirano intorno al 90 per cento a livello nazionale, al 50 in sede locale, secondo i dati forniti dall'Azienda sanitaria di Alba-Bra. Sono state garantite ovunque le emergenze, con pochi disagi, ma 90 mila interventi sono stati annullati. "È stata la più grande mobilitazione dagli anni Ottanta", dicono i sindacati. Vi hanno partecipato 155 mila medici, veterinari, farmacisti, chimici, psicologi. L'esasperazione è stata spinta in primo luogo dal mancato rinnovo del contratto di lavoro, al palo da due anni, ma il malessere è ben più profondo e riguarda la preoccupazione per il destino della sanità pubblica, sulla quale si innesta il rischio di spezzettamento delle prestazioni e della gestione sanitaria dovuto alla riforma federalista dello Stato. "Avremo tante sanità quante sono le regioni?". Se lo chiede all'Asl 18, puntando il dito sul "preoccupante destino che ci attende a medio termine", Virginio Giordanello - referente dell'Anaao-Assomed, la maggiore associazione dei medici dirigenti -, mentre Giorgio Cavallero, segretario piemontese della medesima sigla si dice pronto a due, tre mesi di "battaglia dura". Già, perché, se è lo stesso ministro della sanità Girolamo Sirchia ad ammettere i problemi e le ragioni - ma dalla maggioranza gli fanno sapere che se non è in linea con il Governo può anche decidere di andarsene, mentre gli "scioperanti" sorridono: "Allora si muova..." -, i nodi irrisolti sono sul tappeto. Al punto che la trattativa per il rinnovo del contratto non è nemmeno avviata. Non si sa, tra Governo e Regioni, a chi tocchi l'esborso. "Siamo all'ultima spiaggia, al tentativo disperato di salvare il servizio sanitario nazionale dalla morte", commenta Serafino Zucchelli, segretario nazionale dell'Anaao-Assomed. In Italia mancherebbero all'appello 13 miliardi di euro tra 2003 e 2004, mentre la finanziaria continua a falcidiare i bilanci delle Asl e a tagliare la possibilità di assumere. (di Maria Grazia Olivero da Gazzetta d'Alba del 17 febbraio 2004)
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