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Il lavoro di mesi di un gruppo della Margherita ha evidenziato una situazione non proprio rosea

La sanità dell'albese
è alle corde

I mali? Liste d'attesa troppo lunghe e disservizi; vi è scarsità di personale qualificato.
"I sindaci dovrebbero avere un ruolo attento, essendo garanti della sanità sul territorio".


Un mese di attesa per una visita urologica ad Alba e tre giorni per la stessa prestazione a Savigliano. Un esempio. Perché le lunghe liste d’attesa sono documentate dai dati ufficiali dell’Asl 18 e da quelli emersi dall’indagine che una Commissione della Margherita di Alba sta portando avanti da mesi, ascoltando operatori (molto delusi), utenti, persone sensibili al delicato mondo della sanità. Non mancano, comunque, buoni standard qualitativi in alcuni settori, spesso assicurati dall’abnegazione del personale.

Di sanità... malata si discute a più livelli. Da qualche mese ha lavorato, legato alla Margherita albese, un gruppo di studio formato da operatori sanitari, cittadini e persone sensibili al tema. Ne è emerso un quadro del quale abbiamo parlato con il referente, Franco Di Liddo. "Abbiamo fotografato la realtà sanitaria con alcuni operatori che lavorano presso l’ospedale di Alba. La situazione non è proprio rosea. Gli addetti non sono informati delle strategie aziendali e molto delusi nel lavoro quotidiano".

Difficoltà che si ripercuotono sui servizi? "Molti reparti assicurano uno standard qualitativo buono, grazie all’impegno degli addetti, che spesso attingono a mancati riposi, straordinari e ferie", riprende Di Liddo. "Non mancano, però, problemi. Oculistica è costretta a chiudere di notte, mentre chirurgia deve limitare i posti letto. La situazione costringe spesso gli albesi a "migrare" verso aziende sanitarie vicine (Asti, Cuneo e Savigliano) per trovare tempi di attesa più brevi. I piccoli ospedali – Alba e Bra in testa – rischiano di chiudere. Con la realizzazione dell’Asti-Cuneo, peraltro, ci si potrà facilmente spostare. Reggerà ancora la nostra sanità? Una scommessa".

Il problema delle lunghe attese per le prestazioni specialistiche è un nodo da cui pare difficile uscire (i tempi ufficiali forniti dall’Asl 18 e quelli che ha reperito il gruppo di ricerca sono espressi nella tabella che pubblichiamo a parte), pure se altre aziende sanitarie, anche vicine, sembrano aver trovato soluzioni. "A fronte della forte richiesta di prestazioni, non sempre motivata, dei medici di base si contrappone la carenza di personale qualificato, visto che gli operatori si trovano ad essere occupati in più servizi (reparto, pronto soccorso, ambulatori). Da parte dell’azienda, peraltro, c’è la continua richiesta di aumentare le prestazioni, a scapito della qualità", dice il nostro interlocutore. Alla Margherita, però, puntano il dito anche sui mancati controlli da parte dei sindaci, "che dovrebbero avere un ruolo attento, essendo garanti della sanità sul territorio".

Che fare allora? "È auspicabile una diversificazione dei servizi e dei reparti, spazzando il campo da campanilismi e interessi particolari. Anche se Verduno diventerà realtà, l’ospedale San Lazzaro dev’essere mantenuto efficiente. La gente non può aspettare anni per curarsi!".

E non mancano i problemi per la terza età. Prosegue Di Liddo: "Sono disponibili sul territorio 330 posti in strutture convenzionate e 240 in case di degenza non convenzionate. Gli anziani, dopo le dimissioni dall’ospedale, entrano in lista d’attesa. Al momento pare non esistano grandi problemi, ma accade che l’elenco sia talvolta più lungo delle disponibilità. La famiglia deve allora farsi carico totale dell’anziano. Urge un servizio di informazione e assistenza per aiutare a trovare le soluzioni più adatte, mentre l’applicazione dei Livelli essenziali di assistenza non può ricadere solo sulle tasche dei cittadini. Occorre che i Comuni trovino le risorse economiche necessarie!".

(di Maria Grazia Olivero da Gazzetta d'Alba del 5 febbraio 2003)



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