Pagina iniziale
Rassegna stampa locale
Rassegna stampa nazionale
Approfondimenti
Mons.Sebastiano Dho

Mons. Sebastiano Dho si interroga sul peso sempre maggiore dei beni materiali nella nostra vita. Il Vescovo: "Chi ha la precedenza nell'attenzione e nei provvedimenti? Le persone deboli?"

Pagano quelli che non contano


Due dati recentemente pubblicati, confrontati tra loro, non possono non inquietarci, come cittadini e soprattutto come cristiani. Da un lato le allegre previsioni, quasi un invito per chi fosse fuori dal giro, secondo le quali in occasione, non diciamo del Natale che richiama e richiede ben altro, ma delle cosiddette "feste natalizie", ogni italiano spenderà (o dovrebbe spendere, poiché implicitamente si spinge in tale direzione) come minimo 600 euro per soli regali; dall'altro canto veniamo a sapere che non tutti, anche volendo, potrebbero rispondere all'appello "Consumate, consumate", gabellato come patriottico, per la semplice ragione di non disporre di tale somma neppure per le cose indispensabili alla vita. Certamente tra questi i seimila pensionati nel solo albese e braidese che come ha denunciato opportunamente Gazzetta d'Alba (n. 43, in prima pagina), con il titolo significativo L'isola felice ha un volto povero, sono costretti a vivere o meglio a sopravvivere con 402 euro al mese. Badiamo bene: non si tratta di famiglie dei cosiddetti extra-comunitari, ma di uomini e donne delle nostre terre che hanno lavorato e faticato duramente per raggiungere questi bei traguardi di un sospirato e meritato riposo. È ben vero che era stato detto solennemente dai soliti tribuni, come tutti ricordiamo, che le pensioni basse sarebbero state integrate al minimo mensile di un milione di lire (oltre 500 euro), mafinora le mirabolanti promesse non sono state mantenute, probabilmente in vista di un rilancio al prossimo turno elettorale.
Come abbiamo detto sopra, al di là della realistica e dolorosa constatazione di come a pagare per tutti sono sempre gli "ultimi", quelli che non contano, destinati a ricevere regolarmente oltre il danno anche le beffe, alcune considerazioni più generali sembrano imporsi sia sul piano personale che comunitario, civile ed ecclesiale. 1) Ognuno di noi deve interrogarsi sul significato e sull'uso dei beni nella sua vita di uomo e di cristiano in particolare. La questione di fondo è una sola, pur articolata con parecchi risvolti: i beni materiali, le cose, sono per le persone oppure queste sono per le cose? Qui sta il rischio di un vero materialismo pratico, che tutti ci tenta e ci conquista insensibilmente sempre più, compresi noi credenti e praticanti; i beni pur quando sono legittimamente acquisiti e non sempre lo sono, specie quando oltrepassano una certa misura, sono per noi soli o per tutti? Certe pagine dei Padri della Chiesa, richiamate nell'ultima lettera del Papa sull'Eucarestia, sono impressionanti e sconvolgenti molto di più di "manifesti" famosi nella storia; ricordiamo che esiste ed ha tuttora valore una virtù morale detta temperanza o sobrietà nell'uso dei beni, anche perché ve ne possa essere per tutti oggi e ancora domani? Quale rispetto pratichiamo per le risorse naturali al fine di non dilapidare ingiustamente il patrimonio dell'umanità presente e futura? È eticamente accettabile l'invito pressante a "comprare, spendere e consumare" sempre in misura maggiore, prescindendo dalle reali esigenze di cibo, bevande, comforts in genere, che per natura loro sono limitate al punto tale da non poter "fisicamente" usare tutto ciò di cui si dispone? Siamo convinti che dopo millenni di sopravvivenza tipica nella nostre terre (il terzo mondo d'allora!) in cui non esisteva il problema del troppo ma se mai del troppo poco, oggi noi stessi siamo chiamati a sapere dire "basta" da persone intelligenti e responsabili per noi e per gli altri? Il Natale, pur spogliato di ogni retorica, ci impone il discorso della povertà evangelica scelta e vissuta in prima persona da Gesù e dalla sua famiglia e da lui proposta a coloro che vogliono essere un minimo coerenti con il Vangelo, in vista della pratica possibilità di adempiere il suo precetto da cui dipende la salvezza eterna, quello della condivisione fraterna (vedi il capitolo 25 Matteo). È un esame di coscienza a cui nessuno può e deve sottrarsi. 2) Detto questo con chiarezza, occorre però con altrettanta forza denunciare le gravi carenze a livello comunitario di una società formata in gran parte da cristiani, sia come semplici cittadini sia in molti casi come responsabili, governanti ed amministratori. Si tratta della delicata e complessa, ma pure ineludibile, questione dei criteri di scelte politiche ed amministrative e conseguente ripartizione delle risorse disponibili. Si sa che la risposta solita alle rimostranze sulla grave situazione di bisogno ad esempio dei pensionati al minimo, ma non solo, basti pensare alle famiglie giovani monoreddito prese nella morsa degli affitti impossibili, è sempre la stessa: "Non vi sono mezzi finanziari sufficienti". Certo, le risorse sono quelle che sono e non è possibile farle crescere più di tanto, ma la vera questione è un'altra: quali sono ritenute le scelte prioritarie? In base a valori veri o apparenti? Continuiamo ad aumentare le spese militari magari distogliendo i fondi destinati ai Paesi poveri e tagliamo quelle per la sanità, la scuola, il sociale in genere? Chi ha la precedenza nell'attenzione e nei provvedimenti? Le persone deboli, in difficoltà, oppure altre categorie già abbondantemente protette, compresi i nostri rappresentanti pubblici, per cui chi sta bene starà sempre meglio, alla faccia di chi fatica a vivere? I teologi scolastici medievali usavano spesso una distinzione sapiente e valida anche oggi: ciò che è necessario ad "esse", cioè a vivere, e ciò che invece si richiede per il "bene esse", cioè il vivere meglio. Guarda caso: la situazione nostra, a distanza di secoli, continua a ripresentarci al vivo questa esigenza di tenere conto della vecchia distinzione. Infatti, forse con stupore di qualcuno, ci siamo accorti che pur vivendo nella cosiddetta società del benessere (l'isola o oasi felice dell'albese), questo non è vero affatto per tutti. L'aspirazione al meglio in sé non è male, anzi, purché questa crescita non sia riservata ai pochi e resa impossibile ai più. La logica umana e cristiana vorrebbe che prima di favorire ulteriormente chi già vive bene si andasse incontro a chi rischia di non avere l'indispensabile. È un criterio fondamentale non di carità/elemosina, ma di giustizia distributiva da perseguirsi da coloro che sono chiamati a governarci in alto ed in basso, pena il sovvertimento del bene comune e del fine sociale. Certo, in un contesto politico mondiale imperniato sul neoliberismo, e sul culto dell'immagine, non vi è molto da illudersi al riguardo...
"Alcune domande rivolte a chi ci governa".
Ma venendo più vicino a noi non possiamo dimenticare alcune scelte più casalinghe di cui in qualche misura siamo un po' tutti corresponsabili, ad iniziare dalle nostre comunità ecclesiali e civili. Il bilancio ordinario delle parrocchie contempla regolarmente la voce "Solidarietà", "Carità", oppure si provvede solo alle emergenze? È sacrosanto che tutte le risorse debbano finire nelle strutture? I nostri Comuni, che promuovono molte iniziative con relativi e cospicui contributi pubblici, propri od ottenuti dall'alto, negli ambiti commerciali, turistici, ludici in generale, con inviti a "personalità" del mondo dello spettacolo (a volte discutibili), oppure curano abbellimenti certo interessanti, tipo lastricati in porfido rinnovati anche nelle più remote contrade, sperando che vi siano poi persone, bambini in specie, sempre più rari, a calpestarli, pongono prima o dopo la doverosa "spesa sociale" per anziani, famiglie in difficoltà, accoglienza alle nuove presenze in mezzo a noi, buone solo per lavorare? Siamo tutti convinti che la vera e bella "immagine" dei nostri paesi è data dalla qualità di vita nei rapporti sereni e solidali delle persone, prima che dai monumenti? Qualcosa si è fatto e si fa, ma il cammino di maturazione e presa di coscienza in proposito è ancora lungo. Abbiamo posto delle domande più che delle risposte; domande possibilmente da non respingere con altezzosità da parte di chi ci governa; le risposte poi vanno cercate insieme con umiltà e coraggio, nello spirito di fraternità del vero Natale del Signore.

(di mons.Sebastiano Dho da Gazzetta d'Alba del 9 dicembre 2003)



Scriveteci a: margherita.alba@libero.it
Realizzazione del sito a cura di Luciano Rosso