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Aziende cuneesi collegate alla FIAT

Anche nella nostra provincia i riflessi e le ricadute possono determinare situazioni di esubero del personale preoccupanti.

Solo le aziende associate all’Unione Industriale, sparse su tutto il territorio, al netto della Michelin che esporta la sua produzione prevalentemente in Francia ed in Germania, contano oltre 4500 dipendenti. A queste bisogna aggiungere le aziende associate all’API e le aziende artigiane che rappresentano un ulteriore fattore di decentramento produttivo e delle quali non conosciamo il dato occupazionale complessivo.

ALGAT di Cuneo (lamiere per auto); BITRON di Dronero e Rossana (microinterrutori); EMBO di Caramagna(lamiere per auto); FEDERAL MOGUL di Mondovì (freni e frizioni); GLAVERBEL di Cuneo (vetri); GOLDEN CAR di Caramagna (carrozzeria); GRAZIANO TRASMISSIONI di Sommariva Perno (ingranaggi e cambi velocità); INSIT di Mondovì (guarnizioni in gomma); ITT di Barge (freni); LEAR di Pianfei (interni auto); MAHLE MONDIAL di Saluzzo (cilindri); OMLAT di Ceresole (testine e mandrini); OMR di Roreto (particolari meccanici) PIANFEI COMPOSITI di Dronero (arredo auto); POLYTEC di Mondovì (componenti in plastica); PROFILMEC di Racconigi (tubi); SAINT GOBAIN di Savigliano (vetri per auto); VALEO di Mondovì (frizioni); LA.RE di Racconigi (lamiere per auto).

Il parere del sindacato sulla crisi dell'industria automobilistica italiana e del suo indotto

Piemonte - Italia
Il caso Fiat


La vicenda Fiat ha colto di sorpresa tutto il Paese ma non certamente il sindacato che da tempo aveva denunciato i problemi esistenti nel più grande gruppo industriale del Paese riscontrando parecchio agnosticismo nelle forze politiche e nella istituzione a partire dal Governo. L’interrogativo che ci si deve porre è se la questione Fiat è di interesse nazionale o no. In altri termini può il Paese Italia non avere più la produzione di automobili? Può il Paese Italia permettersi di perdere un’altra grande industria dopo quanto è successo con l’Olivetti, con la chimica, con la farmaceutica e con l’elettronica?

In sostanza la 6° o la 7° potenza industriale del mondo può pensare ad un futuro di sole piccole e medie aziende, può vivere di solo turismo? Il rischio è di avere un apparato industriale debole quindi residuale rispetto al resto dei paesi occidentali.

Quali possano essere i riflessi sulla nostra regione sono evidenti a tutti: la Fiat rappresenta il 22% del PIL regionale ed il settore automobilistico conta per il 2% sul PIL nazionale.

Per queste ragioni come sindacato riteniamo che il problema vada affrontato con l’ottica di un forte interesse nazionale. È necessario in ogni caso un intervento dello stato nella misura e nel modo più opportuni a rilanciare il settore automobilistico e non certamente per far guadagnare più soldi alla famiglia Agnelli nella vendita.

Il piano presentato va ritirato perchè tiene conto solo degli esuberi. Va presentato un piano che preveda l’ anticipo di produzione dei modelli che l’azienda intende produrre fra due o tre anni e soprattutto operi con l’uso di ammortizzatori sociali che non prevedano la cassa integrazione a zero ore e la chiusura di interi stabilimenti.

Tutto ciò ha una forte rilevanza anche per la nostra provincia ove, nell’indotto e nella componentistica operano 4500 lavoratori.

Vanno considerate e conteggiate inoltre le piccole aziende industriali e artigianali che rappresentano il decentramento del decentramento e che rischiano la chiusura.

È necessario quindi un intervento della Provincia non solo di monitoraggio circa la portata e la vastità del problema sul nostro territorio ma anche per creare i presupposti necessari a:

  • facilitare gli interventi sulla qualità del prodotto per assicurare competitività sui mercati europei e mondiali anche attraverso diversificazioni produttive;

  • operare per lo sviluppo di politiche di marketing in grado di aumentare la capacità di penetrazione sui mercati;

  • facilitare l’accesso al credito per rafforzare la liquidità di queste imprese;

  • garantire un sostegno al reddito ed all’occupazione con strumenti mirati come la Cassa Integrazione Speciale, i Contratti di Solidarietà prima di far ricorso alla mobilità o ai licenziamenti, allargando tali provvedimenti alle aziende artigiane e dei servizi.

(di Pier Mario Borgna da 'LA VOCE di Langa e Roero'
del 19 novembre 2002)



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