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Tagli e nuovi "prelievi" su un servizio primario...

Finiremo come negli Stati Uniti dove occorre la carta di credito?


Certo, a chi legge i giornali, a volte gli occhi strabuzzano per il fatto di non raccapezzarsi più. Giovedì scorso, mentre il Premier e i suoi ministri tornavano sulla vicenda spinosa e contestata del deficit nei conti pubblici (indicato adesso in 37 mila miliardi), assicurando comunque che "è un miracolo non aver alzato le tasse", ai piemontesi veniva propinato l’ultimo salasso, con l’introduzione dei ticket sui medicinali e l’imminente esborso per accessi "impropri" al pronto soccorso.

Già – qualcuno obietterà – si tratta di ticket, mica di tasse. Madove sta la differenza, alla resa dei conti? E poi non si dimentichi l’addizionale Irpef che il Piemonte ha già deciso di applicare da un po’. Insomma, le tasse restano invariate? Come si fa a insistere su un tasto che rischia di essere sconfessato nei passaggi più usuali del vivere quotidiano? Anche se poi ci si rassegna a tutto... Ma restiamo sul fronte della sanità, quello più delicato e cruciale. Le misure drastiche (con qualche esenzione, è ovvio) dovrebbero, a detta del presidente Enzo Ghigo, contenere il consumo di medicine e consentire l’entrata di risorse a sostegno dei livelli attuali di assistenza e per la riduzione delle liste d’attesa negli ospedali e ambulatori. Dalle opposizioni si lanciano accuse sulla pregressa "politica disastrosa in campo sanitario" (Saitta, popolari), per cui oggi si dovrebbe "rincorrere l’emergenza".

Vediamo le questioni una per una. Il ticket sui medicinali e sull’accesso al pronto soccorso vorrebbe avere anche una funzione "educativa", cioè far consumare meno farmaci e utilizzare l’emergenza quando ce n’è davvero bisogno. Toccare la gente nel portafoglio è sempre efficace, forse si è pensato nelle stanze dei bottoni. Ma in materia sanitaria la cosa può essere più complicata. Non ci sono altri modi per "educare", sia sui medicinali sia sul pronto soccorso? Non ci si può invece appellare ai medici di base? Non ci si può confrontare con loro? Non si può verificare dove si possa porre un filtro al consumo eccessivo di medicine? E poi, da dove deriva la tanta voglia di "passare" al pronto soccorso? Non c’è la possibilità di diversificare, appunto, le prestazioni d’urgenza dalle altre?

L’Ordine dei medici del Piemonte ha ridimensionato subito il provvedimento, ricordando che "serve solo a ripianare un deficit finanziario".

Ma se questo è un obiettivo stringente, non si potrebbero ricavare risorse altrimenti, senza impiegare queste misure odiose e impopolari? Qui i politici si dividono. E la contrapposizione è forte. Sulla situazione della sanità in Piemonte bisognerebbe riflettere spassionatamente, perché solo con i tagli e i ticket non si va molto lontano. E poi sembra una politica davvero vecchia maniera. Nel secoli andati c’era la tassa sul macinato; durante gli anni della prima Repubblica c’era il rincaro della benzina; ora, con il maggioritario, si ricorre ai ticket. Sono imposizioni che gravano in modo generico su larghissime fasce di popolazione (certo, con le citate eccezioni ed esenzioni, ci mancherebbe): è superfluo ricordare che una tassa uguale per tutti penalizza chi ha meno mezzi?

O siamo incamminati sulla via degli Usa, ove per essere curati al pronto soccorso bisogna prima esibire la carta di credito? La salute non è un bene primario in cui l’Amministrazione pubblica deve investire le risorse necessarie, anche prelevandole da altri capitoli meno... urgenti? Come si risponde ai timori e alle apprensioni della gente che, in periferia, è bombardata da notizie sui tagli ai posti-letto negli ospedali più vicini; poi è frastornata dalle incognite sui possibili aumenti (da far ricadere su Comuni e famiglie) per le rette in casa di riposo? Sono interrogativi che si pensava non si dovessero più registrare. Invece...

(di Corrado Avagnina, Delegato interregionale Piemonte-Liguria-Valle d'Aosta
e vicepresidente della Federazione italiana settimanali cattolici,
da Gazzetta d'Alba del 10 aprile 2002)



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