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Il nuovo Piano regolatore di Alba prevede 10 mila persone in più. Che dicono associazioni e opposizione?

40.000 abitanti? Un boomerang


Sull’ultimo numero di gennaio di Gazzetta campeggia un titolo: Un’Alba nuova da 40 mila abitanti; nell’intervista il sindaco Giuseppe Rossetto illustra gli indirizzi del nuovo Piano regolatore, ipotizzando che la città possa crescere di circa 10.000 abitanti in dieci anni.
Sarà perché io, canalese, ogni volta che arrivo ad Alba avverto un acuto senso di compressione e di soffocamento da traffico e da cemento, sarà perché noi roerini sentiamo l’albese anche nostro, che mi diventa spontaneo esprimere dubbi e preoccupazioni in merito.

Ma siamo proprio convinti che il benessere e lo sviluppo dell’intera zona passino attraverso stime e obiettivi che andavano forse bene nell’immediato dopoguerra e non ora?

Non sarà che lo sviluppo proposto, legato alla crescita quantitativa di popolazione che aumenta e di città che si espande e consuma territorio, rischi di diventare un formidabile boomerang?
A che cosa è funzionale l’attuale impostazione del Piano regolatore? Probabilmente tenta di accontentare un po’ tutti: un colpo alla botte dell’immagine di Alba e uno al cerchio del mercato immobiliare e dell’economia che vi ruota attorno.

Ma se finora si era trovato un certo equilibrio tra l’immagine del territorio e il suo parziale consumo (con un saldo in parte favorevole all’immagine per via della maggiore qualità nei restauri e della migliore tipologia delle nuove case) d’ora in poi non sarà più così: nuove costruzioni verso Gallo, Roddi, Guarene, Monticello, Corneliano, Piobesi cambieranno in peggio l’immagine complessiva di Alba, Langhe e Roero. Nell’attuale situazione, in alcune aree già compromessa, ogni mille metri quadrati sottratti ad un campo, un prato, una vigna o un gerbido accontenteranno l’esigenza di privati, aziende del ramo edile e magari qualche speculatore, ma sottrarranno il diritto della maggioranza degli abitanti di tutta la zona a non veder stravolto il paesaggio, con grave pregiudizio all’immagine che stiamo vendendo a mezzo mondo.
Per molti turisti la bilancia pende già sul negativo a causa della monocultura che dilaga e dei capannoni costruiti in zone improprie. Con ulteriori ampliamenti il colpo rischierà di essere mortale.

Più morti che nuovi nati. I 51 chilometri quadrati del territorio albese sono pochi già per gli attuali abitanti ed è reale la percezione diffusa, anche se inconscia, di uno spazio ormai saturo, per cui parlare di aumento di popolazione o di ulteriore consumo di territorio per nuove abitazioni appare una forzatura. Abbiamo una conferma di questa tesi considerando l’andamento demografico di Alba: con 29.630 abitanti, che comprende già la consistente ondata di ultima immigrazione, ogni anno il saldo tra i decessi e le nuove nascite è negativo di 60 unità, cioè la popolazione tende a diminuire e non ad aumentare. In dieci anni Alba può perdere 600 abitanti. Quindi una città non da 40.000, ma 29.000: un salutare ridimensionamento che servirebbe a decomprimere l’intera area, aumentando la qualità della vita, con il conseguente contenimento dell’inquinamento che l’attività umana produce.
Ora, non avendo sentito interventi di associazioni o letto prese di posizione contrarie all’impostazione di questo Prg da parte dell’opposizione in Consiglio comunale, posso pensare che in sostanza lo si accetti, probabilmente per il semplice motivo che risulta funzionale ad uno sviluppo che ha portato un forte benessere nella zona.

Aspettando i cinesi. Se escludiamo un trasferimento di massa da paesi vicini, i 10.000 abitanti in aumento ipotizzati, rumeni, albanesi, bulgari o in arrivo dal continente africano, rischiano di essere il carburante necessario per uno sviluppo che è sostanzialmente drogato. Ne avremo bisogno in agricoltura, in edilizia, nelle fabbriche, per badare ai nostri vecchi e per tutti quei lavori scomodi o pesanti che nessuno dei nostri vuole più fare.
Perché drogato? Perché produce ricchezza dilapidando il capitale, in questo caso il territorio: quando avremo occupato tutto l’occupabile, legato insieme i paesi con la città, imitando di più la cintura torinese che non ad esempio le zone di pregio dei vini francesi, incrementando ancora il traffico, staremo forse meglio? No, ci ritroveremo invece più assediati, più inquinati, probabilmente più depressi, con meno ambiente e biodiversità e soprattutto con la necessità di un nuovo carburante (questa volta magari un’ondata di cinesi per garantire la mano d’opera per lavori scomodi o pesanti nel frattempo snobbati dalla nuova generazione multietnica).

Battiamo un colpo. Non sono ottimista per pensare ad un’inversione di tendenza nel breve periodo; temo piuttosto che consumeremo ancora territorio e ci arresteremo quando molto sarà compromesso. La scelta ragionevole, ampiamente giustificata non solo dall’andamento demografico, sarebbe di gestire bene l’attuale patrimonio edilizio con uno sviluppo circolare: ristrutturazioni, abbattimenti e ricostruzioni, quando ne esistano le condizioni. Per le nuove aree edificabili andrebbe individuata, non per questo Prg ma in assoluto, la quantità di metri quadrati che il territorio può ancora concedere, per diluirne con assoluta parsimonia nel tempo il consumo, in modo che resti ancora qualcosa per le generazioni future.
Appare evidente che questo discorso non vale solo per Alba ma anche per Bra e per tutti i paesi di Roero e Langa. Sarebbe già molto importante che tutte le persone che si riconoscono in questo sentire trovassero il modo di battere un colpo, con un movimento di opinione trasversale ai partiti e agli schieramenti.

(di Gino Scarsi da Gazzetta d'Alba del 24 febbraio 2004)



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