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Da LA STAMPA 28 aprile 2002 Dietro la sconfitta di Jospin in Francia Il paese delle menzogne di Barbara Spinelli Verrà il momento in cui converrà meditare le ragioni di quella che è una sconfitta grave della sinistra, non solo in Francia ma in Europa: una sconfitta dovuta a circostanze esterne come la disseminazione delle liste minori, ma anche a errori e peccati di omissione commessi dalle classi dirigenti socialiste che nell’ultimo decennio hanno avuto l’onere di comandare. Di queste classi dirigenti fanno parte uomini di governo e apparati, oltre a intellettuali, giornalisti, sindacalisti che sono stati loro a fianco, esercitando il ruolo di consiglieri o incensatori: per tutti costoro verrà il momento di rimettersi in questione, di reinventare una politica adeguata ai tempi in cui viviamo, di apprendere l’arte profetica di chi individua per tempo i difetti, e sente montare le minacce senza illudersi di poterle ogni volta strumentalizzare. Una sconfitta che non si può continuare a imputare a tutti, tranne a se stessi: l’Inferno non è sempre l’Altro, come ammoniva Sartre. Una sconfitta che non si può imputare, infine, alla strategia
dell’avversario, i cui sbagli sono senz’altro molteplici ma non tali da
annullare quelli di sinistra. La Francia intera è inferma, e poco è mancato che
fosse il candidato gollista a scomparire dal secondo turno invece di Jospin. Ma
è pur sempre su Jospin che l’attenzione dovrà oggi concentrarsi, visto il
verdetto delle urne. Jospin stesso commette simile misfatto, quando dopo sei giorni
di risentito silenzio si decide a consigliare un voto contro Le Pen, al secondo
turno, senza mai nominare Chirac. Aggiungendo che comunque "non c’è da farsi
illusione alcuna sulla scelta che sarà fatta il 5 maggio", lascia intendere che
in fondo, Chirac o Le Pen pari sono. Critiche di questo genere servono solo a dilatare i mali che angustiano, ovunque in questo inizio secolo, le sinistre di governo. "Dì qualcosa di sinistra" è uno slogan che può commuovere, ma che è caratterizzato da una forma particolare di malinconia: quella che impedisce alla mente di guardare il mondo come è, che rende oscuro il cammino verso il futuro, che paralizza il pensiero. Che sottrae alla vista la malattia vera che affligge la sinistra anche quando come nel caso di Jospin, o prima di lui di D’Alema, di Amato, di Gonzales in Spagna - il suo bilancio di governo è tutt’altro che negativo: la malattia di chi nasconde vergognosamente i motivi e l’opportunità delle proprie scelte di moderazione. La malattia di chi preferisce occultare realtà come
l’insicurezza o la paura delle violenze, inventandosi un complotto di destra che
le gonfierebbe ad arte. La malattia di chi tende a scommettere sull’Europa, ma
poi mente al proprio popolo nascondendo il ridimensionamento che l’Europa impone
ai poteri dello Stato, delle nazioni, dei corporativismi. La vergogna, la
dissimulazione, la menzogna, sono i mali che spiegano la decadenza delle
sinistre. L’inattitudine alla pedagogia, e l’incapacità di pensare il declino
delle nazioni e dell’Europa, sono le malformazioni che ostacolano la cura di
questi mali. Che l’Edf resterà immutata, confondendo in tal modo servizio
pubblico con proprietà pubblica. Allo stesso modo il governo socialista ebbe
l’ardire di annunciare, nel ‘99, che con l’introduzione dell’euro la sovranità
monetaria del paese sarebbe stata rafforzata. Sono tutti casi in cui la sinistra
ha omesso di dire la verità ai francesi, compiacendosi - non senza la complicità
di Chirac - nella menzogna. Sono tutti casi in cui ha omesso di spiegare come le
riforme fossero non già qualcosa che toccava fare, ma che per il benessere delle
future generazioni conveniva senza indugi intraprendere. La vergogna di sé è
servita ad atrofizzare ogni capacità pedagogica e visione del futuro: due
ingredienti essenziali, per la sinistra storica. Il popolo non è intelligente quando vota a sinistra, e completamente becero quando sceglie l’avversario: in simili trappole mentali la sinistra cade quasi sempre, e sempre finisce col regalare le classi popolari alla destra tenendo con sé - fragile patrimonio - le sole classi medie. Il popolo ascolta, ogni qualvolta il politico è capace di pedagogia e ha un messaggio limpido da trasmettere, e la sinistra non ha trovato il modo per spiegargli come le riforme pensate per le classi medie siano alla lunga utili anche per un progresso dei poveri e degli esclusi. Il 61 per cento della popolazione francese ammira da tempo un
personaggio eterodosso della sinistra - il ministro della Sanità Bernard
Kouchner, già governatore Onu nel Kosovo - che ha sempre parlato il linguaggio
riformista della verità e non ha mai blandito le estreme sinistre. Jospin ha
creduto giusto emarginarlo, si è guardato dal metterlo in primo piano, e ha
mancato per soli 200 mila voti il primo turno: lo spirito burocratico e di clan
hanno prevalso sul calcolo razionale delle opportunità, così come lo spirito
burocratico e partitico ha consentito nel ‘98 la caduta di Prodi, infausta per
la sinistra intera. E’ sulle loro colpe che i riflettori dovrebbero costantemente cadere: sulle loro tacite complicità con l’estrema destra, sulla colpa di Bertinotti per l’ascesa di Berlusconi, su quella di Chevènement o dei trotzkisti per l’avvento di Le Pen. Sulla colpa di Jospin infine, che oscillando fra destra e sinistra ha rinunciato a dirsi socialista, ha contemporaneamente trascurato carte liberali come Kouchner, ha addirittura spinto i sindaci a dare le loro firme per convalidare la candidatura di Le Pen, e dotatosi di tutto questo confuso armamentario ha finito con l’abbattere non già Chirac come pensava, ma se stesso e il socialismo francese. |