Da FAMIGLIA CRISTIANA del 21 ottobre 2001
Una riflessione sulla scelta dell'intervento armato
Ma la guerra non è l'unica strada
di Albino Bizzotto
Un fiume multicolore di gente "di ogni lingua, popolo e
nazione", tanti giovani, ma anche anziani e famiglie. L’intero tratto tra
Perugia e Assisi è insufficiente a contenere tutte le persone che vogliono
camminare. La marcia Perugia-Assisi è la risposta più straordinaria a chi, da
Genova in poi, ha strumentalmente agitato lo spettro della violenza per dividere
e criminalizzare il movimento che contesta la globalizzazione. Anche in questa
occasione, nei giorni precedenti la marcia, l’informazione ha giocato sulla
polemica fra le varie anime del movimento per scoraggiare la partecipazione
popolare. Ma in quasi tutti è prevalsa l’urgenza di trovare un modo semplice
e diretto per dire no alla guerra, esprimere l’impegno e rivolgere tre messaggi.
Uno alla società civile, confusa e impaurita e, alla fine, convinta
dell’inevitabilità della guerra, perché riprenda la fiducia di fare la storia
partendo dal punto di vista delle vittime, tutte.
Un altro messaggio è per il mondo politico, perché si analizzi
con realismo non solo di fronte alla drammaticità, ma anche alla complessità del
terrorismo, perché ascolti la voce dei popoli e rientri nell’alveo della
legalità. Il terzo, infine, al mondo religioso, perché i suoi rappresentati
attingano le loro affermazioni e i loro gesti dal riferimento di fede e non
dall’opportunismo diplomatico. Chi, in questo momento si dissocia dalle
decisioni di guerra, si trova sul banco degli imputati e viene rimproverato, a
causa del suo buonismo utopico, di minare il fronte di chi desidera eliminare il
terrorismo globale.
Dopo lo choc iniziale, più grave è una situazione, più bisogna
riflettere per capire. Il "terrorismo globale" è un fenomeno nuovo, può essere
affrontato con i soliti mezzi? Non c’è proporzione tra una mastodontica macchina
da guerra, che sta già procurando sofferenze inaudite a milioni di persone, già
povere e affamate, e gli strumenti di terroristi disposti a tutto, determinati e
potenti. Dalla guerra del Golfo in poi si è sempre tentato di
convincere l’opinione pubblica della necessità dell’intervento armato con
motivazioni politiche e "umanitarie". Sono sempre state taciute le motivazioni
economiche. La guerra come risposta a un crimine, per quanto efferato, non è
prevista da nessuna legislazione civile né da alcun istituto internazionale. In
Italia sappiamo quanto, per superare il terrorismo, siano stati importanti la
tenuta del movimento operaio e della società civile e il perdono delle famiglie
delle vittime. In nessuna famiglia si ritiene che il coltello o la pistola
siano strumenti utili per risolvere i conflitti. Lo Stato nazionale è oggi in
crisi di identità proprio riguardo all’uso della forza, perché dissocia
l’individuo che vive delle nostre case dal cittadino dello Stato. Il richiamo al
Tribunale penale internazionale, agli articoli della Costituzione italiana
democratica e pacifica e all’Onu, oggi vengono semplicemente irrisi. I
politici, generalmente, prendono le decisioni senza mai entrare di persona nelle
situazioni di guerra, allargando in questo modo il divario tra le loro scelte e
il sentire dei popoli. È doveroso esprimere grande solidarietà alle vittime
delle Torri Gemelle di New York, ma senza fare altre vittime in nome loro e
senza discriminare tutte le altre.
L’Occidente viene identificato dal mondo islamico con il mondo
cristiano: la riconciliazione e il perdono, affermati come "l’unica via per
raggiungere la meta della pace" (Giovanni Paolo II) nei documenti della Chiesa,
in questi giorni sono parole desuete anche nelle dichiarazioni di molti
ecclesiastici. Per un cristiano, essere realista significa, invece, rifarsi a
Gesù soprattutto in tempo di guerra, e non soltanto in tempo di pace.
Albino Bizzotto Dei Beati Costruttori di
pace
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