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Da LA REPUBBLICA 21 maggio 2003

Un altro assaggio della terza repubblica autoritaria che Berlusconi ha in mente, dove tutti i poteri, politico, economico, mediatico e giudiziario, sono in mano a uno solo

L'accanimento del Cavaliere

di Curzio Maltese

"Vi mando la Finanza". La minaccia classica di Sua Eccellenza da commedia all'italiana è diventata reale ieri pomeriggio quando i funzionari del Tesoro si sono presentati al quarto piano del Palazzo di Giustizia di Milano, dove sono in corso i processi a Berlusconi e soci, per un'ispezione speciale sulle spese delle inchieste. È un salto di qualità nella guerra senza quartiere del governo ai magistrati, che avanza fregandosene dei richiami del Quirinale ad abbassare i toni, una spallata al giorno, con la logica del regolamento di conti e della vendetta. "Le vie dell'intimidazione ai giudici sono infinite", commenta l'opposizione; ed è difficile darle torto. Da un punto di vista tecnico l'ispezione è una mossa demenziale anche perché si sovrappone all'ispezione ordinaria già in corso da un paio di mesi nella Procura di Milano, guarda caso in pieno processo Sme. Ma gli effetti pratici, politici e mediatici sono ben calcolati. L'arrivo della Finanza e il raddoppio del controllo ha come risultato immediato la paralisi del palazzo di Giustizia milanese, dove si celebrano già con fatica i processi al premier, con oltre la metà degli impiegati dirottati alla ricerca di fascicoli dove gli inviati di Tremonti potranno spulciare ogni singola cifra spesa per intercettazioni, perizie, finanche per i traduttori dall'arabo nell'inchiesta sul terrorismo. Con qualche particolare grottesco, come l'accanimento sulle consulenze per accertare i falsi in bilancio Fininvest, considerate oggi "inutili" perché (in seguito) il reato sarebbe stato di fatto abolito nel quadro delle leggi ad hoc proposte dalla maggioranza. C'è poi da giurare che qualche manina troverà il modo di passare i conti "sospetti" all'apparato mediatico al servizio permanente del premier nella guerra alla giustizia o almeno ai reparti di tiratori scelti sparsi fra tv e giornali, eccezionali nell'arte di analizzare la pagliuzza nell'occhio altrui quanto nell'occultare le travi. Ma il segnale più inquietante è quello politico. È la prima volta, in dieci anni di lotta per l'impunità, che la pressione sui giudici arriva direttamente dall'esterno. Un colpo di maglio che cala dall'esecutivo, scavalcando l'autonomia del potere giudiziario. Stavolta a mandare gli ispettori non è un ministro della Giustizia come in passato Biondi, Mancuso e Castelli, con intenti magari intimidatori ma sempre nella logica della separazione dei poteri. A bussare alla procura di Milano è ora la Finanza inviata dal Tesoro, da quel Tremonti che all'improvviso si sveglia così dal letargo nel quale è piombato dopo il fallimento delle mirabolanti promesse di boom. Si tratta di un'azione esemplare e spettacolare che traduce in simbolo immediato la volontà di Berlusconi di sottomettere il potere giudiziario all'esecutivo e lo esibisce all'opinione pubblica come fatto compiuto. Una volta ottenuta la rassegnazione generale, con l'aiuto di tv e giornali, si procederà alle leggi speciali. È un altro assaggio insomma della terza repubblica autoritaria che Berlusconi ha in mente, dove tutti i poteri, politico, economico, mediatico e giudiziario, sono in mano a uno solo. Una prospettiva che sarebbe vissuta come un incubo in qualsiasi democrazia ma che in un paese come l'Italia, dove i media alimentano un clima da guerra civile a vantaggio del padrone, può essere presentata come una soluzione. È questa la ragione per cui Berlusconi s'infuria per lo stralcio e non abbassa i toni. La guerra assoluta gli conviene. "O me o loro", o cade il governo o viene sottomessa la magistratura. Anche se non è vero. Come ha dimostrato lo stralcio del processo Sme, l'obiettivo dei magistrati (e tantomeno dell'opposizione "comunista") non è affatto di far cadere il governo con una sentenza, alla quale per inciso non si arriverà mai o almeno non nel corso della legislatura. L'obiettivo dei magistrati milanesi è soltanto arrivare alla fine del processo. La menzogna della "guerra totale" serve soltanto a Berlusconi, per molti motivi. Anzitutto non può mollare Previti, compagno di tante avventure. In secondo luogo è l'unico modo per far accettare ai suoi elettori una guerra insensata, inutile e motivata soltanto da interessi personali. Terzo, serve a far dimenticare a tutti il fragoroso fallimento economico del governo. Un disastro ben impersonato nella figura di Giulio Tremonti, il potentissimo ministro dell'Economia che aveva fatto sognare miracoli e montagne d'oro e al quale, in fondo a due anni di stagnazione economica e recessione industriale, deficit in salita e produzione in caduta libera, export in crisi e risparmi bruciati, non rimane che calarsi l'elmetto e aggregarsi all'affollato plotone d'esecuzione di quattro magistrati indipendenti in questa piccola, vile crociata.




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