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Dal CORRIERE DELLA SERA del 20 febbraio 2002

E' ora che Berlusconi mantenga la promessa
di risolvere il suo conflitto d'interessi

Una promessa da mantenere

di Ernesto Galli Della Loggia

E' bene che il presidente del Consiglio si renda conto con la massima chiarezza di ciò che è realmente in ballo nella questione delle nomine Rai. Si tratta né più né meno che di questo: del rapporto personale e politico dell'onorevole Berlusconi e del centrodestra con l'opinione pubblica che può definirsi convenzionalmente moderata. In Italia il termine moderato non ha mai goduto di buona fama, salvo che poi, in vista delle elezioni, tutti o quasi indistintamente cercano di esserlo, giurano che lo sono, vogliono sembrarlo. Perché sanno che solo con i moderati si vince. Anche il 13 maggio scorso i moderati hanno rappresentato una parte importante nel successo elettorale ottenuto dal centrodestra proprio perché questo è stato capace, più de i suoi avversari, di convincere una parte maggioritaria dell'elettorato di centro: vale a dire del luogo dove tradizionalmente si collocano i moderati, appunto. Ma è precisamente il rapporto con questa fascia strategica di votanti che Berlusconi rischia di mettere in crisi con le nomine Rai. I moderati si sono espressi in maggioranza per il centrodestra pur essendo pienamente consapevoli dei guai con la giustizia e del conflitto d'interessi che gravavano la figura del leader di Forza Italia. Non hanno tenuto conto dei primi, reputando che si dovessero chiudere i conti con anni di cortocircuiti continui tra magistratura e politica. Quanto al conflitto d'interessi, invece, essi hanno fatto credito alla promessa di Berlusconi di volerlo sanare e d'esserne capace. Il presidente del Consiglio deve ora mantenere la sua promessa mille volte ripetuta. Il capitale di fiducia concessagli s'è ormai esaurito con i provvedimenti dei mesi scorsi sul falso in bilancio e sulle rogatorie: provvedimenti tali da proiettare già una luce più che sgradevole sulla sua azione di governo. Adesso la misura è colma. Adesso, sul conflitto d'interessi, il presidente del Consiglio deve mantenere ciò a cui s'è impegnato e basta. Deve farlo cominciando precisamente dalle nomine Rai che toccano l'ambito cruciale della sua qualità di magnate televisivo. Qui deve dimostrare la propria buona fede e la propria credibilità nell'unico modo possibile: facendo seguire alle parole di ieri i fatti di oggi. Nomi come quelli circolati nei giorni scorsi non sono assolutamente tali da offrire il minimo segnale di quest'indispensabile coerenza. Lo diciamo, come si capisce, prescindendo per intero dalla qualità delle persone indicate - tutti nomi d'integerrimi professionisti - ma lo diciamo con assoluta fermezza e certezza. Nessuno che in qualunque modo sia riferibile alle attività presenti o passate dell'imprenditore e del politico Silvio Berlusconi dovrebbe essere chiamato a far parte del consiglio d 'amministrazione della Rai o designato alla carica di direttore generale. Così come, allargando appena il discorso, è indispensabile - e l'avvertimento vale nello stesso modo sia per il presidente del Consiglio sia per i suoi alleati - che a svolgere i massimi ruoli dell'ente radiotelevisivo siano persone di statura professionale indiscutibile e di riconosciuta personalità e indipendenza culturali. Con persone diverse, e con il governo o gli alti esponenti politici che eventualmente le nominassero, diverrebbe difficile avere rapporti non foss'altro, vorrei dire, che per questioni semplicemente stilistiche. E' vero, in questa come in ogni altra circostanza: la stampa indipendente non ha altro potere che quello della sua libera voce. Un potere assai relativo, dunque, ma che sia il presidente del Consiglio sia i presidenti delle Camere, cui spetta formalmente la decisione sulle nomine Rai, faranno bene a non sottovalutare. Per governare una società democratica non bastano le maggioranze parlamentari, anche le più straripanti e compatte. E' necessario proprio quel tipo di consenso che la decisione odierna sull'organigramma di viale Mazzini può far venire meno, irreparabilmente meno.




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