Da LA REPUBBLICA 19 aprile 2002
Solo un analfabeta della democrazia poteva annunciare il licenziamento di 3 persone dalla TV pubblica
Abuso di potere
di Curzio Maltese
Soltanto un analfabeta della democrazia poteva, da capo del
governo, annunciare il licenziamento dalla tv pubblica di due giornalisti e un
comico colpevoli di non pensarla come lui. E quindi, in una logica da giunta
sudamericana, di fare un "uso criminoso" della loro professione. Silvio
Berlusconi l'ha fatto.
E, per giunta, lo ha fatto durante una conferenza
internazionale, a Sofia, dove certi discorsi non si sentivano dalla fine del
comunismo. Tanto per dimostrare al mondo come parla il nuovo padrone d'Italia.
Non come uno statista democratico ma come un vendicativo dittatorello da stato
bananiero. Il premier ha citato nomi e cognomi, Biagi, Santoro e Luttazzi, e ha
ordinato al "suo" consiglio d'amministrazione Rai di cacciarli tutti e tre ("E'
un preciso dovere..."). Infine ha aggiunto un tocco di personale e definitivo
squallore, facendo seguire alle minacce il ricatto: "Ove cambiassero, nulla ad
personam, ma non cambieranno".
Naturalmente il premier non ha alcun
titolo per dare ordini ai vertici Rai e addirittura stilare liste di
proscrizione alla Starace, stabilendo da solo chi e che cosa agli italiani è
permesso vedere o non vedere sulla televisione di Stato. Si tratta di un abuso
di potere volgare e ignobile, com'è stato definito da molti, e perfino da Il
Foglio, per giunta di una violenza intimidatoria inaudita e inconcepibile in
democrazia.
Ma le regole della democrazia Berlusconi dimostra di
conoscerle poco e di considerarle nulla. Sono cose da "clown" come Chirac,
Jospin e gli altri capi di stati democratici, tranne l'ex spia sovietica Putin,
l'unico serio. Berlusconi deve considerare pagliacciate o inutili fardelli non
soltanto la separazione dei poteri che è alla base della democrazia dai tempi di
Montesquieu, ma anche la libertà di stampa così com'è concepita da due secoli e
accolta nella Costituzione repubblicana.
L'analfabeta della democrazia
ha stabilito che, da quando è al potere lui, chi vince le elezioni non ha il
dovere di governare ma il diritto di comandare. Quindi anche il diritto a
prendersi il cento per cento dell'informazione. Siccome fino a oggi ne controlla
appena il 90 per cento, perché lasciare i resti? La metà di italiani che non ha
votato per il suo schieramento può sempre scegliere. Farsi rimbecillire dalla
propaganda dei portaborse governativi e cambiare idea (nel qual caso, si
capisce, "nulla ad personam") oppure spegnere il televisore.
Ma forse ce
n'è abbastanza anche per disgustare qualche elettore che il 13 maggio ha votato
un governo e non un regime. Perché il "regime" non è un'invenzione degli
intellettuali cattivi. E' la logica conseguenza delle parole di Berlusconi, di
una concezione proprietaria della politica e dell'informazione che sarebbe già
grave se il titolare fosse il primo editore d'Italia o il capo del governo. Ma
diventa drammatica quando viene da una figura che somma entrambi i poteri.
Ai proscritti va il massimo di solidarietà. Non è piacevole essere
definiti "criminali" da un premier per aver fatto il proprio mestiere, perfino
se il pulpito, in materia di crimine e legalità, suona pittoresco. Enzo Biagi è
un grande giornalista che lavora dal 1961 in Rai ed è amato da milioni di
lettori e spettatori, ed è stato costretto ieri sera a parlare dal suo studio
come un ostaggio. Michele Santoro è un eccellente professionista, come
Berlusconi dovrebbe sapere. Daniele Luttazzi è un bravo comico che paga il
peccato d'aver voluto, per una sera, fare libera informazione.
E'
normale aspettarsi che i nuovi consiglieri della Rai scendano in campo per
difendere questi professionisti e magari, ove interessasse, la propria dignità,
ricordando a Berlusconi che non sono suoi maggiordomi. Ancora più importante è
che intervenga il Quirinale. che ha il compito di tutelare la Costituzione ma
finora, in materia di libertà di stampa, ha emesso soltanto prudenti palindromi
istituzionali, leggibili da destra a sinistra e viceversa.
Benedire ieri
una ridicola legge sul conflitto d'interessi era comunque difficile e
imbarazzante. Farlo ora. dopo l'indegna lottizzazione, il palese e strategico
indebolimento aziendale della Rai e addirittura le liste di proscrizione,
diventerebbe un atto di parte e un inchino a chi si considera non il capo del
governo, ma il padrone d'Italia.
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