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Dal CORRIERE DELLA SERA del 19 aprile 2002 Lettera aperta di Enzo Biagi Caro presidente, di Enzo Biagi Caro direttore,
questa nota è proprio "strettamente personale" e me ne scuso prima di tutto col lettore. Il fatto riguarda soprattutto me, ma chi mi ha reso involontario protagonista è addirittura il presidente del Consiglio, l’onorevole Silvio Berlusconi che, approfittando di una trasferta all’estero, e precisamente in Bulgaria, ha sproloquiato su due giornalisti, Santoro e io, e su un geniale comico, Luttazzi. Ci ha accusato di avere fatto, nientemeno, un uso criminoso della televisione pubblica, supponendo che di sicuro io non cambierò, perché faccio onorevolmente questo mestiere da oltre 60 anni, e non ho proprio nessuna intenzione di adeguarmi alle sue aspettative, che hanno invece l’aria di pretese. Il Cavaliere pone l’ultimatum: "Ove cambiassero, nulla ad personam, ma siccome non cambiano...". Completi la frase: li mandiamo via. Provveda, signor presidente: è lei, a mio parere, che dovrebbe migliorare. Quando mai un capo di governo va in giro per il mondo a polemizzare con i giornalisti del suo Paese? Perché non ha subito denunciato i loro reati? Non si vergogna a non avere ancora sistemato il conflitto di interessi? Non si trova a disagio per avere in ballo procedimenti penali, e non per conflitti ideologici? Ma alla Rai non ha del resto piazzato i suoi autorevoli estimatori, che gli assicurano non solo il loro voto, ma anche quello delle loro mamme, mogli e creature? Sa che in America, Paese democratico, giornali e Tv mandarono a casa Nixon e raccontarono la storia del Watergate? Ma può uno che pretende il ruolo dello statista lasciarsi andare a certe esternazioni? Denunci dunque alle autorità il delinquente Biagi: che a differenza di lui crede ai tribunali. Fin che fa il suo numero ad Arcore, pazienza: ma non è un politico da esportazione. È vero: è stato votato; ma forse è cominciata l’ora del pentimento. Enzo Biagi |