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DIBATTITO SULLA RIFORMA DEL MERCATO DEL LAVORO E ART.18 |
Da LA STAMPA dell'11 aprile 2002 Occorre riaprire il dialogo tra Governo e Sindacati per la riforma del mercato del lavoro Riforme: il dovere di parlarsi di Carlo Bastasin CON uno sforzo di pragmatismo, un accordo sulle riforme del
lavoro deve essere possibile. Anche una sperimentazione, cauta e mirata, di
eccezioni all´articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che escluda la
possibilità di licenziare per motivi discriminatori o antisindacali, può far
parte di tale riforma. Si tratta infatti di quel tipo di misure di cui
l´economia italiana ha bisogno dopo l´adozione dell´euro, per compensare
l´impossibilità di rendere "flessibile" l´economia manovrando il cambio. In una
trattativa che tende molto ad ampliarsi, è doveroso introdurre la
"contropartita" degli ammortizzatori sociali, un sistema di indennizzi per chi
perda il lavoro, se si vuole che la maggiore libertà di licenziamento delle
imprese non si traduca in esclusione sociale. Ma un´ipotesi di accordo non può
limitarsi a ciò, deve essere sia più ambiziosa dal lato delle riforme, sia più
rassicurante in termini di concertazione. Una seria riforma degli ammortizzatori
sociali, così come l´adozione di un vero sistema di "formazione continua" dei
lavoratori, rende visibile il costo per la finanza pubblica di questa trattativa
e non è un costo da poco. Ciò ha due implicazioni importanti: il costo della
riforma può comportare uno sfondamento degli obiettivi di finanza pubblica
concordati con Bruxelles nel programma di stabilità e questo meriterebbe di
avvenire solo resistendo a tentazioni anti-europee e anzi solo nel contesto di
una politica economica europea che sappia premiare i paesi che realizzano in
modo coordinato le riforme strutturali (come osservato con
Franco Bruni sulla "Stampa" del 12 ottobre scorso).
L´altra implicazione è che una spesa sociale maggiore può essere compatibile
solo con una crescita economica vigorosa, cioè con un innalzamento della
crescita potenziale dell´economia italiana e quindi con riforme strutturali che
non siano solo dimostrative, bensì sostanziali. Ciò non ha nulla a che fare con
obiettivi politici di disarticolazione del sindacato: non è stato così negli
altri paesi europei che hanno progredito nella riforma del lavoro. Ma c´è
probabilmente una soglia oltre la quale le riforme offrono una dinamica tale
all'economia da diventare sostenibili da sé. Sotto quella soglia esse sono solo
costose, politicamente e finanziariamente. |