Da LA REPUBBLICA 10 dicembre 2001
Il nuovo modello della "democrazia stagna": siamo la maggioranza del popolo sovrano e cio che ci comoda è legge
La forza dei ricatti
di Giorgio Bocca
Cento e altri cento giorni e la nuova Italia, rifatta dalla
testa ai piedi, prenderà corpo. All'hotel Plaza di Roma è stato già mostrato di
recente un suo bonsai, un suo modellino. Presentava un libro di Bruno Vespa il
premier e padrone della Mondadori Silvio Berlusconi, il libro era edito dalla
Mondadori a cui il capo del governo ha promesso una sua prossima opera che sarà
tirata in almeno mezzo milione di copie. Nelle grandi misure, il modello della
nuova "democrazia stagna" senza opposizione e garantita al cento per cento è
quello che ritorna in tutti i dibattiti: la volontà è del popolo sovrano, la
suprema autorità sta nel Parlamento, noi abbiamo una forte maggioranza dunque
noi siamo l'autorità e la legalità, e ciò che ci comoda è legge.
Si è
ragionato così per i venti anni della dittatura: il popolo era sovrano nei suoi
plebisciti, chi li aveva vinti era legalmente al potere. Cento e altri cento
giorni e la macchina cresce si perfeziona chiude ogni breccia, prevede ogni
ostacolo e aumenta il potere e la ricchezza dei soci in affari. Oramai è chiaro
il programma dei lavori pubblici delle grandi opere su cui abbiamo fatto
dell'ironia quando il capocordata lo illustrava, da Bruno Vespa ovviamente, con
pennarello e grafici. Si tratta di grandi opere che non risolvono i problemi dei
trasporti ma che appartengono alla serie "le sette meraviglie del mondo", da
inaugurare tra fanfare e telefolle entusiaste. Opere soprattutto di lunga durata
e di crescente finanziamento in corso d'opera: l'alta velocità ferroviaria è già
passata dai 2100 miliardi ai 9000, per la TorinoLione 12 anni di lavori e 12
mila miliardi di spese, dieci anni per sottopassare il Brennero con 10 mila
miliardi. E per il trasporto urbano? Per ora 75 bastano. Per la grande Malpensa
siamo passati dai 2 mila miliardi iniziali ai 4500 prossimi solo per le nuove
infrastrutture.
Ma l'intrapresa va aiutata ed ecco le leggi Tremonti che
ogni 50 milioni di spesa per rinnovare il parco macchine ne regalano 12,5.
Sull'immenso e operoso cantiere veglierà la legge del controllo andata e
ritorno, chi esegue l'opera, il controllato, è anche il controllore come
l'elmetto giallo ingegner Lunardi o come Aurelio Misiti che essendo presidente
del Consiglio superiore dei Lavori pubblici è anche assessore ai Lavori pubblici
della Calabria. Adesso si dà anche il via a una grande opera su cui si nutrono
fortissimi dubbi come il Mose di Venezia e si dà già per certo il ponte sullo
stretto di Messina su cui si punta soprattutto per l'effetto psicologico del
tipo settima meraviglia. Dopo aver firmato con una mano il protocollo di Kyoto
che dovrebbe ridurre l'inquinamento da gas del cinque per cento con l'altra
diamo il via a opere che lo aumenteranno del 6,5.
Dall'anno della sua
unità questo nostro Paese è alle prese, da una parte con gli oligopoli e il
grande potere finanziario, dall'altra con la mafia e la camorra e i loro
colossali traffici di droga, armi e riciclaggio di denaro sporco. I primi,
naturalmente, prendono le distanze dalle seconde anche se ogni tanto vengono
scoperti con le dita nella marmellata, ma sta di fatto che ogni volta che
fabbricano o forzano la legge per difendere se stessi fanno anche il gioco delle
organizzazioni criminali. Come non supporre che il rifiuto di accettare
l'arresto europeo in fatto di corruzione e di traffici illegali torni gradito a
Cosa nostra e ad altre onorate società? Come non vedere che il rifiuto delle
rogatorie internazionali aiuta le reti della finanza criminale? E come non
chiedersi quale sia la forza dei ricatti che spingono il nostro governo
sull'orlo di crisi europee? Come può succedere che un ministro della Repubblica
arrivi a definire l'Europa di cui facciamo parte "Forcolandia"?
Cento e
ancora cento giorni ma è difficile (e manca quasi il coraggio) immaginare una
società in cui la giustizia viene posta agli ordini del potere esecutivo cioè
dei grandi interessi economici e chi ne è il portatore gode in pratica
dell'immunità perché una magistratura minacciata o corrotta non oserà più
condannare chi è già protetto dalle raffinate formalità dei grandi avvocati.
Dove ogni politico minacciato da indagini giudiziarie denuncerà complotti e farà
approvare nuove leggi che lo proteggono?
Il paese Italia si è sempre
portato in pancia una voglia plebea di anarchia e spesso ha dato via libera a
regimi autoritari pur di potere compiere le sue piccole trasgressioni all'ombra
di quelle dei potenti. Anche nel Regno faceva comodo a una borghesia rampante
aver dei sovrani che non pagavano le tasse o che come il primo degli Umberti
teneva nelle sue stalle tremila cavalli. Ci si chiede cosa ne sarà di questo
paese quando l'illegalità diventerà la regola, il furto con destrezza il valore
dominante, la corruzione l'indispensabile olio di trasmissione, la menzogna e
gli imbonimenti gli ingredienti indispensabili per la demagogia trionfante. Non
siamo i soli alle prese con questa involuzione della democrazia, negli Stati
Uniti come nei grandi paesi europei la farina del diavolo è diventata cibo
corrente. Una anarchia corredata da gadget e da macchine intelligenti sarà
l'eredità che lasceremo ai nostri figli?
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